uncino
Propriamente, è un arnese terminante con una serie di punte metalliche ricurve e inserito in cima a un'asta; D. chiama ‛ raffi ', ‛ roncigli ' o ‛ uncini ' i rampini di cui sono armati i diavoli custodi della bolgia dei barattieri.
Nel suo significato più generale il vocabolo ricorre nella similitudine introdotta per descrivere in che modo i diavoli costringono i barattieri a rimanere sommersi nella pece: Non altrimenti i cuoci a' lor vassalli / fanno attuffare in mezzo la caldaia / la carne con li uncin, perché non galli (If XXI 57).
Nelle altre occorrenze si riferisce ai roncigli dei diavoli: Malacoda si lasciò cascar l'uncino a' piedi, XXI 86; altri esempi al v. 73, XXII 69 e 149.
In senso figurato, compare in un'allusione scherzosa alla mutevolezza di Cino in amore: i' ho di voi più volte udito / che pigliar vi lasciate a ogni uncino, " che vi attaccate volentieri ad ogni donna che vi piace " (Barbi-Pernicone, a Rime CXIV 6); oltre che la rima ricca con Cino (v. 2), la quale " non sarà casuale " (Contini), occorre rilevare la metafora equivoca ‛ attaccare l'u. ' attestata in Boccaccio Dec. IV 10 48 " Il quale... per ciò che [la donna] fresca e gagliarda era, volle una volta attaccare l'uncino alla cristianella d'Iddio, ed ella... non ne fu punto schifa ".