unione doganale
Area di libero scambio (➔), anche nota come ALS, con una politica commerciale esterna comune (➔ anche unione economica): oltre all’eliminazione dei dazi, delle restrizioni quantitative e delle misure di effetto equivalente che ostacolano gli scambi tra i Paesi membri, l’u. d. (custom union) prevede l’adozione di un regime commerciale uniforme nei rapporti con i Paesi terzi.
La centralizzazione della politica commerciale esterna permette di superare alcuni problemi tipici delle ALS, assimilabili a tensioni presenti anche in altri contesti, quando politiche nazionali non coordinate abbiano effetti su Paesi diversi da quelli che le adottano. Per es., se un membro di un’ALS elimina un dazio sulle importazioni dai Paesi terzi, il conseguente aumento del prezzo relativo internazionale del bene importato potrebbe avere effetti indesiderati anche per altri Stati dell’ALS, che non vengono presi in considerazione dal Paese che ha eliminato il dazio. Nelle ALS esiste inoltre un rischio di distorsione dei flussi commerciali, derivante dalle differenze tra i dazi sul resto del mondo applicati dai Paesi membri. È infatti possibile che un bene destinato a uno Stato con un dazio più elevato aggiri questo ostacolo, entrando attraverso la frontiera di un altro Paese dell’ALS e raggiungendo successivamente la sua destinazione finale, grazie all’assenza di barriere all’interno dell’ALS stessa. Per prevenire questa elusione, vengono generalmente introdotte alcune regole di origine, volte a riservare ai soli beni effettivamente prodotti nell’ALS la possibilità di circolare liberamente al suo interno. Queste regole sono inevitabilmente complesse, poiché devono tener conto della grande eterogeneità dei beni scambiati e del fatto che la produzione di ciascuno di essi può richiedere un contenuto diverso di beni intermedi importati. La loro gestione è quindi difficile, soggetta al rischio di manipolazioni arbitrarie, e può generare nuove barriere all’interno dell’ALS. La politica commerciale comune adottata dalle u. d. risolve radicalmente il problema del coordinamento. In particolare, la Tariffa Esterna Comune (TEC) annulla il rischio di distorsioni dei flussi commerciali, rendendo superflua l’adozione di regole di origine.
La centralizzazione delle politiche commerciali esterne apre tuttavia altri problemi, a cominciare da quello della determinazione iniziale della TEC. In base ai vincoli posti dall’art. 24 del GATT (➔), la TEC non può essere più elevata del livello complessivo dei dazi in vigore nei Paesi membri prima della formazione dell’unione doganale. Ciò impone di raggiungere un difficile compromesso tra Paesi con diversi orientamenti di politica commerciale. La questione si ripropone periodicamente, ogni volta che occorra definire una piattaforma negoziale comune nei rapporti con i Paesi terzi. I settori maggiormente protetti dalla TEC hanno un’importanza diversa nelle varie nazioni, con conseguenti divari negli effetti delle sue modifiche. La difficoltà di mediare questi contrasti di interesse rallenta la formazione delle decisioni e limita la flessibilità negoziale dei rappresentanti dell’unione doganale. In compenso, il fatto che le trattative non siano condotte dai governi nazionali, ma da un negoziatore unico, rafforza considerevolmente il potere contrattuale. I problemi di formazione del consenso all’interno delle u. d. spiegano perché, malgrado la loro maggiore efficienza, esse siano assai meno numerose delle ALS. Oltre all’Unione Europea, le u. d. sono concentrate prevalentemente in Africa e in America Latina, ma spesso prevedono deroghe importanti alla TEC, che restituiscono ai Paesi membri margini di autonomia nelle politiche commerciali esterne.
In Europa l’u. d. fu concordata dai Paesi fondatori della Comunità fin dal Trattato di Roma (➔ Trattato che istituisce la Comunità Economica Europea) ed entrò in vigore il 1° luglio 1968, con 18 mesi di anticipo sulla data prefissata. Essa prevedeva l’abolizione dei dazi intracomunitari, l’adozione della TEC, regole di origine comuni per i prodotti dei Paesi terzi e criteri condivisi per definire il valore delle merci in dogana. Seguì un processo di armonizzazione delle regole e delle procedure, culminato nel 1992 con l’adozione di un Codice doganale comunitario. I progressivi allargamenti della Comunità determinarono l’adesione all’u. d. della maggior parte dei Paesi europei che inizialmente avevano preferito l’opzione dell’ALS, dando vita all’EFTA (➔). Una specifica u. d. è in vigore con la Turchia. ● La TEC è essenziale per il corretto funzionamento del mercato interno, perché assicura una gestione integrata e uniforme delle frontiere commerciali esterne. Questo principio si applica anche ad altri aspetti della politica commerciale comune, come gli accordi preferenziali con i Paesi terzi, gli scambi di servizi, gli investimenti diretti esteri, la tutela della proprietà intellettuale, la promozione delle esportazioni e le misure di difesa contro pratiche commerciali scorrette, come il dumping (➔). Il processo di liberalizzazione multilaterale degli scambi ha comportato una progressiva riduzione della TEC, che ha eroso il margine di preferenza di cui godono gli scambi interni e ha ridotto l’importanza delle entrate doganali nel bilancio della UE.