URBANO IV
Jacques nacque a Troyes alla fine del XII secolo - forse nel 1185 - da Pantaléon di Courpalay (nome della casa di famiglia secondo alcuni, nome di famiglia secondo altri). Che il padre di Jacques abbia esercitato il mestiere di artigiano di calzature è testimoniato da numerose fonti, tra le quali un'antica tappezzeria oggi scomparsa che ritraeva accanto a lui al lavoro in bottega la moglie e il figlio. Non era quindi nobile, ma probabilmente era di agiata condizione. O. de Poli ipotizza invece che sia appartenuto alla famiglia di Courpalay-Langlois, di origini nobiliari, pur esercitando un mestiere. Pantaléon è sepolto a Notre-Dame-aux-Nonnains di Troyes, mentre la madre, che forse si chiamava Lancenne (O. de Poli, p. 154), riposa poco distante da Troyes, a Notre-Dame-des-Prés. Jacques aveva due sorelle, Agnès e Sibylle, divenute entrambe badesse, rispettivamente di Montluisant e di Montreuil-lez-Laon (ibid., p. 151). Il nipote Ancherio, che U. creerà cardinale, nacque da un fratello non identificato. Fu forse il suo talento musicale a farlo entrare nella scuola capitolare di Notre-Dame-aux-Nonnains; da lì, i canonici di Troyes dovettero indirizzarlo all'Università parigina dove studiò dapprima le "Artes" e in seguito il diritto canonico, accedendo al grado di "magister". A quest'epoca risale la sua amicizia con Hugues de St-Cher. Nel 1223 Jacques acquistò una casa canonicale a Laon, dove era giunto al seguito di Anselmo di Mauny, divenuto vescovo di Laon. Nominato procuratore del Capitolo cattedrale di Notre-Dame, esercitò le sue competenze giuridiche occupandosi di numerosi affari e processi. Nel 1237, per riorganizzare il materiale documentario del Capitolo, Jacques lo raccolse in un cartolario con annotazioni autografe che ancora conserviamo (Laon, Archives Départementales de l'Aisne, G 1850). Su invito di Robert de Thourotte, arcivescovo di Liegi, Jacques diventò arcidiacono a Campine (Liegi) intorno al 1242-1243. Lì, insieme con Hugues de Saint-Cher, il futuro papa ebbe modo di conoscere e di approvare la devozione all'Eucarestia sorta nella diocesi a seguito delle visioni di s. Giuliana, badessa delle Agostiniane di Mont-Cornillon, che verso il 1240 si dedicò alla composizione di un ufficio del Corpus Domini. Nel 1245, Jacques si recò al XIII concilio ecumenico di Lione, ove si trattò della questione imperiale (Federico II), della Terra Santa e dell'invasione dei Mongoli; in quell'occasione papa Innocenzo IV lo nominò suo cappellano. Due anni dopo, quando, morto l'arcivescovo di Liegi, il futuro U. era già rientrato a Laon come arcidiacono, ricevette l'incarico di una legazione in Polonia, Prussia e Pomerania. A Breslau, alla presenza dei vescovi di Gniezno, Breslau, Cracovia e Cujavie, ebbe modo di convocare un concilio (1248) per restaurare la disciplina ecclesiastica. Si adoperò anche per ristabilire la pace tra i Cavalieri Teutonici e i loro vassalli prussiani. Morto nel 1250 Federico II, papa Innocenzo IV inviò Jacques in Germania (1251) per allargare il consenso dei principi tedeschi sul candidato papale alla successione imperiale, Guglielmo d'Olanda († 1256); durante la missione gli occorse di esser fatto prigioniero da alcuni cavalieri che parteggiavano per gli Hohenstaufen. Al suo ritorno (1253), Jacques fu eletto vescovo di Verdun, probabilmente per diretto interessamento del papa; nella sua diocesi, a differenza dei suoi predecessori, si dedicò a comporre i dissidi con il Comune. Ma due anni dopo era di nuovo in viaggio: nominato il 9 aprile 1255 patriarca di Gerusalemme dal nuovo papa Alessandro IV e, il 7 dicembre, legato pontificio per l'esercito crociato, Jacques di Troyes giunse a San Giovanni d'Acri nel giugno 1256 (B. Hamilton, p. 268) e non, come pure sostengono numerosi storici, nel 1260. A quel tempo era già scoppiata la cosiddetta "guerra di San Saba" tra i Genovesi e i Veneziani che si disputavano la parte più alta della collina di Montjoie ad Acri, dominata appunto dal monastero di S. Saba. La conquista armata di quel territorio da parte dei Genovesi (1256) determinò una serie di effetti a catena che ampliarono il contrasto, oltre alle autorità locali, anche alle colonie pisane e marsigliesi - che si allearono con Venezia - e a quelle catalane, che si allearono con Genova. Il conflitto si allargò agli Ordini militari, con Templari e Teutonici dalla parte dei Veneziani e Ospitalieri da quella dei Genovesi. La guerra civile coinvolgeva ormai tutta la società: la regina reggente Plaisance, benché appoggiata dal patriarca, non riuscì a contenerla. Jacques, che parteggiava per i Veneziani, aveva chiesto aiuto al papa Alessandro IV, che convocò le Repubbliche marinare e le obbligò a concludere un armistizio. Tuttavia i delegati partirono troppo tardi, quando ormai i Genovesi erano stati completamente battuti dai Veneziani al largo di Acri (24 giugno 1258) e avevano deciso di ritirarsi a Tiro. L'anno successivo il papa inviò come legato "a latere" Tommaso Agni da Lentino, vescovo di Betlemme, e infine, nel gennaio 1261, si raggiunse un accordo ufficiale e tutte le parti si riconciliarono. Tuttavia, di fatto, le colonie italiane continuarono a fronteggiarsi e l'apporto dei Genovesi favorì la riconquista greca di Costantinopoli da parte dell'imperatore Michele VIII Paleologo (25 luglio 1261). A quell'epoca Jacques era già a Viterbo, con l'intenzione di difendere di fronte al papa gli interessi della sua chiesa; ufficialmente si trattava dell'abbazia di S. Lazzaro a Betania che Alessandro IV aveva concesso agli Ospitalieri, ma probabilmente questa era solo l'occasione per manifestare personalmente al papa il suo disagio nei confronti del legato "a latere" Tommaso Agni da Lentino (B. Hamilton, p. 269). Alessandro IV morì il 25 maggio 1261, festa di s. Urbano. Il conclave, benché composto di soli otto cardinali, oscillò a lungo senza decidere tra le due tendenze, rappresentate da Giovanni di Toledo - piuttosto favorevole, come l'amico di Jacques, il domenicano Hugues de Saint-Cher, al candidato inglese alla Corona di Sicilia - e da Ottaviano degli Ubaldini, favorevole invece ad una pacificazione con gli Hohenstaufen. Dopo tre mesi, il 29 agosto 1261, si trovò un accordo unanime, a sorpresa, sul cappellano di Innocenzo IV, buon conoscitore della Germania e della Terra Santa, Jacques di Troyes. Fu consacrato il 4 settembre a S. Maria in Gradi di Viterbo e prese il nome di Urbano IV. Fin dai primi tempi del suo breve pontificato, U. fece capire di essere un uomo energico, che prendeva autonomamente le proprie decisioni: questa fu l'impressione di un ambasciatore senese che nel 1262 lo paragonò a Innocenzo III. Secondo lo storico E. Jordan (p. 296), U. sarebbe piuttosto da definire un abbozzo del "terribile" papa rinascimentale Giulio II. Fu il primo papa francese del secolo, anche se non era cresciuto all'ombra della monarchia francese, come invece accadde per i suoi successori; il suo pontificato segnò una svolta decisiva nella storia del papato, della penisola italiana e dei rapporti con l'Impero: cominciò infatti con U. quel coinvolgimento diretto con la casa reale francese, in chiave antimperiale, che porterà, tra l'altro, alla cosiddetta "cattività avignonese". È già indicativo che U. non sia mai entrato a Roma, avendo vissuto tra Viterbo e Orvieto. La formazione culturale di U. era essenzialmente giuridica, ma essa non rimase teorica, anzi, fu proprio la sua vasta esperienza amministrativa e diplomatica a permettergli non solo di impostare, ma anche di applicare su vari fronti la sua linea politica. In pochi anni, infatti, U. riuscì ad affrontare, con risultati spesso decisivi, la riorganizzazione finanziaria degli Stati della Chiesa, la "riconquista" dei territori pontifici, la "questione siciliana", la successione al trono imperiale e il cosiddetto "grande interregno", i rapporti con l'Oriente, in particolare con i Greci e con i Mongoli. Tra le prime scelte del papa ci fu quella di circondarsi di fidati collaboratori e quindi decise subito di ampliare il Collegio cardinalizio: il 24 dicembre 1261 elesse sette cardinali, che furono portati a quattordici nel maggio dell'anno successivo. Fra questi, oltre al futuro Onorio IV, Giacomo Savelli, il papa nominò vari francesi, di cui tre erano consiglieri del re di Francia: l'arcivescovo di Narbona, Guy Foucois (o Foulques), futuro Clemente IV; Raoul Grosparmy, arcidiacono di Nicosia, guardasigilli del re durante la crociata e vescovo di Evreux; Simon de Brie (o di Brion), tesoriere di St-Martin di Tours, consigliere del re almeno dal 1260 e suo guardasigilli dopo Raoul, futuro Martino IV. Non vanno dimenticati Enrico di Susa, detto l'Ostiense, autore di una famosa Summa di diritto canonico, e il nipote del papa, Ancherio. U. si era così circondato di un entourage francese. Fu anche questo un modo per preparare la sua nuova politica per la successione al trono di Sicilia: sostituire al candidato inglese voluto dal suo predecessore Alessandro IV il fratello minore di s. Luigi IX, Carlo I d'Angiò, secondo una linea che era già stata abbozzata da Innocenzo IV. La scelta angioina si situava da una parte nel contesto del recupero dell'autorità pontificia sugli Stati della Chiesa, dall'altra, nel contesto della complessa successione imperiale. Sul primo fronte, U., che aveva ereditato una situazione finanziaria alquanto difficile, iniziò con il sostituire ai prestatori romani, che ormai ponevano condizioni troppo onerose, i banchieri senesi. Riuscì così a finanziare l'esercito pontificio. Lo Stato pontificio aveva infatti subito diverse alienazioni, o per trascuratezza del precedente pontefice, che aveva concesso vari territori in feudo, o per occupazioni abusive, o per vere e proprie conquiste da parte del vicario generale imperiale nonché trovatore Percivalle Doria, nominato da Manfredi († 1266), figlio illegittimo di Federico II. Il nuovo rettore pontificio delle Marche e del Ducato di Spoleto, Manfredo Roberti di Reggio Emilia, riuscì a riconquistare molti territori, ma nel 1264 la sua prigionia e l'assassinio del rettore del Patrimonio, Giscardo di Pietrasanta da Milano, determinarono una situazione alquanto critica da cui il papa pensò di uscire lasciando la minacciata Orvieto per Perugia e cedendo alle richieste di Carlo d'Angiò pur di vederlo presto, armato, in Italia. Quanto alla presenza imperiale nell'Italia del sud, U. mantenne un'unica posizione: l'eliminazione degli Hohenstaufen dalla Sicilia. Morti Federico II nel 1250 e il figlio Corrado nel 1254, la casa sveva poteva ora contare sul figlio di Corrado, Corradino († 1268), re titolare di Sicilia e di Gerusalemme, e sul figlio illegittimo di Federico, Manfredi, che presto detronizzò il nipote e si fece incoronare (1258) re di Sicilia. Morto nel 1256 il candidato papale Guglielmo d'Olanda - in cui favore aveva già operato U. all'epoca della sua legazione in Germania - si riaprì una lunga, ma blanda, pretesa alla successione da parte di due pretendenti, Riccardo d'Inghilterra († 1272) e Alfonso X re di Castiglia († 1284). Il progetto dell'arcivescovo di Magonza, Werner, volto a sostituire Corradino ai due candidati, fu escluso nel 1262 da Urbano IV. Il gioco del papa nei confronti di Riccardo e di Alfonso sembra essere stato quello di prendere tempo, visto che entrambi gli richiesero di essere riconosciuti, ma non lo designarono mai come giudice. Il risultato fu che la sede imperiale restò vacante e quindi non impegnò in alcun modo le forze pontificie. Manfredi, da parte sua, tentò di riconciliarsi con il papa, ma invano: U., dopo aver proposto la Corona di Sicilia al figlio minore di s. Luigi, che rifiutò, volle mettergli contro Carlo d'Angiò, fratello minore del re di Francia. L'aperto disaccordo di Luigi IX († 1270), che considerava legittima la linea sveva, fu infine superato (1263) considerando il Regno di Sicilia come una prima tappa necessaria in vista di una futura crociata. Inoltre, mentre in un primo tempo la caduta dell'Impero latino d'Oriente (1261) ad opera di Michele VIII Paleologo sembrava dare una chance a Manfredi, che si era detto disposto ad aiutare il deposto Baldovino II, incontrando così l'approvazione di s. Luigi, in seguito U. accettò la ripresa di trattative con l'imperatore bizantino per il riavvicinamento delle due Chiese. Così, le trattative tra U. e Carlo d'Angiò cominciarono: condizione essenziale posta all'Angioino era la rinuncia totale ad ogni eventuale ambizione imperiale, oltre che ad una successione che non fosse in linea diretta; gli fu anche richiesto, oltre ad un censo oneroso, che restituisse beni e feudi confiscati dagli Svevi. L'elezione romana di Carlo a senatore a vita (1263), voluta per rafforzare il partito imperiale che minacciava l'Italia centrale e Roma stessa, obbligò però U. ad accettare la controproposta angioina che, tra l'altro, comprendeva l'estensione del diritto di successione ai rami collaterali. Il "patto angioino" fu presentato a s. Luigi dal legato pontificio Simon de Brie nel maggio 1264, ma U. morì prima dell'arrivo di Carlo in Italia. La questione della Terra Santa fu presente a U. fin dal tempo del suo patriarcato, quando, tra l'altro, compose una relazione su quella zona (G. Bresc-Bautier, p. 284). Altre forze si stavano imponendo nella Siria-Palestina: i mamelucchi d'Egitto e i Mongoli. Nel 1262 un legato dell'ilkhan Hulagu, capo dei Mongoli di Persia, aveva già fatto avere una missiva a s. Luigi, in cui però, oltre all'alleanza contro i musulmani, si richiedeva al re una sottomissione al capo mongolo. Due anni dopo, Hulagu si rivolse al pontefice; malgrado l'ambasceria fosse stata parzialmente intercettata da Manfredi, U. ricevette la proposta dei Mongoli: un'alleanza con i Latini e gli Armeni contro i musulmani in cambio della cessione dei territori in Terra Santa riconquistati ai musulmani. Poiché la lettera lasciava trapelare una possibilità di conversione al cristianesimo da parte di Hulagu, U. inviò un breve a Guillaume d'Agen, nuovo patriarca di Gerusalemme, autorizzandolo a battezzarlo, nel caso in cui l'avesse richiesto (J. Richard, La papauté, pp. 100-03). Nei confronti della crociata, è da segnalare che essa fu uno degli obiettivi costanti dell'antico patriarca, che, una volta papa, dimostrò di voler perfezionare le opere intraprese prima della sua elezione. Per la riconquista di Gerusalemme e della Terra Santa, oltre ai mezzi consueti, come l'indicazione di farla predicare e le indulgenze per i crociati, G. Bresc-Bautier ipotizza (pp. 288-89) che la netta predilezione di U. per l'Ordine dei Canonici Regolari del Santo Sepolcro di Gerusalemme avesse anche l'obiettivo di preparare la rete sociale e religiosa che avrebbe amministrato la Terra Santa dopo il suo "recupero". Nello stesso saggio (pp. 290-92), l'autrice entra nel merito della religiosità di U., indicandone un aspetto proprio nella devozione al Santo Sepolcro che, unita al culto eucaristico del papa, potrebbe aver costituito il "terreno di coltura" favorevole su cui si eresse l'istituzione della festa del Corpus Domini per la Chiesa universale. Prende così un particolare significato il fatto che la bolla Transiturus dell'11 agosto 1264, con cui U. istituì la festa, sia indirizzata proprio a Guillaume d'Agen, patriarca di Gerusalemme. Sull'influenza specifica di s. Giuliana di Mont-Cornillon e dell'ambiente di Liegi, si sarebbe quindi innestata la devozione al Santo Sepolcro e, nel contesto, il miracolo di Bolsena del 1263 in cui un sacerdote, celebrando la messa nella chiesa di S. Cristina, vide del sangue colare dall'ostia consacrata, sembra aver giocato il ruolo della causa scatenante. U. provvide inoltre - primo caso conosciuto - a diffondere l'ufficio della festa nella versione che doveva aver richiesto, molto probabilmente, a s. Tommaso d'Aquino al tempo della sua permanenza presso la Curia papale (P.-M. Gy, L'office, pp. 495-96), ove il celebre teologo domenicano poté disporre di un'ampia documentazione patristica e giuridica (Id., La documentation, p. 431). Del resto, quanto fosse importante la cultura per l'antico universitario parigino è testimoniato dal celebre scienziato Campano da Novara che compose, su richiesta del papa, un'importante quanto difficile opera di astronomia, intitolata Theorica planetarum; nella lettera di dedica a U. "lo scienziato novarese descrive il clima di alta intellettualità e di vivo interesse per le questioni filosofiche e scientifiche di cui è permeato il più stretto entourage di Urbano IV e testimonia del fatto che il collegio dei cappellani fosse chiamato a gareggiare in disputazioni alla presenza del pontefice dopo la mensa" (A. Paravicini Bagliani, Medicina, pp. 100-01). Il papa stesso, quand'era in Terra Santa, fu il probabile possessore del più antico codice giuntoci degli Elementi di Euclide nella versione commentata di Campano da Novara (Columbia University Library, Plimpton 156; A. Paravicini Bagliani, Medicina, p. 103). Un altro elemento della spiritualità di U. è da ricercarsi nell'attenzione alle forme religiose femminili: oltre all'importanza data alle visioni di s. Giuliana di Mont-Cornillon che trovò un punto d'arrivo nella bolla Transiturus e nella lettera a Eva di Liegi (8 settembre 1264) in cui il papa la informava della nuova festa, bisogna ricordare la Regola che U. diede alle sorelle di s. Chiara il 18 ottobre 1263. Visto che in un sermone del 1242, il futuro U. aveva paragonato Dio a una madre (J. Foviaux, p. 250), questo filone "femminile" della sua religiosità meriterebbe degli approfondimenti. Un altro ordine religioso godette della sua protezione: i Frati della Beata Gloriosa Vergine Maria. La loro Regola, di struttura canonicale, fu approvata da U. il 23 dicembre 1261 (bolla Sol ille verus); quest'Ordine, denominato poi dei "Frati Gaudenti" - con evidente allusione al loro decadimento morale, sottolineato anche da Dante - era composto da membri delle famiglie nobili locali, inizialmente bolognesi, e aveva l'obiettivo di sanare i contrasti cittadini. Ci riconduce invece alla formazione giuridica del papa l'impulso che diede all'Inquisizione dando valore universale ai canoni dei concili di Tolosa (1229), Narbonne (1243) e Béziers (1246) con la bolla Prae cunctis nostris (28 luglio 1262), autorizzando i giudici dell'Inquisizione ad applicare personalmente la tortura (bolla Ut negotium fidei del 4 agosto 1262) e istituendo la figura dell'inquisitore generale nella persona di Giangaetano Orsini, futuro papa Niccolò III (H. Lea, p. 448). Il 9 settembre del 1264 U., malato, lasciò Orvieto con l'intenzione di recarsi a Perugia, ritenuta più sicura. Nel frattempo, le cronache ci narrano dell'apparizione di una cometa, che scomparve alla sua morte. Il 2 ottobre morì, forse nella cittadina di Deruta (A. Paravicini Bagliani, La mobilità, p. 237). Fu seppellito a Perugia, nella cattedrale di S. Lorenzo. Fonti e Bibl.: Columbia University Library, Plimpton 156 (Elementi di Euclide nella versione di Campano da Novara; codice probabilmente posseduto da U.); Laon, Archives Départementales de l'Aisne, G 1850 (cartolario di Notre-Dame de Laon con annotazioni autografe di Jacques de Troyes). Amalrico Augerii De Urbano IV, in R.I.S., III, 2, 1734, coll. 404-05; Thierrici Valliscoloris [Thierry de Vaucouleurs] [Vita Urbani IV], in Papirii Massoni De Episcopis urbis Romae, ibid., coll. 405-20; I.D. Mansi, Sacrorum conciliorum nova et amplissima collectio, XXIII, Venetiis 1779, coll. 777-80 (1248: concilio Vratislaviense), 1049-58, 1075-124; Regesta Pontificum Romanorum, a cura di A. Potthast, II, Berolini 1875, pp. 1074-75, 1172, 1323, 1474-542, 2129-30, 2138; Les Registres d'Innocent IV, a cura di E. Berger, I-IV, Paris 1884-1921, nrr. 5284, 5288, 5289, 5300, 5309, 5316, 7124; J. Delaville Le Roulx, Cartulaire général des Hospitaliers de Saint-Jean de Jérusalem, II, ivi 1897, nrr. 2775, 2782, 2785, 2787, 2797, 2806, 2901, 2929; III, ivi 1899, nrr. 2993, 2994, 2996, 2997, 2998, 3000, 3007, 3009, 3012, 3013, 3014, 3015, 3016, 3017, 3019, 3023, 3024, 3025, 3034, 3057, 3060, 3061, 3065, 3066, 3074, 3078, 3079, 3080, 3081, 3087, 3090, 3092, 3093, 3094, 3096, 3097, 3098, 3099, 3100, 3101, 3102; Les Registres d'Urbain IV (1261-1264), a cura di L. Dorez-J. Guiraud, I-IV, ivi 1899-1958; Les Registres d'Alexandre IV, a cura di C. Bourel de la Roncière-J. de Loye-P. de Cénival-A. Coulon, ser. II, I-III, ivi 1902-59, nrr. 317, 815, 842, 891, 950, 951, 954, 971, 992, 1009, 1011, 1016, 1022, 1077, 1085, 1096, 1134, 1726, 1775; Acta Urbani IV, Clementis IV, Gregorii X (1261-1276) [...], a cura di A.L. T×autu, in Codificazione canonica orientale, ser. III, V, 1, Città del Vaticano 1953, pp. 1-51; G.G. Meersseman, Dossier de l'Ordre de la pénitence au XIIIe siècle, Fribourg, Suisse 1961, pp. 295-307 (edizione della Regola dei Frati Gaudenti approvata da U.), pp. 67-8 (bolle di U.); G. Bresc-Bautier, Bulles d'Urbain IV en faveur de l'Ordre du Saint-Sépulchre (1261-1264), "Mélanges de l'École Française de Rome. Moyen Âge-Temps Modernes", 85, 1973, pp. 283-310; I. Rodríguez de Lama, La documentación pontificia de Urbano IV (1261-1264), Roma 1981; E. Pásztor, Lettere di Urbano IV "super negotio Regni Siciliae", in Aus Kirche und Reich. Studien zu Theologie, Politik und Recht im Mittelalter. Festschrift für Friedrich Kempf, a cura di H. Mordek, Sigmaringen 1983, pp. 383-95; F. 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