URUGUAY
(XXXIV, p. 831; App. I, p. 1104; II, II, p. 1077; III, II, p. 1059; IV, III, p. 774)
Popolazione e condizioni economiche. -Secondo una stima del 1992, la repubblica platense contava 3.131.000 ab., denotando una crescita demografica molto ridotta (0,6% nel quinquennio 1988-92), più in linea con i valori medi europei che con quelli del continente sudamericano. La capitale, Montevideo, sede delle principali attività economiche, finanziarie e culturali del paese, aveva 1.383.660 ab. a una stima del 1992.
L'agricoltura (9,3% del PNL e 13,2% della popolazione attiva occupata nel settore nel 1992) dà ancora un contributo fondamentale alla bilancia commerciale: l'esportazione di animali vivi, carni e pelli ha totalizzato il 36% del valore delle esportazioni nel 1992. Tra le colture cerealicole prevalgono il frumento e il riso; si segnalano poi le colture oleifere (lino, girasole, arachidi e soia), e quelle saccarifere (sia canna che barbabietola), nonché la viticoltura e l'agrumicoltura. L'U. difetta di risorse minerarie e l'importazione di idrocarburi incide pesantemente sulla bilancia commerciale; tuttavia l'U. è esportatore di energia elettrica, prevalentemente di origine idrica. Il settore manifatturiero (30% del PNL e 25% delle forze di lavoro nel 1992) è basato principalmente su industrie agroalimentari, tessili, dell'abbigliamento e del cuoio, industrie di costruzione di mezzi di trasporto e industrie chimiche. Il turismo dà un consistente apporto alla bilancia dei pagamenti, tanto che esso risulta equivalente a circa un quarto del valore complessivo delle merci esportate.
L'economia dell'U., a metà degli anni Novanta, attraversa un momento difficile, essendo afflitta da un elevato deficit di bilancio, da un tasso d'inflazione molto sostenuto (74,8% annuo nel periodo 1985-93) e da una progressiva perdita di competitività, specialmente in campo industriale. Un programma di adattamento economico, approvato dal Fondo monetario internazionale, che risponde anche all'esigenza di ridurre il livello di indebitamento con l'estero, ha previsto l'adozione di un complesso di misure di austerità, quali la riduzione della spesa pubblica, l'aumento delle imposte e delle tariffe dei servizi pubblici, nonché un programma di privatizzazione di imprese statali, che però incontra forti resistenze.
Bibl.: Atlas de la Republica Oriental del Uruguay, Montevideo 1983; I. Daroczi e altri, Uruguay. Geografía física, humana y economica, ivi 1986; G. Corna Pellegrini, L'America latina, Torino 1987; F. Fiorani, I paesi del Rio de la Plata: Argentina, Uruguay e Paraguay in età contemporanea, Firenze 1992.
Storia. - Le violazioni dei diritti dell'uomo perpetrate dai militari dal momento della loro presa del potere nel 1973 costarono all'U. una risoluzione di condanna da parte della ix Assemblea generale dell'Organizzazione degli stati americani (La Paz, 22-31 ottobre 1979). Secondo i rapporti compilati da Amnesty International e da un'apposita commissione delle Nazioni Unite, l'U. aveva in quel periodo la più alta percentuale di detenuti politici in rapporto alla popolazione: uno ogni 600 abitanti (per un totale di circa 5000 persone), e un cittadino su 400 era stato torturato, mentre centinaia erano i casi di persone scomparse. Dure misure repressive erano inoltre in vigore nei confronti della stampa, della Chiesa, degli insegnanti e di quanti partecipavano alla vita culturale del paese.
Il piano per il ritorno alla democrazia, formulato dai militari nel 1977, prevedeva per il novembre 1981 lo svolgimento di consultazioni presidenziali e politiche aperte ai soli partiti blanco e colorado. Tale piano fu virtualmente annullato dalla bocciatura, nel referendum del 30 novembre 1980, di un progetto costituzionale che mirava a istituzionalizzare il ruolo delle forze armate nella vita politica del paese. I vertici militari furono quindi costretti a cercare un dialogo con i partiti politici, dal quale restarono comunque escluse le formazioni di sinistra, che erano state messe fuori legge nel 1973.
Nel luglio 1981 ebbero inizio i colloqui tra la Commissione militare per gli affari politici e i rappresentanti dei partiti blanco (o Partido Nacional, PN, conservatore), colorado (PC, liberale) e dell'Unión Cívica (UC), formazione di centro destra staccatasi dal Partido Demócrata Cristiano (PDC); nello stesso mese il governo approvò un emendamento alla Costituzione del 1966 che aumentava da 25 a 35 i membri ed estendeva i poteri del Consiglio di stato (l'organo di nomina militare che aveva sostituito nel 1973 il Parlamento) e stabiliva il carattere provvisorio del successivo mandato presidenziale, destinato a durare sino alla restituzione del potere ai civili.
Il 1° settembre 1981 iniziò il mandato del generale G. Alvarez; il nuovo presidente, scelto dal Consiglio unito delle forze armate, preannunciò elezioni presidenziali e politiche per il novembre 1984, fissando il definitivo ritorno del potere ai civili per il marzo 1985; il suo governo, formato da 10 ministri civili su 11, dopo aver riammesso l'attività dei sindacati, assecondando le direttive del Fondo monetario internazionale avviò nel marzo 1982 un programma economico di emergenza: furono aumentate le tasse d'importazione, congelati assunzioni e stipendi nel settore pubblico per un anno e svalutato il peso. Nel maggio 1983 iniziarono i colloqui tra la Commissione militare per gli affari politici e i tre partiti ''legali'' per modificare la Costituzione del 1966, inadatta, secondo le forze armate, a scongiurare il pericolo di future azioni sovversive. Reclamando il ripristino integrale della Costituzione, la fazione maggioritaria dei blancos, denominata Por la patria, si ritirò dai negoziati a fine mese, presto imitata dal resto del PN e dagli altri due partiti; i militari risposero il 2 agosto vietando per due anni ogni attività politica. Nonostante i divieti, l'estate e l'autunno del 1983 videro il susseguirsi di manifestazioni antigovernative organizzate, oltre che dai partiti ''legali'', anche da quelli di sinistra e dal proscritto Plenario Intersindical de Trabajadores (PIT); quest'ultimo organizzò il 14 gennaio 1984 uno sciopero generale di 24 ore (il primo dal 1973) per protestare contro gli aumenti nelle tariffe dei servizi pubblici, varati dal governo nel dicembre 1983, l'alta disoccupazione (15% secondo i dati ufficiali, 30% secondo i sindacati) e l'inflazione (pari al 51,5% nel 1983).
Grazie alla mediazione dell'episcopato uruguayano, nel luglio 1984 ripresero i negoziati tra vertici militari e forze politiche, cui questa volta furono ammessi anche i rappresentanti del Frente Amplio, costituito, oltre che da transfughi dei due partiti tradizionali, dal Partido Socialista del Uruguay (PSU), dal PDC e dal Partido Comunista del Uruguay (PCU); non partecipò invece il PN, per protestare contro l'arresto del suo leader, W. Ferreira Aldunate, il quale era appena rientrato dall'esilio. Ai primi di agosto fu raggiunto un accordo: confermata la data delle elezioni (25 novembre 1984), i militari ottennero la costituzione di un Consiglio di Difesa Nazionale del quale avrebbero fatto parte i tre comandanti in capo delle forze armate. Con Aldunate in carcere e il leader del Frente Amplio, L. Seregni Mosquera, privato dai militari dei diritti politici sino al 1986, le elezioni presidenziali furono vinte dal colorado J.M. Sanguinetti.
Nelle elezioni il PC ottenne il 38,6% dei voti, 41 dei 99 seggi alla Camera dei deputati e 13 dei 30 seggi al Senato; al PN andarono il 32,9% dei suffragi, con 35 deputati e 11 senatori; il Frente Amplio ebbe il 20,4% dei voti, 21 deputati e 6 senatori; UC ottenne il 2,3% e 2 deputati. Ai colorados andarono 12 dipartimenti su 19, mentre 7 se ne aggiudicarono i blancos. Sanguinetti cercò di assicurare il massimo sostegno al nascituro governo, discutendo con i partiti, i sindacati e le associazioni studentesche alcuni temi politici, economici e sociali di fondo, ma non riuscì a costituire l'esecutivo di unità nazionale cui mirava. Entrato in carica il 1° marzo 1985, Sanguinetti presiedette infatti un governo formato da colorados, da un membro di UC e due esponenti del PN, presenti a titolo personale; abolite le limitazioni che erano ancora in vigore contro la stampa e contro alcune forze politiche (tra cui il PCU), il nuovo governo dichiarò di voler affrontare la difficile situazione economica (inflazione all'83%; disoccupazione al 12%, ma più che doppia secondo i sindacati; debito estero pari a quasi 5 miliardi di dollari) applicando una serie di tagli alle spese e incrementando la produzione destinata all'esportazione. Il 9 marzo il Parlamento approvò una legge di amnistia per i detenuti politici, della quale beneficiò anche il leader dei Tupamaros, l'avvocato R. Sendic; questi in dicembre trasformò il movimento in un partito politico legale (Movimiento de Liberación Nacional, MLN), rinunciando alla lotta armata e annunciando di voler aderire al Frente Amplio.
Il Frente condusse nel corso del 1986 una decisa campagna per perseguire i militari colpevoli di violazioni dei diritti dell'uomo nel periodo 1973-85, provocando le proteste degli ufficiali, che giunsero a ordinare ai loro subordinati di non presentarsi alle corti civili se implicati in casi simili. Dopo che a settembre il Parlamento aveva respinto una proposta di legge di Sanguinetti per una piena amnistia ai militari, col sostegno decisivo del PN il 22 dicembre 1986 fu infine approvata la legge detta Punto final, che affidava agli uffici del presidente il compito d'indagare su 164 casi di sparizioni di persone detenute durante il regime militare. Contro questa legge il Frente Amplio, i sindacati e le associazioni umanitarie raccolsero il numero di firme richiesto dalla Costituzione per lo svolgimento di un referendum, che però il 16 aprile 1989 confermò (57% dei voti favorevoli) la legge di amnistia. Altrettanto dura fu l'opposizione dei sindacati alla politica economica del governo, combattuta con una raffica di scioperi generali (novembre 1987-giugno 1988); PIT e CNT (Confederación Nacional de Trabajadores) criticavano in particolare l'acquiescenza dell'esecutivo alle direttive del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale, che, se era servita a ottenere nuovi prestiti internazionali, si era tradotta all'interno in una serie di rincari nelle tariffe dei servizi essenziali, nella perdita di migliaia di posti di lavoro nel settore statale e nella diminuzione del potere d'acquisto dei lavoratori.
Il malcontento nei confronti del partito di governo si tradusse nella sua sconfitta nelle elezioni del 26 novembre 1989, che portarono alla presidenza il blanco L.A. Lacalle. Alle elezioni il PN ebbe il 37% dei voti, 13 seggi al Senato e 39 alla Camera; al PC andarono il 30% dei suffragi, 9 senatori e 30 deputati; il Frente Amplio (PCU e MLN) ottenne il 21% dei voti, 7 senatori e 21 deputati; Nuevo Espacio, coalizione di centro-sinistra formata da PDC (uscito dal Frente nel marzo 1989) e Partido por el Gobierno del Pueblo (PGP), ebbe l'8,5% dei suffragi, 2 senatori e 9 deputati. All'affermazione dei Blancos in 16 dipartimenti provinciali su 19 si contrappose la vittoria a Montevideo del Frente Amplio, che si aggiudicò la poltrona di sindaco della capitale.
Mancando di una netta maggioranza parlamentare, Lacalle, in carica dal 1° marzo 1990, varò un governo con 4 ministri colorados, che si diede il compito di rinegoziare il debito estero (pari a circa 6,5 miliardi di dollari), di procedere a una graduale privatizzazione delle imprese di stato e d'incoraggiare gli investimenti dall'estero. Tale programma fu però avversato non solo dai sindacati, che nel corso del 1990 proclamarono ben sette scioperi generali, ma anche da alcune correnti del PC e dello stesso PN che, contrarie alle privatizzazioni, ritirarono il proprio sostegno al governo, costringendolo a una serie di rimpasti. La controversa legge sulle privatizzazioni, approvata nel settembre 1991, fu sottoposta per iniziativa delle opposizioni a un referendum (13 dicembre 1992) che, pur portando a un suo parziale rigetto, non indusse Lacalle a mutare politica in materia. L'introduzione (maggio 1993) di ulteriori misure di aggiustamento strutturale suggerite dal FMI fu avversata dai sindacati con nuovi scioperi che in agosto coinvolsero, oltre ai lavoratori statali e dell'industria, anche quelli agricoli. Le elezioni presidenziali del 27 novembre 1994 hanno sancito il ritorno al potere di J.M. Sanguinetti del PC, mentre le contemporanee consultazioni legislative sono state caratterizzate da una forte avanzata dei partiti di sinistra; presentatisi sotto la denominazione di Encuentro Progresista (EP), questi ultimi hanno infatti ottenuto 31 seggi alla Camera (quanti ne ha conquistati il PN e appena uno in meno rispetto al PC) e 9 al Senato (contro i 10 del PN e gli 11 del PC). In carica dal 1° marzo 1995, Sanguinetti ha dato vita a un governo aperto a quattro esponenti del PN, che si è prefisso gli obiettivi − aspramente criticati dai sindacati − di riformare il settore del pubblico impiego e quello della sicurezza sociale nonché di proseguire nella lotta all'inflazione e nella liberalizzazione del sistema economico.
Sul piano della politica internazionale, in base a quanto previsto dal trattato di Asunción del marzo 1991, il 1° gennaio 1995 è entrato in vigore il MERCOSUR, unione doganale tra U., Argentina, Brasile e Paraguay.
Bibl.: Centro de Investigaciones Económicas (CINVE), La crisis uruguayana y el problema nacional, Montevideo 1984; H. Borrat, Uruguay 1973-1984. I messaggi e i silenzi, Bologna 1984; G. Rama, La democracia en Uruguay. Una perspectiva de interpretación, Buenos Aires 1987; M. Lemoine, Les 100 portes de l'Amérique Latine, Parigi 1989; O. Bruschera, Las décadas infames. Análisis político 1967-1985, Montevideo 1990; Centro de Investigaciones Económicas (CINVE), Introducción al Uruguay de los 90, ivi 1990.
Letteratura. - L'avvento del governo militare (1973) esasperò in U. una situazione di crisi sociale ed economica, cominciata già alla fine degli anni Sessanta. Le conseguenze più gravi si abbatterono sul mondo della cultura: soppressione delle riviste dissidenti, proibizione della circolazione di libri stranieri, persecuzioni, carcere ed esilio per scrittori e operatori culturali in genere. In tale situazione non debbono sorprendere risposte e soluzioni diverse adottate dai singoli scrittori. A ciò si aggiunga che già in precedenza numerosi intellettuali avevano rifiutato una presa di posizione esplicita di fronte allo scadimento sociale e politico, rinunciando all'analisi e alla rappresentazione della realtà e rifugiandosi in una letteratura in cui predominavano la forma ludica, le allegorie e la soggettività dell'immaginario. Tale atteggiamento rinnegava da una parte il realismo che aveva dominato la narrativa degli anni Sessanta e dall'altra si dissociava da chi, come lo scrittore A. Paganini, ascriveva dignità di letteratura esclusivamente a quella rivoluzionaria, arrivando a esigere un romanzo proletario e una produzione in serie per le masse.
La fuga dalla realtà, i cui precedenti possono essere individuati in quel filone che M. Benedetti ha ribattezzato literatura de balneario (letteratura da spiaggia), espressa in romanzi come Un breve verano di A. Banchero (n. 1925), En la orilla di F. Aínsa (n. 1937) e Tan solos en el balneario di S. Lago (n. 1932), si accentuò con la dittatura. La censura e l'autocensura obbligarono a una letteratura elusiva, allegorica, alla costante ricerca di innovazioni linguistiche, sia in patria sia in esilio. Emblematica in questo senso sembra essere la produzione più recente di C. Peri Rossi (n. 1941), attraversata da personaggi alla perenne ricerca di uno spazio inesistente e utopico al riparo dall'accettazione del fallimento dell'uomo moderno. In La nave de los locos (1984) e in Una pasión prohibida (1986) all'insistente sperimentazione verbale fanno da contrappunto un atteggiamento dissacratore e una singolare fusione di erotismo e ironia.
Iconoclastia e umorismo caratterizzano le opere più mature di M. Levrero (n. 1940), Paris (1979) e Espacio libre (1987). Ricorre invece al mito e alla leggenda, alla storia e alla realtà quotidiana E. Galeano (n. 1940) nella trilogia La memoria del fuego, composta da Los nascimientos (1982; trad. it., 1989), Las caras y las mascaras (1984; trad. it., 1990) e Siglo del viento (1986; trad. it., 1991), in cui costruisce una narrazione che partecipa in pari misura della cronaca storica e della finzione con libertà immaginativa e di espressione. Accomunati a Galeano dall'esperienza dell'esilio e da una scrittura testimoniale sono C. Martínez Moreno (1917-1986), autore del romanzo El color que el infierno me escondiera (1981), opera dai toni polemici sulla guerriglia dei Tupamaros; M. Benedetti (n. 1920), con Primavera con una esquina rota (1982) sul tema dell'esilio; S. Ibargoyen (n. 1930) che in La sangre interminabile (1982) analizza con un linguaggio abilmente costruito tra spagnolo e portoghese gli effetti della repressione in una zona di frontiera; e J. Musto (n. 1927) che in El pasajero (1977) affronta, senza retorica né demagogia, il tema della guerriglia, quello della dittatura, del carcere, della tortura e dell'esilio. C. Liscano (n. 1949), liberato nel 1987 da una prigionia di dodici anni, pubblica El método y otro juguetes carcelarios (1987), in cui con una magistrale metafora, trasferisce le problematiche della prigione su quelle della creazione letteraria: testo di difficile definizione, deve la sua origine a una serie di appunti annotati su cartine per sigarette. Con Agua estancada y otras historias (1990) Liscano ottiene il riconoscimento dalla cultura ufficiale del paese.
Un caso a parte rappresentano in questo contesto i sei volumi di racconti di J. Ricci (n. 1921) Los maniáticos (1970), El grongo (1976), Ocho modelos de felicidad (1980), Cuentos civilizados (1985), Los mareados (1987), Cuentos de fe y de esperanza (1990). Le sue raccolte sono come una galleria di personaggi emarginati, immersi in una profonda solitudine, ''anime morte'' che si muovono in un mondo pantanoso descritto con un linguaggio neorealista grottesco, in un'atmosfera di piccole miserie, abietta e assurda, in contrasto ironico con i modelli di felicità consacrati dalla tradizione borghese.
Tra i nomi emergenti della generazione più recente e che è stata colpita dalla dittatura agli inizi del suo esordio letterario, vanno ricordati: J.C. Mondragón (n. 1951), E. Rodríguez Barillari (n. 1953) e R. Fernández Sastre. Da evidenziare inoltre la fortuna incontrata dal genere del romanzo storico incentrato sui miti di fondazione e sul problema dell'identità nazionale: Morir con Aparicio (1985) di H. Giovanetti Viola (n. 1948), Bernabé, Bernabé (1988) di T. de Mattos (n. 1947) e Maluco (1990) di N. Ponce de León (n. 1947). Questa rapida rassegna sarebbe tuttavia incompleta senza il ricordo delle ultime opere di J.C. Onetti (1909-1994): Presencia y otros cuentos (1986), Cuando entonces (1987), romanzo scritto in forma di diario. Con Cuando entonces sembra chiudersi un ciclo: nasce Lavanda, città immaginaria − molto simile a Santa Maria, l'altra mitica città di Onetti −, emblematica di un rassicurante immaginario contrapposto a una realtà storica che sconcerta.
Il cambiamento del panorama poetico è da collocare all'interno della produzione di scrittori nati intorno agli anni Quaranta. Oltre a C. Peri Rossi, autrice di Europa después de la lluvia (1987) e di Babel Bárbara (1991), un cenno particolare merita H. Achugar, cantore delle piccole cose quotidiane. Nella sua produzione iniziata con El derrumbe (1968) e continuata, fra l'altro, con Las mariposas tropicales (1985) e Orfeo en la memoria (1991), sperimenta numerosi registri linguistici, in una poesia intimista, frammentaria, che utilizza una sintassi elaborata e una costante riflessione sull'essenza del linguaggio poetico.
E. Estrázulas (n. 1942), fondatore (1968) della rivista Brecha, accanto all'attività di narratore, nella quale si era affermato con Pepe Corvina (1974), e cui si deve anche il romanzo Tangos para intelectuales (1989), produce una poesia impregnata di nostalgia in Poemas de amor: madrigales, blasfemias (1979). E. Fierro (n. 1941), autore fecondo, che venne esiliato in Messico durante il governo militare, porta avanti una lucida ricerca di nuove tecniche sperimentali in Las oscuras versiones (1980), in Las entonces música (1983) e in Calca (1986). La frammentazione sintattica, l'uso degli spazi bianchi, il rifiuto della retorica e del ritmo convenzionale confluiscono in un'estetica dell'astratto che apre la strada alle più giovani generazioni di poeti.
Negli ultimi anni si assiste a una proliferazione di scrittori che ricorrono all'espressione poetica multimediale, in voga anche in altri paesi latinoamericani affrancati dalle pastoie della censura, con largo supporto di mezzi audiovisivi e con obiettivi di divulgazione. Intorno al gruppo Ediciones de Uno (1982) si sviluppa l'attività dei poeti nuovissimi, H. Bardanca, G. Vojcochvsky, e G. Escanlar, caratterizzata da un forte impulso dissacratore.
Gli effetti negativi dell'oppressione dittatoriale si fecero sentire soprattutto nell'ambito della produzione drammatica, giacché molti degli autori che erano stati perseguitati ed esiliati non tornarono in patria quando, nel 1985, fu ristabilita la democrazia. La tradizione teatrale era, però, sufficientemente solida in U. da permettere una sopravvivenza, sia pure limitata, di tale genere.
Le figure più rilevanti della drammaturgia uruguaiana sono ancora oggi quelle di C. Maggi (n. 1922) e di M. Rosencof (n. 1933). Rosencof, capo del movimento di liberazione nazionale Tupamaros, fondatore de la Unión de juventudes comunistas (nel 1973 è stato catturato, sottoposto a tortura ed esiliato), si dedica prevalentemente al teatro, senza peraltro trascurare altri generi. Le sue tematiche predilette sono gli ambienti marginali, visti attraverso il filtro dell'assurdo e del sogno che riscatta, in qualche modo, la miseria della condizione umana. L'originale manipolazione del linguaggio risulta efficace sia alla lettura che alla rappresentazione. Esiste una certa continuità di forme e di contenuti nella produzione anteriore, contemporanea e successiva al carcere, anche se nelle ultime due fasi risulta più accentuata l'ansia politica e sociale. Nonostante il lungo intervallo che separa la prima dalle altre due opere La valija (1965), El saco de Antonio (1985) e El hijo que espera (1988), esse appaiono tutte e tre straordinariamente vicine per i confini sfumati tra verità e menzogna, essere e apparire, realtà e finzione; Combate del establo (1985) e Y nuestros caballos serán blancos (1985) ruotano intorno al dilemma − espresso simbolicamente − che tormenta l'uomo costretto a scegliere tra l'opporre una strenua resistenza o il soccombere sopravvivendo. El regreso del gran Tuleque (1987), attraverso una felice combinazione di musica e danza ripropone in forme audaci e inedite i dubbi già presenti nel resto della sua produzione. Per quanto riguarda le opere più recenti di C. Maggi, la cui produzione letteraria, sia teatrale che narrativa, è percorsa da un'efficace vena di umorismo, ricordiamo, tra di esse, Frutos (1985). Di J. Langsner (n. 1927), il più rappresentato in U., autore di allegorie in chiave sociale, è invece La planta (1981). Tra i nomi dei più giovani drammaturghi emergono quelli di J. Blanco (n. 1940), A. Patredes (n. 1941), R. Prieto (n. 1943), O. Villegas (n. 1943), C.M. Varela (n. 1940). Nell'ambito del teatro popolare figure di spicco risultano J. Curi, A. Magnabosco (n. 1952), M. Rein e V.M. Leites (n. 1933).
La tendenza alla letteratura testimoniale è andata ad arricchire una produzione saggistica che in U. vanta una tradizione consolidata. Nel campo della critica letteraria, oltre ai già citati M. Benedetti, E. Galeano, C. Maggi e F. Aínsa, hanno acquistato risonanza, anche al di fuori dei confini nazionali, J. Ruffinelli (n. 1943) e A. Sommers (pseud. di Armonía Etchepare de Henestrosa, n. 1914).
Bibl.: H. Achugar, Poesia y sociedad, Montevideo 1985; R. Cosse, Fisión literaria: narrativa y proceso social, ivi 1988; Revista Iberoamericana, 58, 160-61 (luglio-dicembre 1992; numero speciale dedicato alla letteratura uruguayana).
Arte. - In confronto ad altre aree latino-americane nelle quali le esperienze artistiche del 20° secolo hanno spesso trovato origine dalla denuncia di squilibri sociali, di tensioni politiche, di difficoltà economiche, di infiltrazioni colonialiste, l'arte uruguaiana presentava una ben definita caratteristica, quella di essere in modo omogeneo essenzialmente e autenticamente borghese, in consonanza con una politica di dialogo democratico, con un'economia stabile, con una tipologia sociale di classe media e di uniformità etnica e con una topografia senza asperità: in definitiva, un'arte in corrispondenza con il contesto geografico e ambientale, profondamente calata nella mentalità uruguaiana. I movimenti artistici internazionali erano rielaborati dagli artisti uruguaiani secondo una propria misura, con un impreziosimento formale, frutto di una cura esecutiva prevalente sui contenuti concettuali.
Tali ottime condizioni sociali, politiche ed economiche sono state aggredite nel periodo della dittatura (1973-85); le tensioni erano cominciate già prima e le conseguenze si sono trascinate con le ferite da rimarginare, aperte dalle persecuzioni, dalla disinformazione, dalle lotte e dalle crisi economiche. La stabilità che aveva propiziato l'informazione e generato il dibattito, nutrimento creativo dell'arte uruguaiana, veniva così interrotta.
L'impronta lasciata da J. Torres García (v. App. IV, iii, p. 777) è venuta perdendo mordente in epigoni che accentuano aspetti esteriori del suo Constructivismo Universal, e cioè tonalità bassa, pennellata a vista, tavolozza ristretta al rosso, giallo, blu e al bianco e nero, evidenza della specificità dei materiali, composizione a base di una griglia ottenuta mediante misurazioni con la sezione aurea; in mancanza di una riflessione teorica e di validi confronti, è prevalsa la prudenza, nel migliore dei casi l'ermeneutica. Questi limiti, imposti da condizioni sociali e politiche avverse, non si riscontrano tuttavia nell'opera di alcuni tra i più importanti artisti contemporanei dell'U., da molto tempo attivi all'estero: lo scultore G. Fonseca (n. 1922), che vive in Italia e negli Stati Uniti, dove si sono stabiliti anche il pittore J. Alpuy (n. 1919) e gli incisori A. Frasconi (n. 1919) e L. Solari (1918-1993); il pittore W. Barcala (1920-1993), che visse in Spagna, prendendone anche la nazionalità.
In U. l'arte informale ha avuto un breve periodo e si è espressa nell'addolcimento della ''sofferenza'' materica, ottenuto mediante calibrate composizioni e accostamenti cromatici di affinità. Nell'opera di Barcala, che ne è stato uno degli iniziatori, continua a sussistere la tendenza di questo ''informale dolce'', espresso per mezzo di fili, stoffe sdrucite, pezzi di legno e di carte, sistemati in modo apparentemente casuale: sono lavori in cui esistono contaminazioni di ricordi dei collages del dadaista K. Schwitters. Anche la pop art e l'arte concettuale sono passate fugacemente per l'Uruguay.
Tra gli allievi di Torres García ancora non segnalati vi è F. Matto (n. 1911), che lavora con pezzi di legno elegantemente assemblati e dipinti. Autodidatta, l'incisore C. González (1905-1993) si muove tra un primitivismo e un genere popolaresco ispirato al grande messicano J.G. Posada. Nato e formatosi a Montevideo, C. Arden Quin (n. 1913) ha legato la sua vicenda anche all'arte concreta argentina: il movimento Madi (1946; sigla formata con lettere prese dal suo nome), elimina il telaio rettangolare, facendogli assumere forme geometriche irregolari in espansione. Il movimento Madi è internazionale e tra i suoi aderenti iniziali vi è stato l'uruguaiano R. Rothfuss (1921-1970). Si ricordano ancora E. Aroztegui (1930-1994), che ha apportato la sua esperienza di arazziere integrando enormi disegni, a volte di anamorfosi, con griglie ricamate; lo scultore W. Díaz Valdéz (n. 1932), che interviene su oggetti di legno sezionandoli, ''spiegazzandoli'' e lasciando, talvolta, incorporato l'attrezzo del quale si è servito per eseguire il suo lavoro; il pittore M.A. Battegazzore (n. 1931) che propone citazioni di Torres García nella tavolozza, nella fattura e nelle strutture ortogonali.
Alla fine degli anni Ottanta, la Fondazione Torres García di Montevideo ha aperto un museo che porta il nome dell'artista e che possiede 120 opere di diversi periodi. Oltre a conservare lavori del maestro, il museo si propone di divulgare e catalogare il suo lascito. Purtroppo i suoi murales di Montevideo sono andati quasi tutti distrutti e nel 1978 in un incendio al Museu de Arte Moderno di Rio de Janeiro è andata perduta una collezione di 58 opere, proprietà del Museo Nacional de Artes Visuales di Montevideo.
Il Museo Nacional de Artes Visuales (già Museo Nacional de Bellas Artes) è stato ristrutturato a partire dagli anni Settanta, in una prima fase dall'architetto argentino C. Testa. L'ultimo intervento è avvenuto nel 1990 con l'ideazione del giardino, primo lavoro a Montevideo dell'uruguaiano L. Silva Delgado, attivo all'estero. Nel 1994 la collezione del museo ha raggiunto 4500 opere, nella maggior parte di artisti uruguaiani. Il museo ha dedicato sale personali a Torres García, P. Figari, J. Cúneo, R. Barradas, G. Cabrera (deceduto nel 1990) e ad altri importanti artisti contemporanei e dell'Ottocento, come C.F. Sáez (1878-1901), che ebbe vita fugace, di precoce maturità creativa. Formatosi a Roma, Sáez reagì all'accademismo con ritratti lavorati a macchie, dall'apparenza incompiuta, e con sfondi ottenuti mediante il versamento di colori liquidi. Certa storiografia uruguaiana interpreta come opera astratta un paravento da lui dipinto a Roma nel 1897, ma l'elusione della figura potrebbe rientrare nei termini del linguaggio decorativo, trattandosi di arte applicata. Vedi tav. f.t.
Bibl.: S. Montealegre, Il regno dell'universale costruttivo, Joaquín Torres García, in Terzo Occhio, 10 (1984), 4, pp. 50-52; A. Kalenberg, J.M. Sanguinetti e altri, Seis maestros de la pintura uruguaya: Juan Manuel Blanes, Carlos Federico Sáez, Pedro Figari, Joaquín Torres García, Rafael Barradas, José Cúneo, catalogo della mostra al Museo Nacional de Bellas Artes, Buenos Aires 1987; S. Montealegre, Gonzalo Fonseca, por el dédalo de mithos y logos, in Arte en Colombia, 37 (settembre 1988), pp. 48-51 (trad. it. in Terzo Occhio, 15, 1989, 2, pp. 49-50); J.M. Sanguinetti, G.B. Marini Bettolo, A. Kalenberg, Arte dell'Uruguay nel Novecento, catalogo della mostra all'Istituto italo-latino americano, Roma 1989; S. Montealegre, Arte dell'Uruguay nel Novecento, in Arte in, 2 (1989), 6, pp. 46-47; Grandes museo del mundo, Montevideo, Museo Nacional, i-iii, Montevideo s.d. (1994, inserti del quotidiano El País).
Architettura. - La linea adottata in campo architettonico e urbanistico dal governo instauratosi con il colpo di stato del febbraio 1973 era gravida di retorica. Inoltre, l'8 ottobre 1979, mediante decreto, furono sottratte alla tutela della Ley del Patrimonio Artístico y Cultural de la Nación numerose costruzioni, e ciò implicò la distruzione di opere radicate nel sentimento cittadino e di rilevanza per l'immagine urbana. Verso la metà del 1984, quando si cominciò a preparare il ritorno alla normalità democratica, diverse commissioni e gruppi iniziarono a lavorare per individuare progetti appropriati in differenti ambiti della vita nazionale.
Il cambiamento di regime non ha però aumentato la capacità d'investimenti, che in U. rimane relativamente bassa. Molto sentito da architetti e urbanisti è il dibattito sul recupero di vecchi edifici, sulla conservazione di tracciati e di elementi urbanistici caratterizzanti, su interventi che, rispettando la morfologia esistente, la potenzino. Inoltre, vi è la viva preoccupazione di proteggere e incrementare le zone verdi. La tendenza di base è quella di evitare alla popolazione i traumi della perdita dei riferimenti urbani.
Tra i recuperi più significativi si ricordano quelli operati nella città di Colonia dall'architetto M.A. Odriozola, per es. il Teatro Municipal, e, a Montevideo, quello intrapreso nel 1976-77 dall'Intendencia Municipal della casa costruita nel 1804 dall'architetto spagnolo T. Toribio (1785-1810) come propria abitazione, ora adibita a Museo Municipal de la Construcción. È da segnalare inoltre la ristrutturazione (1976) del deposito dell'Administración Nacional de Puertos, a Montevideo, a opera di E. Dieste.
Per quanto riguarda l'urbanistica, segna l'inizio di una politica di recupero il concorso pubblico indetto nell'ottobre 1985 dall'Intendencia Municipal de Montevideo per il reimpiego dei palazzi originali rimanenti del quartiere Reus al Sur, in rovina al 75%, e la costruzione di nuovi edifici nel rispetto delle aree e delle quote di altezza preesistenti: recupero che mira al reinserimento degli abitanti originari (la costruzione dei quartieri Reus al Sur e Reus al Norte, ora Villa Muñoz, iniziò nel 1880 a opera di J. Tosi, per iniziativa del finanziere spagnolo E. Reus y Bahomonde).
Montevideo, in quanto capitale e per ragioni geografiche e storiche, offre la misura più precisa delle problematiche che stanno a monte dello sviluppo architettonico e urbanistico. Essa presenta un patrimonio architettonico e urbanistico relativamente ben amministrato e un rapporto tra spazio pubblico e privato abbastanza armonico, anche se lo spazio pubblico ha subito riduzioni non trascurabili per effetto del cambio di utilizzazione (parcheggi, strade, ecc.). Nel centro della città, per la sua stessa natura, vi sono i maggiori problemi di spazio pubblico; lungo la costa, nella parte centrale (principalmente nella baia) hanno un forte impatto il porto, il tracciato ferroviario e gli insediamenti industriali; il rapporto piazza-quartiere risulta squilibrato e mancano gli spazi semipubblici.
Con circa 1.300.000 abitanti, Montevideo ha una certa omogeneità di struttura e conta su una rete di avenidas a carattere radiale che servono da connessione e facilitano lo scorrimento. L'area urbanizzata raggiunge i 16.000 ha; quella di parchi, spiagge, piazze, ecc., i 3400 ha, cui si aggiungono i circa 5600 ha di vie pubbliche alberate, che sommati danno 9000 ha di spazio pubblico, pari a 76 m2 per abitante. La città è cresciuta con parametri tipologico-morfologici flessibili, ma lo sviluppo in altezza delle costruzioni degli ultimi anni, per es. la torre (il grattacielo), ha portato a scompensi morfologici, a congelamenti spaziali, ad alterazioni di luminosità. Si è passati dal rispetto di quote architettoniche rapportate a una griglia urbanistica configurata a celle relativamente piccole, all'utilizzazione di grandi scale architettoniche. L'ideologia del movimento moderno è stata seguita negli anni Settanta in modo meccanico, generando effetti incontrollati. La torre permette maggiore densità abitativa su poca superficie pubblica, cioè maggiore speculazione edilizia, e questa tipologia di costruzione si è andata sviluppando sotto la pressione del profitto, sebbene le grandi opere siano state finanziate dallo stato a partire dagli anni Cinquanta. In questa prima fase lo spazio pubblico non risultò sostanzialmente compromesso dall'eccessivo addensamento abitativo, anche se si alterò la struttura urbana, che logicamente viene influenzata anche da nuove architetture.
Negli ultimi trent'anni il processo migratorio interno ha giocato un ruolo importante nella trasformazione della capitale. L'area centrale (includendo i quartieri Ciudad Vieja, El Centro, Cordón, Palermo, Reducto, La Aguada, ecc.) ha perso popolazione − dal 1908 al 1985 è diminuita del 40% −, trasferitasi al Este, a volte alla ricerca di abitazioni a minor costo. Montevideo presenta una netta divisione tra la zona della costa, popolosa, ben dotata di servizi e molto attraente, e il resto della città, carente di strutture. Malgrado gli inconvenienti indicati, le perdite subite, l'aggressione visiva delle insegne, della pubblicità, della segnaletica, delle linee elettriche, continua tuttavia a presentare problemi molto inferiori a quelli di altre città del mondo. Molto si è discusso sulla costruzione di grandi complessi, ritenuti soluzione non rispondente alla vita e alla storia della città, al suo precedente assetto urbanistico e alla sua scala architettonica (Parque Posadas, Conjunto América, Boiso Lanza, Euskal Erría, ecc.). Quanto al complesso del Montevideo Shopping Center (progetto 1983-84, costruzione 1984-85), hanno generato polemiche l'ubicazione, l'arredo e la destinazione. In questa macrocostruzione le soluzioni plastiche di E. Dieste hanno condizionato il progetto architettonico di G. Gómez Platero, R. López Rey, E. Cohe, R. Alberti.@p
L'architettura uruguaiana contemporanea mantiene come riferimento il modernismo funzionalista. Tra gli edifici di Montevideo realizzati su questa linea, ma rispettosi del contesto e che hanno in comune l'uso del mattone a vista, si ricordano: Fragata (progetto 1977, costruzione 1978-80) di M. Cecilio, R. Lorente, M. Magariños; Sociedad Civil Atanasio Lapido (progetto 1980, costruzione 1981-82) e Sociedad Civil Canelones (progetto 1980, costruzione 1981-83) dell'Equipo Técnico del Sector Vivienda (CCU); Ibia 3(progetto 1974, costruzione 1975-77) e Ibia 5 (progetto 1976, costruzione 1977-80) di F. Loy, R. Martínez Otegui; Tenerife (progetto 1979, costruzione 1980-82) e Tacuabé (progetto 1978, costruzione 1979-81) di H.A. Cagnoli, A. Valenti, A. Silva Montero; Támesis (progetto 1980, costruzione 1981-83) ed Escorpio (progetto 1978, costruzione 1979-81) dell'Estudio Lorenzo Garabelli; Libertadores (progetto 1980, costruzione 1981-83) dell'Estudio Feder, Svirsky, Petit (S. Feder, E. Svirsky, C. Petit, R. Villamarro). Di rigorosa concezione razional-funzionalista è l'Hospital Policial di H.E. Benech, M. Marzano, T. Sprechmann, A. Villaamil (progetto 1975-76, costruzione 1977-83). Funzionalista e con mattone a vista è la casa Estrázulas (1982) a Punta Ballena (Malobnado) di H.A. Cagnoli, A. Valenti, A. Silva Montero. A Montevideo si discosta da questo materiale il Banco de Seguros (1982) di R. Lorente e C. Pintos, primo premio del Concorso nazionale del 1979. Lo stesso premio è stato vinto nel 1987 dal Terminal de Autobuses (1988-90) a Punta del Este di H.A. Cagnoli, J.L. Livni, C. Pintos, A. Silva Montero, A. Valenti. Nella stessa città è da segnalare l'Edificio Amalfi (1979) dell'Estudio 5. Per quanto riguarda gli spazi verdi urbani, va ricordato l'architetto J.A. Scasso (1892-1975). Il lavoro del Grupo de Estudios Urbanos ha avuto un notevole consenso popolare ed è un riferimento per la comprensione dei fenomeni urbanistici verificatisi in U. negli ultimi anni. Vedi tav. f.t.
Bibl.: M. Arana, Montevideo y la defensa de su patrimonio arquitectónico, in Trazo, 3 (luglio 1981), pp. 7-8; Grupo de Estudios Urbanos, Una ciudad sin memoria, ibid., pp. 9-20; Concurso Barrio Reus al Sur, in Arquitectura (Montevideo), ottobre 1986, pp. 8-22; M. Arana, L. Garabelli, J.L. Livni, Documentos para una historia de la arquitectura nacional. Arq. Juan Antonio Scasso, ibid., pp. 23-27; Informe áreas caracterizadas, i, ibid., pp. 32-41; R. Lorente Mourelle, Autoritarismo y ciudad, in Revista de la Facultad de Arquitectura (Montevideo), 9 (ottobre 1986), pp. 66-77; L. Rocca, La casa del arquitecto Tomás Toribio, in Arquitectura (Montevideo), s.d., pp. 20-23; J.L. Livni, R. Lorente, Promoción Privada y Sociedades Civiles, ibid., pp. 32-45; H.E. Benech, M. Marzano, T. Sprechmann, A. Villaamil, Hospital Policial una respuesta al problema de la indeterminación, ibid., pp. 47-53; J.A. Crispo Capurro, Ciudad Vieja: ßuna experiencia repetible de gestión urbana?, ibid., novembre 1988, pp. 32-38; Mesa Redonda (T. Sprechmann, M. Arana, L. Vicario; intervista di J. Nudelman e J.P. Urruzola), ibid., pp. 2-12; Arquitectura en Uruguay, 1980-1990, a cura di Grupo de Viaje CEDA G 84 (scritti di J.L. Livni, A. Perdomo, A. Gervaz, J. Rudelman), Montevideo 1991.
Musica. - Alla corrente del nazionalismo musicale del primo quarto del secolo, che aveva in E. Fabini (1882-1950), autore del poema sinfonico Campo (1922), il massimo rappresentante, assieme a A. Braqua (1876-1946) e L. Cluzeau-Mortet (1889-1957), vennero affiancandosi orientamenti diversi, come quello impressionista di G. Santorsola (n. 1904), compositore di origine italiana, durante gli anni Trenta e Quaranta, e quello neo-classicista di H. Tosar Errecart (n. 1923) nel corso degli anni Cinquanta. A un generale sperimentalismo si erano orientati in questo stesso periodo anche S. Baranda Reyes (n. 1910), R. Lagarmilla (n. 1913), A. Soriano (n. 1915), J. Lamarque Pons (n. 1917) e P. Ipuche Riva.
Con gli anni Sessanta e Settanta, l'adesione alle più avanzate tecniche di composizione da parte dei rappresentanti della nuova avanguardia costituì il momento di maggior rinnovamento della vita musicale uruguayana. Fra le figure di rilievo si ricordano in particolare quelle di L. Biriotti (n. 1929), A. Mastrogiovanni (n. 1936), J.L. Iturriberry (n. 1936), e J. Serebrier (n. 1938).
Delle composizioni di Biriotti negli anni Sessanta vanno citate la Suite Concertante, per violino e orchestra (1963), il Concertino per tromba e archi (1963) e soprattutto la Sinfonia ''Ana Frank'' per archi (1964). Alla fine del decennio Biriotti si dedicò a un serialismo integrale e alla sperimentazione del mezzo elettronico, in lavori come Espectros per 3 orchestre (1969), Permutaciones per orchestra da camera (1970), Laberintos per 5 strumenti (1970), Simetrias per 9 strumenti (1970). Mastrogiovanni − allievo di Tosar a Montevideo e di A.E. Ginastera, G. Gandini e F. Kroeppfl al Centro Latino-americano de Altos Estudios Musicales dell'Istituto Di Tella di Buenos Aires, dove ha anche studiato musica elettronica − ha fatto uso della tecnica seriale nelle sue composizioni come la Sinfonia per orchestra da camera (1965); a una nuova fase stilistica appartengono Reflejos per sette strumenti (1970), Sequencial I per grande orchestra (1970) e Sequencial II su nastro magnetico (1970). Iturriberry, allievo di C. Estrada, è autore di opere vocali e strumentali: nel 1969 ha vinto il Premio annuale di composizione del Conservatorio Nacional con Varaciones per pianoforte. Serebrier, allievo prima di Santorsola, poi di Estrada al Conservatorio Nacional di Montevideo, e di A. Copland a Tanglewood, si è affermato nel 1956 con La leyenda de Fausto e la Sinfonia; al 1971 risale la prima esecuzione di uno dei suoi lavori più significativi, Colores Mágicos, che è stata diretta dall'autore al 5° Festival musicale interamericano di Washington.
Alla stessa generazione appartengono inoltre D. Legrand (n. 1928), R. Storm (n. 1930), L.R. Campodonico (n. 1931), E. Gilardoni (n. 1935) e R.M. Rivero (n. 1935). La scena musicale degli ultimi due decenni risulta dominata da compositori della generazione degli anni Quaranta, fra i quali si ricordano A. Martinez (n. 1940), S. Cervetti (n. 1940), D. Diaz (n. 1942) e B. Lockhart (n. 1944).
In particolare la Lockhart, allieva di Estrada e Tosar, ha seguito un corso di perfezionamento in tecniche moderne di composizione strumentale ed elettronica con Ginastera, Gandini e Kroeppfl presso l'Istituto Di Tella di Buenos Aires. Ha composto fra l'altro Ecos, per orchestra (1970), Tema y variaciones per pianoforte (1970) e Esercicio I per musica elettronica (1970).
Fra i compositori più giovani si ricordano ancora C. Aharonian, F. Diez, H. Gutiérrez, M.A. Marozzi, R. Pietrafesa, G. Prilassnig, Y. Rizzardini, C. Silva e S. Vives.
Bibl.: G. Béhague, Music in Latin America: an introduction, Englewood Cliffs 1979, pp. 340-342; S. Salgado, Breve historia de la música culta en el Uruguay, Montevideo 1980, pp. 128 ss.; G. Béhague, Uruguay, in Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti. Il Lessico, iv, Torino 1984, pp. 655-56.
Cinema. - Una modesta attività pionieristica si sviluppò, sul finire del 19° secolo, per opera dello spagnolo F. Oliver. Nel 1919 venne realizzato il primo lungometraggio a soggetto, Puños y nobleza: è la storia di un celebre pugilatore uruguaiano diretta da E. Figari, un regista che operò durante gli anni Venti accanto a E. Peruzzi e a C. Alonso, al quale si deve il più celebre film del periodo muto, El pequeño heroe del arroyo de oro (1929).
Nel 1936 il tardivo avvento del sonoro, con Dos destinos di J. Etchebehere, non aprì nuove prospettive per la produzione nazionale, che rimase sporadica e poco rilevante per oltre un ventennio, dominata dall'industria cinematografica argentina (Vocación di J. Erecart, 1938; Soltero soy feliz di J.C. Patrón, 1938; Radio Candelaria del francese H. Maurice, 1938; Los tres mosqueteros di J. Prades, 1946; Detective a contramano, di A. Fabregat, 1949; Pupila al viento, di D. Trelles e dell'italiano E. Gras, 1949).
Negli anni Cinquanta si posero le basi di una vivace cultura cinematografica, con la creazione di una rete considerevole di cineclub, di alcuni festival, dell'insegnamento di cinema a livello universitario (1950) e della Cinemateca uruguaiana (1952) che si incaricò di distribuire i film banditi dal circuito commerciale, pubblicando una rivista (dal 1977) e producendo (1982) il suo primo lungometraggio a soggetto: Mataron a Venancio Flores di J.C. Rodríguez Castro. A questo fervore culturale corrispose un'intensa attività cineamatoriale e documentaristica orientata sul versante dell'impegno politico.
Intorno agli anni Sessanta, con brevi film di ascendenza neorealistica (Un vinten pa'l Judas, 1959; Como el Uruguay no hay, 1960), U. Ulive ha rappresentato il capostipite di questa tendenza, successivamente seguita da autori come M. Handler (Carlos, cineretrato de un caminante, 1965; Elecciones, 1965, diretto in collaborazione con Ulive; Me gustan los estudiantes, 1968; Liber Arce, Liberarse, 1969), M. Jacob ed E. Terra. Di contro, la produzione di lungometraggi è stata pressoché inesistente. Si ricorda Ay! Uruguay! realizzato nel 1971 da F. Musitelli, M. Castro, J.C. Rodríguez Castro e J. Bouzas.
In seguito all'esilio dei principali cineasti degli anni Sessanta, il regista più conosciuto all'estero è stato per molti anni E. Darino, autore di film d'animazione (come La leyenda del Amazonas, Carousel, Pasaporte, Guri, ecc.) apprezzato per le sue sperimentazioni tecniche. Sul finire degli anni Sessanta un gruppo di autori, marxisti e cattolici, ha lanciato un appello in favore di un cinema militante terzomondista, ma le difficoltà politiche ed economiche sono risultate insormontabili. Cessata la dittatura militare (1984), il cinema nazionale ha tuttavia dato segni di ripresa grazie alla creazione di un Istituto nazionale degli audiovisivi e all'affermazione di giovani autori quali B. Flores Silva (La historia casi verdadera de Pepita la Pistolera, 1993), direttrice di una nuova scuola di cinema; J. Rocca (Patron, 1994) e P. Dotta (El dirigibile, 1994). Fra i non pochi autori di cinema d'animazione si segnala W. Tournier (Nuestro pequeño paraiso, 1984).
Bibl.: Un appello di cineasti uruguayani, in Cinema 60, 10 (1970), n. 78-79-80; G. Hennebelle, A. Gumucio-Dragon, Les cinémas de l'Amérique latine, Parigi 1981; International film guide, a cura di P. Cowie, Londra 1993; T. Barnard, Variety international film guide, Hollywood 1993.