URBANO da Polizzi
URBANO da Polizzi (al secolo Giovanni Battista Trabona). – Nacque a Polizzi Generosa, in Sicilia, nel 1580 dalla famiglia Trabona, appartenente alla nobiltà locale, che gli assicurò un’istruzione letteraria dalla quale sviluppò gusto e attitudine per la poesia.
A diciassette anni, il 14 settembre 1597, entrò nel convento cappuccino di Chiusa Sclafani, allora noviziato della provincia di Palermo, nella quale completò gli studi teologici diventando un predicatore molto richiesto. La scarsità di documenti e la mancanza dei testi dei suoi quaresimali, tuttavia, unite alle imprecise notizie agiografiche tramandate su di lui dalla memorialistica cappuccina più datata hanno reso la sua biografia lacunosa proprio nelle parti che potrebbero spiegarne la notorietà raggiunta al suo tempo.
Eletto guardiano del convento di Agrigento nel 1612, svolse questa funzione anche a Licata (1613), Termini (1616), Caltanissetta (1617), Caccamo (1619), Mazara (1621), Palermo (1625-26, 1640, 1644, 1649, 1651), Castelvetrano (1628), Polizzi (1641, 1645-46, 1649). Inoltre, anche se non raggiunse mai il grado di provinciale, per cinque volte, nel 1625, 1626, 1644, 1648 e 1651, fu nominato definitore. In Sicilia, poi, fu pure qualificatore dell’Inquisizione e consigliere di vari vescovi.
Nel 1626 Urbano VIII il 19 settembre lo nominò suo legato presso il cardinale Giannettino Doria, arcivescovo di Palermo e più volte luogotenente, per trattare di un negotium imprecisato che non può avere a che fare, come è tramandato negli Annali cappuccini, con il governo dell’epidemia di peste che aveva provocato la morte del viceré Emanuele Filiberto di Savoia, avvenuta due anni prima, ma probabilmente con problemi sorti con l’arrivo del nuovo viceré, Antonio Pimentel marchese di Tavora.
Negli anni seguenti Urbano da Polizzi predicò quaresimali anche a Roma, Malta, Napoli, Bologna, Ancona, Salerno e in varie località siciliane, stimato dal generale Giovanni Maria Minniti da Noto, che nel 1627 lo ringraziò per aver aiutato un suo parente.
Dopo aver predicato nella quaresima del 1630 a Bologna, fu mandato a Vienna per quello che doveva essere un impegno temporaneo fino al mese di settembre, legato alle nozze del figlio dell’imperatore Ferdinando II con Maria Anna di Spagna, previste entro tale periodo. Il matrimonio però fu rinviato al 1631 e di conseguenza Ferdinando II chiese e ottenne che la permanenza a Vienna del predicatore in Italica lingua fosse prorogata di almeno un anno. Il 21 maggio 1632 il vicario generale Girolamo Mautini da Narni ne chiese il ritorno in provincia, ma l’imperatore nel frattempo lo aveva nominato predicatore di corte. Così padre Urbano rimase a Vienna almeno fino al 1637, quando Ferdinando II morì. Lo stesso imperatore avanzò al papa la candidatura a un vescovato per Urbano da Polizzi, ma egli per umiltà la rifiutò.
Tornato in Sicilia, dal 1638 riprese le sue funzioni di guardiano e definitore e le predicazioni quaresimali, tra cui quella del 1645 nella chiesa di S. Ignazio all’Olivella di Palermo, un pulpito allora rinomato in tutta Italia. Il 25 febbraio 1650 nel nuovo convento della sua città natale firmò, con altri nove confratelli, la relazione su di esso preparata per l’inchiesta sui conventi cappuccini ordinata da Innocenzo X. L’anno seguente, nuovamente eletto definitore, fu trasferito a Palermo.
Si trovava però nuovamente a Polizzi quando morì, il 19 marzo 1654, secondo la tradizione in fama di santità e dopo aver predetto tale giorno.
Opere. Perdute, salvo nuove scoperte, le sue prediche, i bibliografi siciliani Antonino Mongitore (Bibliotheca sicula..., II, Panormi 1714, p. 299) e Giuseppe Maria Mira (Bibliografia siciliana..., II, Palermo 1881, p. 441) hanno attribuito a Urbano da Polizzi degli Epigrammata varia acrostica et anagrammata sacra (pubblicati a Venezia nel 1649 e a Palermo nel 1652) e le due orazioni funebri in morte del consigliere supremo dell’imperatore Ferdinando II, stampate a Vienna senza indicazione di data. Queste ultime dovrebbero riferirsi all’orazione funebre fatta da Urbano da Polizzi in occasione dei funerali solenni di Rambaldo XIII di Collalto, morto il 18 novembre 1630 a Coira e poi trasportato nella capitale. Questa orazione, che conteneva varie notizie sulla vita del generale imperiale, fu citata da Enrico di Collalto nella genealogia di famiglia da lui composta e indicata come opera pubblicata a Vienna nel 1631.
Fonti e Bibl.: I conventi cappuccini nell’inchiesta del 1650, III, L’Italia meridionale e insulare, a cura di Mariano d’Alatri, Roma 1985, pp. 399 s.; I cappuccini e la Congregazione romana dei vescovi e regolari, X, 1641-1646, a cura di V. Criscuolo, Roma 2004, p. 250; La visita generale di Giovanni Maria Minniti da Noto. Diario e protocollo 1625-1631, a cura di G. Ingegneri, Roma 2005, ad indicem.
Antonino da Castellammare, Storia dei frati minori cappuccini della Provincia di Palermo, III, Palermo 1924, pp. 87-96; Ottavio da Alatri, I quaresimalisti cappuccini all’Olivella di Palermo, in L’Italia francescana, XI (1936), p. 265; Lexicon capuccinum, Romae 1951, col. 1766; F. Farella da Polizzi, Un cappuccino italiano alla corte di Vienna nel ’600, in L’Italia francescana, XLIX (1969), pp. 131-133; Id., Stradario storico di Polizzi Generosa, Palermo 1977, pp. 34, 74; P.A. Passolunghi, I Collalto. Linee, documenti, genealogie per una storia del casato, Villorba 1987, pp. 240, 243; S. Vacca, I cappuccini in Sicilia. Percorsi di ricerca per una lettura storica, Caltanissetta-Roma 2003, p. 78.