BARTALESI, Urbano
Nacque a Siena nel 1641, da famiglia di argentieri senesi attivi a Roma tra il 1634 e il 1793. Figlio di Dionisio, attivo prima a Siena in via delle Donzelle e trasferitosi poi a Roma, il B. apprese il mestiere da un altro artista senese residente a Roma: Domenico Brandi. Tenne bottega in via del Pellegrino, la famosa strada degli orefici, all'"insegna di Siena", e bollò i suoi lavori con il marchio della "lupa romana", stemma della sua città di origine. Ebbe la qualifica di "argentiere di Palazzo", come risulta nei conti del tesoriere dei Sacri Palazzi Apostolici e nel 1707 ricevette l'incarico di fiducia di pesatore della zecca pontificia.
Dal 1689 al 1691 fu argentiere stipendiato di Alessandro VIII e nel 1694 eseguì per il papa Innocenzo XII sei bacili in argento dorato con inciso lo stemma del pontefice. Il 27 ott. 1696 ricevette 109 scudi per quattro conchiglie d'argento eseguite per l'altare della cappella di S. Ignazio nella chiesa del Gesù.
Nel 1722 gli vennero ordinati gli omamenti d'argento per la cassa che custodisce i resti di s. Filippo Neri, a S. Maria in Vallicella in Roma. Morì in questa città nel 1732.
Purtroppo quasi tutti i suoi lavori sono, scomparsi e a testimoniare la sua arte di grande maestro degno della tradizione secolare senese non restano che pochi oggetti sparsi in varie località: alcuni vasi sacri conservati nella sacrestia del duomo di Siena e due bellissime lampade pensili lavorate a sbalzo nella chiesa di S. Giovanni Battista a Campagnano di Roma, cittadina ancor oggi ricca di argenterie sacre.
Esiste anche una piccola mazza d'argento eseguita nel 1682 per il comune di Tarano (Rieti); gli fu commessa dalla locale famiglia dei Gallupi e fu realizzata con somma maestria: reca attorno alcune iscrizioni latine ed è coronata da una statuetta equestre di S. Giorgio in atto di uccidere il drago, cesellata a tutto tondo.
Alla stessa famiglia appartennero ancora altri argentieri, tutti attivi a Roma: Emanuele, fratello di Urbano; Stefano suo figlio, anche lui - pesatore alla zecca pontificia, e i nipoti Ferdinando e Filippo, figli di Stefano.
Fonti e Bibl.: A. Bertolotti, Artisti subalpini in Roma nei secoli XV, XVI, XVII, Mantova 1884, pp. 210 s.; Roma, Arch. dei Gesù presso Arch. romano S. I., VOI. 2058, Libro per li conti colli operai della nuova cappella del N. S. P. Ignatio cominciato l'anno 1695, ff. 94 s.; C.Bulgari, Argentieri, gemmari e orafi d'Italia, I, 1, Roma 1959, pp. 102 s.; Z. Giunta di Roccagiovine, La mazza d'argento della città di Spoleto, in Spoletum, VII, 1-2 (1960), p. 28.