Universal Pictures
Casa di produzione cinematografica statunitense fondata nel 1912 e nata dalla fusione tra la Independent Motion Picture Corporation di Carl Laemmle, la Bison Life Motion Picture Company di Charles Baumann e Adam Kessel, la Picture Plays di Pat Powers e alcuni produttori indipendenti. Si diede così vita all'Universal Film Manufacturing Co., con Laemmle come presidente e Robert H. Cochrane vicepresidente, e nel 1915 si inaugurò Universal City, una città a sé ideata come film studio.Il pioniere Laemmle aveva iniziato a occuparsi di cinema gestendo nel 1906 un nickelodeon a Chicago e, assieme al socio Cochrane, una società di distribuzione che nel 1909 si era affermata come la più grande del Paese. Per contrastare lo strapotere del trust, Laemmle decise di entrare anche nel settore produttivo e fondò nello stesso anno la Independent Motion Picture Corporation; inoltre, avendo intuito il valore del nascente star system, riuscì a strappare alla Biograph l'attrice Florence Lawrence, conosciuta come la 'Biograph girl', prima star americana delle origini. Irving Thalberg esordì come produttore all'U. P.; tra il 1918 e il 1923 affrontò gli epici scontri con Eric von Stroheim per Blind husbands (1919; Mariti ciechi) e Foolish wives (1922; Femmine folli), e avviò produzioni spettacolari come The hunchback of Notre Dame (1923; Nostra signora di Parigi noto anche come Il gobbo di Notre Dame) di Wallace Worsley, e The phantom of the Opera (1925; Il fantasma dell'Opera) di Rupert Julian, nelle quali Lon Chaney propose alcuni dei suoi mostri più patetici e inquietanti. A partire dagli anni Venti, la casa ospitò inoltre molti emigrati tedeschi di scuola espressionista, come il direttore della fotografia Karl Freund, i registi Paul Leni (che realizzò l'ironico The cat and the canary, 1927, Il castello degli spettri o Il gatto e il canarino, e The man who laughs, 1928, L'uomo che ride) e Conrad Veidt, i quali contribuirono a creare l'horror gotico, prodotto tipico della casa.Con il sonoro l'Universal iniziò a diversificare la produzione investendo in film di qualità come All quiet on the western front (1930; All'Ovest niente di nuovo) di Lewis Milestone, oltre che nei classici dell'horror Dracula (1931) di Tod Browning, con Bela Lugosi, Frankenstein (1932) di James Whale, con Boris Karloff, e The invisible man (1933; L'uomo invisibile), ancora di Whale. Questo genere di film puntava sugli effetti speciali e sulla capacità di truccatori come Jack Pierce, il creatore di Frankenstein, o di direttori della fotografia come Freund, promosso alla regia per The mummy (1932; La mummia), con Boris Karloff. Verso la metà degli anni Trenta, l'U. P. che, pur non disponendo di sale e di grandi strutture produttive, aveva saputo conquistare una solida posizione tra le mini-majors, decise di inaugurare un nuovo filone, il melodramma femminile, affidando a John M. Stahl la regia di Back street (1932; La donna proibita), con Irene Dunne, Only yesterday (1933; Solo una notte), con Margaret Sullavan, Imitation of life (1934; Lo specchio della vita), con Claudette Colbert e Magnificent obsession (1935; Al di là delle tenebre), poi riproposti negli anni Cinquanta da Douglas Sirk. Stimolati dal successo di questi film, Laemmle e Carl Laemmle Jr decisero di avviare la produzione di Show boat (1936; La canzone di Magnolia) di Whale, grandioso remake dell'omonimo film del 1929 di Harry A. Pollard, lasciando però sguarnita la produzione horror. Travolti dalla crisi finanziaria, i Laemmle dovettero lasciare la casa e furono sostituiti da Cochrane, segno del declino dello studio system e degli uomini che lo avevano costruito. Le strategie produttive della U. P. cambiarono radicalmente: si riprese la produzione di film dal budget limitato, come la screwball comedy, con My man Godfrey (1936; L'impareggiabile Godfrey) di Gregory La Cava e dei serial curati da Ford Beebe, come Jungle Jim, Radio-Patrol, Secret agent X-9. Emersero le figure dei supervisors, come Joe Pasternak e Henry Koster (emigrati negli Stati Uniti dopo la chiusura degli studi Universal in Germania), ovvero dei produttori che costituivano un proprio team, specializzandosi in un filone. Koster, in particolare, diresse i film con Deanna Durbin Three smart girls (1937; Tre ragazze in gamba), 100 men and a girl (1937; Cento uomini e una ragazza) e First love (1939; Il primo bacio).Nel 1938 Cliff Work assunse il controllo del settore produttivo, continuando a realizzare economici ma efficaci horror, qualche film col comico W.C. Fields, le commedie di Bud Abbott e Lou Costello e la serie di Sherlock Holmes con Basil Rathbone. Per quanto alla Universal il sistema a catena di montaggio funzionasse in modo irregolare, e anzi il lavoro sulla sceneggiatura fosse spesso in ritardo, la casa affrontò gli anni Quaranta in una buona condizione, perché poteva contare sulla coesione interna alla unit ‒ la combinazione genere-regista-star, come per es. nei casi Koster-Durbin e Karloff-horror ‒ e sulla posizione nel sistema distributivo, acquisita con il doppio programma, nell'età d'oro dei b-movies e dei serial, prodotto tipico di questo studio. Nel 1946 la casa si fuse con la International Pictures di Leo Spitz e William Goetz, i quali presero in mano la produzione della nuova Universal-International, distribuendo anche i film prodotti dall'inglese J. Arthur Rank; anche in questo periodo di transizione si realizzarono dei piccoli capolavori come The killers (1946; I gangsters) di Robert Siodmak, e A letter from an unknown woman (1948; Lettera da una sconosciuta) di Max Ophuls.
Nel 1952 la Decca Records divenne azionista di maggioranza; Edward Muhl, direttore della produzione, lanciò il genere del melodramma in Technicolor firmato da Douglas Sirk, e nel 1960 realizzò lo spettacolare Spartacus di Stanley Kubrick. Divenuta nel 1962 parte dell'impero MCA, Inc. di Jules Stein e Lew Wasserman, tornò a chiamarsi Universal e il logo fu mutato. Alfred Hitchcock firmò per la casa tutti i suoi ultimi film, da The birds (1963; Gli uccelli) a Marnie (1964), Torn curtain (1966; Sipario strappato), Topaz (1969), Frenzy (1972), a Family plot (1976; Complotto di famiglia), e dagli anni Settanta si ottennero grossi successi con film come The sting (1973; La stangata) di George Roy Hill, American graffiti (1973) di George Lucas, con la serie dei tre Airport, (girati tra il 1970 e il 1977), Jaws (1975; Lo squalo) ed E.T. the extra-terrestrial (1982; E.T. l'extra-terrestre) di Steven Spielberg, The Blues Brothers (1980) di John Landis, Out of Africa (1985; La mia Africa) di Sidney Pollack, e The mask (1994) di Chuch Russell; la casa è diventata così negli anni Ottanta la maggiore delle majors.
Negli anni Novanta, come le altre case, ha subito profonde trasformazioni finanziarie con l'entrata della giapponese Matsushita nel controllo del complesso insieme di cui fa parte (la MCA televisiva e via cavo, l'editore Putnam, le sale Cineplex Odeon, il parco Universal, gli studios e l'archivio di film Universal). Il grande successo dei due film di Spielberg Schindler's list (Schindler's list ‒ La lista di Schindler) e Jurassic Park, entrambi del 1993, non ha attenuato le conseguenze della successiva catastrofica produzione di Waterworld (1995) di Kevin Reynolds, in seguito alla quale la componente giapponese si è ritirata, mentre la Seagram ha comprato l'80% della MCA. Il turnover della dirigenza è continuo, ma alcuni successi conseguiti nel 1999, come il remake di The mummy (La mummia) di Stephen Sommers, la produzione inglese Notting Hill di Roger Michell, e il cult giovanile American pie, di Paul Weitz, hanno riportato la Universal ai vertici delle classifiche degli incassi.
B. Dettman, The horror factory, New York 1976; M. Fitzgerald, Universal Pictures, New Rochelle 1977; C. Hirschorn, The Universal story, New York 2000.