MASTROIANNI, Umberto
– Nacque a Fontana Liri, in provincia di Frosinone, il 21 sett. 1910 da Vincenzo e da Luigia Maria Vincenza Conte. Nono di dieci figli, compì gli studi ad Arpino e apprese i primi rudimenti del mestiere sia dal padre, che si dedicava per diletto alla scultura in legno, sia dallo zio Domenico, scultore d’esperienza internazionale.
Domenico nacque ad Arpino il 10 genn. 1876 da Pietro e da Angela Redivivo. Nella bottega del padre imparò a lavorare il legno, e a modellare nei laboratori di ceramiche e terrecotte. Nel 1894 fu notato da don Carlo Quadrini, che lo portò con sé a Roma. A fianco dello scultore Baldassarre Surdi collaborò ai diversi allestimenti del suo imponente presepe, rimodellando gli elementi del paesaggio e adattandovi le statue opera dei più noti scultori italiani del tempo. Si recò in viaggio a Vienna, Budapest, Berlino, Londra e Bruxelles. Nel 1903 sposò a Roma Adele Durante, da cui ebbe due figli entrambi nati in Francia: Alberto (Montrouge, 1904) e Adriana (Parigi, 1906). Coniugando il gusto dell’art nouveau con la fotografia concepì a Parigi un’originale forma di produzione artistica: la fotoscultura o scultografia. Le sue opere, modellate in plastilina a bassorilievo e poi fotografate, venivano riprodotte in cartoline stampate in grandi tirature e raccolte in cofanetti. Nel 1913 tornò ad Arpino e aprì uno studio nel cosiddetto castello di Ladislao. Si trasferì a Roma dopo la guerra, prendendo in via Margutta uno studio che fu poi del figlio Alberto. Qui realizzò il Monumento ai caduti di Arpino e di Casalvieri (distrutto) e la Vittoria di Carnello. Dopo Quo vadis? di H. Sienkiewicz (1913-20, per le edizioni A.N. di Parigi), illustrò con la tecnica della fotoscultura la Divina Commedia di Dante, il Vecchio e Nuovo Testamento, le vite di personaggi famosi e di santi (1929-36 circa) per l’editore A. Traldi di Milano (Arpino, Fondazione U. Mastroianni). A lui si deve nel 1934 il restauro del presepio dell’istituto Massimo alle Terme con il Mistero attribuito a G.L. Bernini (disperso) e, nel 1937, il presepio per la chiesa del Gesù (gesso e terracotta: distrutto). Lavorò per il palazzo del Quirinale, ottenendo la nomina a cavaliere della Corona da re Vittorio Emanuele III. Tra le opere compiute in questi anni si ricordano: il Sacro Cuore per la curia generalizia della Compagnia di Gesù (bronzo); la statua di S. Francesco di Sales per il Museo Lateranense; il paliotto d’altare in bronzo dedicato a S. Teresa del Bambin Gesù per il monastero di Lisieux; il Crocifisso per la St Mary’s Cathedral di Sydney (bronzo). Dalla fine degli anni Quaranta si dedicò anche alla pittura con soggetti orientali e risorgimentali debitori della lezione macchiaiola. Nel 1958 modellò gruppi e ritratti per i Promessi sposi di A. Manzoni (A. Traldi, Milano) destinati alla Casa degli studi manzoniani di Milano (i bronzi, acquistati da una galleria di Buenos Aires, sono conservati in collezioni private; venti bozzetti in terracotta si trovano presso l’istituto magistrale statale A. Manzoni di Latina).
Domenico morì a Roma l’8 marzo 1962.
Tra il 1923 e il 1926 il M. soggiornò a Roma, dividendosi tra i corsi serali dell’Accademia di S. Marcello e il lavoro presso lo studio dello zio in via Margutta, dove nel 1925 modellò la piccola Vittoria per il Monumento ai caduti di Arpino. In seguito al trasferimento del padre all’arsenale di Torino, nel 1926 raggiunse la famiglia in quella città e, poco dopo, sposò Dina Cibrario, dalla quale ebbe Gabriele. Nel 1929 entrò nello studio di F. Sassi, che gli affidò l’esecuzione di monumenti cimiteriali, tra i quali il bassorilievo Deposizione (1927-28: gesso, Roma, Museo Mastroianni; bronzo, Arpino, Fondazione Mastroianni) fedele alla lezione del Rinascimento italiano. Frequentò anche l’atelier di M. Guerrisi, dove approfondì lo studio della plastica romana e del Quattrocento italiano. Al teatro di Torino partecipò alle serate sponsorizzate dall’industriale R. Gualino, che acquistò il suo primo bronzo (Cavalli in corsa del 1929: Palazzolo sull’Oglio, galleria La Roggia) e, attraverso lo scultore Mino Rosso, si accostò alle proposte di rinnovamento avanguardistico del secondo futurismo. Strinse amicizia con lo scrittore e pittore G. Seborga, con il giornalista P. Bargis e con L. Spazzapan, pittore cosmopolita legato all’espressionismo mitteleuropeo, con il quale si fece portavoce di una ricerca alternativa sia al classicismo di F. Casorati sia al postimpressionismo del Gruppo dei Sei.
Nel 1931 iniziò a esporre alle mostre del Sindacato regionale fascista ordinate dalla Società promotrice di belle arti con lavori di matrice classica (Centauro ladro del 1932: gesso colorato) o segnati dalla resa naturalistica dei dati psicologici, come Costruttore (1933: gesso), la cui versione in bronzo fu inviata nel 1935 alla II Quadriennale nazionale di Roma.
La ricerca degli anni Trenta s’incentrò, da una parte, sullo studio della luce; dall’altra, su un serrato confronto con l’eredità del Novecento: il realismo carnoso di A. Maillol, l’impressionismo di Medardo Rosso e di G. Manzù o l’inquieto classicismo di Valori plastici, riscontrabile nel busto Novizio (1935: bronzo, Roma, Galleria nazionale d’arte moderna). Attraverso queste esperienze il M. giunse a una nuova meditazione sul Rinascimento, sulla ritrattistica romana e sulla stilizzazione dell’arte egizia. Ne sono un esempio: Adolescente (1937: terracotta e bronzo, Torino, Galleria civica d’arte moderna), ritratto del figlio a figura intera concepito come un prezioso reperto di scavo e inviato nel 1935 all’«Ausstellung italienischer Plastik der Gegenwart» a Berlino, Budapest e Vienna; Figura di giovane (bronzo) identificata con Nudo di giovane atleta (Roma, Museo Mastroianni) esposta nel 1936 alla XX Biennale di Venezia; Figura di atleta (bronzo) stante, priva di testa e braccia, e la delicata testa di fanciullo, Gabriele (terracotta), entrambe lodate da F. de Pisis (Filippo Tibertelli). I momenti salienti di questa ricerca furono ripercorsi nella personale organizzata nel 1938 dalla galleria Genova nella omonima città e nella sala allestita nel 1940 alla XXII Biennale di Venezia (si ricordano: Busto di adolescente, 1933, terracotta; Sonno, 1938, bronzo; Donna distesa, 1940, terracotta). Chiude tale periodo una serie di ritratti in equilibrio tra caratterizzazione fisionomica e un’idealizzazione della forma ottenuta per sintesi di volumi puri (Contessa di Valperga, 1939, terracruda; Testa di M. Gromo, 1941-42; Ritratto di A. Martelli, 1942, a Torino, Galleria civica d’arte moderna; Ritratto di Pina, 1940, bronzo, nella collezione Cottrau di Torino e ad Arpino, Fondazione Mastroianni; Ritratto di Ida, 1943, bronzo, a Roma, Museo Mastroianni).
Scoppiata la guerra e chiamato alle armi, nel 1941 conobbe il musicologo M. Mila, con cui stabilì un sodalizio prezioso, collaudato anche dopo l’8 sett. 1943 sulle montagne dell’Alto Canavese, dove entrambi si unirono alle file dei partigiani. Raggiunse poi la famiglia a Valperga, dove ricominciò a lavorare partecipando nello stesso anno alla IV Quadriennale romana con Gabriele (bronzo, identificabile con la Testa di Gabriele del 1939: Piacenza, collezione Iride Malchioni Mastroianni) e Ritratto di Niobe (terracotta: Torino, collezione Cottrau) e giungendo, attraverso la deformazione della figura, a rompere l’equilibrata armonia del linguaggio tradizionale. Questa scelta, saggiata in un ciclo di lavori su tela di sacco con soluzioni materiche vicine all’informale di A. Burri (Ramener l’ordre: 1944, Roma, Galleria nazionale d’arte moderna), fu rafforzata nel 1945 dall’incontro a Roma con gli artisti dell’Art Club e confermata nel 1951 dalla partecipazione alla collettiva «Arte astratta e concreta in Italia» alla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma (Cavaliere, 1950). Sempre nel 1945 vinse con l’architetto C. Mollino il concorso per il Monumento al partigiano di Torino in pietra di Verres e marmo di Carrara (1947: cimitero Generale, campo della Gloria), che presentò un M. inedito teso alla conquista di una posizione innovativa, esplicitata in un articolo dei due artisti del 1946 (Gusto dell’architettura organica, in Tendenza, I, 1, pp. 3 s.).
Nel 1947 iniziò un’intensa attività di promozione culturale: fondò il Premio Torino e il Premio letterario Valperga-Belmonte; progettò con Spazzapan di portare la collezione di P. Guggenheim in mostra a Torino. La doppia personale che nel 1948 tenne con Spazzapan alla galleria La Bussola e alla XXIV Biennale di Venezia (Composizione: gesso, distrutta; Donna: pietra; Ritratto simbolico: bronzo) segnarono l’approdo ufficiale del M. alla scomposizione cubo-futurista.
Nel 1951 si recò a Parigi dove, sostenuto da G. Severini, tenne una personale alla Galerie de France. Tra le opere esposte erano: Donna (1943-48; bronzo, Parigi, Musée national d’art moderne), Uomo (1951; bronzo, Torino, collezione Viberti, e Roma, Museo Mastroianni, il cui originale in legno del 1942 è conservato a Venezia nella Galleria internazionale d’arte moderna a Ca’ Pesaro), Ritratto dello scrittore Seborga (bronzo; una fusione del 1956 è al Museo nazionale Kröller-Müller di Otterlo), Cavaliere (1946-47; Torino, marmo bianco nella collezione Viberti e marmo nero nella Galleria civica d’arte moderna; una versione in bronzo del 1944 è sempre a Torino nella collezione Mazzarelli; mentre una in pietra si trova nella collezione P. Leclerq a Roubaix) e Nuvola (1946; gesso, distrutta, ripr. in Moschini, 1981, n. 54), opere tutte caratterizzate da un’interpretazione architettonica della scultura. Firmò il testo in catalogo L. Degand, che introdusse l’artista anche in occasione della VI Quadriennale di Roma del 1951-52 (Acquaiola: 1950, bronzo; Donna, gesso; Nuvola, gesso; Donna alla fonte, marmo), dove il M. vinse il premio dell’ente nazionale. La XXVI Biennale di Venezia del 1952 riepilogò la ricerca degli anni Quaranta, avviata da Uomo (bronzo) e risoltasi con Cavaliere (marmo), che mescolava il dinamismo di U. Boccioni con la lezione costruttiva del cubismo, e Composizione (una versione in marmo nero è a Torino, collezione Aschieri), che simile a un incastro concitato di ingranaggi, scavalcava ogni intenzione figurativa.
Tale ricerca trovò presto riscontro a Parigi nel lavoro di O. Zadkine. A decretare il successo internazionale del M. fu infatti la seconda personale alla Galerie de France nel 1956, che valse al M. il premio «Tout Paris» destando l’interesse del critico W. Georg e di istituzioni come il Palais des beaux-arts di Bruxelles e il Kunstring di Rotterdam, che nel 1957 ordinarono due personali dell’artista.
Diverse opere entrarono in collezioni pubbliche: Cavaliere (1952; marmo bianco), acquisito dal Museo Middelheim di Anversa, dove il M. aveva più volte esposto partecipando dal 1950 alla Biennale di scultura; Conquista (1955; bronzo), venduta al Museo nazionale Kröller-Müller di Otterlo; L’abbraccio (1954; bronzo), andato alla stazione centrale di Rotterdam. In Battaglia del 1957 (bronzo; Roma, Galleria nazionale d’arte moderna), con cui ottenne il gran premio internazionale per la scultura della XXIX Biennale di Venezia, il M. giunse infine a superare la strutturazione cubista a vantaggio della percezione di un’energia organica in continua espansione.
Tra le altre opere esposte in sala erano Materia (1957; bronzo) e Apparizione alata (1957; bronzo, Torino, Galleria civica d’arte moderna), inviate nel 1959 a «Documenta 2» a Kassel, nonché quattro bozzetti in cartone colorato e graffiato realizzati con la tecnica del «rilievo plastico», da anni sperimentata dal M. nel tentativo di aprire la superficie bidimensionale a un serrato dialogo tra forma e spazio attraverso il segno. Tale ricerca, in sintonia con L. Fontana, ebbe piena formulazione in sculture dal forte senso drammatico (Hiroshima n. 2 del 1961; bronzo, Roma, Galleria nazionale d’arte moderna) e nel 1960 trovò riscontro negli Stati Uniti, dove il M. espose alla Kleemann Gallery di New York e alla collettiva «Italian Sculptors Today» al Dallas Musem of art.
Nel 1961 il M. assunse la direzione dell’Accademia di belle arti di Bologna, dove insegnava dal 1946. Nel 1963 uscì a Bologna il suo primo libro, La parte e il tutto. Poesie e disegni, presentato da R. Del Puglia, che scrisse anche la prefazione a Il grido e l’eco. Scritti autobiografici (pubblicato sempre a Bologna nel 1985 e in seconda edizione nel 1986). Iniziò a dedicarsi all’incisione collaborando prima con lo stampatore S.M. Rosso di Biella (Il ritratto, testo di S. Quasimodo, 1964; Avventure pietrificate, 1965), poi con R. Romero a Roma, con cui sperimentò metodi e materiali non convenzionali, adatti per la loro duttilità a interpretare la sua ricerca spaziale, e presso il quale tenne nel 1962 la prima mostra di grafica presentata da G. Vigorelli. Lo stesso curò il libro Poeti sovietici illustrato dal M. e pubblicato da Romero (Roma 1964). Seguirono nel 1966 le incisioni per la cartella Poeti italiani edita sempre a Roma presso Romero nel 1976, e per le edizioni torinesi (Fogola) della Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso (1968) e del Satyricon di Petronio (1969). Contemporaneamente, dopo il Monumento ai partigiani del Canavese di Valperga (1963-69: bronzo), iniziò a lavorare nel 1964 al Monumento alla Resistenza italiana di Cuneo, inaugurato nel 1969 alla presenza di S. Pertini e salutato da G.C. Argan quale piena formulazione di una «poetica della Resistenza» alternativa a quella di H. Moore.
L’opera, che recuperava la destinazione pubblica e la funzione storica della scultura, si basa sul leitmotiv del cuneo e si presenta come un enorme incastro di volumi geometrici e scattanti, sostenuto dai piedritti d’acciaio studiati dall’architetto E. Venturelli.
Passando dalle massime alle minime dimensioni, il M. si dedicò anche alla realizzazione di gioielli, esponendo nel 1967 sia al Museum of modern art di New York nella collettiva «Jewelry by contemporary painters and sculptors» sia all’Expo ’67 di Montreal.
Questo interesse nella progettazione dell’oggetto d’ornamento ebbe una sua prima esegesi nel volume Ori e poesie, presentato da M. Mila (Roma 1965) e continuò nei decenni successivi attraverso la collaborazione con i gioiellieri Fumanti di Roma e la partecipazione ad «Aurea 74. Biennale dell’arte orafa» a palazzo Strozzi a Firenze.
Nel 1970 si trasferì a Marino, vicino a Roma, andando a insegnare prima all’Accademia di Napoli poi nella capitale. La svolta verso una più serrata articolazione volumetrica prefigurata dal monumento di Cuneo si realizzò nel Monumento ai caduti di tutte le guerre di Frosinone (1970-74: acciaio): simile a un complicato congegno bellico e segnato da un plasticismo geometrico e angoloso d’ispirazione industriale, trovando ulteriori riformulazioni nel Monumento alla Pace di Cassino (1971-87), realizzato con la collaborazione dell’architetto M. Sacripanti, nella Stele della Pace di Aosta (1973) e nel Monumento alle vittime dell’eccidio di Collelungo a Vallerotonda (1983).
Contemporaneamente, il M. avviò un’intensa attività espositiva. Alla XXXVI Biennale di Venezia del 1972 (Parabola umana del 1971, Roma, Galleria nazionale d’arte moderna) seguirono le antologiche ordinate a Torino (1973), Roma (1974) e Parigi (1976). In occasione della mostra alla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma Palma Bucarelli sottolineò il recupero di una figuratività totemica non immune da riferimenti alla fantascienza e al robot, come testimoniano Sviluppo di forme n. 1 (1971: legno e bronzo), Astronauta (1972: acciaio) e Apparizione fantastica n. 2 (1972: bronzo e smalto), tutte acquistate dallo Stato italiano, al quale il M. aveva donato nel 1967 un cospicuo numero di opere. Questa tendenza trovò riscontro nella coeva produzione grafica per il testo poetico Vento furente stampato ancora una volta da Romero (Roma 1972).
Chiudono il decennio le scenografie per il Coro dei morti, testo di G. Leopardi e musica di G. Petrassi (1979), e l’Uccello di fuoco di I. Stravinskij (1980), rappresentati entrambi al teatro dell’Opera di Roma con le coreografie di A. Millos.
La retrospettiva aperta a Firenze nel 1981 segnò l’affermazione del M. nella cultura europea del secondo Novecento. All’artista, già insignito nel 1973 dall’Accademia nazionale dei Lincei del premio A. Feltrinelli, fu affidata nel 1984 la celebrazione del decimo anniversario della strage di piazza della Loggia, con l’esposizione a Brescia dei grandi bozzetti dei suoi monumenti alla Resistenza. Dopo il premio H. Moore per la scultura di Tokyo (1985), nel 1989 la carriera del M. fu coronata nella stessa città dal prestigioso «premio imperiale».
Negli anni Novanta, mentre il Museo della città di Urbino raccoglieva i bozzetti lignei dei monumenti alla Resistenza donati dall’artista nel 1977, il M. si adoperava per costituire primi nuclei di musei dedicati alla propria opera ad Arpino, Marino e a Roma nel complesso di S. Salvatore in Lauro di proprietà del Pio Sodalizio dei Piceni. Lo stesso ente religioso curò nel 1993, nel chiostro di S. Giovanni in Laterano, una mostra della sua produzione di soggetto sacro a sostegno del restauro della cattedra del papa. Nel 1993 destinò una scultura monumentale, Guerriero (bronzo), a Fontana Liri, il bassorilievo Monumento alla Resistenza al Comune di Erice e una Pietà alla chiesa di S. Maria degli Angeli e dei Martiri di Roma, che nel 1992 gli aveva assegnato il premio Michelangelo. Contemporaneamente portò a termine due importati incarichi. Nel 1991 curò l’arredo della sala delle conferenze del nuovo edificio della corte d’appello di Roma, comprendente sei pannelli in piombo graffiato e colorato, tre sculture in bronzo e un grande arazzo, Eurinome, tessuto dall’Arazzeria Scassa, con la quale il M. collaborava dal 1965. Risale invece al 1994 la maestosa cancellata in bronzo, Odissea musicale, per il teatro Regio di Torino, che valse all’autore la cittadinanza onoraria. Nel 1995 inaugurò a Cumiana un bassorilievo in bronzo in ricordo dei caduti nella Resistenza, che veniva a sommarsi ai monumenti di Poggibonsi (1990) e di Tolentino (1992-94), e a Cento, vicino a Ravenna, la scultura Elettra in onore di G. Marconi. Presente alla XII Quadriennale nazionale d’arte del 1992 (Profili), per la XIX Triennale di Milano del 1996 espose nei giardini del palazzo dell’Arte Guerriero degli anni 1970-88 (una versione in pietra albana del 1971 è a Roma, Galleria nazionale d’arte moderna; un’altra in bronzo del 1976 è, invece, ad Arpino, Fondazione Mastroianni), Fantascienza (1971: bronzo), inviata nel 1973 alla X Quadriennale, e Macchina sacrale (1988: bronzo, Roma, Museo Mastroianni). L’ultima opera a cui lavorò fu la scultura Il grande volo, ordinata dalle autorità capitoline per la fontana di piazzale degli Eroi (non collocata).
Il M. morì nella sua casa-museo di Marino il 25 febbr. 1998.
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