Unioni civili: i decreti delegati
La legge istitutiva delle unioni civili ha attribuito al Governo poteri legislativi delegati allo scopo di coordinare il diritto vigente con le nuove regole, un potere attuato con tre decreti legislativi che hanno inciso sulle norme dell’ordinamento dello stato civile, su quelle del sistema di diritto internazionale privato, nonché su alcuni articoli del codice penale e di procedura penale. Le nuove norme hanno colmato alcune lacune della legge istitutiva specie per quanto riguarda le vicende dell’unione dal momento della sua costituzione a quello eventuale del suo scioglimento e introdotto una dettagliata disciplina degli adempimenti per le necessarie iscrizioni nei registri dello stato civile.
2.5 Le modifiche ad altre disposizioni sullo stato civile 2.6 Le modifiche a norme penali 2.7 Le modifiche al sistema del diritto internazionale privato 3. I profili problematici
La l. 20.5.2016, n. 76 sulle unioni civili e le convivenze ha apportato significative variazioni nel testo della disciplina dei rapporti familiari, variazioni che trovano il proprio cardine nel co. 20 del suo articolo unico, per cui alle parti di un’unione si applicano le norme sul matrimonio e quelle contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, «ovunque ricorrano»: in leggi e regolamenti, ma anche in atti amministrativi e contratti collettivi.
È una regola generale voluta, dice la norma citata, «al solo fine» d’assicurare l’effettività della tutela dei diritti e l’adempimento degli obblighi che hanno titolo nell’unione civile, regola che però esclude dal proprio àmbito d’applicazione le norme sull’adozione dei minori e quelle del codice civile non espressamente richiamate dalla nuova legge.
Questo adeguamento non è affidato soltanto all’interpretazione estensiva voluta dalla regola citata, ma trova ulteriore specificazione nell’art. 1, co. 28, l. n. 76/2016, che ha dato al Governo il potere d’adottare uno o più decreti legislativi per modificare il diritto vigente e attuarne il necessario coordinamento con le norme sulle unioni. Una prescrizione generica enunciata dalla lett. c) del comma cit., che trova però specificazione per due precisi obiettivi assegnati alla legislazione delegata e indicati dalle lett. a) e b) del medesimo comma: adeguare alle disposizioni sulle unioni civili le norme sull’ordinamento dello stato civile e in materia di diritto internazionale privato.
Il termine dato al Governo per legiferare era di sei mesi dall’entrata in vigore della legge (5.6.2016); i decreti dovevano essere promulgati entro il 5.12.2016, ma la delega consentiva una proroga di tre mesi nel caso i previsti pareri delle commissioni parlamentari venissero dati nei trenta giorni anteriori all’originaria scadenza di cui al co. 28 per l’esercizio dei poteri delegati. Grazie a questa clausola di slittamento, di cui al co. 30, vengono emananti il 19.1.2017 tre decreti legislativi, indicati con i numeri 5, 6 e 7: il primo, modifica l’ordinamento dello stato civile e alcune disposizioni accessorie [1]; il secondo, qualche articolo del codice penale e di procedura penale; il terzo, introduce nuove norme nel sistema di diritto internazionale privato di cui alla l. 31.5.1995, n. 218.
Gli interventi nel settore penale non erano espressamente previsti dalla delega, ma attuano, seppure in un àmbito limitato, quanto disposto dalla lett. c) del co. 28 che dava al Governo il potere di modificare le norme vigenti per coordinarle con la legge sulle unioni civili. Il co. 31 attribuisce al Governo anche il potere d’adottare «disposizioni integrative e correttive» di ciascun decreto, un potere da esercitare entro due anni dalla data della loro entrata in vigore: monitoraggio che deve avvenire nel rispetto dei medesimi princìpi e criteri direttivi stabiliti dalla delega.
Come si è detto, il d.lgs. 19.1.2017, n. 5, ha il compito d’adeguare alla legge sulle unioni civili le disposizioni «in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni» contenute nel d.P.R. 3.11.2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile)[2].
L’adeguamento avviene istituendo un registro delle unioni civili e applicando alle unioni molte regole pubblicitarie previste per il matrimonio: così l’atto di costituzione, formato dall’ufficiale di stato civile del comune «scelto dalle parti» [3], deve essere iscritto nel nuovo registro e annotato negli atti di nascita delle parti [4] e identici adempimenti sono previsti quando le unioni si sciolgono per una delle cause che pongono fine anche ai rapporti coniugali. Quanto alle unioni costituite in un comune diverso da quello di residenza, gli artt. 12, co. 8, e 63, co. 2, dispongono che l’atto di costituzione sia comunicato all’ufficiale dello stato civile del comune o dei comuni dove le parti hanno la propria residenza per essere trascritto nel registro delle unioni civili e, quando istituito, nell’archivio informatico nazionale.
Infatti, i registri dello stato civile sono utilizzati soltanto in via temporanea, poiché già l’art. 10 d.P.R. n. 396/2000 stabiliva che in ciascun ufficio dello stato civile vengano registrati e conservati in un apposito archivio informatico gli atti formati nel comune, o relativi a residenti, riguardanti cittadinanza, nascita, morte e matrimoni, un archivio da attivare in tempi molto brevi che non è stato possibile rispettare [5]. Questa regola, integrata con riferimento alle unioni, è anche in parte superata da quanto stabilito dal d.l. n. 78/2015 per cui gli archivi informatici non saranno più attivati nei singoli comuni, bensì in un unico archivio nazionale, fermo restando che fino alla data in cui sarà operativo si utilizzano gli attuali registri cartacei dello stato civile [6].
L’entrata in vigore del decreto n. 5/2017, non soltanto ha abrogato il decreto 23.7.2016, n. 144, emanato dalla Presidenza del Consiglio come previsto dal co. 34 della legge sulle unioni e recante norme transitorie sulla tenuta dei registri dello stato civile [7], ma anche ha cancellato alcune annotazioni da quest’ultimo consentite [8].
Di particolare interesse sono le regole, introdotte dalla legislazione delegata, riguardanti le vicende dell’unione civile, dal momento della sua costituzione a quelle della sua eventuale dissoluzione per effetto di crisi insorte fra le parti, regole contenute nell’art. 1 d.lgs. n. 5/2017. Così, la legge delegata stabilisce quali funzioni deve esercitare l’ufficiale dello stato civile a cui le parti, o un loro rappresentante, chiedono, con una scrittura privata da loro sottoscritta, di costituire un’unione civile [9]. In particolare, deve verbalizzare la richiesta e le dichiarazioni delle parti e verificare nei successivi trenta giorni, anche esercitando poteri ufficiosi, l’esattezza delle indicazioni anagrafiche e l’assenza di cause impeditive. L’art. 70 bis, co. 3, precisa che il verbale dev’essere sottoscritto non soltanto dall’ufficiale che lo ha formato ma anche dai richiedenti oppure dal loro eventuale rappresentante. Decorso il termine di trenta giorni per queste, è possibile procedere alla costituzione dell’unione. Se questa non viene costituita entro centottanta giorni dalla scadenza del citato termine, la richiesta delle parti e le verifiche compiute «si considerano come non avvenute» (art. 70 ter, co. 4). Nel giorno concordato, le parti hanno l’onere di presentarsi all’ufficiale di stato civile del comune ove è stata depositata la richiesta e di rendere «personalmente e congiuntamente», alla presenza di due testimoni, la dichiarazione di voler formare l’unione: il d.lgs. n. 5/2017 riproduce quanto già dispone il co. 2 della legge istitutiva per cui la costituzione avviene «mediante dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile ed alla presenza di due testimoni».
Mentre la legge istitutiva si limita a menzionare il documento che certifica la costituzione dell’unione, precisando che deve contenere i dati anagrafici delle parti e dei testimoni con l’indicazione del regime patrimoniale prescelto [10], le norme novellate dello stato civile sono molto più dettagliate. Esse fanno riferimento non soltanto alla certificazione [11] ma anche all’atto di costituzione dell’unione formato dall’ufficiale dello stato civile e ai suoi contenuti necessari ed eventuali: così gli artt. 70 octies e 70 quaterdecies prevedono che in tale atto possa essere inserita la dichiarazione sul cognome da assumere (facoltà prevista dal co. 10 l. n. 76/2016), l’opzione per il regime della separazione dei beni o quella sulla legge applicabile ai rapporti patrimoniali come consentito dall’art. 32 ter, co. 4, del testo novellato della l. n. 218/1995, scelte che le parti possono effettuare anche dopo la costituzione dell’unione [12].
L’atto costitutivo è un atto pubblico che, sottoscritto dall’ufficiale che lo ha formato, dalle parti e dai testimoni, dev’esser iscritto nel registro delle unioni civili e annotato negli atti di nascita delle parti. Si applicano le citate regole sull’archivio informatico, per cui debbono esservi registrati anche gli atti costitutivi delle unioni civili e i documenti presentati dalle parti ai fini della sua costituzione [13].
Quando nel corso delle verifiche compiute dall’ufficiale dello stato civile emergono cause impeditive, la legge delegata disegna un duplice percorso. Infatti se la loro presenza risulta direttamente dal contenuto della richiesta o dalle dichiarazioni messe a verbale, l’ufficiale dello stato civile lo comunica alle parti e non procede a costituire l’unione. Invece, se vi sono impedimenti non dichiarati dalle parti deve darne notizia al procuratore della Repubblica affinché valuti se opporsi alla costituzione dell’unione civile: opposizione da proporre al tribunale del luogo ove è stata chiesta la costituzione dell’unione e regolata da norme che riproducono, nel nuovo contesto, quanto previsto per le opposizioni al matrimonio dagli artt. 102 ss., e 59 ss. d.P.R. n. 396/2000. L’art. 70 terdecies prevede che l’esito dell’opposizione sia annotato nel verbale di richiesta di costituzione dell’unione e registrato nell’archivio informatico.
La norma prevede anche altri legittimati ad agire in opposizione, ma quali siano non è chiarito e poco giova il riferimento «a chi ne ha facoltà per causa ammessa dalla legge», formula che riproduce in modo acritico quanto si legge in materia di opposizione al matrimonio: nell’opposizione all’unione civile sembra trattarsi dei legittimati ad esercitare l’azione di nullità dal co. 6 l. n. 76/2016.
Le regole del procedimento sono le stesse dell’opposizione al matrimonio e, come queste, davvero singolari per la compressione dei diritti processuali delle parti: l’udienza di comparizione davanti al collegio viene fissata a non oltre dieci giorni dalla data del ricorso e il relativo decreto, comunicato al p.m., dev’essere notificato alle parti e all’ufficiale dello stato civile «entro il giorno precedente a quello fissato per la comparizione». Il tribunale, sentite le parti e acquisiti «senza particolari formalità» gli elementi del caso, decide con decreto motivato avente efficacia immediata, indipendentemente dall’eventuale reclamo [14].
Il d.lgs. n. 5/2017 contiene anche norme che integrano le disposizioni, contenute nella legge istitutiva, sulla gestione delle crisi che possono insorgere tra le parti di un’unione civile sino a provocarne lo scioglimento. La l. n. 76/2016, infatti, ha disegnato un originale percorso per dare rilevanza alla volontà delle parti di sciogliere il vincolo che ha titolo nell’atto costitutivo della loro unione, un percorso delineato in modo alquanto sommario nel suo co. 24 con regole ora integrate dal legislatore delegato.
Com’è noto, le parti che vogliono porre termine alla loro unione non hanno l’onere della previa separazione personale, ma quello di rendere pubblica la loro volontà affidandola a un’apposita dichiarazione dinanzi all’ufficiale dello stato civile, una dichiarazione che la legge istitutiva prevede possa essere compiuta «anche disgiuntamente». Non vi sono indicazioni sull’ufficiale competente a riceverla e, se non v’è dubbio che è tale l’ufficiale del comune scelto dalle parti per costituire l’unione, la competenza sembra appartenere anche a quello della loro residenza [15]. Quando l’unione civile è stata costituita all’estero fra cittadini italiani o fra un cittadino italiano e uno straniero, la scelta del comune in cui effettuare le necessarie trascrizioni avviene con le regole del nuovo testo dell’art. 17 d.P.R. n. 396/2000.
La legge istitutiva, nel disporre che le parti possano formulare la loro dichiarazione «anche» disgiuntamente, e quindi in tempi diversi, intende in modo manifesto che, di regola, sia compiuta congiuntamente dalle parti che vogliono sciogliere il rapporto. In entrambi i casi, la legge ha fatto riferimento solo alle ipotesi nelle quali le parti dell’unione abbiano la comune volontà di divorziare, avvalendosi, come prevede il co. 25, sia delle forme giudiziali del divorzio su domanda congiunta sia degli accordi raggiunti in sede di negoziazione assistita o ricevuti dall’ufficiale dello stato civile a norma degli artt. 6 e 12 della legge sulla deiurisdictio [16].
Per contro, non vi è nella legge istitutiva alcun riferimento all’ipotesi in cui la dichiarazione provenga soltanto dalla parte che vuol sciogliere il rapporto in sede giudiziale, utilizzando le forme del divorzio contenzioso, forme peraltro espressamente richiamate, sia pure con la prudenziale clausola di compatibilità, dal co. 25 della legge istitutiva. Lacuna ora colmata dal d.lgs. n. 5/2017: la dichiarazione unilaterale potrà essere ricevuta dall’ufficiale dello stato civile quando la parte abbia adempiuto all’onere di comunicare previamente all’altra la propria volontà: dovrà inviare, come specifica la norma, «alla residenza anagrafica o, in mancanza, all’ultimo indirizzo noto» una raccomandata con ricevuta di ritorno, potendo anche utilizzare «altra forma di comunicazione parimenti idonea», tale cioè da documentarne l’avvenuta ricezione [17]. È un’indicazione generica che si riferisce implicitamente agli strumenti previsti dalla normativa, anche regolamentare, sulla trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e ogni altra forma di comunicazione o di notificazione.
La dichiarazione delle parti dev’esser annotata nel registro delle unioni civili e iscritta nell’archivio informatico nazionale, quando istituito [18], un adempimento pubblicitario che, a rigore, non sarebbe giustificato se essa fosse soltanto una condizione di procedibilità dello scioglimento dell’unione. In realtà, la volontà di porre fine al rapporto tra le parti crea una situazione transitoria che ha una propria rilevanza, sia pure sotto limitati profili riguardanti il diritto penale: la legislazione delegata ha modificato l’art. 649, co. 2, c.p., equiparando al coniuge legalmente separato, ai fini della punibilità a querela, la parte che ha manifestato formalmente la volontà di sciogliere l’unione e, ancora, estendendo a quest’ultima la facoltà di astensione dal dovere di testimoniare prevista per i prossimi congiunti dall’art. 199, co. 3, c.p.p.
La legislazione delegata non contiene regole specifiche sui procedimenti giudiziali e stragiudiziali di scioglimento delle unioni civili: sono sufficienti i rinvii che la legge istitutiva fa alle norme sul divorzio richiamate con la prudenziale clausola di compatibilità [19]. Nei limiti della delega, vengono previsti alcuni adempimenti pubblicitari che l’ufficiale dello stato civile deve eseguire: in particolare, le sentenze di scioglimento e gli accordi in sede di negoziazione assistita o ricevuti dall’ufficiale dello stato civile devono essere annotati sia nell’atto di costituzione a suo tempo iscritto nel registro delle unioni [20] sia negli atti di nascita e registrati nell’archivio informatico [21].
Regole identiche sono previste per dare idonea pubblicità ai provvedimenti e agli accordi che modificano l’assetto dei rapporti tra le parti che ha titolo nella sentenza di scioglimento o in accordi stragiudiziali e, ancora, per quanto riguarda le sentenze che rimuovono incertezze sull’esistenza di un’unione o ne sanciscono la nullità a norma del co. 6 della legge istitutiva: entrambe, infatti, vanno annotate nell’atto di costituzione e negli atti di nascita, nonché trascritte nell’archivio informatico [22].
Il d.lgs. n. 5/2017 è suddiviso in nove articoli: solo il primo apporta modifiche al d.P.R. n. 396/2000 sullo stato civile, gli altri incidono su disposizioni riguardanti esse pure lo stato civile ma contenute in leggi o in provvedimenti amministrativi. Così, l’art. 2 modifica, con opportuni riferimenti alle unioni civili, alcune disposizioni ancora vigenti dell’ordinamento dello stato civile del 1939 le cui norme non sono state interamente abrogate dal d.P.R. n. 396/2000 [23] e analoghi aggiornamenti compie l’art. 3 sulla disciplina delle anagrafi, ad es. precisando, con riferimento alle parti di un’unione, la nozione di famiglia anagrafica [24]. Già si è detto dell’art. 4, a proposito della tenuta dei registri dello stato civile nella fase antecedente all’entrata in funzione degli archivi informatici, mentre i successivi artt. 5 e 6 riguardano le funzioni di ufficiale dello stato civile esercitate, rispettivamente, dal comandante di nave e dal console, modificando norme del codice della navigazione e del d.lgs. 3.2.2011, n. 71 sugli uffici consolari.
Infine, l’art. 7 detta norme specifiche che, modificando l’art. 31 d.lgs. 1.9.2011, n. 150, sull’azione per rettificare l’attribuzione di sesso, attua quanto prevede il co. 27 della legge istitutiva a proposito della conversione del matrimonio in unione civile. L’art. 31 ha ora un co. 4-bis, dov’è stabilito che, fino alla precisazione delle conclusioni davanti al tribunale, la parte che ha chiesto la rettifica e il coniuge possono «con dichiarazione congiunta, resa personalmente in udienza» manifestare la volontà di costituire tra loro un’unione civile, dando così veste formale alla continuazione del loro rapporto. Il tribunale, nell’accogliere la domanda, ordina all’ufficiale dello stato civile del comune di celebrazione del matrimonio di iscrivere l’unione civile nel registro delle unioni civili e di annotare le eventuali dichiarazioni rese dalle parti riguardanti la scelta del cognome e il regime patrimoniale.
Il potere dato al Governo, con la delega formulata dal co. 28, lett. c), della legge sulle unioni civili, di modificare ed integrare il diritto vigente per coordinarlo con le nuove norme, è stato utilizzato in modo molto misurato e solo con riferimento ad alcuni articoli del codice penale e del codice di procedura penale. Infatti, sarebbe stato irrazionale negare al vincolo che si costituisce tra le parti di un’unione civile, che già il co. 20 della legge istitutiva equipara al matrimonio, la stessa rilevanza che a quest’ultimo riserva, sotto vari profili il diritto penale. Il d.lgs. 19.1.2017, n. 6 si fa carico di questa esigenza con una regola generale per cui, agli effetti penali, il termine matrimonio si intende riferito anche alle unioni civili, un principio che trova ulteriore specificazione nella norma per cui quando la legge considera la qualità di coniuge elemento costitutivo o circostanza aggravante d’un reato, tale qualità «si intende riferita anche alla parte di un’unione civile fra persone dello stesso sesso»: così il nuovo art. 574 ter c.p.
Anche quando la legge penale fa riferimento ai «prossimi congiunti», il d.lgs. n. 6/2017, integrando l’art. 307 c.p., precisa che questa espressione ricomprende anche le parti di un’unione civile, come ribadisce il testo ora modificato dell’art. 199 c.p.p. sulla facoltà di astensione dal dovere di testimoniare prevista per i prossimi congiunti. Infine, il d.lgs. n. 6/2017 ha modificato l’art. 649 c.p., in materia di delitti contro il patrimonio, equiparando, ai fini della non punibilità, la parte dell’unione civile al coniuge non separato, e dando rilievo, per la punibilità solo a querela, alla situazione in cui si trova la parte che ha manifestato formalmente la volontà di sciogliere l’unione. Una situazione questa considerata anche dal nuovo testo dell’art. 199 c.p.p. per estendere a quest’ultima la facoltà di astensione dal dovere di testimoniare che spetta al coniuge legalmente separato, limitatamente ai fatti verificatisi o appresi dall’imputato durante la convivenza [25].
Con il d.lgs. 19.1.2017, n. 7 viene attuato il co. 28, lett. b), della legge istitutiva delle unioni civili che delega il Governo a legiferare per la modifica e il riordino delle norme di diritto internazionale privato riguardo le unioni tra persone dello stesso sesso. La norma citata dispone altresì che le norme delegate prevedano che la disciplina italiana delle unioni civili sia applicabile alle persone dello stesso sesso che abbiano contratto all’estero matrimonio, unione civile o «altro istituto analogo».
Il citato decreto attua la delega inserendo nella l. n. 218/1995 i quattro nuovi artt. 32 bis, 32 ter, 32 quater e 32 quinquies e modificando l’art. 45 sulla legge applicabile alle obbligazioni alimentari della famiglia sostituendo l’ormai superato riferimento alla Convenzione dell’Aja del 1973, contenuto del testo originario della legge, con quello al reg. CE 18.12.2008, n. 4/2009 sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia di obbligazioni alimentari.
La già rilevata, tendenziale unificazione della disciplina delle unioni civili con quella del matrimonio, trova soltanto parziale conferma nelle norme del nuovo diritto internazionale privato in materia di unioni civili. Così, se l’art. 32 ter, co. 1, per cui capacità e condizioni per costituire l’unione sono regolate dalla legge nazionale di ciascuna parte, riproduce quanto prevede l’art. 27 per il matrimonio, sia pure considerando d’applicazione necessaria le cause che impediscono la costituzione dell’unione ex co. 4 l. n. 76/2016, e se regole identiche operano, nei due àmbiti, per quanto riguarda sia la validità formale, sia la disciplina della giurisdizione in materia di scioglimento e di invalidità dell’unione [26], sotto altri e importanti profili occorre registrare una divergenza fra la disciplina dei due istituti.
Mi riferisco alle regole che governano i rapporti personali e patrimoniali che hanno titolo, rispettivamente, nel matrimonio e nell’unione civile. Mentre l’art. 29 prende in considerazione la legge nazionale comune e, quando i coniugi sono di cittadinanza diversa, la legge dello Stato dove la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata, il nuovo art. 32 ter, co. 4, dà prioritaria rilevanza alla legge dello Stato in cui l’unione è stata costituita. È peraltro consentito anche a una sola delle parti d’agire in giudizio per chiedere l’applicazione della legge dello Stato nel quale la vita comune è prevalentemente localizzata e questo, a quanto sembra, anche se le parti hanno cittadinanza comune [27].
In ogni caso, per quanto riguarda i soli rapporti patrimoniali, le parti possono convenire per iscritto di regolarli applicando la legge dello Stato di cui almeno una di essa è cittadina o in cui vi ha la residenza [28], regola posta nell’ultima parte dell’art. 32 ter, co. 4, che riproduce quanto disposto, per il matrimonio, dall’art. 30, co. 1. Si tratta di regole applicabili anche alle unioni civili riguardando, la prima, i requisiti di validità dell’accordo; la seconda, la tutela dei terzi ai quali è inopponibile il regime patrimoniale prescelto dai coniugi quando, senza loro colpa, non ne abbiano avuto conoscenza [29].
Quando una delle parti che intende costituire un’unione civile è uno straniero, sarà necessario presentare all’ufficiale dello stato civile, al fine delle verifiche da compiere a norma degli artt. 70 bis ss. d.P.R. n. 396/2000, anche il nulla osta rilasciato dalle competenti autorità del suo Paese, previsto dall’art. 116, co. 1, c.c.: così l’art. 32 ter, co. 2, recependo quanto già richiesto dal co. 19 della legge istitutiva. Tuttavia se non è possibile ottenerlo da uno Stato che non riconosce le unioni fra persone dello stesso sesso, il nulla osta può essere sostituito da un atto idoneo ad attestare che lo straniero abbia libertà di stato e a fortiori da un accertamento dato da una sentenza passata in giudicato.
La specialità del nuovo istituto trova riscontro in regole che non hanno corrispondenza con quanto previsto in materia matrimoniale. Così, l’art. 32 bis nello stabilire che il matrimonio contratto da cittadini italiani dello stesso sesso in uno Stato estero che lo consente, «produce gli effetti dell’unione civile regolata dalla legge italiana», risolve i dubbi che sorgevano sulla possibilità di dare qualche rilevanza, in Italia, a queste situazioni familiari e consente all’ufficiale dello stato civile di procedere senz’altro alla trascrizione nel registro delle unioni civili di siffatti matrimoni [30].
Infine, occorre considerare l’art. 32 quinquies per cui l’unione civile, o altro istituto analogo, costituiti all’estero tra cittadini italiani dello stesso sesso che siano abitualmente residenti in Italia, produce gli effetti dell’unione civile previsti dalla legge italiana, regola che attua il criterio direttivo indicato dalla norma delegante come avvenuto anche per quanto previsto dall’art. 32 bis a cui già si è fatto riferimento. Restano fuori dall’àmbito di applicazione della norma i cittadini italiani residenti all’estero: i loro rapporti saranno regolati, a norma dell’art. 32 ter, co. 4, dalle legge dello Stato in cui l’unione è stata costituita.
Le nuove disposizioni, introdotte dai decreti legislativi, hanno attuato compiutamente il riconoscimento dato dal nostro ordinamento alle unioni affettive tra persone dello stesso sesso e risolto alcuni dubbi sorti nell’interpretazione della legge istitutiva. Mi riferisco al richiamo che la legge faceva alle norme sulla separazione personale, suggerendo una lettura delle norme aperta anche alla possibilità consentire alle parti unite civilmente di dare ai loro rapporti il corrispondente assetto. Ora, come si è visto, le regole introdotte dal d.lgs. n. 5/2017 hanno costruito un percorso che sembra definitivamente escludere questa opzione, dando assorbente rilievo alla dichiarazione di voler sciogliere il rapporto, una dichiarazione che pone le parti in una situazione che solo per alcuni limitati profili viene equiparata a quella dei coniugi separati.
Per quanto riguarda il testo dei decreti legislativi, e in particolare le modifiche all’ordinamento dello stato civile sarebbe stato desiderabile qualche specificazione in ordine alle annotazioni delle adozioni che, a norma dell’art. 49, d.P.R. n. 396/2000, debbono essere effettuate negli atti di nascita oltre che trascritti nell’archivio informatico di cui all’art. 10 come vuole l’art. 28, co. 2, lett. g): regole che non prendono in considerazione le adozioni effettuate, all’estero, da persone unite civilmente che il nostro ordinamento, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza, non può ignorare [31]). Ancora, maggiore chiarezza sarebbe stata desiderabile quanto ai matrimoni contratti all’estero da cittadini italiani e stranieri, ipotesi questa non contemplata da quanto dispone l’art. 32 bis che prevede la conversione del matrimonio in unione civile con riferimento alla sola ipotesi in cui i contraenti siano entrambi cittadini italiani.
Infine i frequenti riferimenti all’iscrizione di atti dello stato civile, anche riguardanti persone unite civilmente, utilizzando tecniche informatiche e, in particolare, il nuovo archivio informatico nazionale di cui è previsto l’allestimento, sono destinati per ora a restare inattuati per tempi non facilmente prevedibili: quando sarà operativo, il nuovo archivio comporterà certamente una drastica trasformazione delle modalità con le quali gli ufficiali dello stato civile esercitano le proprie funzioni.
[1] V. De Cristofaro, G., Le unioni civili: note critiche, in Nuove leggi civ., 2017, 111.
[2] Il d.P.R. n. 396/2000 ha abrogato il r.d. 9.7.1939, n. 1238 sull’ordinamento dello stato civile ad eccezione di alcuni articoli che restano in vigore fino all’entrata in funzione dell’archivio nazionale informatico di cui all’art. 10 d.l. 19.6.2015, n. 78 (convertito dalla l. 6.8.2015, n. 125) in luogo degli archivi informatici da attivare presso ogni ufficio dello stato civile (art. 10 d.P.R. n. 396/2000).
[3] Art. 70 bis, co. 1, d.P.R. n. 396/2000. Ufficiale dello stato civile è il Sindaco che può delegare le relative funzioni a dipendenti del comune o anche ad altri soggetti: art. 1, co. 3, d.P.R. cit.
[4] Per l’iscrizione, art. 70 octies d.P.R. n. 396/2000 aggiunto dal d.P.R. n. 5/2017 e, per le annotazioni, artt. 49 e 68 d.P.R. cit., per cui l’ufficiale dello stato civile che ha costituito l’unione lo comunica agli ufficiali dello stato civile dei comuni di nascita delle parti per l’annotazione negli atti di nascita.
[5] Cfr. il d.m. 27.2.2001 sulla tenuta dei registri dello stato civile «nella fase antecedente all’entrata in funzione degli archivi informatici».
[6] Regola ribadita anche dal d.m. 27.2.2017 che, attuando l’art. 4 d.lgs. n. 5/2017, ha modificato, con riferimento all’archivio informatico nazionale, le norme transitorie sulla tenuta dei registri dello stato civile di cui al citato d.m. del 2001.
[7] Troiano, S., In attesa dei decreti legislativi: uno sguardo al decreto «ponte» per la tenuta dei registri (parte prima), in Studium iuris, 2016, 1265 ss.
[8] L’art. 8 d.lgs. n. 5/2017 prevede vengano annullate le scelte sul cognome comune consentite dalle norme transitorie: una regola «disapplicata in via d’urgenza» da Trib. Lecco, 4.4.2017 (in Quotidiano giuridico, 10 maggio 2017, con commento di C. Ingenito) perché considerata «lesiva della dignità della persona».
[9] Cfr. l’art. 12, co. 7, d.P.R. n. 396/2000 espressamente richiamato dall’art. 70 bis, co. 4.
[10] Cfr. il co. 9 e il co. 13 l. n. 76/ 2016: regime legale è quello della comunione dei beni ma le parti possono optare per la separazione dei beni e sono richiamati gli art. 162 ss. c.c. che regolano la materia nel matrimonio.
[11] Art. 70 quinquiesdecies che riproduce quanto già prevede il co. 9 l. n. 76/2016.
[12] L’art. 69, co. 1-bis, lett. a) e h), ne prevede l’annotazione nell’atto costitutivo.
[13] Art. 10 ma vedi anche gli artt. 63, co. 1; 70 ter, co. 4, e 70 septies d.P.R. n. 396/2000.
[14] Sull’opposizione alla costituzione dell’unione civile, cfr. gli artt. 70 undecies-70 terdecies d.P.R. n. 396/2000, che riproducono gli artt. 59 ss. sulle opposizioni al matrimonio.
[15] Comune nel quale è stato trascritto l’atto costitutivo dell’unione: artt. 12, co. 8, e 63, co. 2, d.P.R. n. 396/2000.
[16] Vedi d.l. 12.9.2014, n. 132 convertito, con molte modifiche, dalla l. 10.11.2014, n. 162.
[17] Così l’art. 63, co. 1, lett. g-quinquies), d.P.R. n. 396/2000.
[18] V. gli artt. 63 e 69, co. 1-bis, lett. b), d.P.R. n. 396/2000: la norma precisa che la dichiarazione va annotata nell’atto costitutivo dell’unione.
[19] Cfr. il co. 25 che richiama quasi integralmente le norme sul divorzio giudiziale e quelle sul divorzio in sede di negoziazione assistita o dichiarato davanti all’ufficiale dello stato civile. Sullo scioglimento delle unioni, cfr. Tommaseo, F, La legge sulle unioni civili e le convivenze: profili processuali, in Libro dell’anno del Diritto 2017, Roma, 2017, 562 ss.
[20] Annotazioni previste dall’art. 69, co. 1bis, lett. c), d) ed e), rispettivamente per le unioni sciolte con sentenza o con accordi in sede di negoziazione assistita o ricevuti dall’ufficiale dello stato civile.
[21] Negli atti di nascita vengono annotate le sentenze e gli accordi di scioglimento delle unioni (artt. 49, co. 1, lett. f, g, g-bis, g-ter); nell’archivio informatico vengono iscritti gli accordi ricevuti dall’ufficiale dello stato civile e trascritte le sentenze e gli accordi in sede di negoziazione assistita (art. 49, co. 2, lett. g-bis, h-ter).
[22] Artt. 49, 63, co. 2, e 69, co. 1-bis, d.P.R. n. 396/2000.
[23] La tipologia dei registri di stato civile (art. 14) viene completata con il registro delle unioni civili e nel titolo sul registro di matrimonio viene inserito l’art. 134 bis riguardante il registro delle unioni civili.
[24] Art. 4 d.P.R. 30.5.1989, n. 223.
[25] Pittaro, P., Unioni civili e legislazione penale: il decreto delegato, in Fam. dir., 2017, 489 ss.
[26] Cfr. artt. 32 ter, co. 3, e 28, nonché gli artt. 32 quater e 32, con l’avvertenza che allo scioglimento dell’unione si applicano le regole previste per lo scioglimento del matrimonio, come vuole il reg. UE 20.12.2010, n. 1259 sulla legge applicabile alla separazione e al divorzio.
[27] Art. 26, co. 2, reg. UE 24.6.2016, n. 1104 sugli effetti patrimoniali delle unioni registrate.
[28] A norma dell’art. 69 d.P.R. n. 396/2000 l’accordo dev’essere annotato nell’atto di costituzione dell’unione civile.
[29] Trovano applicazione gli artt. 22 ss. reg. UE, n. 1104/2016.
[30] Cfr. il nuovo art. 63, co. 2, lett. c-bis), d.P.R. n. 396/2000, per cui l’ufficiale dello stato civile annota nei registri di cui all’art. 10 anche «gli atti dei matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati all’estero» e l’art. 134 bis, co. 3, lett. a), r.d. n. 1238/1939 come modificato dall’art. 2 d.lgs. n. 5/2017, per cui nei registri delle unioni civili si trascrivono i matrimoni avvenuti all’estero fra persone dello stesso sesso.
[31] Arceri, A., Unioni civili e filiazione, in Fam. dir., 2016, 958 ss.; Cass., 30.9.2016, n. 1999, in Corr. giur., 2017, 181 ss. con nota di Ferrando, G., Ordine pubblico e interesse del minore nella circolazione degli status filiationis.