VAIANI, Lorenzo, di Filippo di Lorenzo (detto Lorenzo dello Sciorina o Sciorina)
Nacque a Firenze il 29 ottobre 1541. Il padre era un pollaiolo del quartiere di S. Spirito, anche se nel 1552, quando fu battezzato il figlio Bastiano, la famiglia risiedeva già nel quartiere di S. Giovanni, dove Sciorina abitò poi per tutta la vita. Bastiano divenne pittore come il fratello Lorenzo, ma dopo il 1577 se ne perdono le tracce. Tuttavia, è stato ipotizzato che egli si fosse trasferito a Genova, dove è documentata la prima parte della carriera del pittore di origine fiorentina Alessandro Vaiani, che era verisimilmente suo figlio e fu poi attivo con qualche fortuna a Milano e a Roma, avviando all’arte i figli Sebastiano e Anna Maria (Nesi, 2017, con bibl.).
Allievo di Bronzino, Sciorina esordì professionalmente nel contesto delle prime imprese collettive della neonata Accademia del Disegno dirette da don Vincenzio Borghini con l’aiuto di Giorgio Vasari. Per le esequie solenni di Michelangelo nel 1564 fu incaricato di dipingere l’episodio Michelangelo fortifica la collina di S. Miniato per il catafalco funebre. Nell’anonima descrizione dell’apparato (Esequie del divino Michelangelo Buonarroti, 1564, in Wittkower, 1964, p. 95) la perduta tela di Sciorina, «allievo e creatura del Bronzino», veniva giudicata «lodevole e bonissimo saggio» di ciò che si sarebbe potuto sperare dal giovane, che l’indomani della cerimonia, il 16 luglio 1564, fu ammesso all’Accademia (Frey - Frey, 1940, pp. 210 s., App. III, n. 11). è probabile, però, che il suo affrancamento professionale non fosse ancora avvenuto. Stando a un memoriale di Borghini relativo agli apparati allestiti in città per le nozze tra Francesco de’ Medici e Giovanna d’Austria nel 1565 (ed. in Ginori Conti, 1936, p. 141), il pittore prese parte all’impresa come aiuto di Bronzino, responsabile della decorazione pittorica della facciata posticcia di palazzo Ricasoli, ma il ruolo che vi ebbe non è chiaro. Nella seconda edizione della Descrizione dell’apparato, Domenico Mellini (1566; il testo fu rielaborato da Vasari per la seconda edizione delle Vite del 1568) precisava che a Sciorina spettavano i due pannelli nel registro superiore della struttura, raffiguranti rispettivamente il principe e la principessa con i loro corteggi. Per contro, dal consuntivo dei lavori (in Frey - Frey, 1940, pp. 240 s., App. V.a, nn. 128-129) risulta che, dei cinque pannelli dipinti della facciata Ricasoli, i tre del registro inferiore furono pagati a Bronzino, e gli altri due ad Allori. Neppure una successiva testimonianza del medesimo Borghini aiuta a risolvere il dubbio, poiché, scrivendo in merito alla stima di quei quadri, non ne precisa la paternità (p. 228, App. IV, n. 2). Accettando l’ipotesi che essi fossero frutto della collaborazione tra Allori e Sciorina (Pillsbury, 1969, p. 82), si dovrà quindi immaginare che il secondo avesse ricoperto un ruolo subalterno.
La carriera autonoma di Sciorina dovette iniziare alla fine degli anni Sessanta, ma i suoi legami con l’entourage bronzinesco continuarono a essere professionalmente importanti. Difatti, nel 1570 egli fu impegnato con Giovanni Bizzelli e Alessandro Pieroni nella perduta decorazione ad affresco della cappella della villa di Alamanno Salviati, affezionatissimo mecenate di Allori, al Ponte alla Badia (E. Karwacka Codini - M. Sbrilli, in Archivio Salviati, 1987; Lusoli, 2013). Nuovamente sotto la direzione di Borghini e Vasari, tra il 1570 e il 1571 partecipò alla decorazione dello studiolo di Francesco de’ Medici a Palazzo Vecchio con il pannello raffigurante Ercole e il drago delle Esperidi (Conticelli, 2007). Qui Sciorina dimostra come l’influenza di Allori si fosse armoniosamente innestata sulla sua formazione bronzinesca: le figure si muovono flessuose e svelte e le trascorrenze della luce definiscono i nudi con maggiore schiettezza. Poco dopo l’impegno per lo studiolo (Nesi, 2017) viene collocata una tavoletta firmata raffigurante l’Adorazione dei magi (ubicazione sconosciuta).
Negli anni successivi, la reputazione di Sciorina dovette crescere rapidamente. Nel febbraio del 1572 il suo parere positivo sul salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, da poco ultimato, era tra quelli che Borghini riteneva di dover riferire a Vasari, preoccupato dell’accoglienza riservata all’opera (Frey - Frey, 1930, p. 640, n. DCCCVIII). Pochi mesi più tardi egli fu tra i primi consoli dell’Accademia eletti dopo la riforma dell’istituzione da confraternita a corporazione (Barzman, 2000), e da quel momento vi ebbe un ruolo eminente per tutta la vita, ricoprendo la carica di console altre sette volte (maggio e settembre del 1574, 1579, 1581, 1585, 1592, 1593: Zangheri, 2000). A riprova che alla metà dell’ottavo decennio del secolo la sua carriera era ormai consolidata si dovrà considerare che nel 1575 il pittore prese moglie, tale Filippa. Da questo matrimonio, nel 1577, gli nacque il figlio Filippo, che sarebbe stato pittore fino almeno al 1608, optando poi per una carriera nella pubblica amministrazione (Nesi, 2017).
I principali impegni professionali di Sciorina a oggi noti si concentrano negli anni ottanta. Tra il 1582 e il 1584 dovrebbero collocarsi i due lunettoni ad affresco (un terzo, incompiuto, fu sostanzialmente rifatto nel XVIII secolo) nel chiostro grande di S. Maria Novella, raffiguranti la Predica di s. Domenico a Roma e liberazione di una donna dai demoni e S. Pietro martire libera Firenze dagli eretici (Assman, 1997). Le due opere sono tra le più riuscite di quanto sopravvive del pittore, che qui si accosta alla fresca vena narrativa di Bernardino Poccetti. Tra il 1584 e il 1585 Sciorina partecipò alla serie di effigi medicee voluta da Francesco I e destinata al corridoio di levante della Galleria degli Uffizi con il Ritratto di Eleonora di Toledo col figlio Garzia e il Ritratto di Giovanni di Pierfrancesco de’ Medici con la moglie Caterina Sforza (Poggi, 1909; Gallerie degli Uffizi, galleria delle Statue e delle Pitture, inv. 1890, nn. 2239 e 2221). Il risultato sembra condizionato dalla qualità dei prototipi: notevole nel primo caso, ove il pittore si avvalse di ritratti di Bronzino, più modesto nel secondo, per il quale, almeno per il ritratto di Pierfrancesco de’ Medici, egli fece riferimento all’esemplare della serie gioviana.
Ancora alla metà del decennio Sciorina prese parte alla decorazione della cappella della villa di Pietrafitta presso San Gimignano eretta da Alessandro Acciaioli, tra i più splendidi mecenati e collezionisti fiorentini del suo tempo. Per quel sacello ottagonale, probabilmente progettato da Bernardo Buontalenti, Acciaioli ordinò otto pale d’altare di soggetto mariano suddivise tra pittori di formazione bronzinesco-alloriana: oltre a Sciorina e ad Allori stesso, Bizzelli e Giovan Maria Butteri (oggi a Reano, Biella, tra la chiesa di S. Giorgio e la cappella funeraria della famiglia Dal Pozzo: Cifani - Monetti, 1997). Se è poco probabile (Nesi, 2017) che Sciorina avesse dipinto l’Annunciazione, come ricordato in un inventario secentesco, è certamente sua la Visitazione, firmata e datata 1585. Vi si riconoscono chiare suggestioni bronzinesco-alloriane nel panneggiare ampio e solenne e nel profilo matronale di Maria, ma negli altri volti si avverte una maniera più sbrigativa a svantaggio della resa plastica dei volumi. Per il medesimo committente tra il 1588 e il 1589 Sciorina eseguì alcuni grandi ritratti su tela a oggi non rintracciati: uno di Acciaioli stesso, del quale aveva consegnato anche una replica che ne ritraeva, probabilmente, solo il volto, uno di Ginevra Strozzi e uno del cardinale Guido Sforza (Pegazzano, 2006, p. 106, App. 1).
Le buone relazioni del pittore con i mecenati fiorentini più colti sono confermate dalla sua partecipazione a un ciclo di lunette di tema allegorico recentemente riscoperto, per il quale egli dipinse una glaciale Nuda Veritas (collezione privata). Sebbene non ne sia nota l’antica provenienza, l’insieme doveva decorare una sala a volte, e la cerebrale orchestrazione dei significati simbolici traduce con ogni evidenza riflessioni morali (C. Falciani, in Il Cinquecento a Firenze, 2017, pp. 230-234, n. V.16).
Nella seconda metà degli anni Ottanta si devono collocare due pale d’altare di notevole impegno. La prima, firmata ma non datata, comparve sul mercato antiquario nel 2009 e raffigura una Deposizione (Nesi, 2017). Attentamente equilibrato e armonioso da un punto di vista compositivo, il dipinto rivela però la medesima cristallizzazione delle cifre alloriane della Visitazione di Pietrafitta. Decisamente più moderna per la rinnovata adesione alla natura risulta, invece, la Natività che oggi si trova in S. Felicita a Firenze, e che proviene dalla cappella della famiglia Riccardi in S. Giovanni dei Gesuiti, poi degli Scolopi. Stando a un conto che Sciorina presentò a Riccardo Romolo Riccardi, la pala faceva parte di un gruppo di dipinti, tra i quali un perduto ritratto di Gabriello Riccardi, commissionatigli fin dal 1576, ma completati nel 1588 (Lami, 1748). L’opera può essere considerata un punto d’arrivo del percorso stilistico di Sciorina. Pur avendo per guida la Natività dipinta da Bronzino per S. Stefano dei Cavalieri a Pisa tra il 1564 e il 1565, l’autore riduce il numero delle figure, ne semplifica le pose, e attenua l’aulico patetismo del maestro dimostrando particolare attenzione per la più quieta Natività dipinta in quegli stessi anni da Santi di Tito (Firenze, S. Giuseppe), testo capitale del rinnovamento in senso naturalistico della pittura fiorentina di secondo Cinquecento.
A conclusione di questa operosa decade, Sciorina prese parte, nel 1589, agli apparati effimeri per le nozze di Ferdinando I con Cristina di Lorena, realizzando L’unione di Firenze e Fiesole per l’‘arco’ di Porta al Prato progettato da Allori. A lungo noto agli studi solo grazie a un’incisione edita da Raffaello Gualterotti (1589, c. 25r) e a un modelletto preparatorio in collezione privata, il dipinto è stato rintracciato in anni recenti (Bietti, 2009, p. 91; Firenze, Museo del Cenacolo di San Salvi, inv. 1890 n. 7771) e dimostra la capacità del pittore di armonizzare la maniera forbita dei precedenti iconografici di Vasari e Federico Sustris con un nuovo gusto narrativo, più disteso e sobrio (Pizzorusso, 2000).
L’ultima opera documentata di Sciorina è il Ritratto di Agnolo Guicciardini che fa parte della serie dei Luogotenenti dell’Accademia realizzata nel 1596 (Cavallucci, 1873; Firenze, Accademia delle Arti del Disegno). Poiché Guicciardini era morto nel 1581, è probabile che il pittore facesse riferimento a un ritratto già esistente, e ciò spiegherebbe l’estraneità del dipinto ai suoi modi.
Tra le opere recentemente attribuite al suo catalogo sono l’affresco con Cristo dinnanzi a Caifa nel vestibolo della Compagnia di S. Pierino presso la SS. Annunziata a Firenze e una pala raffigurante la Madonna col Bambino tra i ss. Jacopo, Giorgio, Michele e Francesco (San Miniato al Tedesco, Museo diocesano) proveniente dalla pieve di Montecalvoli (Nesi, 2017).
Sciorina morì a Firenze il 2 giugno 1598 e fu sepolto nella chiesa di S. Maria Novella (ibid.).
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