VAGA (Vaga)
Città dell'Africa Proconsolare, oggi Béja. Le prime notizie che se ne hanno rimontano al sec. II a. C., ma fu certamente un centro abitato indigeno sulle pendici del colle che domina una larga parte del territorio posseduto da Cartagine. Circa la metà del sec. II a. C., poco prima dell'inizio della terza guerra punica, essa fu da Messinissa incorporata al suo regno: rimase perianto nel 146 a. C. fuori della provincia romana. La sua posizione e la sua importanza come emporio di commercio granario vi portarono rapidamente un folto stuolo di commercianti italici. Di questo si ha ricordo da Sallustio, per la parte che la città ebbe nella guerra di Giugurta: Metello nel 109 vi pose un presidio romano, ma esso fu di lì a poco massacrato dalla popolazione; il generale punì la città distruggendola. Se essa risorgesse già prima della fine del regno numida non si sa; ma da quanto ne dice Strabone, non pare. Al tempo di Plinio era città libera o municipio: lo scrittore infatti nomina due città dello stesso nome, senza maggiore precisazione. Un'altra Vaga era nel territorio di Cirta, e una terza, ricordata solo in occasione della guerra africana di Cesare, nella Bizacena. Quella di cui qui si parla ebbe da Settimio Severo rango di colonia (colonia Septimia Vaga); dalla metà del secolo terzo fu sede episcopale; Giustiniano vi curò la costruzione delle mura, della qual cosa grati gli abitanti mutarono il nome della città in quello di Teodoriade (Proc., De aedif., VI, 5).
Nella città sono state scavate molte tombe a camera di tipo punico, da attribuire al sec. II a. C.; restano gli avanzi di due archi onorarî, di una piscina, delle mura e della fortezza bizantine; a qualche chilometro, sul wādī Béja, è il ponte detto erroneamente "di Traiano", bell'opera a tre archi, lungo m. 70 e largo m. 7,30; fu costruito nel 29 d. C. e restaurato nel 76 d. C.; vi passava la strada da Cartagine a Ippona (v. ponte, XXVII, tav. CCI).
Bibl.: Corp. Inscr. Lat., VIII; C. Tissot, Géogr. prov. rom. d'Afrique, II, Parigi 1888, p. 302; Atlas arch. Tunisie, f0 18.