FOSCARI, Urbano
Nacque a Venezia nel 1423, secondo dei figli maschi di Filippo di Francesco (detto Franzi) e di Elisabetta Trevisan. La famiglia era cospicua per prestigio e ricchezze, ma la vita del F. non fu caratterizzata da una carriera politica ragguardevole, probabilmente a causa della forte personalità del padre, che ricoprì le principali cariche dello Stato e premorì al figlio di appena due anni.
Il F. fu dapprima avvocato del Procurator dal 26 sett. 1445 al 25 settembre successivo, quindi (fu eletto l'11 apr. 1447) passò camerlengo a Zara, a occuparsi della gestione di quella Camera fiscale. Rimpatriato dopo un biennio, non proseguì la carriera politica, iniziando in tal modo la prima di lunghe latitanze dalle assemblee del palazzo; l'unica notizia di questi anni che di lui ci è pervenuta, è data dal matrimonio contratto nel 1452 con Elisabetta Donà, da cui ebbe almeno cinque figli.
Soltanto il 16 ag. 1457 al F. fu affidato un altro incarico, quello di consigliere a Modone, nel Peloponneso. In Grecia il F. si trovò di fronte ad abusi e malversazioni che egli non seppe reprimere, o dei quali fu addirittura connivente: il 4 sett. 1458 il Senato lo incaricava di vigilare sul comportamento del collega Bartolomeo Erizzo, la cui condotta aveva suscitato il risentimento tanto dei civili, quanto dei militari a lui sottoposti.
L'iniziativa veneziana potrebbe essere interpretata anche come un monito indiretto nei confronti dello stesso F., tanto più che, appena qualche giorno dopo (22 settembre), gli si concedeva un rimpatrio tempestivamente richiesto per motivi di salute, nonostante ancora non fosse stato eletto il suo successore.
La carriera del F. proseguì peraltro regolarmente a Venezia, dove il 2 nov. 1459 risulta tra i capi della Quarantia criminale; quindi fu savio agli Ordini dall'aprile al settembre 1460, dopodiché - verso la fine del 1463 - ritornava nello Stato da mar, nella veste di capitano della cittadella di Corfù. La Repubblica era allora impegnata nella guerra in Morea, dove aveva inviato un corpo di spedizione; la rocca di Corfù era dunque vicina al teatro delle operazioni, ma non certo in prima linea, perché i compiti del F. consistettero prevalentemente nel coadiuvare il bailo a fare incetta di grano e trasportarlo presso l'esercito che operava nel Peloponneso. Chiese comunque e ottenne il rimpatrio dopo pochi mesi di permanenza nell'isola (la supplica fu accolta dal Maggior Consiglio il 24 giugno 1464), "pro causa sue facultati valide importanti", argomento che per solito trovava buon ascolto a Venezia. Doveva comunque trattarsi di ragioni davvero rilevanti, probabilmente di natura economica, che però non ci è dato sapere, così come ignoriamo i motivi che lo tennero ancora una volta lontano dalla politica attiva per un lungo periodo.
Soltanto dieci anni dopo, infatti, il nome del F. ricompare associato a una magistratura, peraltro di un certo peso, quella dei provveditori alle Biave, cui venne eletto il 5 dic. 1474; successivamente, il 26 maggio 1477, fu eletto ambasciatore in Ungheria, "per star fermo - riferisce il Sanuto - apresso quel re".
Dopo un'iniziale fase di collaborazione contro il comune avversario ottomano, i rapporti tra i due Stati erano venuti progressivamente deteriorandosi, sino ad entrare in crisi allorché (1476) Mattia Corvino aveva preso in moglie Beatrice d'Aragona, figlia del re Ferdinando di Napoli. Sennonché non risulta che il F. si sia mai recato in Ungheria: i registri senatori non riportano le commissioni, né alcuna istruzione o dispaccio; è vero che il 6 nov. 1477 (quando l'intero Friuli era devastato dalle scorrerie ottomane) la Signoria ordinava che l'ambasciatore destinato a Buda fosse repentinamente inviato, ma è altrettanto sicuro che alle parole non seguirono i fatti. Così, mentre a Venezia si intravedeva ormai prossima la pace con i Turchi, il 7 sett. 1478 si decideva di nominare un nuovo rappresentante della Repubblica presso il Corvino (la scelta sarebbe caduta su Pietro Diedo), con le stesse condizioni alle quali era stato eletto il Foscari.
A tale data quest'ultimo sedeva nel Consiglio dei dieci (la sua presenza nell'alta carica è documentata dal luglio 1478), e alla scadenza del mandato venne subito eletto podestà di Chioggia.
La permanenza del F. nella cittadina lagunare è documentata da due registri di atti giudiziari compresi tra il febbraio 1479 e il maggio 1480. Sono le ultime testimonianze che possediamo sul F., che morì non molto tempo dopo aver terminato la podestaria: il 14 luglio 1481, infatti, era la vedova Elisabetta Donà a presentare all'Avogaria, per la notifica, il figlio diciottenne Vettore.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Misc. codd., I, Storia veneta 19: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de' patrizi…, III, c. 509; Avogaria di Comun. Balla d'oro, regg. 163, c. 255r; 164, c. 174r (per le notifiche dei figli); Segretario alle Voci. Misti, regg. 4, cc. 15r, 70r; 5, cc. 3r, 20r, 33v; 6, c. 6r; Maggior Consiglio. Deliberazioni, reg. 23: Regina, cc. 56v, 165r; Senato. Deliberazioni. Secreta, regg. 20, c. 197v; 28, cc. 26r, 127v; Senato. Mar, reg. 6, cc. 86r, 89r, 166v; Senato. Terra, reg. 4, c. 128r; Podestà di Chioggia, b. 12/52-53; M. Sanuto, Le vite dei dogi (1474-1494), a cura di A. Caracciolo Aricò, Padova 1989, pp. 88, 128; G. Cogo, La guerra di Venezia contro i Turchi (1499-1501), in Nuovo Archivio veneto, XVIII (1899), p. 365; G.B. Picotti, La Dieta di Mantova e la politica de' Veneziani, Venezia 1912, pp. 244, 527; P. Litta, Le famiglie celebri ital., s.v., tav. I.