Upanisad
Classe di testi parte del Veda e afferenti perciò ciascuno a una delle quattro Saṃhitā (➔ Veda), la cui composizione attraversa vari secoli. Le U. sono anche dette vedānta, termine che significa letteralmente «fine del Veda» nel senso di «parte finale», ma interpretato da alcune scuole come «compimento del Veda». Con lo stesso nome di Vedānta viene chiamata anche la scuola dell’Uttara Mīmāṃsā (➔ Mīmāṃsā), poiché questa si concentra sull’esegesi delle U. e non della parte sacrificale del Veda. Sul piano formale, molte U. si caratterizzano per la forma dialogica (➔ Yājñavalkya). Fra le più autorevoli (anche per i commenti che dedicheranno loro i fondatori delle varie correnti del Vedānta) sono alcune delle più antiche U., la Br̥hadāraṇyaka, la Chāndogya, la Taittirīya, l’Aitareya, la Kauṣitaki e la Kena. Esse contengono elementi che verranno diversamente sviluppati e interpretati, ma che resteranno essenziali per il successivo sviluppo della filosofia indiana. Anzitutto, la riflessione sul sacrificio condotta nei Brāhmaṇa (➔ Veda) e che tendeva a interiorizzarsi negli Āraṇyaka si traduce in una lettura mistica e cosmica del sacrificio, interpretato come metafora del mondo o come attività interiore. Dalla corrispondenza fra un’attività creatrice interna ed esterna derivano detti leggibili in chiave non dualista (advaita), come il famoso tat tvam asi («Tu sei quello»), in cui il principio soggettivo viene equiparato al brahman universale. Le varie correnti del Vedānta si divideranno sul diverso grado di realtà riconosciuto a queste due entità e sul modo di intendere la loro equiparazione. A tal fine, le correnti del Vedānta, oltre alle U. su menzionate, citeranno varie altre U., prediligendo a seconda della propria impostazione quelle a tendenza teista o monista. In generale, nelle U. si preferisce alla via di salvezza consistente nel sacrificio rituale (karmamārga) implicita nei Brāhmaṇa una via che si basa sulla conoscenza (jñānamārga). Il contenuto di tale conoscenza salvifica è l’illusorietà (variamente interpretata) del mondo fenomenico e la realtà assoluta del brahman (identificato con Dio o con un ātman universale). Pure upaniṣadica è la risemantizzazione del termine karma (➔) che non indica più soltanto l’atto sacrificale, bensì anche l’azione individuale e il suo costituire per ognuno la causa di conseguenze future (anche se manca nelle U. una teoria della retribuzione karmica pienamente sviluppata). Altri fra gli studiosi contemporanei interpretano invece le U. come originate principalmente da correnti religiose alternative ai Veda e legate agli ambienti da cui successivamente sorsero anche buddismo e giainismo. A favore di tale interpretazione, fra l’altro, è la presenza fra gli interlocutori nelle U. di molti personaggi non di casta brahmaṇica.