MATTHEY, Ulisse
– Nacque a Torino il 17 apr. 1876 da Giuseppe e da Aminta Pedotti. Iniziò lo studio del pianoforte all’età di cinque anni esibendosi presto nei salotti dell’aristocrazia torinese come bambino prodigio; proseguì gli studi di pianoforte presso il liceo musicale G. Verdi di Torino, nonostante l’opposizione del padre. L’interesse per l’organo si manifestò dopo aver suonato (dietro invito di don Giovanni Pagella, salesiano e compositore) il nuovo strumento della chiesa di S. Giovanni Evangelista; da quel momento il M. decise di dedicarsi completamente allo studio dell’organo sotto la guida di Roberto Remondi, docente al liceo musicale torinese. Più tardi, consigliato da Giovanni Tebaldini, che ne aveva intuito il grande talento, il M. si trasferì a Parma per proseguire la sua formazione con Arnaldo Galliera, conseguendo il diploma di organo come candidato esterno presso il conservatorio A. Boito (di cui Tebaldini era direttore) il 3 luglio 1900. Tornato a Torino, prestò la sua opera in varie chiese ottenendo il posto di organista e maestro di cappella in S. Agostino; nello stesso tempo cominciò l’attività concertistica e quella didattica.
Nel 1901 vinse il concorso per il posto di primo organista del santuario di Loreto, dove prese servizio nel maggio 1902; come da regolamento iniziò la scuola d’organo e di pianoforte, attirando numerosi allievi da tutta la regione. Desideroso di perfezionarsi ulteriormente, si recò a Parigi per prendere lezioni da Alexandre Guilmant, che gli rilasciò un lusinghiero attestato onorifico (Bernardo da Offida, pp. 23 s.); mentre nel 1908 si perfezionò in contrappunto e fuga con Vincenzo Ferroni al conservatorio di Milano.
Loreto fu per il M. l’ambiente ideale (come lui stesso riconobbe) che gli permise di conciliare il servizio liturgico con lo studio e gli impegni concertistici e didattici. L’amministrazione della basilica gli aveva messo a disposizione un organo da studio e inoltre provvedeva all’acquisto di tutti i libri necessari. Tuttavia Loreto non poteva offrirgli quelle soddisfazioni artistiche che desiderava e che invece avrebbe potuto ottenere altrove: la sua fama si stava infatti rapidamente diffondendo in Italia (il M. era ormai considerato il primo organista italiano insieme con Marco Enrico Bossi) e all’estero, e le richieste (e le assenze) per concerti erano divenute sempre più numerose; fino al 1923 il M. rifiutò, comunque, tutte le proposte pervenutegli.
Per l’interessamento di Bossi presso il ministero della Pubblica Istruzione, il M. ottenne il posto di docente di organo al liceo musicale di Torino (poi divenuto conservatorio), dove prese servizio nel settembre 1923 succedendo a Dino Sincero. Abbandonato il ruolo di organista liturgico, si dedicò all’insegnamento e all’attività concertistica; tuttavia durante le vacanze estive e nelle feste principali continuò a prestare il suo servizio a Loreto, dove aveva preso casa. A Torino rimase in carica fino al 1942, anno del suo pensionamento. Per l’anno scolastico 1942-43 ottenne un incarico come docente di musica d’insieme (cattedra sostitutiva di quella d’organo, temporaneamente soppressa dal ministero), ma l’istituto venne chiuso nel febbraio del 1943 a causa dei continui bombardamenti. Il M. decise così di tornare definitivamente a Loreto. Alla fine di novembre del 1944 si ammalò gravemente, ma dopo alcuni mesi si riprese e tra il 1945 e il 1946 tenne i suoi ultimi cinque concerti.
Il M. morì a Loreto il 6 luglio 1947. Nello stesso giorno si era unito in matrimonio con Maria Anconetani.
Formatosi nel periodo di affermazione del cosiddetto «movimento ceciliano» per la riforma della musica sacra, il M. fu uno dei maggiori rappresentanti del mondo organistico italiano della prima metà del Novecento, insieme con Bossi, Pietro Alessandro Yon, Raffaele Manari e pochi altri, tutti accomunati da una molteplice attività: organisti liturgici, concertisti, didatti e compositori.
La vocazione principale del M. fu il concertismo: tra il 1898 e il 1946 tenne 526 concerti (si veda elenco predisposto dallo stesso M. in Bernardo da Offida, pp. 117-126), di cui una trentina come pianista, in Italia e all’estero (Francia, Belgio, Svizzera, Slovenia, Germania). Nel 1921 fu invitato in Argentina e dal settembre 1927 al febbraio 1928 fece una tournée negli Stati Uniti, della quale pubblicò al suo ritorno le Note di viaggio. Dei suoi concerti, 36 (come solista e con orchestra) furono registrati a Torino dall’EIAR (Ente italiano audizioni radiofoniche) tra il 1932 e il 1942 e trasmessi alla radio; ma i nastri andarono distrutti durante i bombardamenti e il progetto di incidere dischi non poté essere realizzato.
Il M. era particolarmente richiesto per la progettazione, l’inaugurazione o il collaudo di importanti strumenti; il suo repertorio spaziava dai classici agli autori contemporanei (Bernardo da Offida, pp. 112-116). Fu inoltre dedicatario di diverse composizioni, tra le quali si ricordano la Fantasia sinfonica per organo, orchestra d’archi, arpa, ottoni e timpani op. 147 di Bossi (1923), la Sonata in fa maggiore di Gian Luigi Centemeri e il Tema e variazioni in si minore di Oreste Ravanello (1936).
Il M. cominciò l’attività didattica quando una decina fra licei musicali e conservatori avevano istituito la cattedra di organo (istituzione che in Italia fu piuttosto tardiva, risalendo soltanto alla fine dell’Ottocento). Come docente «tese a liberare la scuola d’organo italiana dai retaggi teatrali e dai riduttivi indirizzi ceciliani» (Sacchetti, p. 52) favorendo lo studio dei classici (insieme con il suo allievo P. Ferrari curò un’edizione, uscita postuma, delle più importanti opere bachiane). Inoltre si adoperò per dotare il liceo musicale di Torino di due organi moderni, uno da studio e uno da concerto (a 4 tastiere e 68 registri, impiegato nelle registrazioni radiofoniche) costruiti dalla ditta Tamburini e da lui stesso progettati. Trasformato il liceo musicale in conservatorio (1936), il M. non ottemperò all’obbligo per i docenti di iscriversi al Partito nazionale fascista (Basso, p. 172), ma questo non impedì che nel 1942 gli venisse conferita la stella al merito della scuola, quale riconoscimento del suo impegno didattico. Tra i suoi allievi si ricordano: Arturo Clementoni, Giulio Gedda, Sandro Fuga, Fernando Previtali, Nino Antonellini, Pietro Ferrari.
La composizione fu per il M. un’attività collaterale, che coltivò soprattutto agli inizi della carriera concertistica e che poi riprese negli ultimi anni. La sua produzione musicale comprende una quarantina di composizioni originali per organo, tre in stile concertante e una ventina di trascrizioni, oltre ad alcuni brani vocali, per pianoforte solo o con strumenti (violino, violoncello). Nel suo testamento espresse la volontà che venisse distrutto «quanto possibile» delle sue composizioni (lui stesso negli ultimi anni ne aveva distrutte molte), lasciando agli amici padre Bernardo da Offida e Pietro Ferrari il compito di scegliere quelle «da salvare dal rogo»; ma tale disposizione non fu rispettata (Bernardo da Offida, p. 88, e catalogo alle pp. 90-95). I suoi manoscritti superstiti sono conservati nella Biblioteca del Conservatorio G. Verdi di Torino e nell’Archivio storico della S. Casa di Loreto (Arch. della Cappella musicale, bb. 139-140; Guida degli archivi lauretani, pp. 581-584).
Tra le composizioni per organo solo (in parte edite postume: Radole e Vessia - Rossi) spiccano quelle di grande virtuosismo, ispirate allo stile improvvisativo-toccatistico classico e romantico e concepite per il concerto (Toccata-carillon, Giga, Toccata-fanfara, Toccata in si minore, Studio di concerto per il pedale), accanto ad altre di carattere mistico e contemplativo (Armonie lauretane, Invocazione alla Madonna di Loreto, Pastorale e musetta, Egloga, Elegia). Nella ventina di trascrizioni per organo (alcune edite, ma molte rimaste manoscritte) da brani pianistici, violinistici e orchestrali di autori antichi e moderni, il M. profuse tutta la sua profonda conoscenza delle risorse timbriche e dinamiche dell’organo «conferendo una dimensione originalissima al modello […] ed esprimendo geniali soluzioni coloristiche» (Sacchetti, p. 53). La sperimentazione timbrica e l’innovazione dei tradizionali canoni di scrittura caratterizzano le tre opere di stile concertante (Preghiera per organo e archi; Angelus e berceuse per organo, pianoforte e archi; Meditazione in una cattedrale per organo e archi: la partitura è andata perduta), più volte eseguite in concerto e in trasmissioni radiofoniche.
La produzione musicale del M., ancora oggi poco nota anche se in epoca recente alcune sue composizioni per organo sono state oggetto di incisioni discografiche, costituisce secondo Sacchetti «una delle espressioni più geniali del primo Novecento italiano» (p. 53), arrivando a competere con le più avanzate espressioni europee.
Scritti: È possibile unificare la console dell’organo?, in Bollettino ceciliano, XX (1925), 2, pp. 29-31; Dall’America. Note di viaggio…, ibid., XXIII (1928), 5, pp. 87-90; Prefazione a G.L. Centemeri, Pedeggio legato: con la regola unica per le scale ed il sistema per qualsiasi arpeggio alla pedaliera dell’organo, Milano 1935; Osservazioni sui nuovi programmi di esami per la scuola d’organo (1942), in Bernardo da Offida, pp. 75 s.; Guida allo studio dell’organo, premessa a J.S. Bach, Composizioni scelte per organo, curate in collaborazione con P. Ferrari, I-V, Milano 1949-51.
Fonti e Bibl.: Parma, Museo R. Barilla del Conservatorio di musica A. Boito, Arch. storico, scatola 59: Anno scolastico 1899-1900, Commissione speciale per gli esami di promozione e licenza, verbale esame 3 luglio 1900; A. Bambini, Una risposta al prof. U. M. sulla unificazione della console dell’organo, in Boll. ceciliano, XX (1925), 7, pp. 108 s.; G.B. Katschthaler, Storia della musica sacra, Torino 1926, pp. 150, 357; G.I. Rostagno, Criteri di organaria. Quelli del maestro M. ed i nostri, in S. Cecilia, XXX (1928), 4, pp. 58-60; E. Bontempelli, Storia dell’arte organaria e organistica italiana, in M.E. Bossi. Il compositore, l’organista, l’uomo, a cura di G.C. Paribeni - L. Orsini - E. Bontempelli, Milano 1934, p. 243; E. D’Agostino, Musicisti del Piemonte, Torino 1935, pp. n.n.; A. Basso, Il conservatorio di musica G. Verdi di Torino. Storia e documenti dalle origini al 1970, Torino 1971, pp. 148, 162-166, 169, 172, 179; Parma. Conservatorio di musica. Studi e ricerche, a cura di G. Piamonte - G.N. Vetro, Parma 1973, p. 279; S. Zaccaria, Musica sacra in Italia dal 1925 al 1975, Padova 1975, p. 17; V. Donella, Musica d’organo e organisti in Italia dalla decadenza alla riforma (sec. XIX e prima metà del sec. XX), in Riv. internazionale di musica sacra, III (1982), 1, p. 77; S. Zaccaria, U. M., in Boll. ceciliano, LXXVIII (1983), 3, pp. 71-76; Id., 10 organisti italiani, Roma 1983, pp. 72-77; Guida degli archivi lauretani, I, a cura di F. Grimaldi, Roma 1985, pp. 147, 351, 581-584, 661, 673, 702, 725; Bernardo da Offida, U. M., a cura di G. Viabile, Loreto 1988; A. Sacchetti, U. M., in Strumenti e musica, 1988, n. 4, pp. 52 s. (edito originariamente come presentazione al volume di Bernardo da Offida, 1988, pp. 9-11); F. Baggiani - A. Picchi - M. Tarrini, La riforma dell’organo italiano, Pisa 1990, ad ind.; G. Radole, Letteratura organistica dal Tre al Novecento, Bergamo 1996, pp. 222, 229; C. Mancini, M.E. Bossi e l’organo del salone dei concerti di palazzo Chigi Saracini a Siena. III-IV, in Informazione organistica, XIV (2002), pp. 74-77, 80, 154, 162-165; G.N. Vessia - M. Rossi, Le firme dell’organo. Compositori e repertorio organistico del ’900 italiano, Bergamo 2003, pp. 253 s.