VACCINAZIONE (dal lat. vaccinus; fr. e ingl. vaccination; sp. vacunación; ted. Impfung)
Con questo termine s'indicano i procedimenti atti a immunizzare attivamente gli organismi animali contro le varie malattie infettive, per mezzo dei vaccini. Essi sono costituiti da emulsioni batteriche o da prodotti varî contenenti virus specifici. La vaccinazione si chiama preventiva quando ha un fine essenzialmente profilattico per proteggere da infezioni organismi sani; si chiama curativa (batterioterapia) quando è praticata durante le malattie per facilitarne la guarigione. Prima ancora delle scoperte di E. Jenner, di L. Pasteur, di R. Koch, l'osservazione secolare ed empirica aveva dimostrato che determinate forme morbose facilmente diffusibili, non colpivano più gli animali che ne erano guariti. Essi avevano acquistato nei loro confronti uno stato d'immunità. Le vaccinazioni subirono il crisma della scienza quando nel 1796 per merito di Jenner s'arrivò a immunizzare l'uomo contro il vaiuolo con materiale bovino.
Pertanto il nome di vaccino deriva dal vaccino propriamente detto o vaccino antivaioloso, prodotto che si ricava da una speciale malattia delle vaccine, provocata da un germe simile, anzi probabilmente identico, a quello che produce il vaiuolo umano, che però, sviluppandosi in quegli animali, vi subisce un processo di attenuazione, onde perde la capacità di dare malattia grave nell'organismo umano, pur conservando la facoltà di generare in questo uno stato di sufficiente refrattarietà al vaiuolo. Questo vaccino, del quale erano già note le proprietà particolari ai pastori in Inghilterra, fu studiato con ogni precisione innanzi tutto da E. Jenner, e, in ltalia, da L. Sacco e da A. Negri, i quali poterono dimostrare in maniera definitiva, che l'innesto nella pelle dell'uomo di una piccolissima quantità della linfa contenuta nelle vescicole, che si sviluppano nel corso della malattia vaiolosa nei bovini (cow-pox), negli equini (horse-pox) e in altri animali provoca un'affezione assai leggiera e di breve durata, verso la fine della quale comparisce uno stato di refrattarietà quasi assoluta al vaiolo umano. Per diverso tempo, dopo le osservazioni di Jenner, la linfa vaccinica si soleva togliere dal braccio dei bambini cui era stato innestato e s'era sviluppato il vaccino, conservandole mediante successivi passaggi da bambino a bambino; ma questo metodo, oltre a essere incomodo, presentava il pericolo che alla linfa si mescolasse qualche germe di malattia onde fosse colpito, in maniera più o meno manifesta, il bambino fornitore della linfa. Per ciò il vaccino si prepara ora trasferendo periodicamente il virus del vaiolo bovino da una a un'altra vitella, da cui si raccoglie mediante opportune manipolazioni, dirette altresì a non alterarne le proprietà immunizzanti e la purezza. Il vaccino, che si trova in commercio e che viene preparato da speciali istituti vaccinogeni, di stato o privati, è appunto un'intima mescolanza della linfa, raccolta dalle vescicole del vaiuolo bovino, e di glicerina, che si lascia un certo tempo a sé, affinché subisca un lento processo di autodepurazione dai germi che vi si fossero eventualmente mescolati, e che viene poi opportunamente sottoposta a speciali prove per controllarne l'attività. Una particella di vaccino di buona qualità, deposta sulla pelle lievemente scarificata, produce, nelle persone che non hanno sofferto di vaiuolo né sono state altre volte vaccinate, una lieve malattia locale, caratterizzata dai fenomeni infiammatorî con formazione di vescicole, che poi si tramutano in pustole e quindi, seccando, in croste, che più tardi si staccano lasciando una cicatrice permanente. Questa malattia è accompagnata da qualche risentimento generale, come febbre, malessere, inappetenza, che assai raramente assume caratteri di una certa gravità. I casi di gravi complicazioni e quelli, del resto eccezionali, di morte successivi alle vaccinazioni sono sempre dovuti a cause estranee, che devono venire opportunamente evitate, non praticando la vaccinazione in individui deboli o malati, sorvegliando con cura la piccola ferita, dove s'è innestato il vaccino, perché non sia contaminata secondariamente, e usando vaccino di buona provenienza. La legislazione italiana impone che si faccia la vaccinazione in ogni neonato entro il primo semestre solare di vita, a meno che appunto il suo stato di salute non richieda di rimandarla a più tardi; prescrive pure una rivaccinazione generale all'età di otto anni e più tardi ogni volta che l'autorità sanitaria ne riconosca la necessità. I grandi benefici della vaccinazione antivaiolosa si riconoscono agevolmente quando si consideri che, prima dell'adozione di questa pratica, ogni bambino era esposto a contrarre il vaiuolo, malattia veramente terribile, non solamente per il numero delle vittime, ma anche per le deturpazioni e le altre conseguenze (sordità, cecità), che spesso lasciava in coloro che riuscivano a superarla. Anche oggidì, in quei paesi dove la vaccinazione non viene applicata, il vaiuolo fa un gran numero di vittime, segno evidente che l'immenso miglioramento osservato fra le popolazioni vaccinate si deve alla vaccinazione e non a una spontanea attenuazione del virus vaioloso nel corso dei secoli. L'immunità, che si stabilisce per opera della vaccinazione, compare già pochi giorni dopo fatto l'innesto, come dimostrò per il primo A. Negri, e si mantiene assai elevata, dando una refrattarietà più o meno assoluta, per 7-8 anni: in seguito tale refrattarietà s'attenua, onde, sebbene una prima vaccinazione conferisca una certa protezione per tutta la vita, è necessario di ripetere la vaccinazione ogni 7-8 anni, al fine di mantenere sempre forte lo stato d'immunità.
Il termine di vaccinazione dal primitivo uso come mezzo di prevenienza del vaiuolo, è stato generalizzato a tutte le forme di immunizzazione attiva. Le grandi scoperte di L. Pasteur e di R. Koch, tendenti a mettere i microrganismi a base eziologica delle malattie contagiose e infettive, aprirono alle vaccinazioni nuovi e vasti orizzonti. È merito del Pasteur l'aver dimostrato la possibilità di rendere artificialmente i microrganismi meno patogeni, sicché, inoculati in animali recettivi, vi provocano una malattia a evoluzione benigna, sufficiente comunque per procurare loro uno stato immunitario capace di proteggerli contro un attacco naturale della stessa forma morbosa. Le numerose e incessanti indagini che seguirono quelle del Pasteur, dirette a proteggere gli organismi contro le più svariate malattie infettive, furono intese a conferire agli organismi animali una stabile e specifica resistenza, senza porre a pericolo la vita del vaccinato e senza provocare con l'atto stesso della vaccinazione nuovi focolai d'infezione. Le scoperte dei sieri immunizzanti, dei vaccini morti, delle anatossine, del batteriofago, che seguirono l'epoca del Pasteur, vennero in parte a modificare i concetti allora dominanti sul conferimento dell'immunità in quanto senza promuovere un'infezione benigna ed effimera, è possibile con il loro impiego conferire uno stato immunitario.
L'immunizzazione si può distinguere in attiva, quando l'organismo è direttamente chiamato alla produzione di mezzi difensivi, che possono essere di ordine cellulare (fagocitosi) o umorale (anticorpi), e passiva, quando gli elementi di difesa sono prodotti fuori dell'organismo che si vuol proteggere. I sieri immunizzanti che incorporano questi mezzi di difesa conferiscono agli animali a cui vengono inoculati, un'immunità immediata ma effimera. I sieri vengono talora impiegati in associazione ai vaccini per ottenere una immunità attiva. I vaccini, strumento della vaccinazione attiva, al contrario dei sieri, conferiscono un'immunità non subitanea ma duratura.
Inoculando un vaccino, generalmente nel sottocutaneo, si mettono tutti gli elementi cellulari dell'organismo nelle condizioni di poter resistere all'infezione. S'istituisce allora una forma di immunizzazione generale, in contrapposto a quella locale, raggiungibile introducendo il vaccino nel tessuto dell'organismo che presenta di fronte a certi germi una particolare recettività.
Immunizzazione generale con l'impiego di germi. - I germi possono essere vivi e virulenti. Il metodo è certamente non scevro di pericoli per cui ha un valore pratico alquanto limitato.
In patologia veterinaria si cerca d'inoculare il vaccino per una via non adatta allo sviluppo dei germi e all'esplosione di una malattia grave. Seguendo questi concetti, il virus della peripneumonite può essere inoculato alla coda, quello rabido nei bovini per via endovenosa. Si possono anche impiegare germi della stessa specie di quelli che sostengono la malattia che si vuol prevenire, ma di diversa varietà; in tal modo si possono rendere immuni i polli contro la difterite aviaria con virus di piccione; le setticemie emorragiche possono essere prevenute immunizzando gli animali con germi specifici di altra specie animale. Per certe malattie, decorrenti in generale allo stato cronico, l'immunità è legata all'infezione, alla presenza dei germi nell'organismo, in quanto essa persiste fintanto che esiste lo stato infettivo. La reazione prodotta dal semplice e fugace passaggio del germe nell'organismo non è quindi sufficiente per procurare un'immunità solida e duratura. Questa forma d'immunizzazione provocabile con l'impiego di germi vivi, e talora attenuati (tubercolosi), è chiamata dagli autori della scuola francese, premunizione. Essa è realizzabile nell'aborto epizootico della vacca, nella piroplasmosi, forse nell'anemia infettiva del cavallo. Anche la tubercolosi viene combattuta secondo questi concetti per mezzo del vaccino B. G. G. L'impiego di questo vaccino è però ancora nella fase sperimentale e altre osservazioni sono necessarie prima di poter definire il suo valore reale.
È inevitabile che con l'impiego di vaccini vivi qualche soggetto, specie nelle malattie a decorso acuto, debba soccombere per malattia vaccinale. Per tal motivo, quando è possibile, si ricorre a vaccini costituiti da germi attenuati nella loro virulenza, talché essi sono in grado di produrre soltanto una malattia abortiva, capace comunque di difendere l'animale vaccinato (come Pasteur ha dimostrato per il carbonchio ematico, per il colera aviario e per la rabbia), contro gli attacchi dell'infezione naturale. L'attenuazione del materiale vaccinale si può ottenere per varie vie: coltivando i bacilli su terreni nutritivi artificiali (B. avisepticus); col conservare il materiale infettante a temperature molto alte (bacillo del carbonchio ematico e sintomatico), con l'essiccamento (virus rabido, metodo Pasteur), con il passaggio del microrganismo attraverso animali poco sensibili (bacillo del mal rosso), con alcune sostanze chimiche (così agisce l'acido fenico sul bacillo del carbonchio E. e sul virus rabido: vaccino antirabico Finzi e Fermi, la saponina sul B. del carbonchio ematico, il tricloruro di iodio sul bacillo della difterite, ecc.).
Nell'uomo la vaccinazione con microrganismi vivi e virulenti è metodo quasi punto usato per l'evidente pericolo che si ha di provocare una malattia grave e diffusiva con quantità non sufficientemente dosate di germi o a cagione di una speciale sensibilità degli individui vaccinati. A tipi di vaccinazione con microrganismi vivi ma attenuati appartengono il vaccino antivaioloso, il v. antirabico, alcuni tipi di vaccino antitubercolare; sarebbero anche da ricordare i tentativi fatti più volte per vaccinare contro il morbillo e contro la scarlattina esponendo i bambini a contrarre la malattia nei momenti in cui la malattia stessa sembra decorrere particolarmente benigna.
Ma l'esperimento ha dimostrato che si può vaccinare anche con germi uccisi. Potere antigeno e patogeno non sono quindi, come poteva pensare Pasteur, sempre strettamente legati, in quanto vi sono germi che pur avendo perso totalmente il secondo, conservano più o meno costante il primo.
Vi sono tuttavia microrganismi il cui potere vaccinante non è dissociabile dalla loro vitalità; tale è il caso del bacillo del carbonchio ematico, di quello del mal rosso. La conservazione del potere immunizzante di determinati germi, è connessa al sistema di distruzione, per cui si sono escogitati al riguardo varî metodi, gli uni basati su procedimenti fisici (calore, freddo, pressione, raggi ultravioletti), gli altri su agenti chimici (acidi, basi, antisettici) e altri ancora su procedimenti biologici (diastasi biologica, batteriofago).
Speciale menzione merita la preparazione dei vaccini uccisi per l'azione di antisettici. I più usati sono lo iodio, il cloroformio, l'etere, l'acido fenico, il formolo. Quest'ultimo specialmente ha la facoltà di lasciare pressoché intatte le proprietà antigene degli elementi patogeni, per cui in questi ultimi anni è stato introdotto nella preparazione di vaccini contro le setticemie emorragiche, il carbonchio sintomatico, la peripneumonite dei bovini, la tubercolosi (vaccino Finzi). Molte malattie sostenute da virus filtrabili, invisibili e incoltivabili vengono combattute con vaccini formolati, preparati emulsionando organi virulenti con soluzioni variabili di formolo; tal'è il caso della peste bovina, equina e aviaria, del cimurro del cane, della rabbia, ecc. I lisati batterici ottenuti dall'azione di acidi o di basi, o per azione di diastasi biologiche e del batteriofago furono introdotti nella pratica per la prevenzione delle setticemie emorragiche e della tifosi aviaria.
Nell'uomo vaccini con microrganismi uccisi sono largamente usati, come l'antitifico e antiparatifico, l'anticolerico, l'antipestoso, l'antidissenterico e altri. Si sono ottenuti vaccini anche da microrganismi assoggettati a varî trattamenti chimici per tentare di ricavarne il principio attivo, liberandolo da ogni altro costituente microbico inutile o dannoso ai fini della vaccinazione (è da ricordare per es. il metodo di preparazione dei vaccini di Lustig e Galeotti, ossia dei vaccini a base di nucleoproteidi).
Si distinguono vaccini batterici eterologhi e autovaccini. I vaccini eterologhi, o stock vaccini si allestiscono adoperando stipiti batterici ottenuti dalle collezioni delle colture batteriche di laboratorio. Questo metodo permette di usare stipiti diversi dello stesso germe isolato in condizioni morbose differenti, essendo noto che non tutti i ceppi di una specie batterica si equivalgono nelle loro azioni biologiche. Così, per es., mescolando in un vaccino antistreptococcico, tre, quattro o più diversi stipiti di streptococchi, è più probabile comprendervi anche quello stipite che ha maggiore affinità per l'agente infettivo che si vuole combattere. Una specificità assoluta di azione si ha quando il vaccino batterico è derivato dallo stesso germe isolato dall'organismo infetto. Con questo metodo si preparano gli autovaccini (vaccini alla Wright), i quali però hanno lo svantaggio di richiedere qualche giorno per la loro preparazione. Si dicono monovalenti i vaccini costituiti da un solo stipite batterico, polivalenti quelli costituiti da più stipiti della stessa specie batterica, misti quelli costituiti da più specie batteriche. L'azione terapeutica di un vaccino batterico può essere compresa pensando che l'organismo reagisce prontamente all'inoculazione di germi non virulenti in confronto dei germi infettanti con forte azione aggressiva.
I vaccini di norma vengono allestiti con lo stesso agente della malattia contro cui si adoperano: con il bacillo della tifoide contro la tifoide, con il bacillo della dissenteria contro la dissenteria, con il vibrione del colera contro il colera, ecc. (vaccinazione specifica). In qualche caso però, o perché non si conosce bene l'agente di una infezione o per altre ragioni, si usa un vaccino preparato con un germe diverso, sapendosi che una certa reazione difensiva generale, se pure di lieve entità, può venire provocata nell'organismo anche da germi solamente affini, ma non identici, a quello proprio della malattia: si parla allora di vaccinazione aspecifica.
La somministrazione dei vaccini può essere eseguita in diversi modi; per innesto sotto la pelle o nelle vene, per applicazione sulla pelle scarificata o per ingestione. La maggior esperienza raccolta finora riguarda le vaccinazioni ipodermiche: esse peraltro, rappresentando un'operazione chirurgica, per quanto lievissima, e dando luogo d'ordinario a qualche disturbo locale e generale (come febbre, malessere, dolore e tumefazione, della parte inoculata) trovano nel pubblico difficoltà non piccole. Per ciò è grande l'aspettativa per le vaccinazioni per via boccale, più comode e non accompagnate in genere da disturbi di sorta: ma finora manca un giudizio definitivo sulla loro efficacia e quindi sulla convenienza di sostituirle alle ipodermiche.
La legge italiana non fa obbligo generale della vaccinazione se non contro il vaiolo. Peraltro è sempre in facoltà dell'autorità di ordinare altre vaccinazioni, quando ne ravvisi la necessità. Intanto una legge recente indica molti casi in cui si deve procedere alla vaccinazione antitifica coattiva; mentre, d'altra parte, la vaccinazione antitifica e antiparatifica è già da molti anni resa obbligatoria per le truppe.
Nelle malattie infettive in cui l'azione patogena svolta dal germe è di ordine prevalentemente tossico, l'immunizzazione può essere ottenuta con la stessa tossina batterica. Nel carbonchio sintomatico s'impiega la cosiddetta aggressina, filtrato del tumore sintomatico diluito nell'acqua. Ma nelle malattie ad azione tossica pressoché esclusiva (difterite dell'uomo e tetano), l'immunizzazione con tossina integrale, richiede un lungo periodo di tempo ed è spesso gravida di pericoli. G. Ramon, sottoponendo la tossina tetanica e la difterica all'azione combinata del formolo e del calore ha ottenuto una tossina-vaccino completamente atossica che pur conserva integrali le sue proprietà antigene (anatossina). L'anatossina tetanica viene impiegata nella vaccinazione antitetanica del cavallo.
Immunizzazione locale. - Dagli studî di A. Besredka è risultato che certi tessuti presentano una particolare sensibilità verso determinati germi e che l'organismo non può acquistare un'immunità solida se le cellule recettive non vengono direttamente immunizzate. Il bacillo del carbonchio ematico presenta un'elettività particolare per la pelle, quello della febbre tifoide o influenza addominale per le cellule intestinali. Pertanto, secondo il concetto di Besredka, alla cutiinfezione corrisponde la cutiimmunità e la cutiimmunizzazione nel primo caso, e alla enteroinfezione la enteroimmunità e la enteroimmunizzazione nel secondo. La vaccinazione locale è ancora realizzata nel vaiuolo aviario, nel colera aviario, nella paratifosi aviaria, nell'afta epizootica.
Immunizzazione mista. - L'impiego di vaccini attenuati in ambienti già infetti provoca talora in certi soggetti e per certe malattie dei casi di infezione detta vaccinale. Questi accidenti vengono evitati con la pratica della siero-vaccinazione. Il metodo è usato specie negli allevamenti già infetti (e per gli animali ancora sani) di carbonchio ematico e sintomatico, di mal rosso, di peste bovina e suina. La sua buona riuscita è legata alla possibilità di equilibrare il più esattamente possibile la qualità e la quantità del siero e di virus-vaccino inoculabili. L'inoculazione del vaccino si pratica simultaneamente a quella del siero nelle malattie a virus filtrabili e nel mal rosso, si distanzia invece di qualche giorno nel carbonchio ematico e sintomatico. Il metodo impiegato nelle malattie da virus filtrabili non è tuttavia scevro di inconvenienti essendo di fronte a virus difficilmente controllabili. Per tal motivo J. Loignières ha proposto per tali malattie e per l'afta epizootica segnatamente, di introdurre il virus in una piccola zona dell'organismo, resa nello stesso tempo resistente ma non refrattaria al virus, cosicché coltivandosi esso in posto senza provocare una generalizzazione del processo, grazie specialmente al siero inoculatovi a brevissima distanza di spazio, promuove l'immunità.
Il procedimento non è però ancora entrato nella pratica richiedendo ulteriori controlli.
Vaccinazioni associate. - È possibile vaccinare simultaneamente contro più infezioni: vaiuolo ovino e carbonchio ematico, carbonchio ematico e sintomatico, vaiuolo ovino e aborto infettivo. Queste vaccinazioni associate avrebbero il vantaggio di aumentare la capacità reattiva dell'organismo per cui ne risulterebbe un'immunità più spiccata contro entrambe le malattie.