DALLE FOSSE (Bolzanio), Urbano
Nacque a Belluno nel 1442 da maestro Pietro.
Benché il vero cognome della famiglia sia Dalle Fosse, come ha dimostrato il Doglioni, tuttavia anche l'epiteto "Bolzanio", molto più noto, non è privo di fondamento. Lo stesso Doglioni (p. 3) cita un documento del 24 luglio 1475, in cui il fratello del D., Lorenzo, è detto figlio "quondani magistri Petri de Bolzano" e un documento del 9 maggio 1544 (Doglioni, pp. 5 s.) in cui il nipote, figlio di Lorenzo, è detto "magister Jobatas a Fossis de Bolzano". Probabilmente il bisnonno Giacomo (cfr. albero genealogico della famiglia, in appendice a Bustico, Due umanisti veneti...) era originario di Bolzano; sicché, anche se i Dalle Fosse non furono imparentati con la nobile famiglia bellunese dei "da Bolzano", il nome Bolzanio, adottato dal celebre nipote Pierio Valeriano - Giovanni Pietro Dalle Fosse - e presente nelle edizioni della grammatica del D. a partire da quella apparsa a Venezia nel 1545, rimase ai discendenti come un vero cognome, prevalendo di fatto su quello autentico. Del tutto fantasioso invece il nome Valeriano, che il nipote Pierio attribuì a sé stesso e allo zio, nel tentativo di nobilitare la sua famiglia di origine artigiana, facendola risalire fino agli antichi Valeriani, di cui aveva trovato epigrafi nel Bellunese (cfr. Pierio Valeriano, Antiquitates Bellunenses, Venetiis 1620, sermo I, p. 10, e sermo IV, pp. 103 s.). La nascita si colloca normalmente nel 1443, ricavandola dall'epigrafe funeraria posta in suo onore dal nipote Pierio nel convento francescano di S. Niccolò (detto dei Frari), dove il D. fu sepolto, con solenni esequie, il 27 apr. 1524. In tale epigrafe, collocata nel 1545, è detto che il D. sarebbe morto in età di ottantuno anni. Ma lo stesso Pierio smentisce tale indicazione nel De litteratorum infelicitate (p. 78), dove lo zio è detto morto ad ottantaquattro anni. Maggior fede merita la lettera scritta dallo stesso D., indirizzata a Benedetto Accolti in data 20 maggio 1523, e pubblicata postuma nell'edizione veneziana del 1545 (f. 5), in cui il vecchio grammatico si definisce "uno plus octogesimo iam aetatis anno gravis".
Nato dunque, con ogni probabilità, nel 1442, già il 27 apr. del 1450 è novizio nel convento dei frati minori conventuali di S. Pietro a Belluno (vi è ancora come studente nel 1465); dal 1466 è a Treviso, probabilmente per studiare teologia; infine, nel 1472, si trasferisce nel convento di S. Niccolò a Venezia, città dove, con ogni probabilità, si perfezionò in dialettica e in filosofia. Tra il 1473 e il 1484 compì il suo primo lunghissimo viaggio; prima fonte su questo viaggio, che sarebbe stato compiuto a piedi, è il nipote Pierio, il quale nel De litteratorum infelicitate (pp. 77 s.) dice che egli toccò la Grecia, la Palestina, l'Arabia, l'Egitto e infine la Sicilia. Probabilmente ha ragione P.S. Allen, il quale ritiene che la località indicata da Pierio come "Synam" non debba essere corretta in Siria (come viene fatto comunemente), ma debba riferirsi al Sinai (cfr. in Opus epistolarum D. Erasmi, I, Oxonii 1906, p. 367 n.). Dallo stesso Pierio (prefazione al l. XXXIII dei Hieroglyphica: cfr. I. Pierii Valeriani Bellunensis Hieroglyphica, Lugduni 1626, pp. 331 s.), si ricava che durante i viaggi raccoglieva iscrizioni non solo greche e latine, ma anche egizie, benché egli stesso saggiamente confessasse ai suoi discepoli veneziani di non essere riuscito a decifrare i geroglifici. Questa passione per le iscrizioni la conservò per tutta la vita.
Di questo viaggio il D. scrisse una descrizione in un Itinerarium, purtroppo perduto, ricordato dal solito Pierio (Antiquitates Bellunenses, sermo IV, p. 107; "Opportune vero mihi prae manibus est Urbani Valeriani patrui mei Itinerarium, qui, quocunque se contulerit, totius antiquitatis vir studiosissimus, nihil usquam quod ad rerum memoriam faceret, praetermisit"). Di ritorno in Italia, fece tappa a Messina, per ascoltare le lezioni del celebre grammatico Costantino Lascaris, il quale dal 1466 insegnava nel convento basiliano di S. Salvatore, di cui era archimandrita commendatario il cardinal Bessarione (cfr. A. De Rosalia, La vita di Costantino Lascaris, in Arch. stor. sicil., s. 3, IX [1957-58], pp. 24-48). Da Messina, mosso da insaziabile curiosità scientifica, fece anche due escursioni sull'Etna, per osservare da vicino la bocca del vulcano (cfr. Pierio Valeriano, De litteratorum infelicitate, p. 77). Dal 1484 al 1489 è a Firenze, dove si lega di amicizia con molti illustri letterati fiorentini, e dove insegna i primi rudimenti del greco a Giovanni de' Medici, allora protonotario apostolico e poi papa Leone X. Di questo soggiorno fiorentino parla lo stesso D. nella citata lettera all'Accolti (cfr. inoltre I. Pierii Valeriani Hexametri, odae et epigrammata, Venetiis, ap. Gabrielem Iovitum De Ferrariis et fratres, 1550, p. 2, dedica a Caterina de' Medici). A partire dal 1490 torna a Venezia, dove insegna greco a numerosi discepoli, divenuti in seguito famosi. Fra gli altri, il Doglioni ricorda: Scipione Forteguerri detto Carteromaco, Niccolò Leonico Tomeo, Daniele Renier, Benedetto Lampridio, Marco Musuro, M. Antonio Sabellico, Giovannantonio Flaminio e Gaspare Contarini. Collabora inoltre all'attività editoriale del grande Aldo Manuzio, il quale lo ricorda con riconoscenza nella prefazione del Thesaurus cornucopiae et horti Adonidis del 1496 (cfr. C. Dionisotti-G. Orlandi, Aldo Manuzio editore, I, Milano 1975, p. 12) ed entra nella neoaccademia fondata da Aldo, di cui fanno parte, oltre al Carteromaco, al Musuro e al Renier (già ricordati fra i suoi discepoli), anche Pietro Bembo, Pietro Alcionio, Giovambattista Egnazio, Erasmo da Rotterdam., Girolamo Aleandro ed altri.
Nel gennaio del 1498 pubblicò la prima edizione delle sue Institutiones Graecae grammaticae, dedicate da Aldo Manuzio a Giovan Francesco Pico (cfr. B. Botfield, Praefationes et epistolae editionibus principibus auctorum veterum praepositae, Cantabrigiae 1861, pp. 210 s. e C. Dionisotti-G. Orlandi, Aldo Manuzio, I, pp. 21 s., pref. XI I).
Il 21 maggio 1503 partì da Venezia al seguito del suo amico e protettore Andrea Gritti, alla volta di Costantinopoli, dove il Gritti era inviato come ambasciatore per trattare la pace con Bāyazīd II, mentre il D. sperava di trovare altri codici o altre iscrizioni (cfr. M. Sanuto, Diarii, IV, Venezia 1880, coll. 30. 35 s.). Questo secondo viaggio in Oriente non dovette durare molto a lungo, se è vero che il 2 giugno del 1504 il Gritti partecipò già al Maggior Consiglio (Ibid., VI,Venezia 1882, col. 29).
Che il D. sia tornato insieme con l'ambasciatore lo testimoniano i versi di Girolamo Bologni, conservati inediti nel Cod. Cicogna 2666 della Bibl. del Civico Museo Correr di Venezia (cfr. P. 0. Kristeller, Iter Italicum, II, p. 286 e R. Ceserani, Bologni Girolamo, in Diz. biografico degli Italiani, XI, Roma 1969, p. 330). Sia il Doglioni (pp. 26 s.) sia il Ticozzi (Storia dei letterati, pp. 53 ss.) riproducono in parte o integralmente l'ode indirizzata dal Bologni a Pierio Valeriano, ode da cui appare evidente come il Gritti ed il Bolzanio, partiti insieme, dopo essersi trattenuti per un periodo non lunghissimo a Costantinopoli, rientrarono insieme a Venezia ("Uterque multos abfuit procul dies Iaula superba in Othomani principis").Tornato a Venezia, collaborò con Erasmo alla preparazione dell'edizione aldina degli Adagia del 1508 (cfr. D. Erasmi Roterodami Adagiorum chiliades quattuor..., Parisiis, ap. Michaelem Sonnium, 1571, col. 323, e C. Dionisotti-G. Orlandi, I, pp. 93 s.). Nel 1512 pubblicò a Venezia presso l'editore Giovanni da Trino, detto "Tacuinus", una seconda edizione largamente riveduta ed ampliata della sua grammatica.
In questa edizione, che ebbe la massima diffusione editoriale, la materia è divisa in due libri. Nella prefazione, indirizzata "studiosis omnibus", il D. dice di aver consultato tutti i trattati grammaticali che aveva potuto raccogliere durante i suoi viaggi e di aver composto due libri, "quorum alter introducendis consulet adulescentibus, alter penitissima quacque grammatices arcana provectis iam ad interiora viris demonstrabit". Alla prefazione del D. tengono dietro due epigrammi elogiativi, in greco, di Scipione Carteromaco e di Niceta Fausto. In calce al volume troviamo un'ode in latino del discepolo Daniele Caetani da Cremona ("Felix pagina, dives et redundans"); e infine una breve lettera del D. al nipote Pierio Valeriano, datata Venezia 24 giugno 1512, in cui, scusandosi per non aver avuto il tempo di scrivere una lettera di dedica adeguata per Giovan Francesco Della Rovere, vescovo di Torino e prefetto di Castel Sant'Angelo, promette di portargli personalmente in omaggio una copia della nuova edizione della grammatica quando da Assisi, dove è diretto, si recherà a Roma.
Di questo viaggio a Roma ci parla lo stesso D. nella lettera autobiografica all'Accolti; prima di recarsi ad Assisi, fece tappa a Firenze, per ritrovare i suoi vecchi amici della prima Accademia fiorentina: "Oricellarios, Azaiolos, Martellos, Victorios". Ed a Firenze aveva conosciuto Benedetto Accolti, ancora giovinetto. Nel racconto quasi agiografico della vita dello zio, Pierio Valeriano (cfr. De litteratorum infelicitate, p. 78) dice che il D., abituato a viaggiare sempre a piedi, sarebbe salito a cavallo solo durante quel viaggio per difendersi dai sassi delle strade di Assisi. La deviazione fiorentina ritardò l'arrivo a Roma, tanto che il D. giunse in tempo per baciare il piede del nuovo pontefice, il suo antico allievo, Leone X (eletto l'11 marzo 1514 e consacrato il 19 seguente).
Tornato a Venezia, il D. riprese la sua attività di insegnante di greco. Oltre allo studio e all'insegnamento, continuò a coltivare la sua passione per i viaggi e per le escursioni, mosso non solo da curiosità linguistica ed antiquaria, ma anche da interesse scientifico e botanico. A Venezia ebbe infatti un giardino, in cui piantò e coltivò personalmente le piante più rare, raccolte nei suoi viaggi (cfr. Alberti Castrifrancani Oratio, in Ticozzi, pp. 56 s.). Solo da vecchio dovette rinunziare ai viaggi, perché si ruppe una gamba cadendo da un albero, che era intento a potare.
Nel 1523 preparò la terza edizione della grammatica, distribuendone la materia in nove libri ed eliminando alcune ripetizioni. In calce alla lettera a Benedetto Accolti, vescovo designato di Cremona, che fa da dedica alla nuova edizione, il vecchio D. scrive: "Venetiis, XIII Calendas Iunias MDXXIII, Andrea Gritteo, quae sola viventi milii felicitas contigit, hodie Imperii Veneti principe salutato". Aveva, come dice egli stesso, ottantun anni.
La nuova edizione della grammatica, affidata dal discepolo Daniele Renier all'editore Giovanni da Trino (lo stesso che aveva curato l'edizione del 1512) rimase inedita fino al 1545, quando, morto il da Trino, venne pubblicata a spese di Tommaso Miliario di Belluno e con la supervisione scientifica di Pierio Valeriano, o apud haeredes Petri Rabani et socios". Le complesse vicende editoriali sono spiegate da Ioannes Rabanus Sirenius, nella prefazione dedicata "studiosis adolescentibus". La data in calce alla lettera del D. all'Accolti è confermata dai Diarii di Marin Sanuto, che in data 20 maggio 1523, narrano della contrastata e non popolare elezione a doge di Andrea Gritti (M. Sanuto, XXXIV, Venezia 1892, col. 155).
Il D. morì a Venezia alla fine del mese di aprile del 1524: il 27, infatti, furono celebrati i suoi solenni funerali nel convento di S. Niccolò. L'orazione funebre fu pronunziata da un allievo, Alberto da Castelfranco, indotto a ciò da Giovan Battista Egnazio e da Niceta Fausto. L'orazione, pronunziata a nome dell'Accademia veneziana, è dedicata ad Antonio Mocenigo procuratore di S. Marco, il quale nello stesso anno ne curò la pubblicazione. In onore dei D., oltre alla epigrafe dettata da Pierio Valeriano nel convento dei Frari e riprodotta in tutte le edizioni posteriori al 1545, fu redatta un'altra iscrizione a Belluno; fin dal 1498 fu incisa una medaglia per celebrare la prima edizione della grammatica greca (cfr. Doglioni, p. 34 e Bustico, p. 17). II D. fu inoltre raffigurato da molti pittori sia da solo, sia col protettore ed amico Gritti; in particolare il Doglioni e il Ticozzi ricordano un quadro di Tiziano Vecellio, eseguito nella canonica di Castione (cfr. S. Ticozzi, Vite dei pittori Vecelli di Cadore, Milano 1807, p. 65).
Al convento di S. Niccolò, dove fu sepolto, il D. lasciò in eredità i suoi codici, raccolti durante le numerose peregrinazioni. Fra questi Alberto da Castelfranco, nella sua orazione funebre, ricorda un'Iliade "adeo veneranda vetustate, ut ex autographo iures fuisse descriptam". Questo codice fu forse quello utilizzato dal nipote Pierio, che allora si chiamava solo banalmente Pietro, quando, nel 1502, curò un'edizione riveduta e corretta della traduzione dell'Iliade di Lorenzo Valla (cfr. Homeri... Ilias, per Laurentium Vallensem Romanum in Latinum translata et riuper accuratissime emendata, Venetiis, Ioannes Tacuinus de Tridino, 1502, f. A iv: [dedica al lettore] "...collato Graeco ipsius Homeri codice").
Questi codici furono acquistati, nel 1699, dal bibliofilo danese Federico Rostgaard (cfr. Doglioni, p. 43, e Giornale dei letterati d'Italia, III [1710], p. 48). Del fondo Rostgaard, in parte passato alla Biblioteca Reale di Copenaghen, un solo codice, il Fondo Antico 6, reca, al f. 232, la nota di appartenenza del D. (cfr. Ch. Graux, Notices sommaires des manuscrits grecs de la grande Bibliothèque Royale de Copenhague, Paris 1879, p. 2).
Perduto, come abbiamo già detto, l'Itinerarium in cui il D. descriveva i suoi viaggi ed aveva trascritto le iscrizioni più interessanti, non è dimostrata l'esistenza di un commento ad Omero, di cui parla il Wadding (cfr. L. Waddingii Scriptores Ordinis Minorum..., Romae 1926, p. 220, col. 2). Rimane dunque solo il codice 430 (III 13) della Biblioteca del Museo civico di Belluno (cfr. Doglioni, p. 43 e P. O. Kristeller, Iter Italicum, II, p. 494). Il codice, appartenuto al vescovo di Belluno Luigi Lollini (1596-1625), contiene le favole di Esopo (ff. 1-39), le lettere dello pseudo Falaride (ff. 41-116), l'orazione pseudoisocratea Ad Demonicum (ff. 97-107) e quella di Isocrate Ad Nicoclem (ff. 116-125). Tutti testi usatissimi nelle scuole umanistiche per lo studio elementare del greco, la cui traduzione in latino è attribuita al D. dall'inventario manoscritto, datato 8 luglio 1657. Il loro carattere letterale conferma l'uso didattico, cui il D. dovette senz'altro destinarle. Dello stesso tipo, e anche più elementare, sono le versioni dal greco attribuite, senza alcun dubbio ad Antonio Urceo detto Codro (cfr. L. Gualdo Rosa, Cortesi Urceo Antonio, detto Codro, in Dizionario biografico degli Italiani, XXIX, Roma 1983, p. 776).
Ad ogni modo, se si prescinde da queste versioni scolastiche, l'opera cui il D. dovette la fama, fu la grammatica; la prima grammatica greca composta interamente in lingua latina e, aggiungiamo, la prima eseguita da un umanista italiano. Alla composizione e ai successivi rifacimenti di questa grammatica, il D. consacrò quasi trent'anni della sua vita, utilizzando, oltre agli insegnamenti orali di Costantino Lascaris ed alle tre grammatiche - dei Crisolora, dello stesso Lascaris e del Gaza - apparse prima della sua, anche la sua profonda conoscenza dei classici greci e la sua lunga, appassionata esperienza didattica. Il D. ne curò tre diverse edizioni, l'ultima delle quali apparsa postuma nel 1545. Poiché tutti i biografi del D., a partire dal Doglioni (pp. 37-42), hanno dato un elenco delle varie ristampe o riedizioni dell'opera, o si sono limitati a darne il numero complessivo, tenteremo anche noi di elencare quelle che abbiamo visto, o di cui abbiamo trovato testimonianza.
L'incunabolo dei gennaio 1498 (cfr. Hain, Repertorium bibliographicum, 16.098, e Indice generale degli incunaboli delle biblioteche d'Italia, 10.029) fu ristampato una sola volta a Parigi, in aedibus Aegidii Gourmontii, verso il 1514, come attesta l'Omont (p. 34), cui rinvia il Jovy (cfr. F. Jovy, François Tissard et Jérôme Aléandre. Pontribution à l'histoire des origines des études grecques en France, III, Vitry-Ie François 1913, réimpr. Genève 1971, pp. 153 s.).
La seconda edizione in due libri (Venetiis, sumptu et diligentia Ioannis de Tridino alias Tacuini, 1512) ebbe il maggior numero di ristampe in Italia e in Europa. In ordine cronologico: 1524, Basileae, ap. Valentinum Curionem; 1530, ibid.; 1535, Basileae, ex off. Ioannis Walder; 1537, Venetiis, ap. Melchiorrem Sessam; 1539, Basileae, in off. Ioannis Walder; 1543, Parisiis, ap. Christophorum. Wechelium; 1544, Basileae, per Hieronymum Curionem; 1544, Venetiis, per Ioannem Antonium et Petrum fratres de Nicolinis Sabionenses, sumptu M. Sessae; 1548, Basileae, ex off. Hieronymi Curionis, impensis Henrici Petri; 1554, Basileae, ap. Hieronymum Curionem; 1561, Basileae, per Henricum Petrum.
Infine la terza edizione, in nove libri, che è un semplice riordinamento della seconda (Venetiis, ap. haeredes Petri Rabani et socios, 1545), ebbe solo ristampe italiane, che diamo, anche queste in ordine cronologico: 1549, Venetiis, apud Petrum et Ioannem Mariam et nepotes de Nicolinis de Sabio, ad instantiam M. Sessae; 1550, ibid., apud haeredes Petri Ravani et socios; 1553, ibid., ap. F. Rampazettum; 1557, ibid., ap. Paulum Manutium, Aldi f.; 1559, 1560, 1566, ibid., ap. Aldum (jr.).
Si raggiunge così la cifra di ventitré edizioni indicata dall'Alpago Novello e ripresa da Dionisotti-Orlandi. Ma se credibile, anche se n?n attestata da nessuno dei grandi cataloghi, è l'esistenza dell'edizione veneziana del 1544 e di quella di Basilea del 1554, l'aldina del 1559, registrata dal solo Alpago Novello e assente anche dal catalogo del Renouard (cfr. Annales de l'imprimerie des Alde ou histoire des trois Manuces et de leurs éditions, a c. di A. A. Renouard, Paris 1825, I, pp. 124 ss. e 411 s.; II, pp. 9, 59), sembra del tutto fantomatica.
La fortuna dei manuale del D. fu dunque grande, ma non trionfale. Nella prima metà del '500 gli fu preferito, a livello europeo, il manuale del Gaza (Theodori Gazae Introductivae grammatices libri quattuor, edito per la prima volta a Venezia, in aedibus Aldi Romani, nel 1495), che fu in parte tradotto da Erasmo e raccomandato dal Vives nel III libro del De tradendis disciplinis (I. L. Vivis Valentini De disciplinis libri XII, septem de corruptis artibus, quinque de tradendis disciplinis, Neapoli, ex typographia Simoniana, 1764, pp. 301 e 304); nel secondo '500, invece, prevalse ovunque il manuale di Nicolaus Clenardus (cfr. R. Hoven, Enseignement du grec et livres scolaires dans les anciens Pays-Bas et la Principauté de Liège de 1483 à 1600, II, 1551-1600, in Gutenberg Jahrbuch, [1980], pp. 118-126). Scarsa fortuna editoriale dovette avere anche l'epitome curata dal grecista svizzero Giovanni Wirt, detto Hospinianus (per il quale cfr. C. Prantl, Hospinianus Iohannes, in Aligetneine deutsche Biographie, XIII,Leipzig 1881, pp. 184 s.): Institutiones graecae linguae Urbani Bolzanii per Ioannem Hospinianum Steinanum in epitomem redactae, Basileae, per Hier. Curionem, 1546; la troviamo infatti ricordata dal solo Doglioni, e da quei biografi del D. che da lui derivano.
Fonti e Bibl.: Ioannis Pierii Valeriani De litter. infelicitate, a cura di E. Bridges, Genevae 1821, pp. 77 s.; Alberti Castrifrancani Oratio habita in funere Urbani Bellunensis, Venetiis, per Bernardinuin Benalium, 1524, "Benedicto Accolti Cremonac episcopo designato Urbanus Bolzanius Bellunensis minoritanus sacerdos", in Urbani Bolzanii Bellunensis Grammaticae Institut. in graecam linguam ipsius censura editioneque Probatae, Venetiis, ap. haeredes Petri Rabani et socios, 1545, ff. Vr-VIv; L. Doglioni, Memorie di U. Bolzanio Bellunese dell'Ordine dei minori conventuali, Belluno 1784; S. Ticozzi, Storia dei letter. e degli artisti del dipartimento della Piave, I, Belluno 1813, pp. 47-66; G. Roscoe, Vita e Pontificato di Leone X, IV,Milano 1816, pp. 133-136; P. Amat di San Filippo, Biografia dei viaggiatori italiani..., Roma 1875, p. 132; A. Firmin-Didot. Alde Manuce et l'hellénisme à Venise, Paris 1875, pp. 149 s. e passim; E. Lumbroso, Descrittori ital. dell'Egitto e di Alessandria, in Atti dell'Acc. nazionale dei Lincei, s. 3, CI. di scienze morali, storiche e filol., III (1879), pp. 440 s.; A. Buzzati, Bibliografia bellunese, Venezia 1890, pp. 6-11; H. Omont, Essai sur les débuts de la typographie grecque à Paris (1507-1516), in Mémoires de la Société de l'histoire de Paris et de l'Ile de France, XVIII (1891), p. 34; G. B. Picotti, La giovinezza di Leone X, Milano 1927, pp. 17 s.; L. Alpago Novello, Giunte alla bibliografia bellunese di A. Buzzati, in Miscell. di storia veneta, V (1931), p. 38; G. Bustico, Due umani . str . veneti: U. Bolzanio e Pierio Valeriano, estr. da Civiltà moderna, IV (1932), pp. 1-24; M. E. Cosenza, Biographical and bibliogr., Dictionary of the Italian Humanists, IV,Boston 1972, pp. 3541 s. (s. v. U. Valerianus); A. Pertusi, Erotémata. Per la storia e le fonti delle prime grammatiche greche a stampa, in Italia med. e uman., V (1962), pp. 327, 343 ss., 349 s.; L. Gualdo Rosa, Le traduzioni latine dell'"A Nicocle" di Isocrate nel Quattrocento, in Acta Conventus Neolatini Lovaniensis, Louvain, 23-24 ag. 1971, a cura di I. Ijsewiin - E. Kessler, Leuven-München 1973, pp. 300, 304; C. Dionisotti-G. Orlandi, Aldo Manuzio editore. Dediche, Prefazioni, note ai testi, I-II,Milano 1975, ad Indicem; A. Pertusi, L'umanesimo greco dalla fine del sec. XIV agli inizi del sec. XVI, in Storia della cultura veneta, III, Dal Primo Quattrocento al concilio di Trento, a cura di G. Arnaldi - M. Pastore Stocchi, I, Vicenza 1980, pp. 242 s.