UMBERTO
– Nacque verosimilmente agli inizi dell’XI secolo; la famiglia era forse originaria della Francia. Un suo fratello, Ezulo, possedeva il castrum di Cervara nel territorio di Subiaco.
Queste informazioni, come tutte le altre che riguardano Umberto, provengono da un’unica fonte, il Chronicon Sublacense (a cura di R. Morghen, 1927, p. 13).
Il primo documento in cui compare come abate (trentunesimo della serie) è del 31 ottobre 1051: si tratta di un ampio privilegio in cui papa Leone IX conferma i beni e i diritti del monastero di S. Benedetto (Il regesto sublacense..., 1885, pp. 55-61). Forse Umberto non faceva ancora parte, all’epoca, della comunità monastica e arrivò a Subiaco insieme a Leone; costui vi si recò tra la fine del 1052 e i primi del 1053, secondo la ricostruzione di Pietro Egidi (1904, p. 87 nota 1), seguito da Raffaello Morghen (Chronicon Sublacense, cit., p. 8 nota 10).
I dubbi che possono sorgere in considerazione dell’ampio scarto cronologico fra il privilegio e la presenza di Umberto a Subiaco possono essere in parte fugati dal fatto che il privilegio – rogato da un cancelliere della Sede apostolica – non presenta data topica. Leone IX in visita al monastero, habito consilio, lo nominò abate dopo che il predecessore, Oddone, si era dato alla fuga alla notizia dell’arrivo del pontefice (ibid., p. 8).
La nomina di Umberto potrebbe non essere stata concordata preventivamente con la comunità monastica e comunque avvenne prima dell’autunno del 1051, se non addirittura l’anno precedente (1050 circa, secondo H. Schwarzmaier, Der Liber vitae von Subiaco, 1968, p. 95). Non sarebbe il primo caso in cui il Chronicon presenta incongruenze e anacronismi storici: si tratta di un testo non organico e opera di diverse mani attive in tempi diversi, con un nucleo più antico risalente probabilmente al XII secolo, ma concluso nella sua redazione definitiva probabilmente entro gli anni Settanta del XIV secolo (Chronicon Sublacense, cit., pp. XIV-XIX). In particolare, si nota una cesura tra la prima parte dell’opera e gli abbaziati di Umberto e del successore Giovanni, che – in particolare la seconda – costituiscono la sezione più lunga dell’intero testo (ibid., p. XVI).
Se non sono del tutto chiari i modi e i tempi della nomina di Umberto è però evidente il contesto nel quale si collocarono. La fine del X secolo e i primi decenni dell’XI erano stati particolarmente problematici per S. Benedetto, un monastero importante per il controllo papale della regione romana (Frank, 2006, p. 220): si succedettero abati fortemente condizionati dall’intromissione delle aristocrazie locali, spesso legate alle grandi famiglie romane, nella vita del cenobio e nei suoi possessi patrimoniali (Morghen, 1928, pp. 22 s.; Frank, 2006, p. 219). All’arrivo di Leone IX erano i signori di Monticelli, ramo della famiglia dei Tuscolo, a controllare l’abbazia e forse a loro era legato il fuggitivo abate Oddone (Morghen, 1928, p. 230). Si comprende, allora, perché il pontefice nominasse abate un uomo fedele a lui e/o al suo entourage lorenese, considerata anche la sua origine franca, nonché forse estraneo all’ambiente sublacense e alle sue dinamiche conflittuali, nonostante il Chronicon insista soprattutto sugli aspetti morali e disciplinari dell’intervento papale.
L’inizio dell’abbaziato di Umberto è preceduto, nel Chronicon, da una lunga interpolazione relativa al soggiorno di Leone, alla sua conferma dei beni del monastero e alla sua decisione di dare alle fiamme molti dei documenti che gli abitanti di Subiaco, da lui convocati, gli avevano portato, perché falsi (Chronicon Sublacense, cit., pp. 8 s.). Con i propri mezzi, il nuovo abate si dedicò a un’intensa attività edilizia nel monastero e fuori di esso, senza trascurare lo scriptorium abbaziale. In particolare, a lui si deve l’avvio di una rinnovata attenzione, con relativa promozione cultuale, per lo Speco, il luogo sublacense maggiormente legato alla memoria di Benedetto da Norcia (Galdi, 2016. p. 70), dove coprì la grotta e fece costruire una chiesa (Chronicon Sublacense, cit., p. 9), Ma, soprattutto, egli si dedicò alla difesa del territorio monastico, con la costruzione della rocca di Toccianello, e all’accrescimento del patrimonio sublacense nella valle de Nerpha, preoccupandosi anche di conservare memoria scritta del suo governo.
A ricordo dei suoi primi anni di abbaziato ci resta anche un’iscrizione del 1052, apposta sul fronte della chiesa di S. Scolastica, nella quale sono elencati i principali possessi di S. Benedetto (Egidi, 1904, pp. 88 s.; Chronicon Sublacense, cit., p. 9 nota 9; Rosati, 2012. p. 54), ma in cui si rileva anche la contrazione del territorio controllato dal monastero, forse anche a causa dei contrasti vissuti dalla comunità monastica che generarono la fuga di Oddone e la nomina di Umberto (ibid., pp. 52-55). A tale contrazione dovette contribuire parzialmente lo stesso abate, dal momento che è facile pensare che si debba a lui l’alienazione al fratello Ezulo della citata Cervara, che era proprietà del monastero di Subiaco dal 967 (ibid., pp. 41 s.; su Cervara cfr. Morghen, 1928. p. 227).
In seguito Umberto fu catturato da Lando di Civitella, precedentemente imprigionato dallo stesso abate: i conflitti con la nobiltà locale, per motivi evidentemente patrimoniali e di controllo del cenobio e del suo territorio, non erano dunque cessati e Civitella, nella fattispecie, era proprietà di S. Benedetto dal 967 (Rosati, 2012. p. 42). Con una scelta di opportunità ‘politica’, i monaci nominarono abate Giovanni, figlio di Giovanni di Oddone (Di Carpegna Falconieri, 2000, p. 542), monaco a Farfa (Chronicon Sublacense, cit., p. 10). La circostanza convinse Lando a rilasciare Umberto, che si accordò con i monaci e i sublacensi (ibid.), probabilmente per evitare che la presenza di un Crescenzi-Ottaviani rendesse ancora più problematiche le già precarie dinamiche di relazione esistenti.
L’allontanamento del farfense e il ritorno di Umberto, però, non riportarono la pace nel monastero perché l’abate, scrive il cronista, decise di staccarsi dalla Curia romana (Chronicon Sublacense, cit., p. 10): infatti egli avrebbe appoggiato l’elezione di due antipapi, Benedetto (5 aprile 1058), sostenuto peraltro da un esponente dei Monticelli-Tuscolo, e Onorio II (ottobre del 1061), contro i ‘riformatori’, capeggiati da Ildebrando, schierati a favore di Stefano IX e Alessandro II (Egidi, 1904. pp. 89 s.; Morghen, 1928. p. 231).
Secondo il Chronicon questo distacco dalla Curia avrebbe causato molti problemi a Umberto, amplificando evidentemente strutturali problemi interni ed esterni, e privandolo dell’appoggio dei papi ‘legittimi’, tanto che del suo titolo abbaziale si impadronì Giovanni di Azzo, aprendo la strada a diverse appropriazioni indebite dei beni monastici (Chronicon Sublacense, cit., p. 10).
Ormai malato e vecchio, Umberto si dimostrò dunque incapace di gestire la difficile situazione, nella quale si sarebbero inseriti anche i sublacensi (anche se il passo del Chronicon che ne riferisce è ritenuto interpolato da Morghen: Chronicon Sublacense, cit., p. 10 e nota 3). Finalmente, papa Alessandro II decise di intervenire, delegando all’arcidiacono Ildebrando il ripristino della legalità e della moralità a S. Benedetto.
Probabilmente in una domenica del giugno del 1065, Ildebrando giunse a Subiaco con alcuni chierici di palazzo, con Desiderio abate di Montecassino (notizia, questa, ignorata dalle Chronica Casinensis) e con un contingente armato (Chronicon Sublacense, cit., pp. 10 s., ma sulla data cfr. ibid., nota 3). Riuniti i confratelli nella sala del Capitolo, Ildebrando ne ricevette la lamentela per la difficile situazione vissuta dalla comunità e insieme il pieno appoggio alla sua iniziativa.
Umberto avrebbe consegnato il pastorale dell’abbazia nelle mani dell’arcidiacono, prostrandosi a terra, riconoscendo i propri peccati e rassegnando il suo ufficio (ibid., pp. 11 s.). Invitati a eleggere il nuovo abate, i monaci avrebbero indicato il già citato Giovanni, che aveva accompagnato la delegazione romana, il quale dopo la consueta e topica professione di inadeguatezza, accolse il pastorale dalle mani di Ildebrando (p. 12), inaugurando il periodo più florido per l’abbazia di S. Benedetto (Di Carpegna Falconieri, 2000, pp. 543 s.).
Nonostante il Chronicon descrivesse il passaggio di testimone tra Umberto e Giovanni avvenuto nel rispetto della regola di s. Benedetto e dunque con il consenso dei monaci, peraltro avallato dalla spontanea rinuncia del vecchio abate, è evidente che la presenza di Giovanni nella delegazione romana non era per niente casuale e che l’intera operazione era destinata, ancora una volta, a far rientrare il monastero sublacense sotto il controllo della Sede romana.
Umberto si recò allora a Sangro, presso Oderisio (di Berardo conte dei Marsi, cardinale ed ex abate cassinese), dove rimase fino alla morte, per essere infine ivi sepolto nella chiesa di Maria Madre di Dio, probabilmente nel 1068.
Fonti e Bibl.: C. Mirzio, Cronaca Sublacense, Roma 1885, pp. 155-170; Il regesto sublacense dell’undicesimo secolo, pubblicato da L. Allodi - G. Levi, Roma 1885, pp. 55-61; Chronicon Sublacense (aa. 593-1369), a cura di R. Morghen, in RIS, XXIV, 6, Bologna 1927, pp. XIV-XIX, 8-13, 33; H. Schwarzmaier, Der Liber vitae von Subiaco. Die Klöster Farfa und Subiaco in ihrer geistigen und politischen Umwelt während der letzen Jahrzehnte des 11. Jahrhunderts, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, XLVIII (1968), pp. 95-97.
P. Egidi, Notizie storiche dell’abbazia durante il medio evo, in I monasteri di Subiaco, I, Roma 1904, ad ind.; R. Morghen, Le relazioni del monastero sublacense col Papato, la feudalità e il Comune nell’Alto Medioevo, in Archivio della Società romana di storia patria, LI (1928), pp. 22 s., 227, 231 s.; T. Di Carpegna Falconieri, Giovanni, in Dizionario biografico degli Italiani, LV, Roma 2000, pp. 542-544; T. Frank, I rapporti tra Farfa e Subiaco nel secolo XI, in Farfa. Abbazia imperiale, Atti del Convegno internazionale (Abbazia S. Maria di Farfa - Santa Vittoria in Matenano)... 2003, Negarine di S. Pietro in Cariano 2006, pp. 215-232 (in partic. pp. 220, 222); P. Rosati, I confini dei possessi del monastero sublacense nel Medioevo (secoli X-XIII), in Archivio della Società romana di storia patria, CXXXV (2012), pp. 41 s., 52-55; A. Galdi, Benedetto, Bologna 2016, p. 70.