Ultime forme della letteratura tardoantica
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La fine dell’Impero d’Occidente, con la nascita dei cosiddetti regni romano-barbarici, apre la strada ad un impoverimento della cultura nell’area occidentale, che sempre più si distanzia da quella orientale. Non mancano però personalità significative nell’ambito della letteratura pagana e cristiana, sia in prosa che in poesia, destinate ad influenzare profondamente i secoli a venire. Nella prosa, in particolare, si gettano le basi di quella tendenza alla sistemazione enciclopedica che costituirà elemento fondante della cultura medioevale.
Il V secolo si apre con un evento di portata epocale che lascia un profondo segno non solo nella storia politica dell’Occidente ma anche nella cultura letteraria: quando nel 410 i Visigoti guidati da Alarico invadono e saccheggiano Roma, oltre alle ineludibili conseguenze politiche ed economiche che comporta, tale evento scuote le coscienze e suscita una riflessione e una riconsiderazione delle stesse fondamenta su cui l’impero romano si è retto fin dalle proprie origini. Gli anni successivi a questa data testimoniano un processo ormai inarrestabile che culmina nella rottura dell’unità dell’impero. Come non di rado nella storia, si ricorda una data simbolica che riassuma il senso di una realtà che comunque sfugge ad una rigida classificazione cronologica: convenzionalmente l’anno 476, con la deposizione da parte di Odoacre dell’ultimo imperatore romano, Romolo Augustolo, decreta la fine dell’impero romano d’Occidente. La conseguenza politica è la nascita dei regni romano-barbarici. Il progressivo venir meno dell’unità linguistica, con l’affermarsi dei volgari romanzi, e una divaricazione culturale sempre più netta tra Occidente ed Oriente, con la perdita quasi totale della conoscenza del greco nel mondo occidentale saranno solo alcuni dei portati più significativi di questo evento. In tale quadro, che prelude a un arretramento culturale, emergono tuttavia alcune personalità, sia pagane che cristiane, che in diversi modi mantengono viva la tradizione letteraria e che lasceranno un’impronta significativa nella cultura dei secoli successivi.
Macrobio è tra gli ultimi rappresentanti di quella tendenza all’idealizzazione del passato tipica delle cerchie intellettuali di fine IV secolo. Nonostante vi siano alcuni dubbi sulla cronologia, è probabile la collocazione delle sue opere entro la prima metà del V secolo. La principale tra queste, i Saturnalia, sono strutturati in forma di dialoghi che si immaginano avvenuti tra alcuni personaggi pagani e aristocratici mentre banchettano durante le feste dei Saturnali. All’interno di tale cornice, che riprende il motivo classico delle conversazioni conviviali, l’opera è in realtà un testo enciclopedico con la funzione di manuale di educazione, che si rifà ai principi dell’antica tradizione romana. Centrale ad esempio è la figura di Virgilio, autorevole modello di poesia e di sapienza, ma sono presentati come paradigmi culturali anche gli stessi esponenti della rinascita pagana del IV secolo, come i Simmachi e il personaggio di Vettio Agorio Pretestato.
Alla stessa esigenza enciclopedica dei Saturnalia risponde anche l’altra importante opera di Macrobio, i Commentarii al Somnium Scipionis, che hanno tra l’altro il merito di aver contribuito alla conservazione del passo del De republica di Cicerone: i Commentarii sono costruiti in realtà come una serie di trattazioni su argomenti vari che prendono spunto dal testo ciceroniano.
Il cartaginese Marziano Capella, vissuto nella prima metà del V secolo, è autore del De nuptiis Mercurii et Philologiae: il testo, in prosa con parti in versi, è un racconto mitologico-allegorico che tratta delle sette arti liberali (grammatica, dialettica, retorica, geometria, aritmetica, astrologia e musica), dono di Mercurio alla sposa Philologia; le discipline, personificate, si presentano attraverso un’esposizione di tipo enciclopedico. L’opera godrà di una fortuna indiscussa nel Medioevo, quando le arti liberali, organizzate in trivio e quadrivio, costituiranno la base dell’insegnamento scolastico.
Il genere storiografico, che nel IV secolo ha avuto in Ammiano Marcellino il suo ultimo grande interprete pagano, nel V secolo diviene appannaggio degli scrittori cristiani.
Orosio, il più significativo rappresentante di una nuova storiografia cristiana, è incaricato da Agostino di preparare un manuale che integri il De civitate Dei dal punto di vista delle informazioni storiche: egli compone così le Historiae adversus paganos in sette libri. Il principale motivo di interesse di quest’opera è la sua impostazione di manuale di storia universale, il primo esempio in Occidente; universale in senso duplice: da un lato perché si propone di narrare la storia dalla creazione di Adamo all’epoca dell’autore, dall’altro perché prende in considerazione dal punto di vista geografico tutto il mondo ad allora conosciuto. La concezione storica di Orosio ha naturalmente il proprio cardine nella venuta di Cristo, che la Provvidenza divina ha sapientemente intrecciato con la storia dell’impero romano, destinato a facilitare la diffusione del cristianesimo. L’avvento della vera religione, secondo Orosio, ha segnato in modo positivo la storia, determinando un progressivo miglioramento delle sorti di tutta l’umanità.
Sidonio Apollinare incarna una sintesi priva di aspetti conflittuali tra cristianesimo e cultura classica. Nato a Lione intorno al 431, ha una formazione letteraria classica e coltiva una poesia di imitazione di modelli tradizionali; funzionario imperiale, rinuncia alla carriera politica per quella ecclesiastica e diviene vescovo dell’attuale Clermont-Ferrand. La sua personalità è legata anche alla lotta contro la decadenza culturale conseguente alle invasioni barbariche, oltre che al fatto di aver guidato la resistenza contro i Visigoti, motivo per cui viene incarcerato. Alla sua morte Sidonio viene canonizzato. Della sua produzione restano nove libri di Epistulae, scritte sul modello di Plinio il Giovane, e l’opera poetica, una raccolta di carmi che si suddividono i due gruppi, i Panegyrici in esametri e un gruppo di poesie più leggere denominate nugae o epigrammata. In entrambi i gruppi si ha uno stile di maniera, artificioso e talvolta oscuro.
Tra V e VI secolo la poesia dell’Occidente sposta il suo centro geografico in Africa. Emerge la personalità di Draconzio, la cui vita si colloca nella seconda metà del V secolo; egli nasce nell’Africa vandalica in una famiglia di estrazione senatoria, ma di fede cristiana. La sua opera poetica riflette la coesistenza della cultura cristiana e di quella classica: una parte dei suoi componimenti ha infatti un’ispirazione religiosa, messa però, singolarmente, al servizio di esigenze pratiche e strettamente personali; un non meglio precisato incidente con il re vandalo Gunthamondo aveva infatti portato all’incarcerazione di Draconzio: il poemetto Satisfactio in distici elegiaci, ispirato alla poesia ovidiana d’esilio, è indirizzato al re al fine di ottenerne il perdono. Anche il De laudibus Dei, in esametri, celebra la misericordia e la benevolenza di Dio, non però per puro spirito di lode religiosa, ma per ottenere che anche il re sia altrettanto benevolo e clemente con il poeta caduto in disgrazia. A fianco di questa produzione “religiosa” vi è quella di contenuto profano, la Silloge Romulea, raccolta comprendente epigrammi e poemetti mitologici, e la Orestis Tragoedia.
In ambiente cartaginese nel VI secolo viene redatta la vasta raccolta poetica comunemente nota come Anthologia Latina, anche se il titolo non è originario: la silloge comprende anche componimenti più antichi tra cui l’anonimo Pervigilium Veneris e poesie di autori come Floro, Reposiano, Optaziano Porfirio, che si collocano, con qualche oscillazione, nel III secolo. Contemporanei all’epoca della messa a punto della silloge sono invece gli epigrammi di Lussorio e una serie di indovinelli in versi, composti di tre esametri, che vanno sotto il nome di Symphosius Scholastichus.