BENASSI, Umberto
Nato a Parma il 4 genn. 1876 da Aminta e da Maria Beatrice Pelizzi, fece colà gli studi secondari, recandosi poi nel 1894 a Pisa, dove compì gli studi universitari alla Scuola normale. In quegli anni pisani il B. ebbe compagni di studio e di discussione G. Gentile, G. Lombardo Radice, G. Volpe; maestri gli furono A. D'Ancona, E. Pais, e, in particolar modo, Amedeo Crivellucci, al quale finì per legarsi saldamente. Del Crivellucci la cultura ancora provinciale del B. subì immediatamente il fascino, accogliendone intera la lezione di serietà e di impegno scientifico. Nella rivista fondata e diretta dallo stesso Crivellucci, Studi storici, egli pubblicò ventunenne, nel 1897, il suo primo saggio dedicato a una questione di cronistica parmense. Fin da questi primi anni di studio e di lavoro fissò chiaramente il suo entusiasmo erudito e l'amore alle vicende storiche della città natia, e subito impegnò tutte le sue forze nell'allestire i materiali per quella che doveva rimanere l'impresa più ambiziosa della sua professione di ricercatore: la Storia di Parma, continuazione della vecchia e celebre compilazione dell'Affò, portata innanzi dal Pezzana fino alle soglie del sec. XVI.
In cinque densi volumi, stampati a Parma tra il 1899 e il 1906, il B. non arrivò a comprendere che il brevissimo periodo che va dal 1500 al 1534. Da un punto di vista interno, si tratta di una opera discontinua e assai poco omogenea, legata nei vari volumi alla maturazione e mutazione dello studioso: da un primo volume arido ed annalistico, troppo scolasticamente legato ai vecchi modelli della storiografia erudita locale, attraverso un secondo e un terzo, più liberi e personali nell'impostazione e nella trattazione, si passa agli ultimi due veramente buoni, nei quali l'autore, liberatosi dall'impaccio giovanile e dominando più accortamente l'imponente materia erudita e la vastità della ricerca archivistica, riesce ad uscire dallo spirito un po' angusto della storia locale e a ricollegare le vicende dello Stato parmense ai movimenti e ai contrasti politici e ideali che fervevano sull'orizzonte europeo nella prima metà del Cinquecento. In generale, stupisce e impressiona nell'opera del B., ancora giovane, la maturità del mestiere e le conoscenze sterminate e di prima mano nei riguardi della materia trattata, per quanto ristrette all'ambito parmense; ma vano sarebbe pretendere da lui la capacità di un rievocatore felice ed efficace, oltre la documentata cronaca degli avvenimenti storici. Gli nocque probabilmente l'essersi accinto a una tale impresa senza aver prima sperimentato ricostruzioni di più facile respiro; finirono così per diventare gravi limiti gli stimoli stessi che lo avevano spinto all'opera, cioè il fascino troppo provincialmente sentito della storia locale e della secolare tradizione della sua Parma da un lato, e dall'altro l'inclinazione polemica verso la storia come narrazione minuta e documentata di avvenimenti politici e diplomatici, il tentativo ambizioso di legarsi alla magistrale lezione muratoriana senza avere le capacità necessarie a rinnovarla e interpretarla in modo moderno.
L'esistenza stessa del B. può testimoniare però dell'autenticità della sua vocazione storica, nutrita essenzialmente di amore per le tradizioni e le vicende locali e di severa dedizione alla ricerca documentaria. Professore di scuola media, dapprima a Porto Maurizio, poi a Parma dal 1905 come titolare di storia nell'istituto tecnico, tenne quella cattedra per vent'anni, rifiutando incarichi più illustri e ambiti, restio soprattutto ad allentare anche per poco i legami con la terra natia.
Da questa ininterrotta vocazione di studioso locale sorsero via via i suoi numerosissimi contributi, caratterizzati tutti da grande attenzione di ricerca e da notevole ricchezza documentaria. Tralasciando i molti saggi che apparvero nel Bollettino storico piacentino e nell'Archivio storico per le provincie parmensi tra il 1905 e il 1925, ricordiamo la Storia di Parma da Pier Luigi Farnese a Vittorio Emanuele III, Parma 1907, dove l'intento palesemente divulgativo permette più libera e spontanea espressione allo spirito e alla vena di rievocazione locale propri dello scrittore; il volume 1 del Codice diplomatico parmense del sec. IX, Parma 1910, saggio notevole per la sicura conoscenza da parte del B. della storia parmense; e può non essere inutile alla comprensione della sua personalità ricordare anche una conferenza ch'egli tenne all'universítà popolare di Parma nel marzo del 1915 e subito stampata in opuscolo, L'anima parmigiana di fronte alla guerra attraverso i secoli, dove, facendosi ingenuo partigiano dell'interventismo, egli conduce la sua inclinazione di storico locale ai limiti della retorica di un nazionalismo tutto risolto in bonario spirito di campanile.
I risultati migliori e di gran lunga più maturi della indefessa attività di ricercatore del B. sono però raccolti nel lavoro, ch'egli condusse negli ultimi anni di vita, su Guglielmo Du Tillot. Un ministro riformatore del sec. XVIII, uno dei primi contributi seri alla storia dell'illuminismo italiano e del movimento riformatore.
La lunga ricerca dei B., che uscì a puntate nell'Arch. stor. per le prov. parmensi tra il 1915 e il 1925 (voll. XV-XVI e XIX-XXV) e fu diffusa poi in estratti unitari, si era stavolta sostanziata dei nuovi indirizzi storiografici, in particolare di quello economico-giuridico, e aveva ritrovato nella sempre imponente mole del materiale erudito un ben distinto filo conduttore, rappresentato dalla corrente di rinnovamento politico e civile della piccola Parma settecentesca, e impersonato dalla figura del Du Tillot. Il B. era stato così condotto dal suo stesso argomento al di fuori dello spirito provinciale cui era rimasto per l'innanzi legato, preso nel giro di problemi e dibattiti che gli aprirono un orizzonte europeo. L'opera prendeva posto in tutta una serie di studi che rinnovavano in quegli anni le prospettive della ricostruzione storica dei nostro Settecento, quali avevano offerto lo Schipa, il Rota, il Natali e il Pugliese, e impostava una serie di problemi, come l'importanza e la diffusione europea della circolazione delle idee illuministiche, che sono rimasti fondamentali, da un punto di vista metodologico, nella posteriore ricerca storica sul secolo dei lumi.
Nonostante che in due concorsi universitari, a Messina nel 1920 e a Catania nel 1921, fossero stati espressi giudizi lusinghieri sul suo conto, il B. non aveva voluto neppur tentare una strada per la quale non si sentiva portato; affezionatissimo alle sue cariche ed incombenze locali ed erudite, segretario della Deputazione di storia patria di Parma dal 1909, della locale Accademia di belle arti, membro della Commissione araldica, solo all'inizio del 1925 cedette alle insistenze degli amici chiedendo la libera docenza. Ma la morte lo colse subito dopo, il 2 agosto dello stesso anno, nella città natale.
Bibl.: Recensioni e segnalazioni dei vari lavori del B. si trovano numerose nelle riviste di cultura dei tempo, in partic. nell'Arch. stor. ital., e nel Giorn. stor. d. letter. ital.: ricordiamo per es. G. Coggiola, rec. a Storia di Parma, in Studi storici, X (1901, pp. 351-356; XVI (1907), pp. 103-108; G. Prato, Un ministro riformatore del sec. XVIII, in La Riforma sociale, XXXII (1925), pp. 137-142, acuta disamina del lavoro del B. su Du Tillot. Cfr. inoltre la necrologia del B. scritta da A. Boselli nel Giorn. stor. d. letter. ital., XLIII (1925), pp. 421 s.; P. Egidi, In memoria, in Riv. stor. ital., XLII (1925), p. 335; P. Silva, U. B., in Arch. stor. per le prov. parmensi, n. s., XXV (1925), pp. XXIII-XL, che è il contributo più ampio, con larga bibliogr. della produz. storiografica dei B.; W. Maturi, Gli studi di storia moderna e contemp., in Cinquant'anni di vita intellettuale ital., 1896-1946, Scritti in onore di B. Croce per il suo ottantesimo anniversario, I, Napoli 1950, pp. 231-233.