Valdo (italianizz. del nome lat. Valdesius, Valdius, Waudesius)
(italianizz. del nome lat. Valdesius, Valdius, Waudesius, derivato dal nome in lingua d’oc Vaudes, in lingua d’oeil Valdès, indicante forse il luogo di nascita, regione o cittadina, situato nel Delfinato) Riformatore religioso (ca. 1130 - ca. 1217). Stabilitosi a Lione, rinunciò nel 1173, secondo una Chronica anonima (1220) proveniente da Laon, ai beni che si era guadagnato con il commercio per far voto di assoluta povertà, dopo aver studiato – in una traduzione che aveva commissionato, non conoscendo il latino – i Vangeli, i Salmi, altre parti della Scrittura, alcuni scritti patristici. Attorno a V. si riunì un gruppo di seguaci, dediti alla predicazione di un ritorno alla semplicità e purezza evangelica come mezzo di salvezza contro la corruzione apportata dalla ricchezza, che furono chiamati i «poveri di Lione». In seguito alla proibizione di predicare rivoltagli dall’arcivescovo della città Guichard, V. chiese ad Alessandro III, nel terzo Concilio lateranense (1179), un riconoscimento che, secondo la Chronica, non gli fu accordato, secondo altre fonti (opera polemica di Moneta da Cremona, ca. 1238) invece gli venne concesso, purché moderasse il suo messaggio. Nel 1180, durante il Sinodo vescovile di Lione, presieduto dal nunzio apostolico Enrico di Marcy, avrebbe accettato una professione di fede in tal senso. Morti nel 1183 Alessandro III e Guichard, entrò in aperto conflitto con il nuovo papa Lucio III e il nuovo arcivescovo di Lione Giovanni Bellemani: nel 1184 nel corso del Concilio di Verona i «poveri di Lione» furono condannati come eretici e cacciati dalla città come rivoltosi. Di qui la loro diaspora in Provenza, Piemonte, Lombardia, Fiandre, Germania, Spagna, Inghilterra. V. rimase a capo della comunità fino alla sua morte (un’antica tradizione, tesa a sottolineare la continuità tra il suo insegnamento e quello di Jan Hus, narra che morì in Boemia): i ministri, che impartivano la comunione soltanto una volta l’anno, venivano scelti annualmente; si richiedeva agli adepti uno stile di vita ascetico; erano ripudiati le indulgenze, il purgatorio, le messe per i morti, e negata l’efficacia dei sacramenti somministrati da ecclesiastici giudicati indegni; i Vangeli, letti nelle lingue vernacolari, erano considerati l’autorità fondamentale; si sottolineava il valore di una prassi corrispondente alla fede. I seguaci di V. furono denominati per la prima volta come valdesi (Vallenses) da Raimondo di Daventry, inviato del vescovo di Bath Reginaldo, nel giudizio di condanna che pronunciò nel 1179 a Narbona su di loro, dopo aver esaminato due dei loro ministri. La loro storia che ha inizio nel 12° sec., giunge, attraverso la Riforma e la Controriforma, fino all’età contemporanea. I valdesi, in cui confluirono originariamente, non senza tensioni, i seguaci, presenti nelle regioni della Francia orientale e Italia settentrionale, di altri riformatori attivi nei primi decenni del 12° sec. considerati eretici (Arnaldo da Brescia, Pietro di Bruys, Enrico di Losanna), ebbero già a partire dal 13° sec. il loro centro maggiore in Piemonte nelle valli delle Alpi Cozie; stabilirono nel corso dei secc. 14°-18° intensi rapporti in partic. con gli ambienti riformati tedeschi e svizzeri, divenendo oggetto delle violente persecuzioni che colpirono in quel periodo i protestanti nei paesi cattolici. Ebbero riconosciuto il loro diritto alla libertà religiosa solo con la Rivoluzione francese. Vi sono oggi comunità valdesi, oltre che in Italia, Francia, Svizzera, negli Stati Uniti, in Uruguay e Argentina, unite in federazione con le Chiese evangeliche.