Uzbekistan
Geografia umana ed economica
di Anna Bordoni
Stato interno dell'Asia centro-occidentale. La crescita della popolazione (19.810.077 ab. all'ultimo censimento che risale al 1989, 27.307.000 ab. a una stima del 2006) è rallentata (2,3% nel periodo 1990-1998 e 1,5% nel periodo 2000-2005), ma rimane sempre troppo elevata per le risorse del Paese: il movimento naturale è alto (26,4‰ il tasso di natalità e 7,8‰ quello di mortalità nel 2006) e soltanto parzialmente limitato dal tasso netto di migrazione (−1,5‰). Secondo le stime degli organismi internazionali, il 26% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. Unica vera città rimane la capitale, Taškent, che nel 2003 contava 2.155.000 ab., mentre tutti gli altri maggiori centri hanno una consistenza demografica che non è non superiore ai 400.000 abitanti.
Contrariamente ai modelli di transizione postsocialista e nonostante le ripetute richieste di liberalizzazione provenienti dalle istituzioni internazionali, in U. lo Stato ha mantenuto un ruolo forte in campo economico, conservando la proprietà di imprese monopolistiche e controllando ogni forma di pianificazione. La politica economica uzbeka ha comunque raggiunto risultati brillanti con una crescita del PIL del 7,7% nel 2004 e del 7% nel 2005. L'agricoltura, affiancata dall'industria agroalimentare, è l'attività principale: in particolare, la produzione di cereali ha registrato un livello record (6 milioni di t nel 2005), consentendo al Paese di conseguire l'autosufficienza alimentare, mentre il cotone rimane la coltura dominante (1.250.000 t di fibre e 3.770.000 t di semi prodotti nel 2005) e assicura circa il 45% del totale delle esportazioni.
Gli altri due settori portanti dell'economia uzbeka sono quello industriale (in particolare il comparto meccanico) e quello minerario (l'U. compare come uno dei maggiori produttori mondiali sia di uranio sia di oro, e l'undicesimo nel mondo per il gas naturale), che peraltro a partire dal 2004 ha beneficiato del rialzo dei prezzi delle materie prime sui mercati internazionali.
Storia
di Paola Salvatori
Ex repubblica sovietica, indipendente dal 1991, l'U. non presentava alle soglie del 2000 sostanziali mutamenti rispetto agli anni precedenti: il Partito democratico popolare (denominazione assunta dal Partito comunista nel novembre del 1991) e il suo leader, I. Karimov (presidente della Repubblica dal 1990), continuavano a esercitare un severo controllo sulla vita politica ed economica del Paese, impedendo alle opposizioni qualsiasi forma di contestazione. Le misure repressive, peraltro giustificate dal regime con la necessità di contenere le forti spinte del fondamentalismo islamico, da sempre particolarmente attivo nella parte uzbeka della regione del Fergana, si accentuarono in seguito agli attentati dell'11 settembre 2001 alle Twin Towers di New York e al Pentagono. Nell'ottobre 2001 il governo decise quindi, tra le vivaci proteste della popolazione, di concedere agli Stati Uniti l'utilizzo della base aerea di Qarshi-Xanabad (nel Sud, vicino al confine con il Turkmenistan) per l'invio di aiuti umanitari in Afghānistān. Nel gennaio 2002 un referendum popolare approvò l'allungamento del mandato presidenziale da 5 a 7 anni (spostandone quindi la scadenza al dicembre 2007) e la creazione per il 2004 di un Parlamento bicamerale; nell'aprile 2003 ulteriori modifiche costituzionali introducevano una riduzione dei poteri del presidente, al quale veniva tuttavia concessa l'immunità durante e dopo lo scadere del mandato. Pubblicizzati come misure volte ad accrescere la democrazia interna per adeguarsi agli standard dei partner occidentali, con cui si erano intensificati nel corso di questi anni i rapporti diplomatici e quelli economici, i provvedimenti non modificarono la situazione: Karimov continuò a esercitare uno stretto controllo sui mezzi di informazione e a perseguitare gli esponenti delle forze di opposizione, accusando di terrorismo e fondamentalismo chiunque osasse criticare il regime. La repressione non riuscì a impedire nuovi attentati terroristici (particolarmente gravi quelli verificatisi tra il marzo e il luglio 2004, che colpirono anche le ambasciate statunitense e israeliana presenti nella capitale), e venne condannata dall'opinione pubblica internazionale; nell'aprile del 2004 la European Bank for Reconstruction and Development (EBDR) decise quindi di limitare i finanziamenti concessi al Paese.
Nei mesi seguenti la tensione rimase alta - alimentata dagli evidenti abusi perpetrati dal governo nelle elezioni legislative del dicembre 2004, aperte soltanto ai partiti filopresidenziali e da questi inevitabilmente vinte - ed esplose nel maggio 2005 ad Andijon (nel Fergana), dove un assalto alla prigione per liberare alcuni detenuti politici si trasformò in una manifestazione in favore delle riforme democratiche, che coinvolse migliaia di persone. L'intervento delle truppe governative al fine di sedare la protesta provocò 187 morti, almeno secondo quanto riportato dalle relazioni ufficiali dell'esecutivo; gli oppositori invece ne denunciarono oltre un migliaio, e si appellarono anche alla comunità internazionale per far luce sulla strage. Nonostante le pressioni di Gran Bretagna e Stati Uniti, tra i principali alleati di Karimov nella lotta al terrorismo, il presidente rifiutò tuttavia di permettere un'inchiesta internazionale sul massacro, impedendo altresì sia ai giornalisti sia alle organizzazioni umanitarie di indagare sugli avvenimenti. L'Unione Europea reagì imponendo al Paese sanzioni relative alle importazioni di armamenti (ott. 2005).La linea assunta dai Paesi occidentali accrebbe le distanze tra questi e l'U., accelerando il processo di riavvicinamento alla Russia. Nel luglio 2005 il governo decise di revocare la concessione agli Stati Uniti della base di Qarshi-Xanabad; nel novembre successivo, pochi giorni dopo la partenza delle ultime truppe statunitensi, le autorità uzbeke dichiararono che non avrebbero più consentito alle forze della NATO di utilizzare il proprio territorio e il proprio spazio aereo per appoggiare la missione umanitaria diretta in Afghānistān. Nuovi accordi vennero siglati invece con Mosca, sia militari (come quello del novembre del 2005 per la mutua assistenza in caso di aggressione) sia finanziari e commerciali (come quello del gennaio del 2006 relativo all'estrazione di idrocarburi). Il completo ritorno nell'orbita di Mosca venne sancito nel giugno 2006, quando l'U. decise di rientrare nell'Organizzazione del trattato sulla sicurezza collettiva dei Paesi della CSI (noto come Trattato di Tashkent), dal quale era uscito nel 1999.