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UZBEKISTAN

di Adriano Guerra - Enciclopedia Italiana - VI Appendice (2000)
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Uzbekistan

Adriano Guerra

(XXXIV, p. 868; App. III, ii, p. 1063; V, v, p. 718; v. urss, XXXIV, p. 816; App. I, p. 1098; II, ii, p. 1065; III, ii, p. 1043; IV, iii, p. 754)

.mw-parser-output span.smallcaps{font-variant:small-caps}.mw-parser-output span.smallcaps-smaller{font-size:85%}Geografia umana ed economica

Popolazione

La maggioranza della popolazione (23.574.000 ab. a una stima del 1998) è costituita da Uzbeki, ma sono presenti consistenti minoranze tagike, kazake, tatare, mentre in netto calo dopo l'indipendenza risulta la presenza russa. La crescita numerica della popolazione, che si caratterizza per una struttura giovanile e un comportamento demografico vivace, è troppo rapida (23‰ nel periodo 1990-98), soprattutto in relazione alle limitate risorse di cui dispone il paese. Il maggior centro demografico, economico e culturale è rappresentato dalla capitale, Taškent (Toshkent), che nel 1995 contava 2.107.000 abitanti. Esiste poi una dozzina di città con una popolazione compresa tra i 100.000 e i 400.000 abitanti, fra cui Samarcanda (Samarqand), Namangan e Andijon.

Nel 1994 è stato reintrodotto l'uso dell'alfabeto latino in sostituzione del cirillico. Nello stesso anno è stata adottata una nuova moneta nazionale, il sum.

Condizioni economiche

L'economia dell'U. è strettamente collegata, dopo l'istituzione di un'area economica comune (1994), con quelle del Kazakistan e del Kirghizistan.

Nella prima metà degli anni Novanta gli indicatori economico-sociali del paese si sono mantenuti su valori insoddisfacenti; qualche segnale favorevole proviene dalla crescita delle esportazioni e degli investimenti occidentali, e da un ritrovato orientamento positivo del PIL (+2,4% nel 1997). Pur rimanendo elevatissima, l'inflazione ha mostrato una tendenza al contenimento (64% nel 1996 contro il 305% nel 1995, ma 72% nel 1997), mentre la produzione industriale, pur con qualche difficoltà, continua a mostrare segni di ripresa (+5,8% nel 1998).

Si sono manifestate tensioni con il Fondo monetario internazionale per le valutazioni critiche sulla politica di riforme attuata dal governo, giudicata poco adeguata ed esitante. Il lento progredire delle riforme economiche (ancora nel 1997 non esisteva alcuna legge precisa sulla privatizzazione e sulla proprietà privata della terra) si spiega non solo con il timore di reazioni sociali, ma anche con la preoccupazione che il controllo dell'economia sfugga allo Stato e alle classi dirigenti, che provengono ancora in larga misura dalla vecchia 'nomenclatura' sovietica.

Tra i settori produttivi prevale, per numero di addetti (45% del totale), quello primario, solo parzialmente privatizzato. Circa il 60% della superficie territoriale è occupato da deserto, steppe aride o comunque terreni improduttivi; il resto è costituito soprattutto da prati e pascoli, ove si allevano numerosi gli ovini (in buona parte pecore karakul, fornitrici di lana pregiata) e anche i bovini. Colture vere e proprie si praticano in forma intensiva, grazie a una capillare irrigazione ottenuta mediante una rete di 170.000 km di canali, su circa un decimo della superficie territoriale: cereali (grano, riso), patate, girasole, ortaggi, frutta e, soprattutto, cotone, per il quale l'U. (con 9,7 milioni di q di fibra nel 1998) è il quinto produttore mondiale e uno dei massimi esportatori.

Il sottosuolo uzbeko è dotato di minerali di ogni genere (non mancano uranio e oro nel deserto del Kyzylkum), ma in particolare è ricco di idrocarburi (gas naturale, 49.000 milioni di m³ nel 1996; petrolio, 7.600.000 t). Per quanto riguarda l'utilizzazione di queste risorse energetiche l'U. si trova ad affrontare i tipici problemi dei paesi produttori dell'Asia ex sovietica (in particolare dell'area produttrice di idrocarburi che si estende sui bordi o in prossimità del Mar Caspio) in tema di scelta degli itinerari su cui puntare per l'allestimento degli oleodotti e dei gasdotti (v. oltre: Storia); problemi aggravati dalla posizione geografica dell'U., che non ha neppure uno sbocco diretto sul Caspio.

I comparti metallurgico, meccanico, chimico, alimentare e, soprattutto, tessile cotoniero rappresentano le branche industriali più diffuse, per lo più strettamente legate alle risorse naturali presenti nel paese. Esse sono ancora in larga misura controllate dallo Stato.  *

bibliografia

R.D. Kangas, Uzbekistan in the Twentieth century: political development and the evolution of power, New York 1994; M. Meini, Il Lago d'Aral. Disastro ecologico e tentativi di conservazione, in Bollettino della Società geografica italiana, 1994, pp. 297-310; O. Roy, La nouvelle Asie centrale ou la fabrication des nations, Paris 1997.

Storia

di Adriano Guerra

Agli inizi del 2000 la questione centrale dell'U. (ora Uzbekiston Respublikasi) continuava a essere il contenimento delle spinte del fondamentalismo islamico, quelle interne e quelle provenienti dal confinante Afghānistān specie dopo l'avanzata dei Ṭālibān. A questo scopo, nonché per salvaguardare l'indipendenza acquisita dopo il crollo dell'URSS nel dicembre 1991, l'U., confermando la scelta della neutralità proclamata con una speciale legge nel 1996, consolidò i rapporti con gli altri Stati dell'Asia centrale ex sovietica.

Già nel dicembre del 1995, nel corso dell'incontro tenutosi ad Almaty (Kazakistan) fra i presidenti del Kazakistan, del Kirghizistan e dell'U., il presidente uzbeko I. Karimov aveva proposto la creazione di una forza comune di 'mantenimento della pace' sotto l'egida dell'ONU e la formazione di un Consiglio regionale di difesa, nonché la creazione di uno spazio economico comune. Nel luglio del 1997, anche in seguito alle pressioni uzbeke, i capi di Stato degli stessi paesi si incontrarono a Biškek (Kirghizistan) per esaminare la possibilità di dar vita a un vero e proprio blocco politico-militare e a un consorzio per gestire le risorse energetiche e idriche (queste ultime in massima parte dipendenti dall'apporto del Kirghizistan). Infine nel marzo 1998, in un incontro a Dušanbe (Tagikistan), i dirigenti del Tagikistan, dell'U. e del Kirghizistan discussero i problemi della cooperazione nella regione centroasiatica con particolare attenzione alla ricerca dei mezzi per arginare il possibile espandersi dell'estremismo islamico in quell'area. Inoltre, anche allo scopo di frenare il flusso migratorio proveniente dal Tagikistan causato dalla guerra civile, l'U. confermò con questo paese gli accordi già sottoscritti nel 1996 per la ricostruzione di impianti industriali, strade e ferrovie.

Le proposte avanzate all'ONU dall'U. per scongiurare la minaccia rappresentata dai Ṭālibān afghani (embargo della vendita di armi all'Afghānistān e costituzione di un ampio gruppo di contatto comprendente i diversi paesi interessati dal problema) urtavano contro una realtà che vedeva da una parte il Pakistan e gli USA, pur con formulazioni e sfumature diverse, schierarsi di fatto con i Ṭālibān e dall'altra lo stesso U. sostenere all'interno dell'Afghānistān le forze fedeli al generale R. Dostum, di etnia uzbeka, mentre la Russia si schierava con le forze dell'ex nemico, il generale R. Mas῾ūd, e l'Iran con quelle del partito Hezb-i Wahdat (Partito dell'unità). In tale situazione la prospettiva di una soluzione concordata come quella proposta dall'U. si faceva difficile. E questo anche perché, oltre alla questione del fondamentalismo islamico, era in gioco quella del trasporto - via Afghānistān verso il Pakistan e il Golfo Arabico, come chiedevano anche gli USA, o verso l'Europa attraverso la Russia, come si proponeva da altre parti e specie a Mosca - del petrolio del Caspio.

Le relazioni con la Russia e con gli organi della CSI, sempre difficili e oscillanti, subirono un peggioramento nel febbraio 1999 in seguito alla decisione presa dall'U. di ritirare la propria adesione al trattato di Taškent sulla sicurezza collettiva dei paesi della CSI.

Il potere rimaneva comunque saldamente nelle mani di Karimov che, nello stesso momento in cui apriva scuole per lo studio della lingua e della civiltà araba, nonché una università - la prima di questo tipo nell'ex URSS - per formare quadri nei settori della politica e dell'economia, metteva fuorilegge i partiti islamici Birlik (Unità) ed Erk (Libertà) e imponeva leggi fortemente limitative della libertà di stampa.

Il varo di pesanti leggi antiterroristiche non impedì il ripetersi di sequestri e attentati, attribuiti ai gruppi più radicali dell'opposizione islamica. Nel febbraio 1999 a Taškent un attentato, fallito, contro Karimov causò 16 morti e 150 feriti. In questo clima ebbero luogo nel dicembre 1999 le elezioni politiche (conclusesi con l'attribuzione della grandissima maggioranza dei seggi al partito del presidente) e nel gennaio 2000 quelle presidenziali con lo scontato trionfo (91,9%) di Karimov.

Molte critiche continuarono infine a essere rivolte all'U. per la politica ambientale. Nel corso della conferenza che su questo tema si era tenuta a Taškent nel settembre 1998 era stato denunciato il grave degrado subito da una vasta area dell'U. a causa dell'inquinamento industriale e soprattutto dell'uso scriteriato dell'acqua salata del Lago d'Aral, che ne minacciava la stessa esistenza. Dal 1991 al 1998 ben 75.000 persone infatti erano state costrette ad abbandonare la zona dell'Aral e 270.000 il paese per cause legate all'inquinamento ambientale.

bibliografia

J. Critchlow, Nationalism in Uzbekistan. A Soviet Republic's road to sovereignty, Boulder (Colo.) 1991.

Asie centrale. Aux confins des Empires, réveil et tumulte, éd. C. Poujol, Paris 1992.

O. Brusina, A. Osipov, Mežnacional´nye otnošenija: vzgljad na problemy Uzbekistana (Rapporti interetnici: uno sguardo ai problemi dell'Uzbekistan), in Etnografičeskoe obozrenie, 1993, 2, pp. 15-25.

I.A. Karimov, Uzbekistan along the road of deepening economic reform, Lahore 1995.

J.Kul´cik, Respublika Uzbekistan v seredine 90-ch godov (La Repubblica dell'Uzbekistan nella metà degli anni Novanta), Moskva 1995.

After Empire. The emerging geopolitics of Central Asia, ed. J.C. Snyder, New York 1995.

A.M.Khazanov, After the Ussr. Ethnicity, nationalism and politics in the Commonwealth of Independent States, Madison (Wis.) 1995.

Central Asia in transition. Dilemmas of political and economic development, ed. B. Rumer, Armonk (N.Y.) 1996.

G.R. Capisani, I nuovi Khan. Popoli e Stati dell'Asia centrale desovietizzata, Milano 1997.

Vedi anche
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