UNIONI ECONOMICHE
. Le u. e. sono raggruppamenti regionali fra paesi i quali stabiliscono di regolare in modo uniforme i loro rapporti economici internazionali. Esse possono assumere forme di diversa complessità. Le u. meno impegnative sono le aree di libero scambio che implicano solo la eliminazione degli ostacoli doganali (e talvolta anche quantitativi) fra i paesi partecipanti, che rimangono quindi liberi di regolare in via autonoma i loro rapporti con i "terzi paesi". Le u. doganali sorgono invece quando i paesi che d'esse fanno parte assumono anche l'impegno di adottare nei confronti dei "terzi paesi" una identica politica doganale. Le u. più significative sono le u. economiche vere e proprie, le quali comportano l'eliminazione degli ostacoli di qualsiasi natura alla libera circolazione dei prodotti e dei fattori produttivi fra i paesi aderenti e l'adozione da parte di essi di politiche uniformi e concordate in tutti i settori economici.
La realizzazione di una qualsiasi delle tre forme di u. è normalmente auspicata per migliorare la divisione internazionale delle attività produttive, per stimolare l'operatività della concorrenza e lo sviluppo economico, per rendere più equa la distribuzione individuale ed internazionale del reddito sociale. Di regola l'eliminazione, nell'ambito dell'u., dei varî ostacoli alla circolazione dei prodotti e dei fattori produttivi mobili viene fatta gradualmente in un periodo di transizione la cui durata dipende dalla importanza degli obiettivi da raggiungere e dal tipo di unione decisa.
Molto varia è la complessità dei problemi da risolvere per formare una unione. Nelle aree di libero scambio occorre innanzitutto stabilire un sistema sicuro per accertare l'origine dei beni al fine di evitare che vengano effettuate importazioni indirette attraverso i paesi aventi, nei confronti dei "terzi paesi", le tariffe doganali più basse. Le u. di questo tipo, proprio a causa di tali difficoltà istitutive, sono poco numerose. L'unico esempio di qualche rilievo è dato dall'EFTA (v. in questa App.) creata nel novembre 1959, con la Convenzione di Stoccolma, fra Austria, Danimarca, Norvegia, Portogallo, Regno Unito, Svezia e Svizzera. Poco efficiente è l'area di libero scambio latinoamericana sorta nel febbraio 1960 con il trattato di Montevideo, e che si prevede sarà trasformata gradualmente prima in u. doganale e poi in u. e. vera e propria.
Le più frequenti forme di u. sono quelle doganali, la cui istituzione implica, oltre l'eliminazione delle barriere doganali fra i paesi aderenti all'u., l'adozione di una tariffa uniforme nei confronti dei "terzi paesi" e, normalmente, un accordo per la equa divisione dei proventi doganali comuni. Le sole u. che hanno avuto successo sono quelle sorte fra piccoli territorî e paesi importanti (es.: fra S. Marino e Italia, dal 1862; fra Principato di Monaco e Francia, dal 1865) o fra paesi aventi notevoli interessi politici comuni (es.: lo Zollverein tedesco che sorse ufficialmente nel 1834 - ma la cui realizzazione interessò il periodo fra il 1818 e il 1885 - e l'Unione Sud Africana, creata nel 1889 e perfezionata nel 1906). I trattati istitutivi del Benelux (del 1944) e della Comunità Economica Europea (del 1957; v. CEE in questa App.) prevedono la formazione in un primo tempo di u. doganali e successivamente di vere e proprie u. economiche. Anche la Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio (v. CECA in questa App.) creata nel 1952 può essere considerata una unione doganale, pur essendo limitata solamente al settore carbosiderurgico.
Le u. e. vere e proprie, siccome mirano a creare un mercato comune dei prodotti e dei fattori produttivi dei paesi ad esse partecipanti, esigono non solo diffuse misure liberiste regionali, ma l'identità delle politiche economiche in tutti i settori: da quello delle relazioni internazionali a quelli della produzione, della distribuzione, della moneta, del credito e dei tributi. L'identità delle politiche economiche internazionali è necessaria per affermare l'u. nei confronti dei "terzi paesi". Gli stati partecipanti all'u. devono pertanto adottare politiche identiche in tema sia di tariffe doganali, sia di contingentamenti, di controllo dei cambí, di compensazione valutaria e mercantile. L'identità o la grande somiglianza delle politiche economiche nei settori produttivi in senso stretto richiedono l'eliminazione delle antinomie nelle politiche dei prezzi, degli investimenti, dell'organizzazione delle aziende nazionalizzate, per evitare motivi di concorrenza imperfetta nell'ambito dell'unione. L'identità nelle politiche economiche nel settore distributivo comporta l'adozione di politiche uniformi in materia di salarî e di legislazione sociale, nei riguardi della occupazione e della mobilità della mano d'opera. Anche l'identità delle politiche monetarie creditizie e fiscali riveste particolare importanza. Non sono ammissibili contrasti nelle politiche monetarie, né possono esservi divarî notevoli fra le politiche fiscali riguardanti sia la imposizione indiretta sia quella diretta. Il complesso delle identità politico-economiche che implica la formazione di una u. e. spiega perché, in mancanza di una u. politica reale o virtuale fra i paesi partecipanti all'u. e., è difficile che questa possa essere davvero efficace e stabile.
Il paradigma più completo di u. e. trovasi nel trattato istitutivo della Comunità Economica Europea, le cui norme fondamentali, pertanto, conviene, per il lato economico, sistematicamente ricordare (ma v. anche CEE, in questa App.). L'attuazione del trattato avverrà gradualmente, nel corso di un periodo transitorio la cui durata normale è prevista in dodici anni, diviso in tre tappe di quattro anni ciascuna. Le tappe potranno, per motivi particolari, essere allungate o abbreviate: in ogni caso, però, la durata del periodo transitorio non dovrà superare i quindici anni dall'entrata in vigore del trattato (1° gennaio 1958). Al fine di realizzare l'unione doganale i sei paesi provvederanno ad abolire i dazî nell'ambito della Comunità ed a stabilire una tariffa doganale "comune" nei confronti dei "terzi paesi". L' "eliminazione dei dazî" all'interno del "mercato comune" sarà attuata gradualmente nel corso delle tre tappe del periodo transitorio: in ciascuna delle prime due tappe le riduzioni daziarie dovranno essere del 30%; l'ultima tappa comporterà l'eliminazione del residuo 40%. Nei periodi successivi al primo, le riduzioni potranno essere discriminate, facendo riferimento al gettito totale dei dazî doganali. Si è tuttavia stabilito che gli stati membri dovranno cercare di ottenere che la riduzione applicata ai dazî per i singoli prodotti raggiunga almeno il 25% del dazio di base al termine della prima tappa e almeno il 50% del dazio di base al termine della seconda tappa. Il ritmo delle riduzioni da realizzare durante la terza tappa sarà stabilito dal Consiglio della CEE che delibererà a maggioranza qualificata su proposta della Commissione. I dazî della "tariffa doganale comune" nei confronti dei "terzi paesi" sono fissati pari, in linea generale, alla media aritmetica semplice dei dazî applicati al 1° gennaio 1957 dai sei paesi. La determinazione della tariffa è stata sottoposta a varî adattamenti e limitazioni in relazione alle peculiari situazioni produttive dei varî paesi. Anche la "eliminazione delle restrizioni quantitative" (contingentamenti) nell'interno del "mercato comune" dovrà avvenire entro il periodo transitorio. Per ogni paese e per ogni prodotto sono stati fissati contingenti d'importazione globali reversibili (le cui quote possono, cioè, essere liberamente utilizzate verso uno qualsiasi dei paesi del "mercato comune") e tali contingenti sono aumentati annualmente del 20 oo. Entro il termine della prima tappa del periodo transitorio dovranno essere totalmente eliminati anche i contingenti all'esportazione e le misure ad essi equivalenti. I "monopolî nazionali" che presentano un carattere commerciale dovranno essere riordinati in modo che si arrivi progressivamente alla eliminazione, alla fine del periodo transitorio, di tutte le discriminazioni nelle possibilità di approvvigionamento e di sbocco fra gli stati membri.
I "premî" sono considerati, in via di massima, "incompatibili" con il "mercato comune". Il trattato vieta esplicitamente quelle sovvenzioni statali "che favorendo talune imprese o talune produzioni falsino o minaccino di falsare la concorrenza". Tuttavia sono considerati "compatibili", e quindi sono regolarmente permessi: gli aiuti di carattere sociale, gli aiuti destinati ad ovviare ai danni arrecati da calamità naturali, gli aiuti concessi alla economia di determinate regioni della Repubblica Federale di Germania, nella misura in cui sono necessarî a compensare gli svantaggi economici provocati dalla divisione in due della Germania. È stato stabilito inoltre che possono essere considerati "compatibili" con il "mercato comune" gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell'economia di uno stato membro, gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempreché non alterino le condizioni degli scambî in modo contrario al comune interesse, e le altre categorie di aiuti determinate con decisione del Consiglio che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione.
Entro il periodo transitorio dovrà anche essere gradualmente attuata la libera circolazione delle persone, dei servizî e dei capitali, ma il trattato fissa, per queste finalità, solo dei principî di massima: mancano disposizioni di natura automatica identiche a quelle stabilite per la realizzazione dell'unione doganale: le istituzioni comuni dovranno stabilire, in concreto, i tempí di attuazione. Gli ostacoli al movimento dei capitali verranno progressivamente eliminati: le clausole di salvaguardia impediranno i movimenti speculativi suscettibili di creare squilibrî pericolosi nelle bilance dei pagamenti. La libera circolazione dei lavoratori comporterà l'eliminazione di ogni discriminazione, fondata sulla nazionalità, fra lavoratori degli Stati membri, per quel che riguarda l'impiego, le retribuzioni e tutte le altre condizioni di lavoro. Nella Comunità verrà istituito un "fondo sociale europeo" che avrà il compito di agevolare l'occupazione e la mobilità geografica e professionale dei lavoratori: esso potrà coprire la metà delle spese che i singoli Stati dovranno sostenere per assicurare ai lavoratori nuove occupazioni produttive. Nel periodo transitorio dovranno essere eliminate anche tutte le restrizioni al libero svolgimento delle attività di carattere industriale, commerciale, artigianale e professionale nell'ambito della Comunità.
Circa la politica commerciale il trattato dispone che gli stati membri agiranno in armonia nella conclusione degli accordi commerciali e tariffarî, nello stabilire le norme riguardanti gli aiuti alle esportazioni, la difesa contro le pratiche di dumping, le misure di liberalizzazione nei confronti dei "terzi paesi". Ogni stato membro attuerà la politica economica necessaria a garantire l'equilibrio della sua bilancia globale dei pagamenti e a mantenere la fiducia nella propria moneta, pur avendo cura di garantire un alto livello di occupazione e la stabilità del livello dei prezzi. La difesa delle bilance dei pagamenti dei sei paesi potrà essere agevolata da un "concorso reciproco" che potrà assumere, a seconda dei casi, le forme di un'azione concordata presso altre organizzazioni internazionali, di misure rivolte ad evitare deviazioni del traffico quando il paese in difficoltà mantenga o stabilisca restrizioni quantitative nei confronti dei "terzi paesi", di concessione di crediti limitati da parte di altri stati membri.
Nel settore monetario si prevede solo l'istituzione di un "comitato monetario" che avrà il compito di seguire la situazione monetaria e finanziaria degli stati membri e della Comunità, nonché il regime generale dei pagamenti degli stati membri, e di riferirne regolarmente al Consiglio ed alla Commissione.
Gli stati membri della Comunità dovranno adottare una politica sociale comune al fine di ottenere il miglioramento e la graduale parificazione delle condizioni di vita e di lavoro della mano d'opera. La collaborazione fra gli stati membri riguarderà l'occupazione, il diritto di lavoro e le condizioni di lavoro, la formazione e il perfezionamento professionale, la sicurezza sociale, la protezione contro gli infortunî e le malattie professionali, il diritto sindacale e le trattative collettive tra datori di lavoro e lavoratori. Non sono stabiliti i tempi per la realizzazione di tale collaborazione. Il solo preciso e importante impegno esistente è quello di applicare, entro la prima tappa, il principio della parità di retribuzione, a parità di lavoro, tra la mano d'opera maschile e femminile.
L'inserimento del settore agricolo nel "mercato comune" è stato fatto con molta cautela. Si è stabilito che il funzionamento e lo sviluppo del mercato dei prodotti agricoli dovranno essere accompagnati dall'instaurazione di una politica agricola comune degli stati membri. Tale politica comporterà una "organizzazione comune dei mercati agricoli" che, a seconda dei prodotti, potrà richiedere lo stabilimento di regole comuni in materia di concorrenza, il coordinamento obbligatorio delle diverse organizzazioni nazionali di mercato o addirittura l'istituzione di una unica organizzazione europea. La liberazione progressiva delle importazioni agricole è stata limitata dalla possibilità di proteggere i cosiddetti "prezzi minimi". A tal uopo nel periodo transitorio ciascun paese potrà sospendere, in tutto o in parte, le importazioni di un prodotto agricolo se il suo prezzo interno discende al di sotto dei "costi nazionali medî".
Nella Comunità dovrà essere realizzata una politica comune dei trasporti: entro il termine della seconda tappa dovranno essere abolite tutte le discriminazioni in materia di tariffe e di condizioni di trasporto stabilite in relazione al paese di origine o di destinazione delle merci. Dall'inizio della seconda tappa dovranno essere soppresse le tariffe di favore o di carattere protettivo riguardanti determinate imprese o particolari industrie.
La politica di congiuntura degli stati membri è stata dichiarata d'interesse comune, eppertanto si è deciso che essi si consulteranno reciprocamente nelle varie circostanze.
La politica di sviluppo economico è implicitamente considerata di interesse comune. Per contribuire ad un equilibrato sviluppo delle economie dei singoli stati si è stabilita l'istituzione di una "banca europea per gli investimenti" e la formazione di un "fondo per lo sviluppo dei paesi e dei territorî d'oltremare". La "banca" avrà il compito di facilitare, attraverso la concessione di prestiti e di garanzie, il finanziamento di progetti tendenti a sviluppare le regioni arretrate e ad ammodernare e creare imprese in relazione alle esigenze del "mercato comune". Il "fondo", dovrà provvedere, nei territorî d'oltremare (colonie ed ex-colonie francesi, belghe, olandesi ed italiane), al finanziamento di istituzioni sociali (ospedali, scuole, ecc.) o di iniziative economiche dipendenti o legate a programmi di sviluppo generale.
I sei paesi si sono impegnati ad adottare anche una comune politica antimonopolistica. È stata esplicitamente dichiarata l'incompatibilità fra "mercato comune" e accordi fra imprese aventi per oggetto di impedire, restringere o falsare il gioco normale della concorrenza all'interno del "mercato comune".
Nel trattato non esistono diffusi impegni circa l'adozione di una politica fiscale comune. Si è tuttavia stabilito che nessuno stato applicherà direttamente o indirettamente ai prodotti degli altri stati membri imposizioni interne, di qualsivoglia natura, superiori a quelle applicate direttamente o indirettamente ai prodotti nazionali similari.
L'eliminazione degli ostacoli al movimento dei prodotti e dei fattori produttivi e l'attuazione della politica economica comune richiederanno cautele di varia indole e di varia portata. Numerose clausole di salvaguardia ammettono ritardi nell'assunzione di impegni specifici, deroghe, riserve e, in casi eccezionali, prevedono addirittura l'annullamento dei provvedimenti di liberazione già decisi. Sostanzialmente esse garantiscono gli stati membri contro gli effetti troppo onerosi che potrebbero derivare dall'adattamento dei loro sistemi economici al regime di "mercato comune". Tuttavia, le maggiori limitazioni ad una normale applicazione del trattato si ritiene dipenderanno, più che dalla utilizzazione delle clausole, dal fatto che spesso si richiede che le deliberazioni vengano prese all'unanimità - e sono quindi sottoposte al vincolo di eventuali veti.
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