utilità (utilitade)
Ricorre solo nel Convivio, con il significato di " proprietà di ciò che è utile " o con quello più generico di " vantaggio ", " profitto ".
D. usa più volte il vocabolo quando, nel porre la liberalità tra le ragioni che lo indussero a scegliere il volgare per il commento, osserva che la natura di questa virtù esige che il dono sia utile, in modo che l'atto di liberalità sia letificante tanto per il donatore quanto per chi riceve il dono: Questa letizia non può dare altro che utilitade, che rimane nel datore per lo dare, e che viene nel ricevitore per ricevere (I VIII 7); Nel datore adunque dee essere la providenza in far sì che de la sua parte rimagna l'utilitade de l'onestate, ch'è sopra ogni utilitade, e far sì che a lo ricevitore vada l'utilitade de l'uso de la cosa donata (§ 8); e così nei §§ 12 e (unico caso di forma tronca) 15.
Una pari ampiezza di attestazioni si ha nel passo dedicato a definire chi sia veramente filosofo: come l'amistà per diletto fatta, o per utilitade, non è vera amistà ma per accidente... così la filosofia per diletto o per utilitade non è vera filosofia ma per accidente (III XI 9); pertanto non si dee chiamare vero filosofo colui che è amico di sapienza per utilitade (§ 10); e così nei §§ 8 e 11 (per utilitade).
Altre occorrenze in I II 14, II I 5 (ad utilitade di loro), III V 22 (ancora con ‛ a '), IV IV 14 e VI 10 (sanza utilitade); in integrazione, nella '21, in IV XVII 12 perciò che le vertù morali… siano... più richeste che l'altre e [abbiano più che l'altre] u[til]itade, mentre in Busnelli-Vandelli si legge: più richieste che l'altre e [im] itate.