Un modello alternativo: la Grecia degli ethne
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Non esiste solo la Grecia delle poleis. Soprattutto nella Grecia centro-settentrionale, ma anche, per esempio, nel Peloponneso, esistono zone scarsamente urbanizzate, nelle quali vivono popoli che spesso si richiamano a un mitico capostipite, praticano culti comuni, e a volte si riuniscono per imprese militari. La Grecia degli ethne, spesso considerata contigua al mondo dei barbari, si rivelerà, soprattutto a partire dalla fine dell’età classica, estremamente vitale.
Il dominio – in primo luogo culturale – del modello della polis non ci deve far dimenticare che parte dei Greci (forse addirittura la maggioranza, in termini puramente quantitativi) non adottano per lungo tempo tale modello, oppure lo adottano con grande ritardo.
Nella Grecia settentrionale e centrale, ma anche nel Peloponneso, esistono vaste regioni scarsamente urbanizzate, nelle quali gli uomini vivono in comunità di villaggio, con strutture politiche ridotte al minimo. Costituisce una parte fondamentale della loro identità l’appartenenza a un popolo, celebrata in feste e riunioni intorno a un santuario comune. E il concetto di “popolo” (in greco ethnos, plurale ethne) è centrale anche in aggregazioni di tipo religioso, chiamate anfizionie, delle quali la più importante è di gran lunga quella di Delfi: in essa sono rappresentati solo i popoli e non le poleis. Tanto che Atene e Sparta, per fare un esempio eclatante, partecipano alle riunioni dell’anfizionia esercitando uno dei voti a disposizione, rispettivamente, degli Ioni e dei Dori.
Alcune caratteristiche condivise, quali il dialetto, usi e costumi particolari, insieme a un patrimonio orale di narrazioni leggendarie incentrate sulla figura di un mitico capostipite, cementano tale identità, che sul piano pratico si traduce spesso in una politica “estera” comune, sotto la guida di un capo militare scelto dall’assemblea di tutti i maschi adulti atti alle armi. Tali aggregazioni sono state a volte chiamate nelle lingue moderne “stati tribali”: i Greci usavano semplicemente il termine ethnos, che abbiamo già ricordato, o anche il generico koinon, che indicava qualsiasi tipo di aggregazione.
Una schematica prospettiva evoluzionistica definisce queste popolazioni “primitive” o comunque decisamente arretrate rispetto alla Grecia delle poleis. Tale prospettiva è già presente nella Grecia classica. Leggiamo come Tucidide descrive uno dei più importanti tra questi popoli, gli Etoli: “Il popolo degli Etoli è sì grande e combattivo, ma abita in villaggi sguarniti di mura e per di più distanti gli uni dagli altri […]; parlano una lingua assolutamente incomprensibile e mangiano carne cruda, stando a quanto si dice” (III 94, trad. Mariella Cagnetta). Del resto, in un altro passo, un Tucidide antropologo cerca addirittura di teorizzare una sorta di legge – valorizzata anche dagli etnologi moderni – secondo la quale “queste regioni del mondo greco dove tali costumi durano ancora sono la traccia di un’epoca precedente in cui tali costumi erano diffusi universalmente” (I 6.2, trad. Luciano Canfora).
Certo, l’importanza di tali popolazioni è apparentemente marginale nel corso della storia greca. In alcuni casi – il più importante è quello dei Macedoni – i contemporanei cercano addirittura di negarne la grecità, fino a relegarli nel grande e indistinto gruppo dei popoli barbari. Lo scarso o inesistente sviluppo, in tali zone, di una letteratura, e in particolare di una storiografia, rendono particolarmente difficile la ricostruzione delle loro vicende. Dobbiamo però ricordare che nella storia greca vi sono personalità come quella di Giasone di Fere che sembrano riuscire a colmare il divario. In modo più stabile, l’evoluzione in senso federale di alcune di tali aggregazioni costituisce, in età ellenistica, una vera e propria alternativa, e un’alternativa vincente, al modello della polis: basti pensare alla fortuna della Lega etolica e della Lega achea, grandi protagoniste della storia greca nel periodo immediatamente precedente alla conquista romana.
Le caratteristiche identitarie – lo sappiamo bene – sono spesso dubbie, se non inventate, così come le storie di fondazione, ciò non toglie che le vicende di questi ethne sia di grande interesse. Vediamone alcuni tra i più importanti.
La Tessaglia è una regione situata nel centro-nord della Grecia, comprendente una vasta pianura circondata da montagne che rendevano difficoltose le comunicazioni. Abitata fin dall’età neolitica (si ricorderanno i villaggi di Sesklo e Dimini, i più importanti della preistoria greca), in età storica è divisa in quattro distretti principali e varie zone minori. Non è priva di poleis come Larissa, Farsalo e Fere, dominate da ricchi clan aristocratici – gli Alevadi di Larissa, vera e propria dinastia “regale”, sono i più famosi – e pochi altri grandi proprietari terrieri, specializzati nell’allevamento dei cavalli.
La popolazione rurale – i penesti – è asservita con modalità non molto diverse dagli iloti spartani.
La storia dei Tessali vede un continuo alternarsi delle forze centrifughe con i tentativi di unione, che portano alla formazione di un organismo unitario – la Lega tessala – guidato da un tago eletto a vita, che si pone a capo di un potenziale militare assai forte, basato com’è sulla cavalleria forse più efficiente di tutto il mondo greco; numerosi però appaiono i momenti in cui tale unità militare sembra solo un’utopia. In particolare, se l’età arcaica vede una grande influenza della Tessaglia sull’importantissimo e non lontano santuario di Delfi, il V secolo a.C. può essere considerato un’epoca in cui le forze centrifughe prevalgono. Le cose cambiano di nuovo nel corso del IV secolo a.C., quando un grande personaggio come Giasone di Fere riesce, sia pure per breve tempo, a inserire la Tessaglia nel grande gioco politico-militare delle poleis, con ambizioni di predominio.
Con Filippo e Alessandro la Tessaglia verrà inglobata nello stato macedone, perdendo ogni autonomia.
Gli Etoli abitano la regione della Grecia centro-settentrionale collocata a ovest della Tessaglia. Il paese, bagnato dal fiume Acheloo (il più lungo della Grecia, ricco di richiami mitologici), è aspro, inospitale e non favorisce certo un’unità di popolo. La coesione degli Etoli, infatti, in età arcaica e per gran parte dell’età classica è ancora più precaria che non per i Tessali, come è ancor più radicata la loro fama di sauvagerie (è a loro che si riferisce il passo di Tucidide sulle tradizioni e le consuetudini quotidiane). Il santuario di Apollo a Termo, la cui origine si perde nella notte dei tempi, costituisce il centro religioso più importante degli Etoli, nonché un importante fattore di aggregazione. Lo sviluppo della Lega etolica avviene però solo alle soglie dell’età ellenistica; e sarà una lega di eccezionale successo, allargandosi ben oltre i confini storici della regione, grazie a una fortunata rete di alleanze. A capo della lega troviamo uno stratego, eletto per un solo anno dall’assemblea di tutti i maschi adulti in età militare.
L’identità di popolo degli Achei, abitanti della regione costiera del nord del Peloponneso, sembra assai forte nel periodo arcaico, periodo durante il quale la regione mostra una grande vitalità, testimoniata dai resti archeologici e dalle leggende di fondazione della città achee (Sibari e Crotone tra le altre) in Italia. Il centro religioso degli Achei è il santuario di Zeus Hamarios a Elice, mentre numerosi sono i centri abitati, destinati a evolversi in poleis: Dime, Patre (Patrasso), Egio sono le più importanti. Gli Achei danno comunque vita a una lega, che conosce una certa fortuna nel IV secolo a.C., prima di essere sciolta da Alessandro; rifondata nel 281 a.C., diverrà l’organismo politico più importante del mondo greco in età ellenistica, allargandosi ben oltre i confini della regione. Molto più conservatrice della Lega etolica e destinata a difendere gli interessi dei proprietari terrieri, ha a capo anch’essa uno stratego eletto annualmente.
L’importanza dell’Elide, nel Peloponneso, è legata alla presenza, nel suo non vasto territorio, del santuario di Zeus a Olimpia, il maggiore centro religioso della grecità. E il controllo dei giochi olimpici che là si svolgevano (per la precisione nella regione chiamata Pisatide) costituisce a lungo motivo di scontro; per molto tempo sono proprio gli Elei, il cui orientamento politico era tradizionalmente oligarchico ed elitario, ad avere questo onore. Il centro principale, Elide, appare costituito già nel V secolo a.C.
Poco chiari i processi che portano alla creazione di un’unità di tutti gli Elei, sostanzialmente sprovvisti di narrazioni identitarie legate a capostipiti omonimi del popolo (il nome elei, Waleioi, da confrontare con il latino vallis, vuol dire semplicemente “abitanti della valle”, intendendo quella scavata dal fiume Peneo, il principale della regione). In età ellenistica l’Elide perde ogni autonomia, entrando a far parte prima della Lega etolica e più tardi della Lega achea.
Il caso dell’Arcadia, con cui concludiamo questo breve elenco, lasciando da parte altri casi minori (Molossi, Acarnani, Locresi, Focidesi), è forse il più interessante. L’Arcadia, regione al centro del Peloponneso, tra le poche prive di uno sbocco sul mare, montagnosa, povera, isolata, conserva agli occhi dei Greci un fascino particolare per il suo paesaggio selvaggio e per i numerosi miti che vi sono ambientati; un fascino, come è noto, che si è protratto per lungo tempo, fino all’età moderna.
L’identità arcade è molto forte, forse la più forte tra i casi che abbiamo esaminato: il senso identitario era legato anche alla specializzazione che nel corso dei secoli gli Arcadi avevano sviluppato in qualità di mercenari, diventando probabilmente i più efficienti e ricercati soldati professionali dell’età classica.
Senofonte
L’identità degli Arcadi
Elleniche
Gli Arcadi avevano per lungo tempo fornito mercenari al mondo greco e all’Impero persiano. La povertà e una struttura economica basata sull’allevamento, che lasciava liberi da occupazioni molti uomini per buona parte dell’anno, spiegano questa specializzazione, non certo vista come particolarmente onorevole. In questo discorso riportato da Senofonte nelle sue Elleniche, in un momento in cui il Peloponneso, al tempo delle invasioni tebane di Epaminonda, conosceva profondi rivolgimenti, al generico grido di “liberi tutti”, in seguito alla crisi del dominio spartano, Licomede riesce a trasformare il servizio mercenario in un fattore identitario positivo: gli Arcadi sono dipinti come i migliori combattenti del mondo greco, e come i più dotati fisicamente. Da notare come, con finezza retorica, nel citare il servizio mercenario, venga adoperato il vecchio termine epikouros, che indica genericamente il “venire in aiuto” (e anche l’alleato), e non il ben più chiaro misthophoros, con chiaro riferimento allo stipendio che veniva versato in cambio del servizio.
Entrò poi in scena un certo Licomede di Mantinea, personaggio non inferiore a nessuno per nobili natali, eminente per ricchezze e per il resto assai ambizioso; costui riempì gli Arcadi di fiducia in se stessi, affermando che il Peloponneso era la patria di essi soli, visto che erano gli unici suoi abitanti autoctoni, e la stirpe arcadica era la più numerosa delle stirpi greche, e quella che disponeva di uomini più forti nel fisico. E dimostrava anche che erano i più valorosi, adducendo come prova il fatto che ogni volta che qualcuno aveva bisogno di truppe ausiliarie, nessuno era preferito agli Arcadi. E ancora, i Lacedemoni non avevano mai invaso l’Attica senza di loro, né ora i Tebani entravano nel territorio di Sparta senza gli Arcadi.
Peraltro, tale senso di appartenenza non facilita un’unione politica. Mentre i centri arcadi sono già numerosi in età arcaica (citeremo, tra di essi, quanto meno Mantinea, Orcomeno, Tegea e Stinfalo, ma se ne potrebbero aggiungere altrettanti), e alcuni, come Tegea e Mantinea, cercano a più riprese di creare sistemi di alleanze in genere poco duraturi, la confederazione arcade vede la luce solo nel corso del IV secolo (370 a.C.), sotto la spinta della creazione di una nuova polis, Megalopoli; ma anch’essa non avrà una lunga vita.
La Grecia non conobbe mai la creazione di stati a base etnica duraturi. Nei casi più fortunati, la Lega etolica e quella achea, l’identità etnica non è altro che un pretesto iniziale, cui fa seguito un allargamento geografico che non ha nulla a che fare con il nucleo originario.
Nondimeno, l’idea della “doppia cittadinanza” (è così che si può esprimere il concetto greco di sympoliteia), per cui la propria identità politica è costruita sui binari paralleli da un lato dell’appartenenza a una comunità locale – che si evolva o no in polis – e dall’altro dell’affiliazione a un koinon, a cui viene demandata la gestione della politica “estera” (in sostanza l’attività militare), è un’intuizione di grande importanza, che si svilupperà soprattutto nell’età ellenistica, ma che muove i primi passi già in età arcaica e classica.
Alla base del sentimento di appartenenza a un ethnos, a un popolo, ci sono pulsioni imprecise, storicamente quasi sempre prive di consistenza. Ma la tradizione si può sempre inventare, e darle forma documentale; e le pulsioni si possono manovrare, indirizzare, utilizzare: la storia, in effetti, tende a ripetersi.