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Unione Europea (UE)

di Pier Virgilio Dastoli - Dizionario di Economia e Finanza (2012)
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Unione Europea (UE)

Pier Virgilio Dastoli

Unione Europea

Il lungo cammino dell’Unione Europea

L’Unione Europea nacque ufficialmente il 1° novembre 1993 con l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht (➔), firmato il 7 febbraio 1992 dagli allora 12 Stati membri delle Comunità europee nella città olandese al confine con il Belgio e la Germania.

Dal concetto di ‘comunità’ al concetto di ‘unione’

L’uso del termine ‘unione’ al posto di quello di ‘comunità’ deve essere interpretato come l’atto di volontà degli Stati partner di compiere un sostanziale passo in avanti verso l’unificazione politica del continente (➔ anche unificazione europea, processo di), dopo la caduta del Muro di Berlino il 9 novembre 1989 e la fine dell’imperialismo sovietico sull’Europa centrale e orientale. L’Unione Europea appariva come il completamento necessario degli accordi economici e monetari, che prevedevano a termine la sostituzione delle valute nazionali con una moneta unica (➔ serpente valutario europeo; UEM). Il passaggio graduale dalle Comunità all’Unione attraverso il Trattato di Maastricht non ha significato tuttavia un salto in avanti verso la federazione europea, preconizzata dalla Dichiarazione Schuman (➔ Schuman, Jean-Baptiste Nicolas Robert) del 9 maggio 1950, con fondamentali cessioni di sovranità, perché alle originali Comunità (la CECA prima, la CEE e l’EURATOM poi), fondate sul metodo sopranazionale proposto da J. Monnet (➔), si sono affiancati due nuovi pilastri di cooperazione intergovernativa nei settori della politica estera e di sicurezza comune, da un lato, e degli affari interni e giudiziari, dall’altro, nell’ambito di un sistema senza personalità giuridica (l’Unione Europea). Ciascuno dei pilastri avrebbe mantenuto un alto livello di autonomia. In tal senso, il termine ‘unione’ richiamava più la concezione internazionalista delle associazioni di Stati indipendenti che un’evoluzione in senso sopranazionale delle Comunità. Nella visione di Monnet, esse erano qualcosa di più di un’unione di Stati, con un vincolo associativo destinato a potenziarsi nel tempo e a integrarsi in una entità indissolubile, abbinando al carattere intergovernativo quello sopranazionale.

Pur confermando l’obiettivo di una unione sempre più stretta, la nuova organizzazione politica nata a Maastricht ruotava intorno al ruolo del Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo, organo non comunitario e, dunque, non sottomesso alle regole del controllo democratico attribuite al Parlamento europeo nei confronti della Commissione e a quelle del controllo ‘costituzionale’ conferite alla Corte di giustizia nei confronti di tutte le istituzioni comunitarie. Unica, rilevante eccezione alla preminenza del modello intergovernativo rispetto a quello comunitario è l’irruzione nel sistema europeo di Maastricht della cittadinanza dell’Unione con l’attribuzione ai cittadini degli Stati membri, e solo a essi, di diritti derivanti dalla loro appartenenza alla nuova organizzazione internazionale.

Uno sguardo indietro

L’idea della trasformazione delle originali Comunità europee e delle forme parallele di cooperazione intergovernativa in una Unione Europea non è nata agli inizi degli anni 1990 con la fine della guerra fredda, ma trent’anni prima, quando il tentativo di C.-A.-J.-M. De Gaulle di imporre una svolta decisiva verso una confederazione europea attraverso il Piano Fouchet fu contrastato dai governi degli altri 5 Paesi membri delle Comunità mediante un contropiano che contemplava la creazione a termine di una unione di Stati e di popoli (definita appunto ‘Unione Europea’), fondata su un modello più coerente con l’idea iniziale di Monnet di un’evoluzione graduale verso un sistema federale. A più riprese e dopo l’uscita dalla scena politica di De Gaulle, l’obiettivo dell’Unione Europea è stato fatto proprio dai governi delle Comunità europee: prima al vertice di Parigi dell’ottobre 1972, nel quale era stata indicata anche la scadenza temporale del 1980, poi con il rapporto Tindemans del 1975, quindi nella Dichiarazione solenne di Stoccarda del 1983, promossa dai ministri degli Esteri italiano V. Colombo e tedesco H.-D. Genscher e, infine, con la risposta parziale dell’Atto unico (➔ Atto unico europeo) al progetto di trattato che istituisce l’Unione Europea adottato dal Parlamento su iniziativa di A. Spinelli (➔) nel febbraio 1984.

Dagli anni 1990 agli anni 2000

Dal Trattato di Maastricht in poi e fino al Trattato di Lisbona (2007, entrato in vigore nel 2009; ➔ Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sull’Unione Europea e il Trattato che istituisce la Comunità Europa), l’integrazione europea ha realizzato importanti progressi verso l’unificazione politica. Ciò è avvenuto non solo nella cooperazione fra Stati indipendenti, ma anche dal punto di vista dell’allargamento da 12 a 27 membri, del trasferimento di competenze dal livello nazionale a quello europeo e dunque nella cessione di parti di sovranità statuali, del rafforzamento della democrazia attraverso il ruolo legislativo del Parlamento europeo, dell’estensione dei diritti dei cittadini dell’Unione, ma anche degli immigrati di Paesi terzi attraverso la Carta dei diritti di Nizza, dell’eliminazione della suddivisione dell’Unione nei 3 pilastri separati delle comunità economiche, della cooperazione nella politica estera e della sicurezza, e degli affari interni e di giustizia e, infine, del ruolo dell’Unione nel mondo, attraverso il riconoscimento formale della sua personalità giuridica. La scelta definitiva fra il modello federale e quello confederale non è stata tuttavia ancora compiuta e l’Unione Europea è tuttora un’organizzazione giuridicamente, politicamente ed economicamente sui generis.

Vedi anche
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