CONTRI, Valentino
Nacque il 5 febbr. 1736 a Castello (comune di Pavullo nel Frignano, prov. di Modena) da una "delle più illustri e delle più rinomate famiglie della montagna modenese" (Santi), che diede nel sec. XVIII ecclesiastici, dottori in legge e pubblici funzionari. Ben poco si conosce della sua vita prima del 1796: anch'egli, come il fratello maggiore Giacomo, abbracciò la carnera ecclesiastica e fu canonico della collegiata di S. Maria della Pomposa a Modena; conseguì inoltre la laurea di dottore in medicina nello Studio modenese. Già questa scelta, insolita per un sacerdote e disapprovata dal vescovo Tiburzio Cortese, indica nel C. una propensione antitradizionalista che si espresse, alla metà degli anni Novanta se non prima, nell'adesione alle idee rivoluzionarie, comune d'altronde a una non trascurabile frazione del clero modenese. "Due canonici di S. Agostino del cognome Contri è da qualche tempo che, sentesi siano inclinati al giacobinismo", si legge in un'informazione segreta ordinata nei primi mesi del 1796 dal duca Ercole III (Santi). Da un processo intentato al C. nel 1799, nel periodo della reggenza imperiale, apprendiamo che egli fu tra gli animatori del club detto dell'ospedale (dal luogo dove si tenevano le riunioni), frequentato da medici, speziali, avvocati, impiegati e da alcuni esponenti della nobiltà: ivi "si facevano discorsi risguardanti la destruzione del governo monarchico, e la formazione di una repubblica, screditandosi i principi per animare il popolo ad essere del loro partito" (Arch. di Stato di Modena, Reggenza Imperiale, busta 9, Indizi contro il canonico Contri). La vicinanza dell'esercito francese del Bonaparte e la sollevazione di Reggio Emilia (26 agosto) contro la capitale estense, dove Ercole III, riparando a Venezia, aveva lasciato il potere a un Consiglio di reggenza, spinsero questi uomini a organizzare il 29 ag. 1796 un tentativo insurrezionale, represso non senza spargimento di sangue in seguito all'intervento delle truppe fedeli al duca.
Ma il governo estense aveva ormai i giorni contati. Il 6 ottobre Modena era occupata dai Francesi, e in luogo del soppresso Consiglio di reggenza il commissario civile Garrau insediava una municipalità repubblicana e un Comitato di governo, cui il 22 ottobre venne riunito quello reggiano. Tra il 16 e il 18 ottobre i rappresentanti di Modena, Reggio, Ferrara e Bologna deliberarono, per impulso del Bonaparte, la fondazione di una Confederazione cispadana, destinata a trasformarsi alla fine dell'anno nella Repubblica cispadana. Per tutto il triennio rivoluzionario il C. fu tra i maggiori protagonisti della scena politica modenese. La sua attività si esplicò sia nella propagazione delle nuove idee attraverso la parola e la stampa, sia nella partecipazione afle Assemblee convocate per organizzare e dare una costituzione alla Repubblica cispadana. Il 23 ott. 1796 si apriva a Modena l'Accademia di pubblica istruzione con lo scopo di divulgare tra il popolo i principi rivoluzionari: il C., che ne fu il primo presidente, tenne l'orazione inaugurale, di cui il cronista Rovatti ci ha tramandato un sunto; frammezzo all'enfasi classicheggiante e alle invocazioni di prammatica all'ombra di Bruto, si delinea in essa, come è stato detto, "il quadro di un mondo profondamente rigenerato o in via di rigenerarsi" (Cerruti). Anche in seguito il C. fu in prima fila nella vita della società, tanto da essere prescelto, insieme con Giovanni Bertolani, per presentame gli omaggi al Bonaparte in occasione di un suo passaggio da Modena, l'8 maggio 1797.
Eletto deputato di Modena al secondo Congresso cispadano, che si tenne a Reggio dal 27 dic. 1796 al 9 genn. 1797, il C. fece due volte mozione "che si decretì l'illimitata libertà della stampa", ma la proposta venne aggiornata per l'opposizione dei rappresentanti bolognesi. Il 6 gennaio l'Assemblea lo designò a far parte dei comitato ristretto (due membri per ciascuna provincia) che doveva elaborare la costituzione della nuova repubblica. Il progetto costituzionale, clie venne presentato al terzo Congresso cispadano, riunito a Modena dal 21 genn. al 1° marzo 1797, ricalcava con alcune modifiche la costituzione francese dell'anno III, com'era negli intendimenti del Bonaparte. La voce dei C. risuonò spesso nei dibattiti che si svolsero sui singoli articoli, e sempre in difesa delle soluzioni più democratiche contro l'accanita opposizione moderata, forte soprattutto tra i rappresentanti bolognesi. Così, ad . es., a proposito dell'abolizione immediata delle giurisdizioni feudali, della sanzione popolare delle leggi, dell'uguaglianza tra città e campagna nei diritti di rappresentanza, delle scuole elementari gratuite da istituire in ogni parrocchia. Due cause per le quali il C. si batté con particolare calore furono l'istituzione di un dipartimento separato per l'Appennino modenese, dal quale egli proveniva, e l'eleggibilità ai pubblici uffici degli ecclesiastici, che sarebbero stati altrimenti "una specie di schiavi nel regno della libertà": la sconfitta registrata su entrambi i fronti rese impossibile la prosecuzione della sua carriera politica, e il C. concentrò le sue energie nell'impresa giornalistica da lui avviata all'indomani del rivolgimento del 6 ottobre, e alla quale è soprattutto legata la sua fama.
La pubblicazione del Giornale repubblicano di pubblica istruzione, a periodicità bisettimanale, venne annunciata da un manifesto diffuso il 13 ott. 1796 da "una società dei più illuminati democratici modenesi", alla cui testa era il Contri.
"Nell'esporre il sistema tirannico delle monarchie - prometteva l'avviso - verranno di tratto in tratto dilucidate le cause motrici delle rivoluzioni; nello spiegare con articoli distinti i veri significati di libertà, e di uguaglianza, trionferanno i diritti dell'uomo, e gl'immensi vantaggi si vedranno, che apporta un Governo democratico. Le vere leggi, che debbono servir di base alla democrazia, la necessità di scuotere una volta lo spirito nazionale, di togliere i pregiudizi intrusi nella vera religione di Cristo, di riformare i costumi, di eccitare le scienze e le belle arti, d'incoraggiare l'agricoltura, di estendere il commercio, saranno gli argomenti, che verranno trattati da questi virtuosi cittadini". Questi propositi furono realizzati con una combattività e una varietà di argomenti e dì toni che fanno del Giornale repubblicano uno dei migliori periodici italiani del triennio. La mancanza di firme o di sigle in calce agli articoli non permette di distinguere sempre il contributo del C. da quello dei suoi collaboratori, tra i quali vanno ricordati l'abate Giovanni Moreali (poi fondatore di un periodico nemico del Giornale repubblicano, le Memorie di politica, di morale, di letteratura) l'avvocato Luigi Tirelli, il medico Santo Fattori; ma molte testimonianzeindicano in lui non solo il direttore, ma il principale compilatore e l'ispiratore dell'opera. Suo è indubbiamente il Discorso di un patriota modenese che nel primo numero del giornale (18 ott. 1796) traccia un ampio programma d'azione per la nuova era repubblicana: bisognava abolire i feudi, i fidecommessi e le primogeniture. ribassare il prezzo del sale, proteggere la libertà di stampa e gli uomini di lettere, sollevare l'agricoltura accordando "al proprietario un'ampia libertà di vendere i prodotti de' suoi predii", accrescere le mercedi di operai e artigiani, persuadere gli Italiani "che non saranno mai felici e rispettabili, se non allorquando si riguarderanno come una sola famiglia", infine provvedere alla riforma degli ordinamenti: "la Costituzione francese, con alcune detrazioni e con molt'altre aggiunte, può adattarsi anche a noi. Il dottissimo Filangieri... è quegli che ci addita le mutazioni da farsi all'indicata Costituzione".
Unificazione politica della penisola, adozione del modello costituzionale francese con varianti intese a meglio garantire i diritti civili e politici di tutti i cittadini, diminuzione delle disparità economiche attraverso un'idonea politica fiscale (che doveva comportare l'esenzione per i generi di prima necessità e un'imposta progressiva sopra i redditi), evangelismo repubblicano, controllo popolare sulle autorità costituite, rigenerazione della morale e dei costumi da ottenere mediante una vasta opera di apogtolato e di "pubblica istruzione": erano questi nel trienni.o i principali connotati dei gruppi democratici o "giacobini", progressivamente confinati all'opposizione e ridotti all'impotenza dal prevalere delle forze moderate sostenute dai rappresentanti della Francia; e a tale corrente possiamo senz'altro ascrivere il C., nonostante talune oscillazioni del giornale dovute probabilmente alla presenza di altri scrittori. Caratteristica del Giornale repubblicano, anche rispetto ad altre voci di "patrioti" del triennio, è la preoccupazione per le condizioni delle campagne, l'insistenza sulla necessità di misure atte ad alleviare la miseria dei contadini, che solo così si potevano conquistare al nuovo - ordine: "Cittadini... disinganniamoci, se non si interessano nella Rivoluzione gli abitatori della campagna... noi avremo nemica la pluralità... Eglino non sapranno mai persuadersi di dover migliorare la loro sorte, quando la mortalità de' bestiami e i continui disagi 0 pesanti carreggiature non hannofinora che accresciuti i loro mali" (1° nov. 1796). È assai raro trovare nella stampa del triennio una descrizione dei Processi di proletarizzazione che interessavano le masse rurali così precisa come la seguente: "Molti umani affittuarì prendono in affitto a caro prezzo le possessioni che sono lavorate da' coloni a mezzadria. Fatto l'affitto la prima loro operazione è di ridurre il mezzadro a lavorare la possessione al terzo. I poveri contadini in pochi anni sono costretti di alienare la parte de' loro capitali sì vivi, che morti se vogliono mangiare un boccone di pan cattivo e un poco di polenta di formentone; consumati detti capitali, il caritatevole affittuario licenzia i contadini affatto nudi, e per conseguenza impossibilitati ad essere accettati per mezzadri, o terzaroli in altre possessioni; quindi si riducono all'infelice condizione di cameranti, odi accattoni" (16 febbr. 1798).
Sempre incisiva e vivace è la partecipazione del Giornale repubblicano alla vita politica della città, della Repubblica cispadana e poi della Cisalpina; e la libertà con cui il C. e soci attaccavano il comportamento delle autorità portò fin dai primi mesi a conflitti e a interventi repressivi. Già sotto la data del 30 nov. 1796 troviamo menzione, sianegli atti della municipalità di Modena sia in quelli del Cornitato di governo, di una severa ammonizione inflitta al direttore del periodico. Il 20 dicembre un articolo in cui si dichiaravano "illegali tutte le elezioni fatte allora e da farsi pel Congresso" cispadano attirò sul C. lo sdegno di Giovanni Paradisi, membro del Comitato, che lo obbligò a ritrattarsi in un successivo numero. Durante i Congressi di Reggio e di Modena numerose furono le proteste per la spregiudicatezza e "l'indiscrezione" con cui il giornalista, che era anche deputato, riferiva i dibattiti che si tenevano in Assemblea. Con uguale attenzione il Giornale repubblicano segue le elezioni ai Consigli legislativi della Cispadana, nell'aprile 1797, e non sa nascondere la propria amarezza alla disfatta dei democratici, ammettendo che le scelte "Furono opera degli ex-nobili, degli ipocriti, dei cabalisti, e dei curiali coalizzati" (25 apr. 1797).
L'aggregazione degli ex ducati estensi alla Cisalpina accende nuove speranze, ma anche queste vanno presto deluse; e la polemica si appunta più aspra contro coloro che nel governo di Milano rappresentano le forze moderate di Reggio e di Modena: Giovanni Paradisi, Giuseppe Luosi, Luigi Cerretti e altri. Le proteste delle autorità ecclesiastiche contro alcuni articoli imputati "d'insultare sacerdoti e vescovi senza riserva e di spargere sentimenti anti-cattolici" e l'emanazione di leggi restrittive della libertà di stampa indussero il C. ad assumere da solo (12 settembre del 1797) la responsabilità di quanto stampava e a tenere, nei mesi successivi, un atteggiamento più prudente. A partire dal gennaio 1798 egli fu d'altronde assorbito in misura crescente da compiti amministrativi, che nel nuovo Stato non erano più preclusi agli ecclesiastici. Membro della commissione municipale incaricata di organizzare la guardia nazionale di Modena, il 6 febbraio venne anche eletto, nella sua qualità di medico, a far parte del Consiglio di sanità della guardia nazionale stessa. Il 19 aprile, infine, fu nominato membro dell'amministrazione centrale del dipartimento del Panaro. Fu questo gravoso incarico a deciderlo a cedere la direzione del Giornale repubblicano a Gregorio Agnini e Luigi Tirelli, pur riservandosi "la facoltà di potervi inserire degli articoli". Nei mesi successivi il Giornale repubblicano accentuò la sua opposizione contro gli indirizzi moderati ormai prevalenti nella Cisalpina, contro la pesante tutela imposta dalla Francia, contro la riforma costituzionale di Trouvé, contro la restrizione continua degli spazi di libertà che portò infine alla sua soppressione, a metà settembre 1798. Si intensificava nel frattempo l'impegno del C. al pubblico servizio. Oltre a prestare la sua opera nell'amministrazione dipartimentale, della quale fu anche eletto vicepresidente il 2 maggio 1798, egli sostituì per qualche tempo il professor Michele Rosa nell'insegnamento della medicina all'università di Modena. Il 18 dic. 1798 fu nominato ispettore straordinario di polizia nella Garfagnana, regione dove già alla fine del 1796 erano scoppiati moti controrivoluzionari e dove la riapertura delle ostilità contro la seconda coalizione antifrancese rendeva ora necessaria una particolare vigilanza. In tale veste egli si adoperò, tra l'altro, per attivare le nuove municipalità costituzionali previste dalla legge 21 marzo 1799.
Durante il periodo di reazione che seguì alla vittoria delle truppe austrorusse, quando a Modena venne insediata una reggenza imperiale (giugno 1799), il C. cercò rifugio in Toscana, dove visse per alcuni mesi nelle Maremme travestito da pastore. Tornato a Modena dopo la vittoria di Napoleone a Marengo (giugno 1800) trovò un clima profondamente mutato rispetto al triennio 1796-99. Deluso nelle sue aspirazioni e fatto segno ad attacchi per il suo comportamento Passato, sentì il bisogno di dichiarare pubblicamente il proprio attaccamento "alla religione cristiana cattolica romana" e la propria sottomissione "alla Chiesa, ed al di Lei Capo visibile", ritrattando quanto nei suoi scritti del triennio poteva essere ritenuto in contrasto con tali sentimenti. Nel 1801 e nel 1802 fece parte della municipalità di Modena, ma sotto i successivi governi napoleonici non ricoprì più cariche di rilievo. Nominato nell'aprile 1802 vicario del nuovo preposto di S. Maria della Pomposa, nel giugno 1804 assunse, con il beneplacito del vescovo, le mansioni di cappellano dell'ospedale militare, ed esercitò anche l'ufficio di confessore nella parrocchia di S. Michele (oggi S. Agostino). Nel 183 si trasferì a Palagano, dove aveva acquistato i beni del soppresso convento delle suore francescane.
Il C. morì l'11 apr. 1826 a Palagano, (prov. di Modena), per un colpo apoplettico.
La sua morte improvvisa, sopraggiunta mentre si preparava a celebrare la messa, la sua qualità di proprietario di beni confiscati alla Chiesa e i suoi non dimenticati trascorsi giacobini contribuirono ad alimentare fosche leggende che si tramandarono a lungo nei suoi luoghi d'origine, Castello e Riolunato. Per quasi un secolo il sacerdote, che tanto si era battuto per il riscatto delle plebi dalla miseria e dall'ignoranza, venne raffigurato dalla fantasia popolare come preda del demonio, come un'anima persa vagante senza riposo per le montagne dell'Appennino, finché non ne fu scacciata dagli esorcismi di due gesuiti.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Modena Atti del Comitato di Governo, 6159-6162, vol. I, pp. 315, 547, 550; vol. II, pp. 1282-1283; Reggenza Imperiale, Processi, busta 9: Indizi contro il canon. V. Contri;Modena, Arch. com., Cronaca modenese di A. Rovatti, a. 1796, vol. II, pp. 83-84, 174, 194-198, 212 e passim; Gridario, a. 1796, vol. 11, 13 ott. 1796; Atti della Municipalità, 24 e 30 nov. 1796; Giornale repubbl. di pubblica istruzione, 16 ott. 1796 - 17 sett. 1798 (raccolta completa presso la Biblioteca Estense di Modena); Gli atti del Congresso cispadano nella città di Reggio (27 dic. 1796 - 9 genn. 1797), a cura di V. Fiorini, Roma 1897, pp. 30, 44, 61; Gliatti del terzo Congresso cispadano di Modena (21 genn. - 1° marzo 1797), a cura di C. Zaghi, Modena 1935, ad Indicem; T. Casini, Ideputati al Congresso cispadano, in Riv. stor. del Risorg. ital., II (1897), pp. 165-166; V. Santi, Un Patriota frignanese (V. C.), Modena 1912; S. Pivano, Albori costituz. d'Italia, Torino 1913, cap. VI, par. 5 e 6; G. De Vergottini, La costituzione della Repubblica cispadana, Firenze 1946, ad Indicem; A. Berselli, Movim. politici e sociali a Modena dal 1796 al 1859, in Aspetti e problemi del Risorg. a Modena, Modena 1963, pp. 11-24; M. Pollari Maglietta, Un periodico democratico del biennio 1796-98: il "Giornale repubblicano di Modena", in Atti e mem. dei Museo del Risorg: di Mantova, IV (1965), pp. 45-53; G. Ferrari Moreni, Storia del giornalismo a Modena, a cura di G. Boccolari, Modena 1970, ad Indicem;C. Capra, Ilgiornalismo nell'età rivoluz. e napoleonica, in La stampa ital. dal '500 all'800, Bari 1976, ad Indices;G. Montecchi, Il giornalismo Politico a Modena nel triennio repubblicano (1796-99);e M. Cerruti, Luoghi dell'utopia nella scrittura del triennio, entrambi in Reggio e i territori estensi dall'antico regime all'età napoleonica (Atti del Convegno di studi 18-19-20 marzo 1977 a Reggio Emilia), a cura di M. Berengo-S. Romagnoli, I-II, Parma 1979, ad Indicem.