UIGHURI (in grafia araba uyghur)
Popolazione turca stanziata già nel territorio che ora è chiamato Mongolia. Gli Uighuri vi dominarono sugli altri Turchi dal 745 d. C.; nel sec. IX, verso l'860, sotto la spinta di altri popoli, emigrarono a occupare la parte orientale della regione ora chiamata Turkestan orientale o Cinese e vi ebbero per capoluogo la città di Beshbalïq (nel sito dell'odierna Gücen). Ivi si formò un regno degli Uighuri, che sussistettero fino all'invasione mongolica nel secolo XIII. Gli Uighuri lentamente turchizzarono il paese e, trovandosi in stretto contatto con popolazioni iraniche (Soghd) e quindi con influssi dell'India e dell'Asia anteriore, accolsero credenze manichee, cristiane (nestoriane) e buddhiste; scritti in turco di quel tempo riferentisi a queste tre religioni sono stati rinvenuti nell'esplorazione scientifica del Turkestan orientale al principio del corrente secolo. Il manicheismo era diffuso tra i Turchi fin dal sec. VIII. Un'iscrizione cinese trovata a Qara Balgasun, in Mongolia, ci fa sapere che un Qaghan (sovrano) degli Uighuri andato in Cina l'anno 762 d. C. s'incontrò con missionarî manichei e fu convertito alla loro credenza, che diventò religione di stato per il suo popolo.
Nel Turkestan orientale gli Uighuri presero dai Soghdiani un alfabeto d'origine semitica; questo alfabeto, che appare usato per la prima volta in una iscrizione soghdiano-turca della prima metà del sec. IX e nel quale sono scritti molti dei documenti turchi medioevali trovati nel Turkestan orientale, fu poi conosciuto nell'Asia centrale come alfabeto uighur. I Turchi, abbracciando l'Islam, presero a usare l'alfabeto arabo, lentamente dimenticando quello uighur, che tuttavia passò da loro ai Mongoli e ai Manciù i quali ne fanno ancora uso.
La lingua dei documenti uighurici non è molto differente da quella delle iscrizioni turche dell'Orkhon (sec. VIII); essa presenta tuttavia alcune varietà morfologiche (genitivo in -nin invece di -in, ablativo in din invece di -de). D'altra parte l'imperfezione dell'alfabeto uighurico, mancante di segni per le vocali e per alcune consonanti, non permette di rendersi bene conto della fonetica e della morfologia di quello stadio della lingua turca. È notevole il fatto che gli Uighuri, dovendo esprimere concetti nuovi attraverso traduzioni di testi, specialmente religiosi manichei e buddhisti, arricchirono di vocaboli turchi il lessico turco, il quale invece, successivamente, accolse sempre più parole arabe e persiane; cosicché oggi il movimento purista dei Turchi di Turchia si volge a quell'antico patrimonio lessicale come a fonte precipua per sostituire i vocaboli stranieri. Ecco alcuni esempî: otagi "medico" (ṭabīb o ḥekīm dall'arabo nel turco posteriore), bitigh e bitik "scritto" e "libro" (kitāb nel turco posteriore), ecc.
I documenti uighurici medievali furono pubblicati specialmente da F. K. Müller, A. von le Coq, W. Bang, A. von Gabain, W. Radlov, S. Malov, Cl. Huart, G. R. Rachmati. La denominazione "uighurico" in senso linguistico si applica precisamente a questi documenti, non tutti cronologicamente databili. Solo rispetto all'alfabeto in cui ci fu tramandata una copia (altre due sono in arabo), non per la lingua che è quella dei Turchi Qarākhānidi di Kāshghar (ove fu composto nel 1070 d. C.), si annovera tra gli scritti uighurici il più importante monumento letterario turco medievale: il poema didattico Qutadghu Bilig "la scienza che fa felice", opera del ḥāgib ("cancelliere") Yūsuf.
Dopo la distruzione dello stato indipendente degli Uighuri avvenuta al tempo della conquista mongola dell'Asia centrale (sec. XIII) non si trova più ricordo di raggruppamenti etnici e politici considerevoli sotto questo nome; resti di Uighuri di religione buddhista, che usano l'alfabeto tibetano, si trovano ancora in Cina. Vedi anche turchi: Lingue, Letteratura, Storia.
Bibl.: Schlegel, Chinesische Isschrift aus d. uigurischen Denkmal in Kara-Balgassun, Helsingfors 1896; E. Chavannes, Le nestorianisme et l'inscription de Kara-Balgassoun, in Journal Asiatique, s. 9ª, IX (1897), pp. 43-85; A. von Le Coq, Türkische Manichäica aus Chotscho, Berlino 1909; id., Chuastuanift, ein Sündenbekenntniss der manichäischen Auditores, ivi 1911; W. Bang, Zur Kritik und Erklärung der berliner uigurischen Turfanfragmente, ivi 1915; W. Banq-A. von Gabain, Türkische Turfan-Texte, ivi I-IV, 1929-31; contin. VI, con collaborazione di G. R. Rachmati; W. Radlov, Chaustuanift, das Bussgebet der Manichäer, Pietroburgo 1909; id., Kuan-ši-im Pusar, Bibliotheca Buddhica, XIV, ivi 1911: id., Uigurische Sprachdenkmäler, Leningrado 1928; Cl. Huart, Le conte bouddhique des deux Frères en langue turque et en caractères ouigours, in Journal Asiatique, s. 11ª, III (1914), pp. 1-37; P. Pelliot, La version ouigoure de l'histoire des princes Kalyānaṃkara et Pāpaṃkara, in T'oung Pao, 1914, pp. 225-272; B. Laufer, Zur buddhistischen Litteratur der Uiguren, Leida 1907; F. W. K. Müller, Uigurica, voll. 4, Berlino 1908-1931; W. Barthold, 12 Vorlesungen über die Geschichte der Türken Mittelasiens (trad. tedesca a cura di Th. Menzel, Berlino 1935, di lezioni tenute in russo a Costantinopoli nel 1926 e pubblicate in turco nel 1927 con il titolo Orta Asiya Türk Taòikhi ḥaqqinda dersler); Gia‛fer-Oğhlu (Caferoglu) Aḥmed, uygur Sözlüǧü, parte 1ª, A-K, Costantinopoli 1934 nella rivista Türkiyat Mecmuasi, IV); W. Bang e G. Rachmati, Die Legende von Oghuz Qaghan, Berlino 1932 (Sonderberichte dell'Acc. Prussiana delle scienze); G. R. Rachmati, Zur Heilkunde der Uiguren, ivi 1930.