PADOVANI, Umberto Antonio
PADOVANI, Umberto Antonio. – Nacque il 27 novembre 1894 ad Ancona da Attilio e da Elisabetta Rossati, in una famiglia tradizionalmente patriarcale e in cui la religione veniva praticata con rigore e convinzione.
La madre, alla quale era legatissimo, veniva da una ricca casata veneta. Il padre, generale di artiglieria, apparteneva a una famiglia di lunga tradizione militare ed educò i figli a una rigorosa etica dell’onore e del dovere. Il nonno materno, un importante proprietario terriero del Polesine (a Bottighe), d’inverno si trasferiva a Venezia e soprattutto a Padova, dove frequentava la società.
Da bambino Padovani fu condizionato a fondo dall’estrema religiosità materna e dall’austera severità paterna. A tutti i figli fu imposta infatti un’educazione selezionata e rigidamente controllata, così che Padovani, invece di frequentare la scuola elementare pubblica – troppo laica dopo l’unità d’Italia – venne educato da un precettore fidato, un ex abate, l’anziano don Luigi, che avrebbe ricordato con affetto in una delle sue ultime opere, Il mio itinerario nella metafisica (Como 1966). Il bambino aveva un carattere introverso, sensibile e riservato; non giocava coi fratelli e i cugini ma amava discutere col maestro e dedicarsi allo studio e alla lettura. Risale già a quel periodo, quando aveva circa otto anni, un interesse preoccupato e partecipe per il problema della morte, che lo avrebbe accompagnato tutta la vita, determinandone il pensiero filosofico e le scelte teologico-speculative.
Conclusi gli studi elementari, frequentò il liceo Parini di Milano, dove l’incontro con un insegnante di filosofia materialista, ateo e fermamente positivista sconvolse tutte le sue certezze religiose. L’adolescente fu sopraffatto dal rigore razionale del positivismo, cui nessun elemento della sua educazione familiare riusciva a resistere, tanto più che tutte le opere in difesa del cristianesimo che conosceva non erano in grado di fare fronte adeguatamente agli attacchi della filosofia moderna. Da questa profonda crisi spirituale – stava infatti perdendo la fede – nacque in Padovani l’esigenza di trovare nuove risposte, che fossero all’altezza filosofica del materialismo positivista, salvando l’impianto essenziale della teologia cattolica. Per questa ragione, appena terminato il liceo e malgrado il padre avrebbe preferito vederlo studiare ingegneria, decise d’iscriversi alla facoltà di filosofia dell’Accademia scientifica e letteraria di Milano, come si chiamava allora l’università.
Il problema della morte e del senso della vita e soprattutto la convinzione nella forza inoppugnabile dell’approccio positivista lo spinsero a seguire i corsi di Pietro Martinetti, il quale lo liberò subito da tutte le ingenuità positiviste e lo introdusse al razionalismo e all’idealismo trascendente, in una linea sostanzialmente atea. Ma il retaggio dell’educazione infantile e il forte attaccamento alla religiosissima madre fecero sì che Padovani frequentasse negli stessi anni due persone che avrebbero condizionato profondamente il suo futuro di filosofo e di cattolico: il gesuita Guido Mattiussi, sua guida nello studio del tomismo, che Padovani avrebbe poi profondamente trasformato con un’interpretazione originale, e monsignor Francesco Olgiati, che aveva saputo fondere insieme la metafisica classica e il pensiero moderno, secondo un indirizzo che Padovani riprese ed elaborò con tenacia.
Mattiussi e Olgiati rappresentarono la via a un tempo teorica e pratica che Padovani andava cercando per risolvere le sue inquietudini religiose e teoretiche. Decise quindi di dedicarsi interamente alla vita filosofica, scegliendo il celibato, l’altro corrispondente all’idea religiosa di ascesi che più tardi avrebbe rivendicato anche sul piano filosofico-teologico. Come esempi da seguire, per questa scelta, aveva da una parte il laico Martinetti e dall’altra il religioso Olgiati. L’unione di ascesi e senso del dovere determinarono anche lo sviluppo dei suoi studi e l’attenzione nei confronti di certe correnti di pensiero, quindi anche dei filosofi cui dedicò maggiore attenzione, fra i quali Schopenhauer, del quale amava ripetere il detto secondo cui la vita, poiché non poteva essere felice, doveva almeno essere eroica (cioè santa).
Dopo la laurea in filosofia con tesi su Spinoza, si laureò in lettere con una tesi su Vito Fornari. Subito dopo ebbe inizio la sua carriera di studioso e di universitario. Nel 1921 entrò a far parte della Società italiana per gli studi filosofici e psicologici e della nuova Università cattolica del Sacro Cuore, entrambe fondate da padre Agostino Gemelli. Cominciò anche a collaborare attivamente alla Rivista di filosofia neoscolastica, diventando uno dei più rispettati rappresentanti di questa corrente filosofico-teologica ispirata da Gemelli.
All’Università cattolica, dove entrò come assistente e come direttore della biblioteca nel 1921, svolse subito anche la funzione di segretario della facoltà di filosofia. Nel 1924 ottenne la nomina di professore incaricato di filosofia della religione e nell’anno accademico 1924-25 fu supplente di introduzione alla storia delle religioni. Nel 1934 arrivò primo al concorso per la cattedra di filosofia della religione e venne nominato alla Cattolica e subito, in seguito alla riforma De Vecchi, trasferito all’Università di Padova per occuparvi la cattedra di filosofia morale. Lì insegnava anche Olgiati, col quale si sentiva particolarmente in sintonia.
La sua attività pubblicistica era stata intensa e importante sia per i libri sia per gli articoli sulle riviste. Dopo aver pubblicato la sua tesi, Il problema fondamentale della filosofia di Spinoza (Milano 1920), diede alle stampe Vito Fornari. Saggio sul pensiero religioso in Italia nel secolo XIX (ibid. 1924), Vincenzo Gioberti e il cattolicesimo (ibid. 1927) e il primo volume (unico dei tre previsti) di un’opera su Schopenhauer, Arthur Schopenhauer. L’ambiente, la vita, le opere (ibid. 1934), libri che rappresentano il suo impegno nella biografia e nella storia della filosofia, attenta non solo ai classici del pensiero occidentale, ma anche alle suggestioni provenienti da altri orizzonti religiosi e culturali. Nel suo testo filosofico più importante La filosofia della religione e il problema della vita (ibid. 1937; riedito col titolo Il problema religioso nel pensiero occidentale, 1951) delineò la linea generale del suo pensiero, che vedeva nella religione l’unica strada per risolvere il problema della vita, ossia il male che sempre limita le umane possibilità, ed espresse anche la sua rilettura originale della storiografia filosofica e della metafisica classica (secondo una rinnovata prospettiva neoscolastica), ponendo le basi degli sviluppi ulteriori della sua posizione speculativa.
Lo scoppio della seconda guerra mondiale non interruppe la sua attività d’insegnamento, né la sua produzione. Fra il 1940 e il 1942, su esplicito suggerimento di Gemelli ma anche per sua personale convinzione, si riunirono nella sua casa di Milano diversi intellettuali cattolici avversi al fascismo (il cosiddetto ‘gruppo di casa Padovani’) per pensare a un possibile diverso assetto del paese (fra questi Giuseppe Dossetti, Sofia Vanni Rovighi e Amintore Fanfani).
Nel frattempo continuava a pubblicare (La storia della filosofia con particolare riguardo ai problemi politici, morali e religiosi, Como 1942; S. Tommaso d’Aquino nella storia della cultura, ibid. 1945, dove ridefiniva una filosofia aristotelico-tomista di stampo più decisamente razionalistico e orientato alla metafisica), ma l’attività speculativa non gli impedì di partecipare attivamente al movimento di rinnovamento teorico e morale fortemente voluto da Gemelli e da un folto gruppo di studiosi cattolici (fra gli altri, Carlo Giacon, Luigi Stefanini, Augusto Guzzo e Felice Battaglia), che alla fine della guerra, nel 1945, diede vita al Centro di studi filosofici di Gallarate. Nacque così il ‘Movimento di Gallarate’, che si riuniva annualmente (e continua ancora a farlo) per promuovere un dialogo aperto fra i più importanti rappresentanti della filosofia italiana. In esso confluirono qualche anno dopo anche gli esponenti italiani dello ‘spiritualismo’ cattolico, il più illustre dei quali, Michele Federico Sciacca, fondò nel 1946 il Giornale di metafisica, dove Padovani firmò il primo articolo del primo numero.
Nel 1948 diventò professore ordinario di filosofia morale e filosofia teoretica presso l’Università di Padova e da allora mantenne un’intensa attività nelle riviste e nell’insegnamento, che gli garantì l’ammirato rispetto dei suoi allievi.
Dopo Il fondamento e il contenuto della morale (Como 1947), nel 1953 uscì Filosofia e teologia della storia (ibid.), in cui sostenne che la storia, la quale ci rivela il male, vale a dire i limiti umani, non può offrire soluzioni perché rimane legata all’empirico (come non può dare soluzioni la filosofia, essendo il male irrazionale), mentre solo la teologia della storia sarebbe capace in maniera non fideistica ma razionale di mostrare il valore della salvezza nel destino che separa la Caduta dalla Redenzione.
Riprese la storia della filosofia con il Sommario di storia della filosofia, con particolare riguardo ai problemi morali e religiosi (Roma 1966).
Morì il 5 aprile 1968 a Gaggiano, vicino Milano, avendo dato ordine che la notizia della sua scomparsa non fosse resa pubblica che a sepoltura avvenuta, estremo esempio della sua scelta ascetica.
Fonti e Bibl.: G. Ceriani, La ‘Filosofia della religione’ secondo U.A. P. e la ‘Metafisica dell’esperienza’ secondo G. Bontadini, in Rivista di filosofia neoscolastica, XXIX (1937), 6, pp. 551-560; Dizionario dei filosofi, a cura del Centro di Studi filosofici (Gallarate), Firenze 1976, pp. 236 s.; A. M. Moschetti, Cercatori dell’assoluto: maestri nell’Ateneo padovano, Santarcangelo di Romagna 1981, pp. 68-90;La cultura filosofica italiana dal 1945 al 1980 nelle sue relazioni con altri campi del sapere (atti del convegno, Anacapri 1981),Napoli 1988, pp. 288-295; U.A. P. nel centenario della nascita, a cura di P. Faggiotto, Padova 1995; Dizionario dei filosofi della religione, a cura di F. Niewöhner - Y. Labbé, Roma 2001, ad ind.; F.L. Marcolungo - A. Rigobello, U.A. P. 1894-1967, Urbino 2005; La cultura filosofica italiana attraverso le riviste: 1945-2000, a cura di Piero Di Giovanni, Roma-Milano 2006, pp. 284-297; Storia dell’Università cattolica del Sacro Cuore, a cura di A. Cova, Milano 2007, pp. 27-29, 50; A. Roncolato, U.A. P. in Filosofiaeteologia.it, Forme della superstizione, XXIII (2009), 3, p. 675.