utopia
Formulazione di un assetto politico, sociale, religioso che non trova riscontro nella realtà ma che viene proposto come ideale e come modello. Sebbene il termine u. sia apparso solo in epoca moderna, nella storia del pensiero quello dell’u. costituisce un tema ricorrente. Già nell’antichità classica, oltre alle rappresentazioni poetiche di tipo utopistico (quali quelle della terra dei feaci, delle isole dei beati, dell’età dell’oro ecc.), si incontrano scritti di carattere utopico-religioso a opera di Teopompo, Zenone, Evemero, Ecateo, e il resoconto di un viaggio fantastico nelle «isole felici della città del sole», all’equatore, attribuito a Giambulo (in Diodoro); la stessa Ciropedia di Senofonte può essere considerata come una rappresentazione utopistica del sovrano ideale, per non dire poi della famosissima u. politico-filosofica delineata da Platone nella sua Repubblica. Poco rappresentata nel Medioevo, se non come ripresa di motivi escatologici presenti in opere patristiche, per es. nel De civitate Dei di s. Agostino, l’u. raggiunge l’apice del suo sviluppo nel Rinascimento. A Tommaso Moro si deve, oltre che il conio del termine, la pubblicazione nel 1516 di un’opera omonima destinata ad avere singolare fortuna e a servire da punto di riferimento per tutte le successive u. politico-sociali. In essa l’umanista conduce un’acuta critica della società e dell’organizzazione assolutistica dello Stato inglese, con una denuncia delle gravi conseguenze economiche di tale assetto, e delinea la struttura politica, economica e sociale di uno Stato ideale. Notevole importanza, nel quadro dell’utopismo rinascimentale, riveste la Città del Sole di T. Campanella, scritta nel 1602-11 e pubblicata in latino nel 1623 e, con lievi aggiunte, nel 1637, che sviluppa temi di carattere comunistico, pedagogico e religioso, descrivendo l’immagine di una città ideale organizzata secondo principi di carattere scientifico. Rilevante da un punto di vista pedagogico, e per la presenza di un forte elemento satirico, è anche il modello di uno Stato evangelico (respublica christiana) disegnato dal teologo protestante J.V. Andreae nel poema didascalico Christenburg (1615) e nella Rei publicae christianopolitanae descriptio (1619). L’ideale di una grande riforma logica e metodologica del sapere, alla quale partecipassero i dotti di tutto il mondo riuniti in un’associazione scientifica al fine di promuovere la conoscenza della natura e, con essa, il miglioramento della condizione umana, è alla base dell’u. descritta da F. Bacone nella sua New Atlantis (composta forse nel 1621 e pubblicata postuma nel 1627). Non mancano in questo periodo neppure tentativi di realizzare «Stati ideali»: tali vogliono essere quello degli anabattisti a Münster (1525), guidati da T. Münzer, e quello, di segno opposto e di maggior successo, dei gesuiti nel Paraguay. Man mano che ci si avvicina ai tempi più recenti, le u. assumono maggiore significato sociale, come quelle di J. Harrington, The Commonwealth of Oceana (1656), e di É.-G. Morelly, Code de la nature (1755), aprendo così la via alla «cospirazione degli eguali» di F.-N. Babeuf del 1796, ispirata al radicalismo giacobino di derivazione rousseauiana, con cui si apre la serie delle u. socialiste moderne. Agli autori e ai propagatori di queste u., a H. de Saint-Simon, a B.-P. Enfantin, a R. Owen, a Ch. Fourier, a L. Blanc, a W. Weitling, viene dato più comunemente il nome di utopisti nella storia delle dottrine politiche: e più propriamente di socialisti utopisti. Mentre Babeuf, che scriveva ai primordi del movimento politico delle classi proletarie, risentiva ancora molto delle vecchie u. filosofico-religiose e proponeva accanto a un’indifferenziata comunanza dei beni, e come corrispettivo di essa, un ascetismo universale, Saint-Simon, Fourier, Owen, scrivendo mentre si andavano delineando le lotte di classe del sec. 19°, cercavano di superare le scissioni e le difficoltà inerenti al loro sviluppo con piani di riforma totalitaria della società, secondo determinati principi e leggi sociali di valore universale che presumevano di avere scoperto. Fourier credeva di avere individuato le leggi della vita sociale con la sua Théorie des quatre mouvements et des destinées générales (1808), sulla quale costruì la teoria e il sistema dell’«armonia universale», fondando il tutto sul «principio d’associazione», e cercò un filantropo che gli permettesse di realizzare un «falansterio», cellula, esempio, modello dell’ultima fase del progresso umano. Saint-Simon deduceva dall’esaltazione dell’industrialismo e dall’interesse sentimentale per le classi povere e diseredate un «nuovo cristianesimo» fondato solo sull’etica sociale, al quale egli sperava di convertire con la propaganda e la persuasione le classi ricche, che non avrebbero potuto che trovar vantaggio dal miglioramento della situazione di quelle povere. I sansimonisti accentuarono, specialmente sotto la guida di Enfantin, i motivi sociali e solidaristici del loro maestro. Owen voleva riformare la società con una nuova ripartizione dei beni su base egualitaria, da raggiungersi attraverso l’educazione e l’evoluzione pacifica, il movimento cooperativo e la fondazione di colonie comuniste, che avrebbero esercitato grande efficacia propagandistica; famoso fra tutti i suoi tentativi quello di New-Lanark. Accanto a questi utopisti va annoverato Weitling, di ben altro vigore rivoluzionario, con il suo Evangelium des armen Sünders del 1845, come pure E. Cabet con Voyage en Icarie, del 1842. Con il marxismo sono passate in primo piano, nella vita intellettuale dei movimenti rivoluzionari, la concezione materialistica della storia e la lotta di classe fra la borghesia industriale e il proletariato di fabbrica, con la conseguente svalutazione dell’utopia. Ma aspetti utopici sono stati visti anche in idee-forza del comunismo e dell’anarchismo: rivoluzione mondiale, dissoluzione ultima dello Stato, assoluto egualitarismo. E, anche all’interno della tradizione marxista, c’è chi, come E. Bloch, ha sottolineato il valore positivo dell’utopia. Nel sec. 20°, per influsso soprattutto delle opere di G. Sorel, si è verificata la sostituzione dell’u. con il mito e anche la creazione fantastica a tema politico non si è più volta verso un mondo ideale, dove siano risolte le contraddizioni del presente, ma, al contrario, verso la critica delle conseguenze ultime della civiltà moderna, in nome dei valori della personalità.