VAGLIASINDI DEL CASTELLO, Paolo
– Nacque a Randazzo, in provincia di Catania, il 16 settembre 1858 da Francesco e da Benedetta Piccolo di Calanovella.
Paolo era il terzo di tredici figli di una famiglia appartenente a un casato illustre molti dei cui membri avevano ricoperto nei secoli precedenti ruoli di primo piano nel campo sociale, economico e culturale cittadino.
Dopo aver frequentato le scuole locali, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Roma, dove si laureò con il massimo dei voti. Per alcuni anni esercitò la professione di avvocato, ma ben presto intraprese la carriera politica. Nel 1885, a soli ventisette anni, divenne sindaco di Randazzo e venne riconfermato nella carica due anni dopo. Da amministratore dovette affrontare e gestire l’epidemia di colera che si abbatté sulla sua comunità e su tutta la Sicilia e il Mezzogiorno nel 1887. La sua attività per contrastare e limitare i danni del morbo infettivo gli valse il conferimento di una medaglia d’argento al valore civile.
Appassionato di questioni economiche e sociali, Vagliasindi era convinto della necessità di analizzare attentamente gli ostacoli dello sviluppo economico e del progresso sociale per superarli con provvedimenti adeguati ed efficaci. Esperto soprattutto di questioni agricole, si impegnò a rilanciare il settore vitivinicolo randazzese. Oltre a puntare a un aumento della produttività e a un miglioramento del prodotto, il sindaco si sforzò di individuare nuovi sbocchi per la commercializzazione del vino che, dal porto di Riposto, veniva spedito fino in Russia.
Uno degli ostacoli principali alla commercializzazione del vino siciliano, che riguardava tutta l’isola, ma era particolarmente grave per i piccoli centri urbani come Randazzo, era la mancanza di infrastrutture viarie. Nonostante gli sforzi profusi dai governi del primo ventennio postunitario, che avevano portato alla realizzazione di migliaia di chilometri di strade e centinaia di chilometri ferroviari, molto restava da fare per ridurre il divario infrastrutturale tra la Sicilia e il resto della penisola. Buona parte dell’entroterra e specialmente i piccoli centri rimanevano privi di una viabilità adeguata. In inverno molti comuni diventavano inaccessibili per intere settimane poiché le ‘trazzere’ erano spesso costruite su fondi di marna e di argilla che, con la pioggia, diventava fango.
Da sindaco, Vagliasindi si dedicò soprattutto alla sistemazione e alla manutenzione delle strade.
Ben presto, tuttavia, la sua attività politica si spostò dal paese natio al capoluogo di provincia. A Catania si dedicò innanzitutto alla riorganizzazione della locale Associazione monarchica, ribattezzata Associazione costituzionale, di cui sarebbe stato presidente fino alla morte. Intensa anche la sua attività giornalistica. Vagliasindi divenne uno dei principali collaboratori e animatori del foglio La Sicilia, che, diretto da Giuseppe Simili e finanziato da Giuseppe Paternò Alliata, principe di Manganelli, in quegli anni si trasformò in un vero e proprio giornale e in un organo di informazione e strumento politico dei liberali moderati catanesi.
L’ultimo ventennio del XIX secolo fu per la città un periodo di densi fermenti sociali e politici, di sviluppo urbanistico, economico e industriale che però amplificarono le tensioni sociali. Il processo di urbanizzazione accentuò infatti la polarizzazione tra i quartieri nobili e altoborghesi e i quartieri popolari, dove una popolazione misera viveva in precarie condizioni sanitarie e di sovraffollamento. Confinate urbanisticamente in quartieri fatiscenti e insalubri, veri e propri ghetti, privi di fognature, acqua corrente, lastricatura e illuminazione stradale, le classi popolari continuavano a vivere, anzi a sopravvivere, solo grazie all’assistenzialismo di personaggi come l’arcivescovo Giuseppe Benedetto Dusmet. Erano gli anni in cui emergevano nel panorama politico cittadino Giuseppe De Felice Giuffrida (destinato a diventare uno dei principali avversari di Vagliasindi) e il marchese Antonino di San Giuliano che, partendo dall’esperienza di sindaco, avrebbe ben presto spiccato il salto verso la politica nazionale.
Anche Vagliasindi, forte delle sue prime esperienze amministrative, politiche e giornalistiche, decise di passare dalla politica locale a quella nazionale, presentandosi alle elezioni per la XVII legislatura, nel collegio elettorale di Catania II (Acireale). La campagna elettorale – finanziata anche dal principe di Manganelli, sostenuta dall’Associazione costituzionale e portata avanti attraverso il giornale La Sicilia – gli garantì l’elezione tra le file dei conservatori liberali.
Nel 1897 Vagliasindi sposò a Torino Ottavia Caisotti dei conti di Chiusano con la quale ebbe cinque figli: Laura, Benedetta, Emilio (morto all’età di tre anni), Maria ed Ersilia. Nello stesso anno fu rieletto alla Camera per il collegio di Bronte. Queste ultime elezioni furono caratterizzate da una strenua lotta politica contro il candidato locale Francesco Cimbali, medico, più volte sindaco di Bronte e fratello del più noto Eduardo, futuro docente di diritto internazionale presso l’Università di Catania. In tale occasione, Vagliasindi fu fortemente sostenuto dagli amministratori della Ducea di Nelson. E fu proprio al duca Alexander Nelson Hood che Vagliasindi volle personalmente esprimere la propria gratitudine il 1° giugno 1895 per il successo ottenuto: «Mi permetta di ripeterle l’espressione della mia viva riconoscenza per l’alta adesione, ch’Ella volle concedere alla mia candidatura politica; io gliene professo gratitudine per la vita» (Archivio di Stato di Palermo, Archivio della Ducea di Bronte, Nelson, vol. 590-C1, p. 251).
Schierato tra le file dei conservatori, Vagliasindi si impegnò a sostenere in Parlamento le istanze e gli interessi del suo collegio elettorale, intervenendo più volte sulla carenza di infrastrutture viarie nel territorio, sui rischi idrogeologici, sull’approvvigionamento idrico per l’agricoltura, sui dazi, sulle innovazioni tecnologiche e scientifiche.
Nel maggio del 1899, grazie alle competenze nel settore agricolo, dimostrate in innumerevoli interrogazioni, fu nominato sottosegretario al ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio retto da Antonio Salandra nel secondo gabinetto Pelloux in carica dal 14 maggio 1899 al 24 giugno 1900.
Come sottosegretario si distinse per l’impegno profuso nei tentativi di debellare l’epidemia di fillossera che nell’ultimo ventennio del XIX secolo colpì la viticoltura siciliana.
La fillossera era un dannoso fitofago della vite, originario del Nordamerica che si era diffuso in Europa nella seconda metà dell’Ottocento provocando gravissimi danni prima in Inghilterra e in Francia, poi in Italia. Nel 1890, secondo un rapporto presentato dal presidente del consorzio agrario di Catania, su 300.000 ettari di vigneti presenti nelle province di Catania e Siracusa, la fillossera ne aveva attaccati e distrutti oltre 130.000.
In quegli anni furono numerose le iniziative, gli studi, le ricerche e i convegni promossi in tutte le regioni italiane colpite dalla fillossera. Anche i giornali siciliani si occuparono del problema e diedero ampio spazio ai tentativi di debellare l’epidemia e alle soluzioni individuate in altri Paesi europei. Uno dei rimedi fu individuato nella stessa vite americana, responsabile di aver veicolato il parassita in Europa. Si scoprì, infatti, che alcune varietà di vite americana avevano sviluppato una resistenza genetica alla fillossera. Si provò quindi a innestare le viti nelle radici di quella americana. Ma tale soluzione presupponeva l’estirpazione del vecchio vigneto per far posto alle nuove piante innestate e non sempre i proprietari erano disposti ad affrontare le spese per la ripiantumazione. Vagliasindi sottolineò spesso la necessità di ricercare la collaborazione dei proprietari, incentivandoli nell’acquisto delle viti americane da innestare, istituendo dei vivai provinciali presso i quali i viticoltori potevano rifornirsi delle barbatelle, partecipando a tutte le esposizioni e le conferenze in cui pubblicizzavano le più recenti e innovative tecniche di eliminazione della fillossera. Questa particolare vocazione di Vagliasindi ad applicare al settore agricolo le più recenti innovazioni tecnologiche e scientifiche fu una delle principali caratteristiche della sua attività di sottosegretario. Quando, prima in Austria e poi in altre nazioni europee, furono sperimentati i primi tentativi di usare dei cannoni antigrandine per impedire le disastrose conseguenze sulle colture agricole delle violente grandinate, Vagliasindi volle concretamente testare tale invenzione in alcune regioni italiane. Poiché l’efficacia di tali cannoni era legata alla possibilità di prevedere in tempo la formazione dei cumulonembi, cercò di potenziare la diffusione del Bollettino meteorologico quotidiano da parte dell’Ufficio centrale di meteorologia e di geodinamica, dipendente dal suo ministero. Egli era inoltre ben consapevole dei vantaggi che una conoscenza tempestiva e puntuale delle previsioni meteorologiche poteva arrecare all’agricoltura, alla navigazione e alla pesca. L’invio del Bollettino ai comuni per via postale era praticamente inutile e Vagliasindi propose di far diramare il periodico telegraficamente, ma a ciò ostava la maggiore spesa che molti comuni non potevano affrontare quotidianamente e per tutto l’anno. Vagliasindi riuscì quindi a ottenere la collaborazione del ministero delle Poste e dei Telegrafi per l’invio di un telegramma giornaliero, limitato alle sole previsioni meteorologiche, agli uffici telegrafici dei comuni che lo avessero richiesto, autorizzandone il rilascio di una copia per il municipio locale dietro un pagamento minimo. I municipi potevano inoltre scegliere se ricevere il telegramma con le previsioni meteorologiche per tutto l’anno o soltanto in determinati periodi, per esempio nei mesi più importanti dal punto di vista agricolo.
L’attività di parlamentare non era disgiunta dalla partecipazione alla lotta politica locale nella Catania di Giovanni Verga, Luigi Capuana e Federico De Roberto, e soprattutto dell’astro nascente della politica cittadina, il socialista Giuseppe De Felice Giuffrida, di cui Vagliasindi fu un vivace oppositore a tal punto da sfidarlo a duello. Il duello fu poi evitato, ma rappresentò uno dei momenti di massima tensione tra il blocco popolare capeggiato da De Felice e i monarchici che avevano i loro principali esponenti in Vagliasindi, nel barone Giuseppe Luigi Beneventano e nel senatore Giuseppe Carnazza Puglisi.
Nel giugno del 1900 Vagliasindi venne rieletto deputato per la XXI legislatura, ma quando si ripresentò candidato alle consultazioni del novembre del 1904 la situazione politica era radicalmente mutata a livello nazionale e locale. Nel giugno del 1902 le elezioni amministrative avevano visto il trionfo del Blocco popolare capeggiato da De Felice che aveva ottenuto quarantotto consiglieri su sessanta. Da un anno il governo era presieduto da Giovanni Giolitti il quale, per consolidare la propria maggioranza, non esitò a utilizzare i prefetti per ‘pilotare’ a livello locale il voto politico per il rinnovo della Camera dei deputati. Il prefetto di Catania, Emilio Bedendo, ostacolò in tutti i modi la campagna elettorale di Vagliasindi, favorendo invece il candidato giolittiano Francesco Saverio Giardina, docente di geografia presso l’Università di Catania, che risultò eletto. Vagliasindi fece ricorso, denunciando i brogli, le intimidazioni e le irregolarità che avevano caratterizzato la campagna elettorale, ma prima ancora che la Giunta per le elezioni della Camera si pronunciasse, colpito da una gravissima forma di pleurite, morì a Catania il 23 dicembre 1905.
Una folla enorme accompagnò il corteo funebre, nel quale sfilarono le bandiere di tutte le associazioni catanesi e della provincia. A rendergli omaggio furono anche Capuana e De Roberto. Quest’ultimo, fraterno amico di Vagliasindi, qualche anno dopo dettò le parole destinate a essere incise nella lapide apposta sul palazzo di famiglia di Randazzo: «Paolo Vagliasindi / nelle lotte della vita pubblica / portò la forza e la gentilezza / di un cavaliere antico / in Parlamento e al Governo / fu propugnatore immutabile/di libertà con ordine / crudelmente troncata / prima di dare tutti i suoi frutti / l’opera nobilissima / del Cittadino esemplare / vive nella memoria dei contemporanei / rivivrà nella storia / di questa dilettosa sua terra».
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Palermo, Archivio della Ducea di Bronte (Nelson), vol. 590-C1; Archivio di Stato di Catania, Archivio privato Paolo Vagliasindi, bb. 1-33.
G. Giarrizzo, Catania, Roma-Bari 1986, ad ind.; G. Barone, Egemonie urbane e potere locale (1882-1913), in Storia d’Italia, Le regioni dall’unità ad oggi, La Sicilia, a cura di G. Giarrizzo - M. Aymard, Torino 1987, pp. 189-370; G. Schininà, Le città meridionali in età giolittiana. Istituzioni statali e governo locale, Acireale-Roma 2002, ad ind.; F. Renda, Storia della Sicilia. Dall’Unità ai giorni nostri, III, Roma 2007, ad ind.; G. Poidomani, Senza la Sicilia l’Italia non è nazione. La Destra storica e la costruzione dello Stato 1861-1876, Acireale-Roma 2008, ad ind.; G. Astuto, Il viceré socialista. Giuseppe De Felice Giuffrida sindaco di Catania, Acireale-Roma 2014, ad ind.; G. Poidomani, L’Università militante. L’Ateneo di Catania tra colonialismo, Grande Guerra e fascismo, in Annali di storia delle Università italiane, XXII (2018), 2, pp. 179-206. Camera dei Deputati, Portale storico, https://storia. camera.it/deputato/paolo-vagliasindi-del-castello-18580916#nav; On.le Paolo Vagliasindi, http://www.randazzo.blog/ 2017/ 10/09/on-le-paolo-vagliasindi/ (17 febbraio 2020).