Umbria
Geografia umana ed economica
di Luigi Stanzione
Al censimento del 2001 la popolazione ammontava a 847.836 ab., in lieve incremento rispetto alla precedente rilevazione censuaria (+1,72%). La crescita ha riguardato la sola provincia di Perugia (+2,92%), mentre quella di Terni ha segnato un calo dell'1,42%. Tuttavia, la densità era maggiore in quest'ultima, con un dato regionale di 98 ab./km2. Le risultanze anagrafiche alla fine del 2005 indicano un ulteriore incremento che porta la popolazione a 867.878 abitanti. Nello stesso anno, il rapporto fra natalità (8,9‰) e mortalità (10,7‰) ha prodotto un saldo naturale negativo, mentre quello migratorio risulta positivo per 8840 unità. La negatività del saldo naturale è anche frutto del processo di invecchiamento della popolazione che, nella regione, è particolarmente avvertito: l'indice di vecchiaia nel 2005 è pari, infatti, a 186,4% e si colloca al di sopra della media italiana e delle regioni del Centro (con l'esclusione della Toscana). Anche l'indice di dipendenza strutturale risulta in crescita e al 2005 mostra un valore (55,9%) superiore alla media nazionale e a quella delle altre regioni del Centro. Il sistema insediativo umbro conferma un modello policentrico, articolato, oltre che sui due capoluoghi (Perugia, 161.390 ab.; Terni, 109.569 ab., risultanze anagrafiche al 2005), su centri intermedi, attivi dal punto di vista imprenditoriale e culturale, e diversamente specializzati: Foligno (54.381 ab.) e Città di Castello, Spoleto, Gubbio, Assisi, Narni e Orvieto (tutti compresi tra i 20.000 e i 40.000 abitanti). Tali centri complessivamente ospitano il 58% della popolazione, mentre la restante risiede prevalentemente in comuni di ridotte dimensioni (circa la metà è al di sotto dei 3000 abitanti) in aree collinari e montane, fatto, questo, che rende più complessa la gestione dei servizi di rete e, in particolare, dei trasporti. D'altro canto, la regione soffre da sempre di un'accessibilità limitata soprattutto in termini di rete ferroviaria e di collegamenti aerei, con l'unico scalo di S. Egidio-Perugia (di rilevanza regionale). Sono, tuttavia, in corso interventi di ammodernamento e potenziamento delle reti stradale e ferroviaria. In quest'ultimo comparto sarebbe di particolare rilevanza l'abbassamento dei tempi di percorrenza dei collegamenti per Roma e Firenze in modo tale da consentire un rapido accesso alla rete dell'alta velocità. Per ciò che riguarda la rete viaria, persistono, per quanto attenuate, alcune criticità relative ai collegamenti con l'esterno in senso sia longitudinale sia trasversale. Il forte aumento del transito su gomma crea, inoltre, problemi di congestione sulla E45 (dove al traffico privato si somma quello merci a lunga percorrenza), sulla Perugia-Bettolle, sulla Flaminia e intorno al nodo di Perugia.
La regione mostra un discreto grado di attrattività nei confronti degli immigrati stranieri (nel 2005 più di 56.000), di poco superiori al 6% della popolazione. Nel corso dell'ultimo decennio, alla tradizionale concentrazione degli immigrati nella città capoluogo (in passato, legata prevalentemente alla presenza dell'Università per stranieri) ha fatto seguito una maggiore diffusione del fenomeno anche verso i centri minori e un aumento della componente rappresentata da lavoratori, testimoniata indirettamente dalla crescita della percentuale degli alunni stranieri iscritti nelle scuole regionali (che attualmente costituiscono il 7,23% della popolazione scolastica complessiva). Il mercato del lavoro appare caratterizzato da un tasso di disoccupazione, attestatosi nel 2005 intorno al 6%, più alto rispetto alla media del Centro-Nord. Vale la pena di essere segnalato, inoltre, che la disoccupazione tende a colpire particolarmente persone in possesso di un titolo di studio elevato.
A partire dai primi anni del 21° sec. le dinamiche macroeconomiche mostrano (con la sola eccezione del 2002, in cui si è registrato un decremento dello 0,48%) una crescita molto contenuta del PIL regionale che, tuttavia, nel 2004, evidenzia una variazione positiva superiore al 2%. Tale dato è imputabile soprattutto al favorevole andamento del valore aggiunto prodotto nel settore primario, che è legato peraltro a determinati meccanismi di premialità della politica agricola comunitaria. In riferimento al settore primario, si osservano, inoltre, dei segnali di indebolimento della struttura agricola, comprovati da una riduzione rilevata all'ultimo censimento dell'agricoltura (censimento del 2000) tanto della superficie aziendale totale (−6,2%) quanto di quella utilizzata (−7,3%). In particolare, cala la superficie che è destinata ai seminativi, a prati e pascoli e quella boschiva, mentre è in elevata crescita quella relativa all'arbicoltura da legno che, però, incide assai poco rispetto al totale. Le coltivazioni viticole hanno subito un ridimensionamento, a vantaggio delle olivicole e fruttifere. Più in generale, anche alla luce dei recenti indirizzi della PAC (Politica Agricola Comune), che separano il sistema dei pagamenti diretti dalle tipologie delle colture praticate, è messa in discussione soprattutto la permanenza del bosco, che nelle zone montane svolge una funzione di presidio territoriale. Ciò è ancor più grave in una regione caratterizzata da un elevato rischio idrogeologico (l'8,9% del territorio è a rischio di frane).
Per quanto concerne il settore secondario, è da osservare che la struttura produttiva umbra è, da un lato, articolata in un fitto tessuto di piccole e medie imprese attive nei comparti manifatturieri leggeri, con una quota consistente di imprese artigiane; dall'altro, è interessata dalla presenza della grande industria nei settori di base. In particolare, si contano circa 40 insediamenti industriali facenti capo a società multinazionali, tra i quali spiccano la Perugina e le Acciaierie di Terni. Proprio una così elevata presenza di società multinazionali se da un lato testimonia delle favorevoli condizioni di contesto per la realizzazione di investimenti produttivi, dall'altro espone la regione alle incertezze derivanti dalle poco controllabili strategie localizzative decise da soggetti esterni. Soprattutto nel Ternano - area storicamente caratterizzata dalla presenza dell'industria siderurgica e meccanica -, ma anche nel polo perugino, non sono mancati episodi di ristrutturazione con il conseguente ridimensionamento dei livelli occupazionali.
A tali attività si affiancano in misura crescente quelle legate alla valorizzazione delle risorse locali (produzioni tipiche, turismo culturale e naturalistico). Più in generale, il fenomeno turistico assume grande rilievo per la regione: nel 2005 gli arrivi hanno superato i due milioni per un totale di 5,8 milioni di presenze (di cui rispettivamente il 28% e il 33% è rappresentato da stranieri). I comprensori più attivi nel settore sono Perugia, Assisi e quello del Trasimeno. Lo sviluppo del turismo conta su un'offerta molto articolata che va dal turismo culturale, sostenuto da un patrimonio storico, artistico e archeologico di grande rilevanza, a quello religioso, enogastronomico e naturalistico. A ciò si aggiungono manifestazioni ed eventi di richiamo internazionale, come il Festival dei due mondi di Spoleto e Umbria Jazz. Va sottolineato inoltre che in tutti i periodi dell'anno e in tutti i comprensori sono moltissime le manifestazioni di carattere culturale e folkloristico che consentono il dilatarsi della stagione turistica.
Il turismo ambientale fa perno, oltre che sul Parco nazionale dei Monti Sibillini e sui sei parchi regionali di più antica istituzione, pure sul parco STINA (Sistema Territoriale di Interesse Naturalistico Ambientale) del Monte Peglia e Selva di Meana, istituito nel 1999, e su altre aree protette e oasi naturalistiche.
Il 26 settembre del 1997 la regione è stata colpita da un sisma, con epicentro in un'area compresa tra Colfiorito e Cesi, che ha provocato un numero limitato di vittime, ma danni ingenti al patrimonio abitativo, architettonico e storico-artistico, nonché alle infrastrutture, specie negli oltre venti comuni inclusi successivamente nella cosiddetta Fascia A (comuni disastrati). Alla fine del 2006, circa l'85% delle 22.600 persone evacuate era rientrato nella propria abitazione, il numero di interventi di recupero effettuati ammontava a poco più di 11.000 per una spesa di 3,6 miliardi di euro. Nel complesso, non si è trattato di semplice ricostruzione; la Regione ha colto, infatti, l'occasione per varare un Piano integrato per lo sviluppo delle aree terremotate, che è finalizzato anche all'innesco di processi di sviluppo locale. Più in generale, inoltre, va detto che a partire dal 2002 tutte le strategie di intervento pubblico economico e territoriale si inquadrano nella cornice rappresentata dal Patto per lo sviluppo dell'Umbria, che adotta un approccio integrato basato su un'ampia concertazione fra attori locali, istituzionali e cittadinanza.