URUGUAY (XXXIV, p. 831; App. I, p. 1104; II, 11, p. 1077; III, 11, p. 1059)
Popolazione. - Secondo l'ultimo censimento effettuato nel 1975, ammontava a 2.758.915 abitanti, l'80% dei quali accentrati nelle zone urbane. Il tasso d'incremento annuo è stato dell'1,2% nel periodo 1970-1976. Stime anagrafiche del 1977 davano 2.814.000 abitanti.
Condizioni economiche. - L'economia dell'U. è tuttora essenzialmente basata sull'allevamento del bestiame bovino (10,2 milioni di capi nel 1977) e ovino (17,8 milioni), favorito dai pascoli naturali che ricoprono più del 75% del territorio. L'agricoltura si è andata tuttavia sempre più sviluppando specialmente nelle aree meridionali e occidentali, lungo i litorali del Río de la Plata e del Río Uruguay. Prevalgono i cereali (frumento 538.000 ha e 5 milioni di q nel 1976; granoturco 177.000 ha e 2 milioni di q), mentre un'importanza sempre maggiore hanno acquistato in questi ultimi anni le colture olearie (girasole 126.000 ha e 770.000 q nel 1976). Nonostante la grave situazione politica del paese dopo il 1968, gli sforzi governativi sono soprattutto diretti verso una maggiore diversificazione dell'agricoltura per aumentare le voci di esportazione, ancora troppo esclusivamente dominate dalla carne (144 milioni di dollari SUA nel 1974), dalla lana (70 milioni di dollari) e dai pellami (24 milioni). L'attività industriale, già ostacolata dalla mancanza di materie prime e di combustibili, che devono essere importati, si è andata ancor più riducendo, a partire dal 1971; l'unico settore attivo è quello tessile (lanifici e cotonifici). Anche le comunicazioni non hanno registrato miglioramenti e contribuiscono con le loro deficienze strutturali a rendere difficile la ripresa e lo sviluppo economico del paese.
Bibl.: R. H. Brannon, The agricultural development of Uruguay, New York 1968; M. Alisky, Uruguay: a contemporary survey, ivi 1969.
Storia. - I blancos, al potere dal 1958, non furono in grado di sanare la difficile situazione economica del paese ma riuscirono a prevalere di stretta misura alle elezioni del 1962, che portarono alla presidenza F. Harrison. Questi proseguì la "Operazione Uruguay", ambizioso piano decennale varato nel 1961 con il sostegno dell'Alleanza per il progresso. Il piano si rivelò impotente dinanzi al caos finanziario che suscitava agitazioni croniche delle forze del lavoro, fughe di capitali, inflazione galoppante con tutte le sue conseguenze. Lo stato, gravato da un rovinoso sistema assistenziale, non riusciva a far fronte ai propri impegni e ritardava il pagamento di stipendi e pensioni. L'evasione fiscale, calcolata intorno al 65% nel 1964, e l'intenso contrabbando attraverso le incontrollabili frontiere con il Brasile e l'Argentina, inferivano il colpo di grazia alla dissestata economia uruguaiana. La crisi dell'agricoltura e dell'allevamento (carne e lana) trasformarono l'U., paragonato in passato alla Svizzera, in un paese povero e disorganizzato, alle prese con confuse idee riformistiche praticamente irrealizzabili a causa delle resistenze oligarchiche. Nel 1965 l'U. si trovò sull'orlo della bancarotta, non essendo più in grado di far fronte ai suoi impegni con l'estero: il Banco de la República fu coinvolto in una serie di scandali e il Tesoro annunziò che le sue casse erano esaurite. Per di più un'eccezionale siccità inaridiva le campagne, rendendo la situazione ancora più precaria.
Il 10 giugno 1965 il deputato J. Battle propose di abbandonare il sistema di governo collettivo - considerato esemplarmente democratico - presieduto da W. Beltrán e di ripristinare la repubblica presidenziale. Nel novembre 1966 tale proposta fu accolta dall'elettorato, che in tal modo condannò, dopo quindici anni di esperimento, il Colegiado. Alla presidenza della Repubblica fu insediato il generale in pensione O. Gestido, candidato del Partito colorado. Il cambio di sistema governativo, tuttavia, non apportò quei miglioramenti che tutti si attendevano e meno ancora modificò le vecchie strutture. Sorse allora e si sviluppò un movimento di guerriglia urbana (nelle città si concentra il 70% della popolazione) promosso dai tupamaros (da Tupac-Amaru, martire peruviano dell'indipendenza sudamericana), gruppo formato da intellettuali e proletari appoggiati da studenti e da elementi della borghesia. In seguito alla morte improvvisa del presidente Gestido (1967) il potere fu assunto da J. Pacheco Areco che combatté in tutti i modi i guerrilleros, sciogliendo i partiti di sinistra e sospendendo i quotidiani dell'opposizione. I colpi di mano dei tupamaros, talvolta clamorosi, s'intensificarono nel 1969 con il sequestro di personalità e di diplomatici, attacchi alle caserme, prigioni e banche.
Il nuovo presidente della Repubblica J.M. Bordaberry (1° marzo 1972) decretò lo "stato di guerra interna", in funzione antiguerriglia, e accettò la tutela dei militari di tendenza progressista. Successivamente Bordaberry, sotto la pressione dei conservatori e dei militari di destra, sciolse le Camere (27 giugno 1973) sostituendole con un Consiglio di stato e sanzionando la fine definitiva del regime democratico in Uruguay. Le reazioni al colpo di stato, definito auto-golpe, furono violente: la Convención Nacional de Trabajadores (CNT) proclamò lo sciopero a oltranza dei lavoratori e dei trasporti pubblici, paralizzando la vita della nazione; gl'impiegati pubblici e privati aderirono allo sciopero e gli studenti occuparono l'università. Il governo reagì energicamente, facendo intervenire la truppa ed effettuando migliaia di arresti. Intervenne anche la Chiesa, facendo appello alla concordia e chiedendo l'amnistia politica. La CNT fu sciolta e i suoi dirigenti si rifugiarono nella vicina Argentina o nella clandestinità. La ferrea repressione portò all'arresto del leader della coalizione di sinistra Frente amplio, L. Seregni, e del senatore J. P. Terra, presidente della Democrazia cristiana. La situazione si avviò verso la normalità dopo un sostanziale aumento dei salari e la revisione della legge sul diritto di sciopero (24 luglio) che prevedeva anche il controllo sull'impiego dei fondi sindacali. L'atteggiamento delle forze del lavoro, che abbandonarono le posizioni intransigenti, evitò al paese il pericolo della guerra civile e mise in ombra la spaccatura ideologica esistente in seno alle forze armate. Il movimento dei tupamaros, uno dei più organizzati dell'America latina, praticamente si diluì in seguito alla repressione e alla scomparsa o morte dei suoi principali capi: R. Sendic e P. Larena Tuttavia la crisi politica dell'U. permase; gli ostacoli creati dalla situazione economica si aggiunsero a quelli determinati dalla congiuntura internazionale, onde il precipitare della crisi nella primavera del 1976.
Un colpo di stato (12 giugno) costringeva il presidente Juán María Bordaberry a dimettersi. Al suo posto veniva provvisoriamente insediato il vicepresidente Alberto Demicheli. La presidenza veniva assunta il 1° settembre da Aparicio Méndez, eletto dal Consiglio della Nazione, nuovo organo formato prevalentemente da militari. Il primo decreto del nuovo presidente (2 settembre) ha privato dei diritti politici tutti gli esponenti dei partiti e dei sindacati dei passati regimi; nell'aprile del 1979 si sono verificati numerosi arresti di militanti comunisti, tra cui il segretario del partito L. L. Poniachik.
Bibl.: G. Pendle, Uruguay. South America's first welfare state, New York 19633; H. Herring, A history of Latin America from beginning to the present, ivi 1970; A. Labrousse, Les Tupamaros, Parigi 1971; V. Varini, Formación económica del Uruguay, Montevideo 1971.
Letteratura. - Negli anni in cui l'Europa è travolta dalla crisi politica che sfocia nella seconda guerra mondiale, l'U., come la vicina Argentina, gode non solo di una notevole prosperità economica, che si protrae fino alla metà degli anni Cinquanta, ma anche di una ripresa in tutti i campi della vita culturale e artistica. Cosicché le date del 1939 e del 1945, che contrassegnano l'inizio e la fine del conflitto internazionale, sono in tutt'altro modo significative per l'attività intellettuale uruguayana. A partire dal 1939, infatti, giungono in U., come nel resto dell'America latina, alcuni scrittori spagnoli in esilio (J. R. Jiménez, L. Felipe, R. Alberti, ecc.) e uno di essi, J. Bergamín, rimane vari anni a insegnare presso l'università di Montevideo, influenzando positivamente anche il lavoro di alcuni gruppi e periodici letterari. In particolare, il 1939 segna l'apparizione della rivista Marcha, una delle più autorevoli pubblicazioni dell'America latina, punto di confluenza di un'elaborazione critica vasta e profonda, e quella di un libro, El pozo, opera prima di uno dei migliori esponenti della narrativa contemporanea ispanoamericana, J. C. Onetti (nato nel 1909). In quanto alla seconda data, il 1945, c'è da registrare che essa darà il nome a un'agguerrita leva di letterati, appunto "la generazione del'45", che avrà il merito e il compito, quasi storico, di esprimere e rappresentare, negli anni Sessanta, le problematiche e le inquietudini critiche maturate nel periodo precedente.
Il rinnovamento più cospicuo si verifica nel campo della narrativa. Negli anni Quaranta e Cinquanta sono ancora attivi - scomparsi H. Quiroga (1878-1937) e C. Reyles (1868-1938) - alcuni scrittori d'impianto realista, come E. Amorim (1900-1960), di cui in Italia è stato tradotto il romanzo La carreta con il titolo Il carrettone (Milano 1945), il quale pubblica nel 1958 quella che alcuni considerano la sua opera migliore, La desembocadura, storia di una crisi familiare che va di pari passo con la crisi economica di una piccola città, e che solo in parte riflette l'ambiente contadino di molti suoi libri precedenti; o come A. Gravina (n. nel 1913), autore di alcuni romanzi, tra cui Fronteras al viento (1951), e di varie raccolte di racconti, tra cui la più recente è intitolata Despegues (1974). Ma ancora più riuscite, da un punto di vista letterario, e anche di maggior rilievo, sono le narrazioni fantastiche di F. Hernández (1902-1967), che proprio in quel lasso di tempo dà alle stampe il suo libro più affascinante, Nadie encenderá las lámparas: con lo stesso titolo, nella versione italiana, Nessuno accenderà le lampade, è stata pubblicata, con prefazione di I. Calvino, una scelta oculata dei suoi allucinati e misteriosi racconti (1974), che in parte discendono dall'immaginazione alla Poe del già ricordato Quiroga. L'opera di J.C. Onetti fa in un certo senso da ponte tra la vecchia e la nuova generazione. Scrittore dal dettato estroso e minuzioso, talora quasi aspro e scavato, di forti influenze kafkiane, Onetti ha dato vita a una serie di storie collocate nella città immaginaria di Santa María, teatro delle illusioni perdute di una piccola borghesia provinciale tanto frustrata quanto pervicacemente sognatrice, fonte di sordidi e amari eroi negativi, come si può vedere dai vari romanzi che sono stati tradotti anche in Italia: da Para esta noche, 1943 (Per questa notte, Milano 1974) a La vida breve, 1950 (La vita breve, Milano 1970) e a Los adioses, 1954 (Gli addii, Roma 1979), da El astillero, 1961 (Il cantiere, Milano 1972) a Juntacadàveres, 1964 (Raccattacadaveri, Milano 1969), a Dejemos hablar al viento, 1979. Suoi continuatori sono, per molti versi, i narratori della "generazione del '45", che esordiscono negli anni Cinquanta, e usufruiscono di quel momento felice d'intensa attività editoriale e artistica che va dal 1965 al 1973, anno del "golpe" militare, che ha soppresso, con le libertà democratiche, quasi ogni traccia di effettiva vita culturale nel paese. Tra questi narratori ricordiamo soprattutto M. Benedetti (nato nel 1920), anche poeta e saggista molto dotato, autore dei racconti di Montevideanos (1959) e de La muerte y otras sorpresas (1968), del romanzo Gracias por el fuego (1965), esperimento riuscito di realismo critico, e del dramma Pedro y el capitán (1979); C. Martínez Moreno (nato nel 1917), autore de El paredón (1963), che in parte si svolge a Montevideo e in parte all'Avana in piena rivoluzione, e de La otra mitad (1966) e di varie altre opere; M. Arregui (nato nel 1917), con Hombres y caballos (1960), narrato con rapida e quasi giornalistica semplicità; J. P. Díaz (nato nel 1921), con i romanzi Los juegos de San Telmo (1964), che si svolge in Italia, nei pressi di Palinuro, e di Partes de naufragios (1969), che narra "i naufragi" di una famiglia e di una società, prima felici; e A. Sommers (nata nel 1918), che ha scritto sconcertanti e crudeli racconti, come quelli di De miedo en miedo (1965).
Meno vistoso, anche se più variato e frequentato, il panorama della poesia degli stessi anni. Dopo gli esiti simbolisti, vagamente pre-surrealisti, di J. Herrera y Reissig ai primi del Novecento e quelli, già degli anni Venti e Trenta, di D. Agustini, C. Sabat Ercasty e di J. de Ibarbourou, in qualche modo coinvolti nelle poetiche d'avanguardia, la poesia assume toni pensosi e disperati con S. de Ibáñez (1910-1971), autrice di Canto (1940), o aspetti dimessi e intensi con L. Falco (1906-1955), autore di Tiempo y tiempo (1956), o forme essenziali e talora venate di "popularismo" con J. Cunha (nato nel 1910). La "generazione del '45" aggiunge a questi accenti una coscienza critica più rigorosa, un taglio più netto di proposte morali, talora richiamandosi alla vena tragica di C. Vallejo, talora alla vena combattiva di P. Neruda, come si può vedere in I. Vilariño (nata nel 1920), autrice di Nocturnos (1955), con A. Berenguer (nata nel 1923), di Materia prima (1967), o con M. Schinca (nato nel 1926), autore di Esta hora urgente (1963). Ma abbiamo citato solo i nomi più rilevanti.
La breve e densa stagione di espansione e di fioritura delle case editrici "Alfa" e "Arca" e di riviste come Asir, Nexo, Desliade o Praxis - e ci riferiamo agli anni tra il 1955 e il 1970 circa - vede anche l'abbondante e rigogliosa apparizione di parecchi "teatri indipendenti", piccole e attivissime sale di spettacolo, a carattere fortemente innovatore, come "El Galpón" (che oggi opera in esilio, in Messico e in Venezuela), il "Club de Teatro" e il "Teatro Universitario". Già in passato il teatro aveva avuto in U. uno sviluppo intelligente con l'attrice e regista M. Xirgu (una delle attrici preferite di García Lorca) e con registi come A. Discépolo e A. del Cioppo, il quale è ancora in attività. Ma in quegli anni prorompe la sperimentazione, secondo moduli europei (da Beckett a Brecht) e anche per influenza del teatro argentino. Sorgono così buoni scrittori drammatici, tra cui A. Larreta (nato nel 1922), che scrive e mette in scena Oficio de tinieblas, dove si affronta il tema di un gruppo di persone assediate dalla peste, celebre metafora di altre angosce; o C. Maggi (nato nel 1922), con El patio de la torcaza (1967), e varie altre opere neo-espressioniste; o J. Langster (nato nel 1927), autore di commedie di dura satira di costume, quali Los elegidos; o, infine, M. Rosencof (nato nel 1935), autore de Los caballos (1967).
È naturale che "la generazione del '45", detta anche "generazione della critica", abbia svolto un'ingente e spesso qualificata attività saggistica, sia nelle pagine di riviste come Marcha o nei Cuadernos de Marcha o in altre riviste, sia in volumi monografici o vari. Saggistica ora a carattere storiografico, ora a carattere sociologico o politico, ora a carattere letterario. Nel numeroso stuolo degli scrittori interessati agli aspetti storici e sociali, vanno almeno citati i nomi di C. M. Rama, autore di un libro tradotto anche in Italia, Il movimento operaio latinoamericano (Firenze 1969), e di un saggio su Garibaldi y el Uruguay (1968); di J. Barreiro, autore di Violencia y política en América Latina (1971); di C. Quijano, direttore di Marcha e autore de La reforma agraria en el Uruguay (1963); e di R. Faraone (nato nel 1929), autore de El Uruguay en que vivimos (1972), preziosa guida alla conoscenza recente del paese. Nel campo particolare della critica e della saggistica letteraria, si distinguono principalmente le opere di E. Rodríguez Monegal (nato nel 1921), oggi professore alla Yale University, autore di libri su Neruda, Borges, Quiroga, Bello, e di due volumi sui Narradores de esta América (1977-78); del già citato M. Benedetti, autore di Letras del continente mestizo (1967) e del volume miscellaneo El recurso del supremo patriarca (1979); di C. Real de Azúa (1916-1978), autore di saggi su Artigas e su Rodó, e di un'ottima Antología del ensayo uruguayo contemporáneo; e di A. Rama (nato nel 1926), oggi professore all'università centrale di Caracas, direttore della collana di classici latinoamericani Biblioteca Ayacucho, autore di moltissimi saggi e studi, tra cui alcuni sulla letteratura del suo paese, su Rubén Darío (sua è la lunga introduzione alla Poesía completa del nicaraguense, 1977), sulla letteratura gauchesca (poesia e prosa), ecc., e del recente libro Los dictadores latinoamericanos (1976), dove prende in esame i romanzi di A. Carpentier, G. García Márquez e A. Roa Bastos sul tema della tirannia.
Forse per influenza del boom del romanzo latinoamericano o forse per impulso degli avvenimenti che hanno improvvisamente mutato il volto del già pacifico e democratico U. (una volta denominato la "Svizzera dell'America latina") in una dittatura militare di stampo fascista, fatto è che la generazione più giovane si è orientata maggiormente verso la letteratura testimoniale o propriamente narrativa, anziché verso la poesia. L'esempio più interessante è, a questo proposito, quello di E. Galeano (nato nel 1940), che esordisce con Los días siguientes (1963), raccolta di racconti assai diversi da quelli del libro successivo, Los fantasmas del día del león (1967), già segnati da una preoccupazione morale, e tanto più con le cronache di Días y noches de amor y de guerra (1978), dove narra i recenti avvenimenti di violenza e di arbitrio che hanno travolto il suo paese. Del resto, per la stessa ragione, egli si è impegnato a scrivere opere dalle quali emerge il suo impegno di giornalista e di intellettuale militante, come i due libri che sono stati tradotti in Italia: uno sul Guatemala (Bari 1968) e l'altro, che in originale è intitolato Las venas abiertas de América Latina, apparso presso di noi con il titolo Il saccheggio dell'America Latina (Torino 1976). Simile l'itinerario di C. Peri Rossi (nata nel 1941), che ha pubblicato prima i racconti di Los muséos abandonados (1968) e più tardi quelli de La tarde del dinosauro (1976), dove il mondo crudele è visto spesso con gli occhi innocenti e insieme senza ombre dei bambini: e quello di due altre scrittrici finemente dotate: S. Lago, autrice di Las flores conjuradas (1971), e di T. Porzekanski, di Historias para mi abuela (1970). Al romanzo hanno dato contributi e soluzioni variamente sperimentali J. Onetti (nato nel 1931), figlio del famoso scrittore, con Contramutis (1969), che è stato tradotto in italiano con lo stesso titolo (Milano 1970), e che è una sorta di giallo psicologico, con visibili risvolti onirici; F. Ainsa (nato nel 1937), autore di quattro o cinque romanzi di narrazione concitata, quasi frenetica, forse influenzati dal cinema, come El testigo (1964) e Con cierto asombro (1968); e M. Levrero (nato nel 1939), autore del quasi ossessivo La ciudad (1970). Ulalume González de León (nata nel 1932), educata in Francia e ora residente in Messico, che ha pubblicato un volume di racconti, A cada rato lunes (1970), e uno di poesie, Plagio (1972), è, invece, una scrittrice che passa da un'ambigua prosa poetica, tutta allusioni e sottintesi, a una poesia anch'essa tesa tra fantasmi e ombre.
Per tutti questi scrittori della nuova leva, molti dei quali oggi in esilio in Spagna (come Galeano e la Peri Rossi) o altrove (e non sappiamo dire quanti e quali), occorre chiedersi, in conclusione, che cosa offrirà la realtà scissa in cui sono costretti a vivere. La domanda è, per tutti, e tanto più per questi uruguayani, affidata all'incerto futuro.
Bibl.: E. Rodríguez Monegal, Literatura uruguaya del medio siglo, Montevideo 1966; H.E. Pedemonte, Carácteres de la literatura uruguaya, in Cuadernos hispanoamericanos, Madrid, luglio-ag. 1973.
Pittura. - Nel 1905, con la creazione a Montevideo del Círculo Fomento de Bellas Artes, le arti visive dell'U. trovano il primo punto di convergenza: con la possibilità di studiare in loco incomincia a diminuire l'emigrazione verso l'Accademia di Firenze, meta obbligata nella formazione degli artisti uruguaiani dalla metà dell'Ottocento, facilitati in questo dal provenire, nella maggior parte dei casi, da famiglie alto borghesi. C. M. Herrera (1875-1914), socio fondatore e primo direttore del Círculo, pittore che arriva al dominio della tecnica del pastello, vicino al luminismo spagnolo di J. Sorolla, con la sua opera e il suo insegnamento faciliterà il passaggio dell'arte dell'U. alle ricerche moderne. A 38 anni dalla sua fondazione il Círculo si trasformerà nella Scuola nazionale di Belle Arti, sotto la direzione di D. L. Bazzurro (1886-1962).
Dall'inizio del Novecento, con sempre minor sfasamento nel tempo, si continuano a notare influenze formali di movimenti europei (prevalentemente francesi) con connotazioni poetiche locali, frequenti motivi e temi vernacolari, che seguono, dapprima inconsciamente, il gusto per l'autoctono iniziato, anche se con spirito diverso, da artisti europei, viaggiatori arrivati nell'U. nel Settecento e agl'inizi dell'Ottocento in spedizioni scientifiche o culturali o militari, che hanno lasciato, specialmente in disegni e acquerelli, un'importante documentazione su paesaggio, flora, fauna, usi, costumi, tipi somatici, gettando le basi di una tradizione figurativa uruguaiana arrivata sino ai giorni nostri e percepibile anche nella voluta grazia ingenua con cui a volte vengono affrontati i motivi e le tematiche regionali.
Per capire l'arte uruguaiana del Novecento è necessario vederne, almeno in sintesi, la breve storia precedente. L'U. non ha avuto importanti civiltà precolombiane (la scoperta nel 1891 dell'Antropolito di Mercedes, sicuramente l'opera di maggior interesse del periodo precolombiano tra quelle rinvenute nell'U., e gli ornitoliti, costituiscono casi isolati e sono sicuramente di provenienza foranea), né un'arte coloniale di grande interesse: agl'inizi di questo secolo gl'immigrati non avevano avuto il tempo di crearsi una propria tradizione, segni e simboli sorti dalle nuove situazioni del territorio dove si erano da poco insediati. Nel contrasto per la supremazia, la cultura apparentemente vincitrice accoglie nel suo interno valori di quella che ha cercato di sradicare, cosa avvenuta in diversi luoghi d'America; in U., invece, al loro arrivo gli europei non trovano una cultura consolidata su cui innestare i propri modelli. Non essendo possibile liberarsi immediatamente dalla propria tradizione - esiste uno slittamento, anche lungo, dalla vecchia alla nuova che si sta formando - gl'immigrati ricercano dapprima i modelli culturali vigenti nella madre patria al momento della loro partenza, modelli che, idealizzati dalla lontananza spazio-temporale, costituiscono effettivamente punti di riferimento della loro identità; successivamente cercano l'aggancio con quei modelli che si stanno elaborando nell'Europa contemporanea, colti, però, nell'aspetto formale, perché la storia dalla quale sorgono diverge dalla storia che essi stanno creando in America; ciò spiega come molte volte l'attenzione ricadrà su artisti minori come, per es., gli spagnoli H. Ànglada Camarasa e I. Zuloaga che dividono in polemica i pittori uruguaiani del primo Novecento tra cromatisti e difensori della costruzione disegnativa. Con il passare del tempo, e non identificandosi pienamente in quelli europei, cominciano a cercare modelli di valore anche in loco, cogliendoli in un primo momento nei fenomeni immediatamente percepibili, la recente storia patria, le immagini rurali e urbane, l'arte popolare, il folclore e i materiali, che, quando sono adoperati nel mosaico, nella scultura e persino nell'architettura, sono esaltati. Un aggancio con le immagini già elaborate dalla cultura specializzata, che contengono in sintesi i due poli della questione, l'elemento europeo e quello nativo, lo si trova per l'appunto nell'opera degli artisti viaggiatori, tra i quali si dovranno nominare i francesi Dom A. J. Pernetty (1716-1801) e A. Ollivier (m. 1875); gl'inglesi A. Earle (1793-1839), C. Martens (1801-1871) ed E. Essex Vidal (1791-1861); i tedeschi A. d'Hastrel (1805-1875) e J. M. Rugendas (1802-1858); l'italiano F. Brambilla (1750-1832); il franco-brasiliano J. L. Pallière (1823-1887); lo spagnolo M. Besnes e Irigoyen (1788-1865).
Il dipingere alla maniera impressionista e in varianti del naturalismo luminista spagnolo e del modermismo italiano costituisce il punto di rottura con la formazione accademica fiorentina. P. Blanes Viale (1879-1926), considerato capostipite del paesaggio nazionale, guardando alla pittura spagnola contemporanea, lascia vedute di Montevideo, di Mallorca in Spagna, ritratti e qualche quadro storico; invece M. Beretta (1870-1935), pittore, collezionista di Bonnard, Vuillard, Van Gogh, M. Rosso, Fattori, Bonington, e animatore culturale, guarda alla Francia dove ha studiato prima musica, poi scultura con M. Rosso. Questi due artisti esemplificano la posizione di apertura che contribuirà allo sbocco nel planismo, diventato scuola nazionale verso gli anni Trenta. Il planismo, iniziatosi con l'insegnamento nel Círculo del pittore G. Laborde (1886-1940), i cui apporti sono però da segnalare soprattutto nel campo della scenografia, avrà nell'associazione Teseo il suo centro propulsore. Sono rappresentativi di questa tendenza di piani di colore J. Cúneo (1887-1977), pittore di romantiche lune ed elementi deformati espressionisticamente, che più tardi, attorno ai 70 anni, si firmerà con il cognome materno di Perinetti in esperienze astratte, e C. de Arzadum (1888-1968), paesaggista di vedute di Francia, Spagna e U., acuto nel fissare emotivamente la luce della sua terra.
Accenti cubisti si trovano dal finire degli anni Venti nelle opere di C. Rivello (1901-1944), C. Prevosti (1896-1955), G. Bellini (1908-1935), H. Sgarbi (1905), allievi a Parigi di A. Lhote, la cui influenza si ritrova anche in altri artisti uruguaiani, come O. García Reino (1910). Altro importante punto di riferimento per gli artisti di questa generazione è l'arte di F. Léger. Con figurazioni di diverse provenienze lavorano i pittori R. (Pérez) Barradas (1890-1929), anche illustratore, disegnatore e caricaturista, vissuto a lungo in Spagna dove realizza la parte più importante del suo lavoro, riscuotendo successo come scenografo e costumista; R. Aguerre (1897-1967), disegnatore e incisore, A. De Simone (1896-1950), di origine italiana, che vive intensamente e drammaticamente la città di Montevideo, come testimoniano le sue opere.
Artista nell'avanzata maturità è P. Figari (1861-1938), docente universitario, politico, saggista, pilastro della cultura nazionale; è stato organizzatore della Scuola Nazionale di Artes y Oficios - attualmente università del Trabajo dell'U. - nella quale si accentua l'insegnamento e la promozione soprattutto dell'artigianato: nel 1915 ne è nominato direttore, e guardando a Ruskin, tende alla trasformazione della scuola in luogo d'insegnamento del design: vale la pena sottolineare la funzione benefica di elevazione del gusto che assume l'oggetto artigiano nell'U., quale quasi unico elemento estetico di penetrazione nella vita quotidiana. Protagonisti delle pitture di Figari - per lo più su cartone -, dense di contenuti sociali, sono nativi che si muovono in luoghi del Río de la Plata. Altre sue pubblicazioni sono Arte, Estética, Ideal (1912) e El Arquitecto (1928).
L'U. resta in disparte dalle ricerche americaniste che dagli anni Venti fervono in diversi paesi latino-americani, incentrate sulle attuali condizioni del primitivo abitante del continente, perché, essendo in questa nazione inesistenti le comunità indigene, non si sente il problema della condizione india. Nell'Ottocento, quando J. M. Blanes dipinge El Angel de los Charrúas, lo fa senza la passione che si troverà in altri artisti del continente quando trattano tali tematiche. Il muralismo messicano influenza N. Berdía (1900) dopo il viaggio di Siqueiros a Montevideo nel 1933, ma pochi altri sono i cultori, e di breve durata gli esempi, di questo genere.
Con il ritorno dall'Europa, nel 1934, di J. Torres García (1874-1949) la ricerca dell'autoctono nell'arte dell'U. entra in sincronia con il linguaggio universale. Il suo Universalismo Constructivo è sintesi di opposti, di concreto e astratto, di americanismo e universalismo, di passato precolombiano e di contemporaneità. Con sforzo intellettuale Torres García riesce a dare alla cultura uruguaiana, con la sua opera artistica, teorica e pedagogica, il mestizaje (fusione di culture) che essa non possedeva, mettendo a disposizione della patria la sua lunga esperienza internazionale (basti ricordare Cercle et Carré, fondata a Parigi nel 1930 insieme con M. Seuphor). Nel suo Taller si formano buona parte degli artisti uruguaiani tra i più significativi di oggi, attivi in diverse città del mondo: il figlio Augusto (1913), J. Gurvich (1927), E. Ribeiro (1921), direttore e insegnante di diverse scuole d'arte nella provincia, e suo fratello Alceu (1919), J. U. Alpuy (1919), sino a qualche anno fa severo nei toni bassi e nello scandire le ortogonali con l'aiuto della sezione aurea, G. Fonseca (1922), dapprima pittore, attualmente scultore di altissime libertà poetiche pur nelle regole del maestro.
Dalla nascita della Repubblica sino a parte del Novecento è lo stato che riconosce pubblicamente gli artisti chiedendo loro lavori; la mancanza di una forte struttura di mercato che serva da filtro tra artisti e pubblico, com'è avvenuto in altre nazioni, ha fatto sì che al riconoscimento statale diretto subentrassero i Salon e le premiazioni che sono serviti in un primo momento come mezzo provvisorio d'indicazione di valore, con funZione di stimolo per gli artisti e veicolo di contatto con il pubblico. Il Salón del Centenario nel 1930 è il primo del suo genere, nel 1937 si crea il Salón Nacional de Bellas Artes, nel 1940 il Municipal e nel 1960 il Premio Blanes. Bisogna anche segnalare due mostre che hanno avuto un ruolo determinante nell'imposizione dell'arte moderna; la prima nel 1952 presso la facoltà di architettura di Montevideo, che ospitò opere prevalentemente astratte; la seconda, più importante, è stata realizzata nel Subte (sotterraneo) Comunale nel 1955 con il titolo 19 artistas de hoy. Contemporaneamente si sono formati diversi gruppi di artisti ma, ad eccezione del Taller Torres García, senza obiettivi programmatici precisi; poiché i raggruppamenti sono eterogenei, vi prevalgono le ricerche individuali sugli obiettivi comuni, che, seppure di vita breve, hanno tuttavia contribuito ad animare l'ambiente artistico: Gruppo Carlos Federico Sáez (1949), Gruppo de arte no figurativo (1952), Gruppo Ocho (1958). Con motivazioni diverse, cioè d'insegnamento, di diffusione e di valorizzazione, si creano associazioni di artisti, intellettuali, amatori: l'ETAP (scuola laboratorio di arti visive) apre nel 1932; l'AIAPE (associazione di intellettuali, artisti, giornalisti, scrittori, di sinistra) e l'Amigos del Arte (1931) sono fondate negli anni Trenta; il Club de Grabado, nel 1953.
Solo con notevole ritardo rispetto al suo nascere l'astrattismo comincia a essere praticato nell'U., ma è stato momento di transito di buona parte degli artisti uruguaiani e ha confermato i forti legami di tradizione culturale con l'Europa: i movimenti artistici degli Stati Uniti, dall'Action Painting in poi, non riescono ad aprirsi che una breccia momentanea. Conducono ricerche, sporadiche o permanenti, nell'astrazione, sia essa concreta, informale, di ascendenza spagnola o segnica: J.P. Costigliolo (1902), pioniere della geometria insieme con A. Llorens (1920), M. Freire (1919), J. Verdié (1900), M. Espínola Gómez (1921), A. Spósito (1924), J. Damiani (1931), A. Nieto (1910), M. Mortarotti (1926), incisore di sottile lirismo, W. Barcalá (1920), L. Nóvoa (1919) che usa nel rivestimento del Club Atlético Cerro di Montevideo, pittura, scultura, architettura (realizzato dal 1962 al 1964, ha 4,60 m di altezza per 132 m di lunghezza); notevole importanza ha avuto per la maturazione di L. Nóvoa l'influenza dello scultore basco, J. de Oteiza, che nel suo viaggiare dal 1935, per 14 anni, per l'America Meridionale contribuì a formare una generazione di ceramisti e scultori. Disegnatore raffinato è N. Ramos (1932). Sul finire degli anni Cinquanta e agl'inizi degli anni Sessanta si avverte in alcuni artisti dell'U., per es. J. Gamarra (1934), la ricerca, nel segno, della civiltà americana.
Nell'ambito delle correnti figurative, continuando la tradizione dell'uso di temi e motivi locali, talvolta anche internazionali di attualità, espressi o nel grottesco o nel fantasmagorico, o con voluta ingenuità popolare, si muovono L. A. Solari (1918), pure eccellente incisore su metallo: A. Frasconi (1919), che si dedica prevalentemente alla xilografia cui apporta innovazioni tecniche; C. Páez Vilaró (1923), che dal 1965 lavora alla da lui definita Plac Art, tentativo d'integrazione di tutte le arti. Virtuosissima nella puntasecca è la scultrice M. C. Portela (1898).
Scultura. - La maggior parte delle opere scultoree importate in U. durante il periodo coloniale sono in legno; nel 1800 il marmo di Carrara è il materiale preferito dagli scultori, prevalentemente italiani, per opere funerarie e, successivamente, anche per monumenti nazionali dei quali lo stato incaricò pure artisti nativi. Quasi come logica conseguenza i primi sintomi autonomisti nella scultura si manifestano nell'uso di materiali locali.
Si considerano J.M. Ferrari (1874-1916) il primo scultore oriundo importante e il Monumento al Paso de los Andes por el General San Martín, nelle montagne argentine di Mendoza, la sua opera più significativa. Meritano menzione J. L. Zorrilla de San Martín (18911975), J. Belloni (1882-1965), più che altro per la popolarità di cui gode in patria, soprattutto per il monumento La Carreta del 1929 nel parco Batlle y Ordónez di Montevideo; B. Michelena (1888-1963), che, con il trattamento dei volumi sui quali scivola dolcemente - metafisicamente - la luce, imprime una svolta alla scultura dell'U. raggiungendo Bourdelle nell'ammirazione dei connazionali dell'epoca.
L'astrazione è stata ricercata a partire dal 1946, sperimentando materiali vari, da G. Cabrera (1903), che dopo il 1967 ritorna alla figura con le Tetonas, tentativo di recupero di reminiscenze popolari, tanto per la tematica quanto per la scelta del mezzo e il modo di usarlo, l'argilla dipinta; anche M. Freire è tra i pionieri dell'arte astratta, operando con ferri, fili di ferro e perspex. E. Díaz Yepes (1910) e P. Serrano (1910), di origine spagnola, sono due artisti di notevole importanza nella scultura dell'Uruguay. Sempre al filone astratto, ma di una generazione più giovane, appartengono M. Rabellino (1929) e P. C. Costa (1935), mentre A. Alamán (1921), pur essendo figurativo, fa uso di materiali non convenzionali. Per finire va ricordato il pittore geometrico L. Presno (1917), autore del monumento a J. F. Kennedy eretto in Quemú-Quemú, Argentina, nel 1967, né si può dimenticare il Monumento Cósmico che J. Torres García realizzò nel 1938 nel Parco Rodó di Montevideo: muro di granito rosa sul quale, entro gli scomparti lasciati dalla maglia ortogonale ritmata con la sezione aurea, egli incise il compendio della sua ideografia; sormontato da un cubo, una sfera e una piramide, e con due elementi laterali staccati da esso, il monumento compendia mirabilmente la sua concezione plastica. Vedi tav. f.t.
Architettura e Urbanistica. - Nella seconda metà del secolo scorso, con l'affermazione del liberalismo economico e della conseguente speculazione privata sul territorio urbano, si gettano le basi dei problemi urbanistici della città di Montevideo, manifestatisi apertamente dagl'inizi del Novecento sino ai giorni nostri nella conurbazione e nel caos urbano. Città estesa, di bassa densità abitazionale, Montevideo è il nerbo della vita uruguaiana; nel suo territorio vive circa il 40% della popolazione della nazione e la rete viaria radiale, che unisce il paese con la capitale, è prova della sua importanza storica e naturale; dal suo porto infatti s'imbarcano i prodotti nazionali, principalmente bestiame. Una delle opere più importanti realizzate a Montevideo è perciò il porto che, iniziato nel 1901, dà l'avvio a molteplici operazioni urbanistiche e architettoniche collaterali (autore del progetto l'ingegnere francese A. Guérard, coautore l'ingegnere Kummer, direttore delle opere; collaboratori gl'ingegneri L. Andreoni, J. Storn, V. Benavides). Naturalmente è nella capitale che le ricerche urbanistiche e architettoniche dell'U. trovano il più attrezzato laboratorio di sperimentazione.
Al caos della ciudad Novísima, che si aggiungeva alla Ciudad Vieja (coloniale) e alla Ciudad Nueva (tracciata nel 1932-33), si cerca di rispondere nel 1911 con il Concorso internazionale per il Trazado General de Avenidas y Ubicación de Edificios Públicos en Montevideo (vincitori: 1° l'italiano A. Guidini, 2° il tedesco J. Brix, 3° l'uruguaiano E.P. Baroffio), che ha come precedenti le proposte avanzate nel 1887 alle autorità uruguaiane dal francese N. Maillart, ispirate a sua volta a quelle del prefetto Haussmann per la Parigi di Napoleone III, tendenti a consolidare il prestigio dello stato e che si addicono perfettamente alle esigenze della classe dirigente uruguaiana; nel progetto Maillart si mantiene la concezione monumentale, grandi vie di circolazione che collegano anche visivamente i palazzi pubblici, ma mancando per Montevideo le ragioni politico-repressive del progetto parigino, è contemplata la possibilità di speculare sui terreni, valorizzando così le zone vicine a vie e palazzi che si mettono in contatto.
Nel 1912 si presenta un progetto di piano regolatore per la città, elaborato da una commissione tecnica composta dall'ingegnere Gianelli, dagli architetti E. P. Baroffio e A. Guidini. Nel 1916 si crea la Sección Embellecimiento de Pueblos y Ciudades (Sezione abbellimento di paesi e città), ufficio diretto dall'arch. E. Conforte con la collaborazione dell'arch. R. Lerena Acevedo, teorico e propulsore del lavoro di questa sezione che rifletteva il pensiero urbanistico dell'inglese H. Howard - la Città Giardino della fine dell'Ottocento, giustamente trasformata in Quartiere Giardino -, il monumentalismo viario del barone Haussmann e che teneva conto di considerazioni igieniche necessarie nell'epoca industriale. Le concezioni estetiche di questo ufficio integrano anche quella regolatrice, una superficie limitata e crescita controllata della popolazione in funzione di ottimi coefficienti di densità abitazionale; soluzioni visibili nei progetti elaborati per diverse città, tra le quali Salto, Paysandú e Mercedes.
L'intervento dello stato nell'economia, iniziato da Varela (1875) e Latorre (1876), lo stato industriale che Batlle y Ordóñez abbozza nella sua prima presidenza (1903-o7) e che applica nella seconda, non contengono che teoricamente la fine della speculazione privata: la legislazione comunale tende soltanto a organizzare i volumi edificati e gli spazi di circolazione in funzione igienico-ambientale e di locomozione tranviaria, e dal 1905 automobilistica. Il Plan Fabini del 1928 sancirà la priorità dello stato sul territorio urbano a beneficio della comunità.
In quanto a parchi e giardini, tre esperti europei lasciano la loro impronta negli anni che vanno più o meno dal 1890 al 1910; l'italiano G. Veltroni, con il Parco e Balneario Capurro (verso il 1890); C. Thays con il Parco Central - attualmente Batlle y Ordóñez -, l'ornamentazione del Bulevar Artigas e zone adiacenti, e con l'ampliamento del Parco Urbano; il francese C. Racine con il Giardino Botanico e il Parco Nazionale di Carrasco, le sue opere più ìnteressanti. Con la strutturazione del Parco Durandeau (ora Rivera) culmina la politica di Parchi e Giardini.
Agl'inizi del secolo gli architetti uruguaiani erano pochissimi. Nel 1894 si laurea il primo architetto della facoltà di Matemática y Ramas Anexas, creata nel 1885; nel 1915 si aprirà la facoltà di architettura, ma lo sguardo continuerà ad essere rivolto all'Europa, principalmente verso Parigi. L'Art Nouveau, anche se presa negli aspetti decorativi, è il primo movimento architettonico moderno che si oppone all'imperare dell'eclettismo trascinatosi dall'Ottocento.
Nel 1930 una commissione presieduta dall'arch. M. Cravotto e integrata dagli architetti O. de los Campos, H. Tournier, A. Ricaldoni, M. Puente e dall'ing. S. Michelini, studia un Anteproyecto del Plan Regulador de Montevideo: vi si giunge a conclusioni simili a quelle che tre anni dopo informeranno la Carta di Atene sulla città contemporanea. L'Anteproyecto è controbattuto, con fondate ragioni, da J. Vilamajó, esempio di teorico e architetto alla ricerca dell'autenticamente uruguaiano, che prende le difese del quartiere e della sua vita associativa spontanea, cioè della tradizione, contro le pianificazioni razionaliste che M. Cravotto aveva contribuito a divulgare dalla sua cattedra della facoltà di architettura e che hanno avuto tanta importanza nel movimento architettonico e urbanistico dell'Uruguay. Le posizioni di Vilamajó prefigurano le obiezioni che negli anni Cinquanta sono state fatte alla non considerazione, da parte del movimento razionalista, delle situazioni particolari nelle quali operano l'architettura e l'urbanistica. Nel 1939 si creerà l'ufficio del Plan Regulador, sostituito negli anni Cinquanta dal Plan Director, riflesso dei nuovi dettami urbanistici e architettonici, che insieme con la legge sui Centros Poblados e la legge Nacional de Viviendas (Nazionale di abitazioni), sono gli strumenti di cui dispone lo stato per affrontare il problema della crescita della città.
Gli anni Cinquanta sono felici per l'architettura nazionale; nel 1953 si vara la legge di Propiedad Horizontal che incrementa la costruzione di palazzi a uso di abitazione, alcuni di eccellente qualità architettonica, e nei piani di studio della facoltà di architettura s'includono le ricerche più avanzate.
Attualmente la periferia della città è costituita da una zona denominata "cintura di miseria", abitata dal sottoproletariato urbano sradicato dalle antiche abitazioni del centro e da immigrati rurali.
La nuova architettura dell'U. è sensibilissima ai cambiamenti dell'architettura internazionale, ma è senza dubbio F.L. Wright uno degli architetti che ha avuto maggior seguito. Architetti notevoli per i lavori realizzati nell'U. o all'estero o per apporti teorici o didattici o pratici sono: V. Meano e G. Moretti (Palazzo Legislativo, 1925); C. Surraco (concorsi del 1929 per l'Ospedale di Clínicas e per l'Istituto d'Igiene); C. Gómez Gavazzo (Casa Mendoza, 1932); R. Fresnedo Siri (Facoltà di architettura, con M. Muccinelli, 1947); Palazzo della Luce (U.T.E., 1947); A. Cravotto (ampliamento del liceo Alemán, 1964, Comedor universitario, 1966); G. Jones Odriozola (Palazzo Mónaco, con Villegas Berro, 1955); E. Dieste (Casa Dieste, 1960; Depósito Banco de Seguros, 1960); e ancora tra le realizzazioni notevoli di architetti già menzionati indichiamo: il Palacio Municipal (concorso del 1930), Casa Cravotto (1932), Hotel Rambla (1935) di M. Cravotto; Banco Republica, ufficio centrale (con L. Veltroni, 1934) di R. Lerena Acevedo; Casa Vilamajó (progetto del 1930), facoltà di Ingeniería y Agrimensura (progetto del 1938), Casa Dodero (1939) di J. Vilamajó.
Bibl.: J. P. Argul, Pintura y Escultura del Uruguay, Montevideo 1958; F. García Esteban, Panorama de la pintura uruguaya contemporánea, ivi 1965; J. P. Argul, Las artes plásticas del Uruguay (desde la época indígena al momento contemporáneo), ivi 1966; Historia ilustrada de la civilización uruguaya, ivi 1968; A. Lucchini, Ideas y formas de la arquitectura nacional, ivi 1969; L. Castedo, A history of Latin American art and architecture, New York-Washington 1969; Enciclopedia del arte en América, Buenos Aires 1969; F. García Esteban, Artes plásticas del Uruguay en el siglo XX, Montevideo 1970; C. Altezor e H. Baracchini, Historia urbanística y edilicia de la ciudad de Montevideo, ivi 1971; Plasticos uruguayos, ivi 1975. V. anche: Cataloghi della Biennale di Venezia del 1966 e 1968.