Vedi URNA dell'anno: 1966 - 1997
URNA (urna)
L'u. cineraria, detta anche ossuario, è essenzialrnente connessa alla pratica della cremazione, anche se dal punto di vista morfologico i varî tipi presentino affinità con monumenti di destinazione non funeraria, cioè cultuale e votiva.
In tesi generale è difficile vedere nell'u. uno sviluppo della cista in lastre di pietra, di tradizione megalitica, che sopravvive invece o si riproduce a distanza di tempo come protezione dell'u. stessa, e del corredo che l'accompagna. Piuttosto l'u. si deve intendere come una sostituzione in materiale durevole (terracotta, metallo, talora anche pietra) dell'involucro deperibile (cuoio, stoffa), in cui si raccoglievano i residui del rogo nell'ossilegium. È stato rilevato che talora (civiltà lusaziana, v. urne, campi di), si riproduceva la disposizione anatomica delle ossa, nella stratificazione di queste entro l'urna. Come contenitore protettivo, l'u. è sempre provvista di coperchio o di chiusura. La funzione di contenimento del resto non è esclusiva, anzi essa si integra direttamente con quella di estrinsecare una concezione particolare, ancestralmente legata al concetto della sopravvivenza e della individualità personale, affermata anche nelle associazioni plurime di u. nelle necropoli, come nel caso classico dei campi d'urne (v.). Da tale concorrenza di elementi derivano i due principali tipi di u., a protome e a casa.
Il tipo antropomorfo personalizza il contenitore attribuendogli fisionomia umana schematica: lo stesso vaso globulare o biconico, si interpreta in fondo come una rappresentazione aniconica suscettibile di specificarsi in un'antropomorfizzazione parziale, concentrata principalmente sulla testa. In linea del tutto teorica, il passaggio si può segnare attraverso la sostituzione del normale coperchio con un elemento di corredo personale (elmo reale o sua imitazione fittile nell'Etruria villanoviana: v. villanoviana, civiltà) e poi l'applicazione di una maschera (v.), o la sovrimposizione di una testa plasticamente rappresentata, vero e proprio ritratto intenzionale del defunto, come negli etruschi canòpi (v.) di Chiusi. Nell'area europea nord-orientale delle Gesichtsurnen, si ha invece la modellazione a protome del collo, con l'aggiunta, nel corpo, delle braccia o di altri elementi antropomorfi, restando autonomo il coperchio, che assume quasi l'aspetto di copricapo. Elementi decorativi secondarî, o elementi aggiuntivi (anelli alle anse-orecchie), sono semplicemente integrativi. La costante associazione del corredo entro o attorno all'u., sottolinea questo concetto dominante della soggettivazione. Come diversa interpretazione dello stesso concetto, l'u.-casa accentua il significato di dimora del defunto, implicito già nella maggioranza delle costruzioni funerarie (v. monumento funerario; tomba), riproducendo forma generale e dettagli della dimora vera e propria, cioè per lo più della capanna protostorica (v. villanoviana, civiltà). La protezione dell'u. in tutti i casi, entro una fossa rivestita o no, una cista, un dolio o pithos, la sovrimposizione a un seggio (Chiusi), l'inserimento in una camera sepolcrale o altro, dipendono da tradizioni o situazioni variabili, specialmente nel corso del tempo, ma non alterano i concetti generali suesposti.
In linea cronologica, l'u. antropomorfizzata non compare prima dell'Età del Bronzo finale nel continente; in Italia alla fine dell'Età del Ferro, già in fase orientalizzante (v. etrusca, arte; orientalizzante). Più vasta e complessa la ripartizione delle u.-casa, per cui si risale, per antecedenti morfologici, ai modellini votivi di capanne del tardo Neolitico e del primo Bronzo nelle civiltà orientali, mediterranee e balcaniche. L'u.-casa in forma schematica è già presente nel XIV sec. a Rās Shamrah, come in età geometrica a Corinto, di forme pressoché analoghe alle u.-case ovoidali: con aperture-porta della Germania orientale, dove l'area delle u.-casa confina senza limiti definiti con quella delle u. antropomorfe. Il tipo ovoidale assume un aspetto particolare nella regione meridionale balcanica (Demirovo) con la rappresentazione del tetto. In generale dovunque - e molto probabilmente si tratta di un fenomeno di convergenza - si tende a precisare gli elementi fondamentali della struttura e della copertura dell'edificio, come già nella tradizione antichissima dei modelli (Cherdeita in Palestina, con decorazione geometrica, prima metà del IV millennio; tempietto geometrico di Argo). L'u.-casa si sviluppa in seguito quasi dovunque nella forma geometrizzante a pianta subrettangolare con tetto a spioventi e travature visibili, apertura-porta e talora peducci, particolare che, in questa riduzione della forma dell'edificio a dimensione di oggetto, può anche avere influito la tipologia della cassetta o della capsa. Lo sviluppo, allontanandosi dalle forme schematizzate e riassuntive, ritorna, ma piuttosto tardi, alla riproduzione dettagliata degli elementi strutturali, specialmente in Etruria tra il V e il IV sec., ma anche nei Balcani (Kodža Dermen) e in Asia Anteriore. La tipologià dell'u.-casa subisce, in Asia e in Italia l'influenza del sarcofago (v.), fino a perdere il carattere architettonico e a combinarsi con la tipologia della kline. L'urnetta tardo-classica ed ellenistica è spesso in realtà un piccolo sarcofago. In Etruria si sviluppa, a partire dal III sec., l'u. decorata di rilievi sul corpo e con coperchio cui è sovrapposta la figura sdraiata o semisdraiata del defunto, oppure della coppia di defunti (il tardo mondo etrusco conosce le urne a doppio loculo), riallacciandosi così, probabilmente per effetto della mediazione di Chiusi (dove il cinerario antropomorfo è sempre continuato), al concetto del contenitore che è allo stesso tempo rappresentazione individuale. Il vero e proprio tipo dell'u. antropomorfa non oltrepassa invece i limiti della protostoria.
L'u. cineraria romana per lo più in marmo o in pietra, segna una prevalenza dell'elemento decorativo, configurandosi spesso come vaso con piede e coperchio, con tabelle per l'iscrizione e rilievi decorativi o simbolici. Spesso tuttavia persistono nell'u. romana elementi architettonici, ma desunti dalla tipologia templare, non da quella della casa, prevalendo il concetto dello heròon (v. monumento funerario), ed essendosi perduto quello della sepoltura come casa (v. tomba). Come derivato delle varie tipologie monumentali, l'u. romana reca talora un ritratto nel frontoncino del coperchio.
Bibl.: W. La Baume, H. Seger, in Ebert, Reallexikon d. Vorgeschichte, IV, 1926, pp. 295-304, s. v. Gesichturnen; F. Behn, Fr. von Duhn, G. Karo, ibid., V, 1926, pp. 221-225, s. v. Hausurnen; G. Wilke, ibid., XIV, 1929, pp. 34-35, s. v. Urnengrab; D. Thimme, in Studi Etruschi, XXIII, 1954-55, pp. 25 ss.; XXV, 1957, pp. 87 ss.; v. anche etrusca, arte; preistorica, arte, romana. arte.