Vagina
La vagina (dal latino vagina, "guaina, fodero") è un condotto fibromuscolare, a cavità virtuale allo stato di riposo, esteso dalla vulva all'utero (v. vol. 1°, II, cap. 9: Pelvi, Organi genitali femminili). Ha una lunghezza media di circa 8 cm e una larghezza di circa 3 cm. La superficie interna presenta numerose pliche trasversali (rughe vaginali), particolarmente rilevate sulla linea mediana dove formano le cosiddette colonne della vagina. L'estremo inferiore della vagina si apre all'esterno in corrispondenza di un vestibolo, in cui termina anche la breve uretra femminile e che risulta delimitato marginalmente da due pieghe cutanee di diverso spessore, le piccole e grandi labbra; l'estremo superiore corrisponde al collo dell'utero, attorno al quale la parete della vagina si riflette a formare i fornici vaginali. La vagina ha tre funzioni principali: consente il passaggio del sangue mestruale; accoglie il pene durante il coito e trattiene gli spermatozoi prima del loro passaggio nell'utero; costituisce il tratto inferiore del canale del parto. Evoluzione ed embriologia
La riproduzione (v.) sessuale può realizzarsi con due strategie: la fecondazione esterna, tramite il rilascio dei gameti nell'ambiente esterno, o la fecondazione interna, attraverso la deposizione degli spermatozoi direttamente nelle vie genitali femminili. La seconda modalità è il risultato di un adattamento evolutivo che si è rivelato indispensabile quando la vita si è spostata sulla terraferma: i gameti deposti in ambiente subaereo morirebbero infatti per disidratazione. La fecondazione interna, che compare già in alcuni Invertebrati marini, ma si afferma, fino a diventare l'unica modalità possibile, nei Vertebrati terrestri, garantisce inoltre un incontro più certo dei gameti. Le strategie e le strutture messe a punto dagli Invertebrati per assicurare la fecondazione interna sono diverse. Nelle Spugne, animali pluricellulari primitivi senza differenziamento di veri organi, cellule ameboidi catturano gli spermatozoi e raggiungono un ovocita in accrescimento, senza che vi sia quindi una struttura paragonabile alla vagina. Negli Insetti, che hanno di solito fecondazione interna, lo sperma viene usualmente depositato nella vagina della femmina al momento dell'accoppiamento o viene racchiuso in spermatofore, raccolte poi dalla femmina. Quest'ultimo sistema è stato ampiamente usato durante la transizione evolutiva degli Insetti ancestrali dalla vita acquatica a quella terrestre: il processo di copula rappresenta un'evoluzione molto più tarda. Con l'eccezione dei Ciclostomi, che non possiedono veri e propri gonodotti, e degli Attinopterigi, nei quali le vie genitali femminili sono atipiche, in tutti i Vertebrati il sistema dei dotti genitali femminili rivela lo stesso piano strutturale generale. Tale sistema comprende due ovidotti, muscolari e ghiandolari, che iniziano con un'apertura verso il celoma, cui segue un tratto a forma di imbuto, e terminano nella cloaca. Lungo gli ovidotti, che si differenziano a partire dai dotti di Müller presenti in entrambi i sessi, ma che non completano il differenziamento nei maschi, possono essere identificate porzioni diversificate in grado di soddisfare funzioni specie-specifiche, come la raccolta delle uova, il loro rivestimento con sostanze protettive o trofiche, la loro incubazione o l'accoglimento degli organi copulatori. Negli Anfibi urodeli che hanno fecondazione interna, gli spermatozoi vengono deposti in una spermatofora che la femmina raccoglie e introduce nelle proprie vie genitali: tuttavia, manca ancora una vera vagina che accolga l'organo copulatore. Nei Rettili, in cui si differenziano veri e propri organi copulatori, si sviluppano strutture che possano accoglierli e avviare gli spermatozoi verso le alte vie genitali femminili, dove avviene la fecondazione; questa deve essere interna affinché lo spermatozoo possa raggiungere l'uovo prima che esso sia ricoperto dal guscio. Negli Uccelli, che hanno vie genitali molto simili a quelle dei Rettili, la vagina secerne anche un muco che chiude i pori del guscio: questo evita, nell'uovo fecondato e deposto, l'evaporazione dell'acqua, pur consentendo l'afflusso di ossigeno verso la membrana corioallantoidea, adibita alla respirazione embrionale. Nei Mammiferi marsupiali e placentati la riproduzione sessuata si specializza ancor più e si afferma la viviparità: l'utero (v.) assume la funzione di provvedere allo sviluppo dell'embrione. La vagina dei Marsupiali è costituita da due componenti sacciformi che si appoggiano al seno urogenitale con l'interposizione di un sottile setto connettivale. Durante il parto, il feto è forzato a passare attraverso il setto, che viene interrotto, e raggiunge il seno urogenitale; in adattamento alle vagine pari, alcuni maschi dei Marsupiali sono dotati di pene bifido. Nei Placentati le estremità caudali dell'ovidotto si fondono sempre in un dotto unico, la vagina, destinato alla ricezione del pene durante l'accoppiamento. Nei Mammiferi vivipari è inoltre assente la cloaca, in cui si aprivano i dotti genitali nei tipi ancestrali, e che è sostituita da un seno urogenitale nel quale, a eccezione dei Roditori e dei Primati superiori, si apre la vagina.
La formazione dei genitali interni femminili, dei quali la vagina fa parte, inizia dalle ghiandole sessuali embrionali, che nelle prime settimane dopo il concepimento si differenziano in ovaie. Nelle prime fasi di sviluppo, gonadi e gonodotti sono indifferenziati per entrambi i sessi. Successivamente si formano, a partire da un abbozzo embrionale pari, detto canale di Müller, le vie genitali femminili. Il canale di Müller, presente inizialmente in entrambi i sessi, regredisce nel maschio, mentre nella femmina diventa l'ovidotto. Questa struttura nella sua porzione distale diventa impari, fondendosi con quella opposta, e dà origine a un organo impari, il canale uterovaginale, che nella sua parte distale darà poi origine alla vagina. Rosadele Cicchetti
l. Fisiologia In condizioni fisiologiche, la vagina è umettata da una modesta quantità di un secreto denso, cui contribuiscono il trasudato di liquido dalle pareti vaginali e la secrezione delle ghiandole del collo dell'utero. Quando il fluido vaginale aumenta in modo marcato si parla di leucorrea o fluor. La leucorrea non implica necessariamente un'infiammazione vaginale: è più frequente nelle adolescenti, nelle donne in fase postmestruale, in coincidenza con l'ovulazione, nel qual caso si presenta come un muco filante a chiara d'uovo, prodotto dalle ghiandole del collo dell'utero; si riscontra anche nelle donne gravide o come conseguenza di eccesso di irrigazioni vaginali o di deodoranti intimi o anche in condizioni di stress. La flora batterica vaginale è formata da germi di ceppi diversi, che insieme costituiscono l'ecosistema vaginale. Essa subisce notevoli variazioni nel corso della vita, in rapporto allo stato fisiologico: nell'età prepuberale è rappresentata da germi saprofiti (stafilococchi, diplococchi, bacilli gram-negativi); nell'età fertile, il batterio più importante è rappresentato dal bacillo di Döderlein, che trasforma il glicogeno in acido lattico, garantendo così il pH ottimale, e favorendo, in tal caso, il grado di acidità migliore per il benessere e la difesa della mucosa vaginale. Diversamente dalla clitoride e dai genitali esterni, ricchissimi di fibre nervose sensoriali fini, ad alta capacità discriminativa, la mucosa vaginale contiene poche fibre sensoriali. La sensibilità dell'organo è principalmente dovuta alle fibre nervose propriocettive (che rilevano cioè la tensione muscolare), del muscolo pubococcigeo che la circonda e le cui fibre si intrecciano con la parete vaginale stessa. Il diverso tipo di innervazione spiega le differenti sensazioni che la donna può avvertire nel caso di stimolazione sessuale clitoridea o di stimolazione vaginale. Il desiderio sessuale dà origine alla lubrificazione vaginale e alla congestione genitale, grazie all'azione di neurotrasmettitori, tra i quali il più attivo è il peptide intestinale vasoattivo (VIP, Vasoactive intestinal peptide). La lubrificazione è dovuta a un semplice trasudato di liquido dalle pareti vasali e genitali, grazie all'azione dei neuropeptidi che ne aumentano la permeabilità. In parallelo, l'iperafflusso di sangue nei sinusoidi dei corpi cavernosi clitorideo e bulbocavernoso comporta la congestione genitale, il cui epifenomeno è il turgore della labbra e della clitoride. L'adeguata congestione dei vasi e dei tessuti perivaginali provoca la formazione della cosiddetta piattaforma orgasmica, ossia di quello stato ipereccitato che facilita poi l'attivazione del riflesso orgasmico (v. orgasmo). L'inadeguatezza di queste fasi preliminari facilita l'ipoanestesia genitale, soprattutto vaginale, cui concorrono fattori periferici genitali, tra i quali l'inadeguatezza della fase di lubrificazione-congestione e/o lo scarso tono del muscolo pubococcigeo, e aspetti psicodinamici, i quali inibiscono o comunque frenano la percezione del piacere, fino al completo blocco orgasmico.
a) Vaginismo. Il vaginismo è un disturbo sessuale che complessivamente interessa l'1-2% delle donne in età postpuberale. è caratterizzato da uno spasmo involontario dei muscoli che circondano l'entrata della vagina, associato a fobia del coito, ossia all'angoscia della penetrazione. La gravità del vaginismo è valutabile con due parametri: l'intensità dello spasmo muscolare, che viene descritta in quattro gradi, e quella della fobia, che può essere lieve, moderata o grave. Il vaginismo di 1° e 2° grado rende possibile la penetrazione, che tuttavia è dolorosa: si parla in tal caso di dispareunia. Nel vaginismo di 3° e 4° grado, invece, lo spasmo muscolare è così serrato da rendere impossibile il coito. Nelle sue forme più gravi il vaginismo comporta sterilità: il 5-7% delle coppie è sterile perché non consuma il matrimonio e il vaginismo è la causa femminile più frequente. Le forme del vaginismo possono essere divise in due gruppi principali, spesso interagenti. In quelle primarie, ossia presenti fin dall'inizio della vita sessuale, i fattori fisici meccanici sono piuttosto rari: per es., la penetrazione può essere ostacolata da un imene particolarmente fibroso e rigido, difficile da dilatare, o da esiti cicatriziali di traumi genitali accidentali o provocati, come avviene in taluni casi di infibulazione associata a clitoridectomia, ancora in uso presso le popolazioni africane. Le cause fisiche, biologiche, sono più frequenti nel provocare un vaginismo secondario, cioè lo spasmo del muscolo elevatore che rende il coito doloroso o impossibile e compare dopo un periodo di rapporti più o meno normali. Può essere imputabile a infezioni vaginali ripetute (vaginiti), specie se originate da funghi; a vestiboliti, infiammazioni della mucosa posta all'entrata della vagina; a distrofie, alterazioni dell'elasticità e della lubrificazione vaginali provocate da carenza ormonale, per es. in menopausa o in puerperio; a disturbi dell'eccitazione (arousal disorders), erroneamente confusi con la frigidità; a endometriosi. In tali casi è il dolore al momento della penetrazione a provocare secondariamente la contrazione dei muscoli che proteggono l'entrata vaginale. Più frequenti, nelle forme primarie, sono le cause psichiche, che associano la sessualità e la penetrazione in particolare a stimoli negativi: tabu e inibizioni educative; eccessivo attaccamento alla famiglia di origine; pregresse violenze o molestie sessuali; paura della gravidanza e del parto; l'aver udito racconti drammatici relativi al primo rapporto, alla perdita di sangue, al dolore, al parto; paura di quella ancorché minima aggressività implicita nella penetrazione, anche tra coppie che si amano. Questa paura, spesso inconsciamente condivisa nell'ambito della coppia, può somatizzarsi in disturbi psicosessuali diversi. Ne deriva la necessità di studiare entrambi i partner poiché nella coppia esistono spesso un 'induttore' del sintomo e un 'portatore' del medesimo. In caso di vaginismo, per es., il sintomo portato in consultazione potrebbe essere la difficoltà dell'uomo a mantenere l'erezione. Il vaginismo e la dispareunia rappresentano un frequente motivo di consultazione ginecologica e sessuologica. Diagnosi e trattamento sono molto soddisfacenti per tasso di risultati, tempo di trattamento e bassissima comparsa di recidive, purché il problema venga affrontato in modo integrato nelle sue componenti biologiche, intrapsichiche e relazionali con gli ormai standardizzati strumenti clinici, sessuologici, farmacologici, nonché con quelli psicodinamici. b) Vaginite. È l'infiammazione della vagina, secondaria a cause infettive (batteriche, micotiche, protozoarie, specie da Trichomonas, e virali, da Chlamydia o Mycoplasma) o allergico-chimiche, a fattori carenziali, in particolare legati alla carenza di estrogeni (vaginite atrofica o senile). In genere si accompagna a un aumento marcato del secreto vaginale, che può assumere caratteristiche diverse in relazione al germe che provoca l'infiammazione. Nella bambina e nell'anziana, la vaginite può essere provocata da saprofiti patogeni, spesso di provenienza intestinale, quali Escherichia coli o Enterococcus foecalis, la cui crescita è favorita dall'assenza del bacillo di Döderlein che compare solo in età fertile, grazie alla presenza degli estrogeni. Nella donna adulta, le vaginiti possono essere dovute a virulentazione di germi normalmente presenti in vagina, come nel caso dei cocchi, che provocano secrezioni giallastre, dei funghi, quali Candida albicans, che provoca tipiche secrezioni bianche e dense, o di germi anaerobi, quali Gardenella vaginalis, che, se presente in quantità eccessiva, è responsabile di tipiche secrezioni con odore di pesce marcio. Tutte queste infiammazioni sono facilmente curabili. Altre vaginiti possono essere secondarie a un'infezione contratta durante il rapporto sessuale, nel caso in cui il partner fosse portatore sano, o malato, di altri germi. Le più frequenti sono le infezioni da Trichomonas, che provocano tipiche secrezioni verdastre, da Papillomavirus, da Herpesvirus, da Chlamydia e Mycoplasma. Più rare sono oggi le infezioni da gonococco, luetica e tubercolare. In aumento è invece l'infezione per via vaginale da virus dell'immunodeficienza acquisita (HIV, Human immunodeficiency virus), responsabile dell'AIDS. Si parla allora di malattie a trasmissione sessuale (v.). c) Vestibolite vulvare. È l'infiammazione del vestibolo della vagina causata da: germi, in particolare funghi e virus; sostanze chimiche, specialmente detergenti intimi troppo aggressivi per le mucose; microtraumatismi provocati dal coito in presenza di scarsa o assente lubrificazione vaginale e/o vaginismo. I sintomi, che peggiorano dopo un rapporto sessuale, includono bruciori, prurito e una sensazione di taglietti all'inizio della vagina, dovuta a microabrasioni durante il coito. Si parla di vestibolite acuta se la sintomatologia è insorta da meno di tre mesi; di vestibolite cronica se la durata supera tale limite. In queste ultime forme, l'elemento patogenetico che mantiene il quadro infiammatorio, anche in assenza dei germi patogeni che l'avevano inizialmente provocato, è l'iper-reattività del mastocita, una cellula di difesa deputata a mediare in prima linea le difese immunitarie. Da essa dipendono la liberazione di sostanze chimiche che provocano la trasudazione vasale di liquidi, e quindi il gonfiore locale, di mediatori del dolore, che stimolano le terminazioni nervose, e di altre sostanze che esacerbano la risposta immunitaria stessa. Descritta per la prima volta alla fine degli anni Ottanta del 20° secolo, la vestibolite costituisce una delle cause più frequenti - e misconosciute - di dispareunia e di vaginismo secondario.
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