ustione
Lesione anatomica provocata dall’azione del calore di qualsiasi specie. Per analogia di effetti, si usa estendere il concetto di u. anche alle lesioni da elettricità (fulminazione ed elettrocuzione) e da aggressivi chimici (u. chimiche, in partic. da caustici, acidi e alcalini). Il calore può produrre azione lesiva agendo per conduzione (corpi arroventati), convezione (vapori bollenti) e irraggiamento (radiazioni solari, termiche, ecc.).
A seconda della profondità della lesione, si possono distinguere vari gradi di ustione. Nella u. di 1° grado, o combustio erythematosa, si ha interessamento epidermico, che si manifesta con eritema locale, lieve edema e modesto dolore; nell’u. di 2° grado, o combustio bullosa, è interessato anche il derma e si formano flittene o bolle più o meno estese, contenenti essudato sieroso, color citrino; nella u. di 3° e 4° grado, o combustio escarotica, si ha distruzione degli elementi strutturali della cute e dei tessuti sottostanti con formazione di un’escara. Ai fini della valutazione della gravità delle u. si tiene conto della estensione delle lesioni, oltre che della loro profondità; perciò, convenzionalmente, la superficie corporea ustionata viene calcolata in percentuale.
Le u. molto estese sono responsabili di fenomeni generali che costituiscono la malattia da u., che comprende shock (con ipoproteinemia, anemia, iperpotassiemia, iperglicemia), tossiemia da rilascio di tossine originate dallo sfacelo dei tessuti ustionati e complicazioni, tra le quali, in primo piano, le sepsi (➔), che costituiscono un’evoluzione delle eventuali infezioni locali dovute alla diminuita resistenza organica. La malattia da u. ha gravità proporzionale alla estensione e alla profondità delle u. stesse.
Il trattamento delle u. è in continua evoluzione ed è più o meno complesso a seconda dell’estensione della superficie lesionata e del grado dell’ustione. La cura delle u. gravi richiede il ricovero in ambienti protetti, talora in reparti di rianimazione: si fa ricorso a trasfusioni di plasma o di derivati del plasma o anche a sangue intero, a somministrazione di antibiotici, a medicazioni asettiche ed eventualmente a interventi chirurgici. Questi possono comportare ablazione dei tessuti necrotici, apposizione di materiali sintetici, allotrapianti (da cute di cadavere) e autotrapianti di pelle umana rigenerata dopo coltivazione in vitro per ottenere da un frammento di cute integra ampi lembi epiteliali da applicare a livello della lesione.