GRANT, Ulysses Simpson
Generale e 18° presidente degli Stati Uniti, nato a Point Pleasant (Ohio) il 27 aprile 1822, morto a Mount McGregor il 23 luglio 1885. Battezzato coi nomi di Hiram Ulysses, fu iscritto nel 1839 all'accademia militare di West Point come Ulysses Simpson (cognome della madre) Grant; e conservò sempre le iniziali U.S. Nel giugno 1843 fu destinato alla fanteria; prese parte alla guerra messicana. Poi, stanco della vita di guarnigione e in seguito a rimproveri per il vizio del bere, si dimise dal grado di capitano (luglio 1854). Seguirono anni di stenti per lui e la famiglia che s'era formata, anche quando i fratelli lo accolsero come commesso nella loro cuoieria di Galena (Illinois).
L'appello di Lincoln alle armi per la guerra di secessione (1861) lo trovò pronto. Fu nominato colonnello d'un reggimento di volontarî e, un mese dopo, brigadiere generale. Posto nel settore occidentale, riuscì dopo qualche insuccesso a prendere Fort Henry, quindi Fort Donelson. Promosso maggior generale, concentrate le sue forze a Pittsburg Landing, fu sorpreso dai confederati di A. S. Johnston; seppe tuttavia vincere (Shiloh, 6-7 aprile 1862). Criticato, anche per le gravi perdite, fu posto in sottordine a H. W. Halleck; ma, chiamato questi al comando supremo, ebbe il comando del settore del Tennessee occidentale. Il fallito tentativo suo e di W. T. Sherman contro Vicksburg lo avrebbe probabilmente fatto esonerare; ma il Lincoln lo sostenne (Vorrei conoscere la marca del suo whisky - si dice esclamasse al risorgere delle vecchie accuse d'intemperanza - per mandarne un barile a ciascun generale), e poco dopo egli poté, avanzando in pieno territorio nemico, prendere l'importante posizione (4 luglio 1863). Promosso col passaggio in servizio permanente, ebbe il comando d'un gruppo d'armate tra gli Allegani e il Mississippi; e, dopo la sconfitta di W. S. Rosecrans a Chickamauga, rimesse in efficienza le truppe concentrate a Chattanooga, vinse i confederati di B. Bragg (23-25 novembre 1863). Nominato comandante in capo, rifiutò l'offertagli candidatura alla presidenza. Egli diede all'Unione quel coordinamento negli sforzi e quell'energia nel martellamento incessante del nemico, fino allora mancati. Senza badare a perdite o insuccessi, non dando un solo istante di tregua a R. E. Lee, riuscì, dopo circa un anno, a ottenerne la resa (9 aprile 1865). Alla guarnigione di Fort Donelson egli aveva chiesto la resa senza condizioni (unconditional surrender) che divenne il suo nomignolo; ora, si contentò di patti mitissimi.
In questo, si mostrava fedele seguace del Lincoln. Ma dopo l'assassinio di questi, nel conflitto tra il nuovo presidente, Andrew Johnson, incline come il predecessore alla mitezza verso i vinti, e la maggioranza del Congresso, anelante a vendette e all'asservimento politico degli stati meridionali al proprio partito, il G., ricompensato col grado di generale in capo, non conferito ad altri dopo G. Washington, finì per accedere alla politica del Congresso. Allorché il presidente dimise il segretario alla guerra E. M. Stanton, nonostante il Tenure of Office Act, che gli vietava di destituire qualsiasi funzionario senza l'approvazione del Congresso, il G. accettò bensì di sostituirlo ad interim, ma protestando; e allorché l'atto del presidente venne annullato, riconsegnò allo Stanton l'ufficio. G. ebbe così l'appoggio di tutti i nemici del Johnson; mentre, candidato dei repubblicani alla presidenza, poteva ancora passare per il rappresentante di coloro che volevano soprattutto il mantenimento dell'unione. In realtà, il predominio del partito repubblicano nel Sud, effetto delle severe leggi, cosiddette di ricostruzione, contribui in larga misura a determinare la sua vittoria (214 voti contro 80 per il candidato democratico H. Seymour nell'elezione di secondo grado). E fu, come presidente, schiavo del suo partito, anzi di alcuni fra i peggiori elementi. Soldato, il G. trasformò la Casa Bianca in una specie di comando militare; scelse i ministri in base alla sola fiducia personale; impaziente di critiche, e onesto ma ingenuo, fu facile vittima di adulatori e trafficanti. Così egli aderì alla politica repubblicana, mirante a conculcare negli stati meridionali l'antica classe politica, e a garantire l'esercizio pieno del diritto elettorale concesso ai negri, fedeli sostenitori del partito; contro il malcontento che scoppiava in varie forme (notevole la società segreta detta Ku Klux Klan) e, insieme col malgoverno, gettava quegli stati in una vera anarchia, non esitò talvolta a prendere misure severissime. Queste conseguenze politiche e gli scandali che colpivano personaggi vicinissimi a lui, furono causa che parecchi repubblicani (tra cui il Trumbull, il Sumner, Ch. F. Adams) temessero la sua rielezione; ma il nuovo partito liberale repubblicano scegliendo a candidato, presto accolto dai democratici, il poco popolare Greeley, giovò indirettamente al G., rieletto nel 1872 con 286 voti elettorali su 360. Conviene d'altra parte considerare, in un giudizio sul G., il sentimento dei vincitori e il loro timore che un ritorno al potere degli antichi governanti nel Sud provocasse una nuova rottura dell'Unione e ristabilisse, di fatto se non di diritto, la schiavitù. Migliore fu la politica finanziaria del G., che, mentre si riducevano la tasse di guerra e si procedeva al consolidamento del debito pubblico fluttuante, si oppose ai tentativi di perpetuare o accrescere l'inflazione monetaria e il corso forzoso; contrastò, con vendite da parte del tesoro, le manovre di speculatori sull'oro (venerdì nero, 24 settembre 1869, alla Borsa di New York) e resistette alle tendenze inflazionistiche manifestatesi ancora durante la crisi del 1873.
G. tentò invano, ostacolato dall'opinione pubblica, di fare, con il suo segretario di stato Hamilton Fish (1808-1893), una politica estera attiva e forte. Le questioni pendenti con l'Inghilterra durante la guerra furono risolte col trattato di Washington (8 maggio 1871; v. alabama, questione dell', II, p. 55); nella rivolta cubana alla Spagna (guerra dei 10 anni) il Fish ottenne che G. conservasse, suo malgrado, la neutralità, nonostante l'uccisione di 50 uomini del corsaro Virginius, battente (per abuso, come fu poi dimostrato) bandiera americana (1873); svanirono i progetti di accordo col Nicaragua e la Colombia, miranti ad assicurare agli Stati Uniti ll controllo di un futuro canale interoceanico, e fallì anche il tentativo, opera personale del G., di annettere San Domingo (1869-71).
Ma la politica verso il Sud, dove a poco a poco l'antica classe dominante e il partito democratico venivano risollevandosi, insieme con gli scandali, e la stanchezza del popolo, ansioso di distogliere la mente dai vecchi problemi della guerra per darsi tutto all'attività economica, resero il G. sempre meno popolare. Il progetto d'una sua terza elezione, da lui solo debolmente combattuto, fallì. G. non parve meritasse ciò che Washington aveva rifiutato. Così G., non ricco, lasciò l'ufficio, incominciando un lungo e trionfale viaggio in Europa e in Asia. Ritornò troppo presto, secondo i suoi amici, per profittare dell'impopolarità del presidente R. B. Hayes. Nel congresso del partito repubblicano a Chicago, durante 36 scrutinî, raccolse più di 300 voti; alla fine prevalse J. A. Garfield. Si stabili allora a New York (1881) investendo tutto il suo in una ditta bancaria (Grant and Ward), in cui entrò anche uno dei suoi figli; ma essa falli ben presto (1884), e furono messe in luce gravi frodi di altri soci. Fu contrastato a lungo anche il ristabilimento dell'altissimo grado militare a vita, cui il G. aveva rinunciato assumendo la presidenza. Avvilito, e tormentato da un cancro alla gola, s'era intanto messo a scrivere articoli per riviste e i Personal Memoirs (New York 1885-86) che finì di scrivere pochi giorni prima di morire. Il celebre mausoleo, iniziato a New York nel 1892, fu inaugurato il 27 aprile 1897.
Bibl.: General Grant's letters to a friend, ed. da J.G. Wilson, 1897; Letters of U. S. G. to his father and his youngest sister, ed. da J.G. Cramer, New York 1912; A. Badeau, Military history of U. S. G., ivi 1868-81, voll. 3; id., G. in peace, ivi 1887; W. C. Church, U. S. G. and the period of national preservation and reconstruction, ivi 1897; H. Garland, U.S.G.: his life and character, ivi 1898; nuova ed., ivi 1920; C. King, The true U. S. G., ivi 1914; L. A. Coolidge, The life of U. S. G., ivi 1927; W. E. Woodward, Meet General G., ivi 1928; J. F. C. Fuller, The generalship of U. S. G., ivi 1929. V. anche: stati uniti: Storia.