uranio impoverito
urànio impoverito locuz. sost. m. – Materiale contenente uranio nel quale il contenuto negli isotopi 235U e 234U è inferiore rispetto a quello presente nell'uranio naturale (rispettivamente 0,711% e 0,0054% in massa). L’uranio è un metallo pesante contenuto in piccole quantità in rocce, suolo, aria, acqua e cibi. Nella sua forma naturale l’uranio è costituito da tre isotopi, tutti radioattivi, con una maggior prevalenza dell’isotopo 238. Per utilizzarlo nei reattori nucleari o nelle armi è necessario arricchirlo con gli isotopi fissili 235U e 234U. Il materiale che ne deriva è noto come uranio arricchito, e la sua concentrazione di 235U in peso varia fra il 2% e il 90%. Il materiale di scarto di questo processo è l’u. i. (depleted uranium), uno dei materiali di scarto della raffinazione dell’uranio naturale, impiegato per alcune tipologie di armi. Questi oggetti esplosivi sono costituiti da materiale radioattivo non fissile, che quindi non può esplodere con una reazione nucleare a catena, trattato in modo da essere molto volatile; è poi associato a una carica esplosiva convenzionale, di potenza anche modesta, finendo per disperdere materiale radioattivo nell’ambiente al momento dell’impatto con l’obiettivo. I proiettili all’u. i. possono, di fatto, avvelenare le persone e l’ambiente, e nel lungo termine procurare forme di cancro aggressivo letali in chiunque abbia avuto a che fare con essi. Tale materiale è usato per due motivi principali: innanzitutto è un prodotto di scarto, il che implica dei costi minori per reperirlo, in secondo luogo rende più pesante il proiettile e quindi risulta più potente al momento dell’impatto. L’u. i. è stato usato nelle missioni di pace cui hanno partecipato i soldati italiani nei Balcani, in Afghanistan e in Iraq. Nel 2001, il procuratore capo del Tribunale penale internazionale per l’ex Iugoslavia Carla Del Ponte si è battuto affinché i bombardamenti all’u. i. della NATO nei Balcani fossero considerati crimini di guerra. La sua posizione, però, non è passata per la mancanza di un trattato ufficiale che bandisse questo tipo di armi e di leggi internazionali che ne vietassero l’uso.