Orsini, Umberto
Attore teatrale e cinematografico, nato a Novara il 2 aprile 1934. Fin dal suo esordio ha mostrato un notevole impegno nel ritrarre i ruoli più diversi, al cinema ma soprattutto in teatro, attraverso una recitazione particolarmente misurata, risultato di uno studio rigoroso del personaggio e della sua interiorità, che ha saputo impostare sempre con consapevole autorevolezza. Nel 1970 ha ottenuto il Nastro d'argento come migliore attore non protagonista per La caduta degli dei (1969) di Luchino Visconti.
Dopo aver abbandonato gli studi giuridici e aver frequentato l'Accademia d'arte drammatica a Roma, nel 1957 debuttò sul palcoscenico con la Compagnia dei giovani di Giorgio De Lullo e Rossella Falk in Il diario di Anna Frank, con Anna Maria Guarnieri, per poi ottenere, dopo numerose interpretazioni, unanimi consensi nel 1960 con L'Arialda di G. Testori, per la regia di Luchino Visconti. Esordì nel cinema con Fantasmi del mare (1948) di Francesco De Robertis. Vittorio Cottafavi, dopo tre anni dal suo debutto sul piccolo schermo con La Pisana (1960) di G. Vaccari, lo avrebbe diretto invece in Zoo di vetro e Spettri, trasposizioni televisive dei testi rispettivamente di T. Williams e H. Ibsen. Sempre nel 1960, dopo aver recitato in Un amore a Roma di Dino Risi, fu scelto da Federico Fellini per il ruolo del giovane nella celebre scena dello strip-tease di Nadia Gray in La dolce vita. Nel corso del decennio O. partecipò a numerosi film, senza però riuscire a raggiungere una significativa visibilità con le parti affrontate.Il regista che meglio seppe sfruttare la duplice passione di O. per il teatro e il cinema fu Visconti, con il quale l'attore, dopo il loro primo incontro, lavorò con continuità, alternando lavori teatrali, quale Tanto tempo fa (1973), da H. Pinter, a interpretazioni per il grande schermo. Il regista lo diresse, infatti, in La caduta degli dei, nel suo primo ruolo cinematografico di rilievo, quello di Herbert Thallman, per il quale O. ottenne grandi riconoscimenti, e in Ludwig (1972), dove l'attore, nella parte del conte von Holnstein, adatta sapientemente la sua recitazione dalla gestualità contenuta al profondo controllo psicologico che caratterizza il personaggio, il primo ministro e consigliere dell'ambizioso quanto impulsivo sovrano di Baviera. Incisiva anche la sua interpretazione in Il delitto Matteotti (1973) di Florestano Vancini e in Al di là del bene e del male (1977) di Liliana Cavani. A partire dagli anni Ottanta O. ha diminuito i suoi impegni cinematografici, lavorando per lo più in televisione e in teatro. Proprio l'amore per il teatro, che ha coltivato con costanza nel corso della sua carriera e al quale ha dedicato sempre grandi energie, lo ha portato, nel 1981, a dirigere il Teatro Eliseo di Roma, concentrandosi su una programmazione basata sulla scelta di testi di grande intensità e avvalendosi del talento registico di Gabriele Lavia e, poi, di Luca Ronconi.
Convincenti, pur se rare, le sue apparizioni al cinema negli anni Novanta: nel 1995 in Pasolini un delitto italiano di Marco Tullio Giordana, nel 1997 in Cinque giorni di tempesta di Francesco Calogero e in Il viaggio della sposa di Sergio Rubini e nel 2000 in Il partigiano Johnny di Guido Chiesa.