MARTINA, Umberto. –
Nacque a Dardago di Budoia nel Friuli il 12 luglio 1880 da Luigi e da Maria Bastianello, contadini. Ancora bambino si trasferì con la famiglia a Venezia, dove il padre aveva trovato occupazione presso un caffè. Qui, mosso da precoce vocazione artistica e riuscendo a vincere le resistenze dei genitori, il M. frequentò dal 1895 al 1900 l’Accademia di belle arti, dove in quegli anni insegnava E. Tito, distinguendosi in particolare nello studio della figura. Nel 1904, tuttavia, animato dal desiderio di approfondire la propria formazione in un contesto meno provinciale, si trasferì a Monaco di Baviera per seguire, presso la locale accademia, le lezioni del pittore C. von Marr, di cui aveva molto ammirato I flagellanti, quadro esposto nel 1895 alla prima edizione della Biennale di Venezia. Dopo il soggiorno tedesco, nel 1906 il M. tornò a Venezia, dove si stabilì, dedicandosi con continuità e passione alla pittura. Nello stesso 1906, con un gruppo di giovani artisti veneziani, prese parte con tre opere (Cappello rosso, Ritratto di bambina, Ritratto di signorina) alla Mostra nazionale di belle arti di Milano, prima sua partecipazione documentata a una esposizione.
La ricostruzione del catalogo del M. è assai complessa, poiché i suoi dipinti sono nella quasi totalità conservati in collezioni private, non pubblicati, né datati. Stando ai titoli delle opere, l’artista, al suo ritorno a Venezia, non si adeguò alla dominante maniera aneddotica di G. Favretto e al paesaggismo di G. Ciardi, orientandosi invece verso una pittura in cui il riferimento alla tradizione veneziana si declinava in una vena anticonformista segnata da suggestioni Jugendstil. Gli anni trascorsi a Monaco, seppur scarsamente documentati, costituirono difatti una tappa importante nel percorso del M., influenzandone la successiva produzione: l’esperienza monacense si riflette, per esempio, nell’adozione di pennellate curvilinee e di linee sinuose, tipiche dello Jugendstil, che caratterizzano molti dei suoi dipinti; inoltre echi dell’arte di F. von Stuck si ravvisano nella sensualità fantastica che permea alcune scene mitologiche o bibliche, quali Susanna e i vecchioni (1917 circa: Venezia, collezione privata, ripr. in Manzano, tav. 11) o Donna allo specchio (Pordenone, Museo civico d’arte), mentre in molti dei suoi ritratti sembra emergere la lezione di F. von Lenbach.
Sul finire degli anni Dieci il M. avviò un’intensa attività espositiva, che lo vide presente in diverse edizioni della Biennale veneziana (1907, 1909, 1910, 1912, 1922, 1924) e in molte collettive di Ca’ Pesaro, cui l’artista prese parte ininterrottamente, con una sola eccezione nel 1912, dal 1908 al 1920. Se il M. partecipò con regolarità alle maggiori esposizioni veneziane, assolutamente episodica fu invece la sua presenza in mostre organizzate altrove (fra queste, la I Mostra regionale d’arte di Treviso nel 1921 e la II Mostra d’arte del Sindacato fascista di belle arti della Venezia Giulia a Udine nel 1934-35).
Dopo il successo riscosso alla Biennale del 1910 con il Ritratto di Luciano Zuccoli (di ubicazione ignota, com’è da intendersi per le altre opere, quando non espressamente indicato, ripr. in Neri, p. 78), nel corso del secondo decennio del secolo il M. raggiunse una discreta notorietà grazie soprattutto ai suoi ritratti, caratterizzati da una notevole scioltezza di esecuzione e da un’acuta capacità di lettura psicologica, come testimoniato da opere quali Ritratto della signora Zezzos (1909, ripr. ibid., p. 79), Ritratto della signora Veronese Bruzzo (1911, ripr. ibid., p. 76), Ritratto dello scultore De Paoli (1920 circa, ripr. in Pauletto, p. 24), o Ritratto della signora Pasinetti, esposto alla Biennale del 1922 (1921, ripr. in Neri, p. 77). Alla Biennale del 1912 espose La famiglia del «tragante» (ripr. ibid., p. 72); mentre al 1929 circa risale Interno di osteria con suonatori (ripr. in Manzano, tav. 12), scene di costume cui il M., anche se saltuariamente, si dedicò.
Nonostante il progressivo rarefarsi della sua attività espositiva dai primi anni Venti, nei decenni successivi il M., potendo ormai contare su una discreta fama come ritrattista e su un ampio giro di committenza privata (come dimostra la dispersione delle sue opere in numerose collezioni e salotti borghesi di Venezia e del Triveneto), continuò a lavorare attivamente, accogliendo nella sua bottega in S. Barnaba giovani allievi come L. Zuccheri, V. Tramontin e A. Buso.
Sempre dibattuto fra l’adesione agli schemi di un linguaggio tardottocentesco, suggestioni liberty, la necessità di adeguarsi alle richieste della committenza e una pittura a tratti pervasa da «fremiti di libertà creativa che finiscono per farla uscire dall’alveo ottocentesco» (Damiani, p. 39), il M. continuò a dividersi fra un’intensa produzione ritrattistica – caratterizzata quasi sempre da grande libertà, scioltezza, estro e vigore (Il vecchio Romolo del 1925 circa, ripr. in Manzano, tav. 4; Giovane donna di profilo, Tauriano, collezione della Società operaia; Ritratto di donna con turbante, Pordenone, collezione della Provincia) – e altri generi, come rievocazioni settecentesche, rese con una particolare vivacità di tocco (Figure goldoniane in piazza del 1929 circa, ripr. ibid., tav. 2), soggetti sacri, nudi (Nudo di donna, Udine, Galleria d’arte moderna) e alcuni rari paesaggi e vedute d’interni (Paesaggio trevisano del 1928 circa, ripr. ibid., tav. 16; Interno del 1935, Treppo Carnico, Museo e Pinacoteca Enrico De Cillia). In questi anni, il M. realizzò anche diverse opere per edifici e monumenti sparsi nel Triveneto, e in particolare nel territorio di Spilimbergo, cittadina ove decorò il salone di palazzo Ciriani e realizzò i bozzetti per il pannello musivo del locale Monumento ai caduti, opera che fonde sensibilità liberty, elementi classici e suggestioni naturalistiche (1928: Spilimbergo, Scuola mosaicisti del Friuli). Inoltre, nel periodo successivo al 1922, anno in cui il M. si aggiudicò la vittoria in un concorso per una pala raffigurante S. Marco, si impegnò in varie commissioni d’arte sacra, realizzando per diverse chiese del Veneto e del Friuli (fra cui S. Rocco a Spilimbergo, 1922; S. Nicolò a Tauriano; chiesa parrocchiale di Aurava; duomo di Portogruaro, 1934-38) numerose tele e decorazioni, opere che nel complesso, a partire da bozzetti dal linguaggio più fresco e ispirato, denunciano nella realizzazione una manierata adesione agli schemi tradizionali della pittura sacra veneziana.
Personaggio schivo ed eccentrico, anche durante gli anni Trenta il M. continuò a svolgere la propria attività a Venezia dove, ormai isolatosi dai milieux artistici, frequentò soprattutto gli ambienti più popolari della città, da cui spesso provenivano i soggetti dei suoi ritratti, a volte studiati anche in pose fotografiche. Nel corso di questi anni, tuttavia, il M. andò rinsaldando i legami con la propria terra d’origine e, dopo avere sposato il 20 ott. 1938 Maria Gottipavero a Tauriano di Spilimbergo, paese originario del padre, alla vigilia della seconda guerra mondiale, scelse di trasferirsi definitivamente nel piccolo centro friulano.
Anche negli ultimi anni il M. continuò a lavorare intensamente, rimanendo fedele alla consueta gamma di soggetti, resi mediante un linguaggio che non evidenzia particolari evoluzioni, e privilegiando, come sempre, l’attività ritrattistica (Ritratto di monsignor Michieli, 1935 circa, ripr. ibid., tav. 24; Ritratto della signora Bertazzolo, 1943 circa, ripr. ibid., tav. 26). In questa fase, tuttavia, forse anche a causa delle incalzanti richieste della committenza e del suo carattere inquieto ed estroso, il lavoro del M., sempre in bilico fra «illuminazioni di entusiasmo», «felicità creative» e «rese davanti al disinteresse del mestierante» (Manzano, pp. n.n.), mostrò una progressiva caduta di tensione, appiattendosi spesso nella routine del mestiere.
Il M. morì a Tauriano il 14 genn. 1945.
Fonti e Bibl.: I. Neri, Artisti contemporanei: U. M., in Emporium, LVII (1923), 338, pp. 71-81; E. Corsini, Profili di artisti. U. M., in La Panarie, 1932, n. 49, pp. 81-90; A. Manzano, M. (catal.), Spilimbergo 1970; L. Damiani, Arte del Novecento in Friuli. Il liberty e gli anni Venti, Udine 1978, pp. 39 s.; G. Sgubbi, M. U., in Arte nel Friuli Venezia Giulia 1900-1950 (catal., Trieste), Pordenone 1982, pp. 38 s.; La pittura in Italia. Il Novecento/1, Milano 1992, I, ad ind.; II, pp. 958 s.; G. Pauletto, U. M. (1880-1945), s.l. né d. [ma Spilimbergo 1995]; C. Sant, U. M., in Venezia 900: da Boccioni a Vedova (catal.), a cura di N. Stringa, Venezia 2006, p. 357.