umile
L'aggettivo, raramente adoperato nel suo senso più comune, acquista un valore pregnante in relazione al tema dell'umiltà (v.), che tiene un posto centrale nella concezione etica e spirituale di Dante.
Due volte esso è adoperato per denotare l'atteggiamento dimesso del poeta nei confronti della sua donna, intesa appunto come ‛ signora ', ricalcando la situazione dell'omaggio cortese, ma viene trasferito o alla preghiera contenuta nel componimento poetico (umil preghero, Vn XII 13 31, dove c'è un esplicito riferimento alla condizione di ‛ servo ' del poeta; cfr. servo umile, Rime dubbie XV 14) o al sonetto (io che m'appello umile sonetto / davanti al tuo cospetto vegno, Rime XLVIII 10).
D'altra parte u. viene riferito alla donna per designare l'opposto di ‛ altera ', anch'esso della tradizione cortese: in Rime LXXX 13 (Par ch'ella dica: " Io non sarò umile / verso d'alcun... ") l'atteggiamento non u., e cioè non " dimesso " e incoraggiante della donna, serba un significato allegorico (la difficoltà della scienza), come in Cv III Amor che ne la mente 69 l'umiltà della donna, sempre in senso allegorico, è addotta ad esempio per qualunque donna venga biasimata per non parer queta e umile, e al v. 75, che richiama il passo di Rime LXXX 13, viene opposta alla sua apparenza altrove disdegnosa (cfr. Cv III IX 4). Analogamente Fioretta incrementa il ‛ disire ' col suo atteggiamento amoroso simboleggiato dall'angiolel d'amore umile che le corona la testa (Rime LVI 7). La corrispondenza fra ‛ queta ' e u., che nel Purgatorio tornerà nell'endiadi placida e umile trasferita su un altro piano simbolico (cfr. oltre), richiama l'altra fra pietosa e u. di Cv II Voi che 'ntendendo 46, in cui u. è detta l'anima apparecchiata di ricevere amore (cfr. X 5), che domina e insieme consola l'uomo infondendogli la dolcezza d'amore e traendolo fuori dalla viltà del timore. Viene così ribadita la coincidenza fra l'atteggiamento u. e la condizione d'amore, e attraverso questa coincidenza l'identificazione dell'umiltà con tutte le virtù costitutive dell'ideale stilnovistico di gentilezza.
Nella Vita Nuova l'attributo di u. viene generalmente riferito alla condizione spirituale dell'uomo trasfigurato dalla vista della donna-angelo. A parte, infatti, il caso di II 3, riferito al vestito di Beatrice giovinetta (di nobilissimo colore, umile e onesto, sanguigno), dove u. designa probabilmente la moderatezza del colore (c'è chi l'ha inteso, assieme a onesto, come un avverbio) o la convenienza all'u. giovinetta (" modesto " è anche il significato di u. in Cv III XIII 10 qui si vede s'umil è sua loda); negli altri casi esso si contrappone a ‛ superbo ' e si collega con lo sbigottimento, il pallore, il tremito proprio dell'amante. Già in Vn XV 2 u. pensero si oppone dichiaratamente a pensamento forte (§ 1), il pensiero che baldanzosamente rimprovera il poeta di non saper resistere alla vista della donna. Ma in XXI 3 9 pensero umile è quello che nasce nel cuore di chi ascolta la sua voce e si riempie di dolcezza, si libera cioè di quella superbia e ira che sono il turbamento dell'anima.
La medesima formula (u. pensero) rimarrà collegata al culto di Beatrice e designerà il primo amore in contrapposizione al turbamento che accompagna il manifestarsi del secondo (tal che lo distrugge) in Cv II Voi che 'ntendendo 28 (cfr. IX 1). Alla serenità della contemplazione allude ancora più precisamente La vista sua fa onne cosa umile (Vn XXVI 12 9) e Io divenia nel dolor sì umile, / veggendo in lei tanta umiltà formata (XXIII 27 72), dove il poeta, ammirando la pace in cui riposa la donna, si rasserena fino al punto da rivolgersi gentilmente alla morte quasi a invitarla. Sulla stessa linea va interpretato u. in XXVII 5 14, riferito non all'amante ma alla sua condizione (e sì è cosa umil, che nol si crede), nella quale, sebbene prevalga il senso di languido sgomento su quello di dolce contemplazione, pure la soavità d'amore supera lo struggimento e la sofferenza. La contrapposizione fra stato doloroso e atteggiamento u., che elimina ogni passione e riporta l'anima al suo equilibrio spirituale, si rileva ancora in XXII 9 1 (cfr. § 8), dove la sembianza u. delle donne da un lato dimostra che esse hanno veduto Beatrice (perché non può provenire che da lei tale effetto), dall'altro corregge la ‛ viltà ', che porterebbe con sé la passione dolorosa comunicata dalla vista del pianto della gentilissima, a indicare la perfezione della gentilezza finanche nel dolore. La sembianza u. è invece in Rime dubbie XVI 9 semplicemente l'atteggiamento cortese e amoroso della donna.
Nella Commedia u. è attribuito ovviamente a quei simboli che rappresentano appunto l'umiltà (umile pianta, il giunco di cui Virgilio cinge D.: Pg I 135; umile capestro, il cordone dei francescani: Pd XI 87); o a quei personaggi assunti a rappresentare la medesima virtù: umile salmista, David (Pg X 65); umile e alta, la Vergine (Pd XXXIII 2). Quest'ultima antitesi ricalca il concetto evangelico ripreso anche altrove dell'effettiva grandezza di chi si umilia.
Anche l'umile paruta dei quattro personaggi visti da D. nella grande processione allegorica del Paradiso terrestre (Pg XXIX 142) ha una ragione simbolica, alludendo alla minore importanza e mole delle epistole cattoliche. Altrove è l'aggettivo che l'accompagna a chiarirne la sfumatura: palido e umile (Pg VIII 24) è l'esercito dei penitenti, detto anche gentile, che attende l'aiuto degli angeli; umìle e peregrina (Pd VI 135) è la persona di Romeo. L'umìle Italia di If I 106, pur ricalcando l'espressione virgiliana (Aen. III 522-523), che si riferiva alle basse sponde dell'Italia, forse quelle della penisola salentina, e potendosi intendere come una generica indicazione geografica del meridione e quindi dell'Italia laziale, andrà interpretata piuttosto in senso politico, analogamente alla serva Italia di Pg VI 76 e alla misera Italia di Cv IV IX 10 (Parodi, Lingua 336-337. Per altre interpretazioni cfr. Pagliaro, Ulisse 46 ss.).
Alla terminologia retorica appartiene la designazione dell'humile vulgare proprio dello stile elegiaco, in VE II IV 6. Tale accezione di u. non corrisponde a quella che l'attributo acquista nella poesia stilnovistica e nella meditazione etica di D., il quale per definire lo stile della canzone, che è tragico, ma in senso nuovo rispetto alla tradizione retorica, ricorre al termine ‛ dolce ' e affini. V. STILI, Dottrina degli.
Nel Fiore risalta la costante dittologia ‛ u. e piano ', che insiste sulla dolcezza e suasività della parola (parole umili e piane, CIII 10), o del viso (CXLIV 3; La cera sua non parea molto fera, / anz'era umile e piana divenuta, CXXIX 6), oppure sulla docilità del carattere: in cuore umile e piano / santa religïon grana e fiorisce (XCI 1). Cfr. il medesimo concetto in XC 13 (nel cor umile e piatoso), che ritorna nell'altra coppia di L 4 (umile... ed ubbidente).