PITTONI , Valentino
PITTONI (Tosoni Pittoni), Valentino. – Nacque a Brazzano, frazione di Cormons, nel territorio austriaco dell’Impero, il 28 maggio 1872, figlio del rappresentante di commercio Giovanni Tosoni Pittoni e di Caterina Angeli. Si trasferì molto giovane a Trieste, dove frequentò l’accademia di commercio e cominciò a lavorare con il padre. Iniziò quindi l’attività politica all’interno della Società operaia triestina, fondata nel 1869, di ispirazione mazziniana e garibaldina. Ne faceva parte anche Carlo Ucekar, pioniere del socialismo triestino, per il cui tramite Pittoni entrò in contatto, forse già nel 1896, con Victor Adler, fondatore e figura cardine della socialdemocrazia austriaca, traendo la spinta decisiva all’ingresso nel partito socialista. Nel 1901 Pittoni sposò Caterina Zebochin, dalla quale ebbe cinque figli.
Divenuto nel 1902 segretario del Partito e della commissione delle organizzazioni professionali di Trieste, alla morte improvvisa di Ucekar, nel maggio dello stesso anno, Pittoni si affermò quale capo indiscusso del socialismo triestino, cui dedicò il proprio impegno a tempo pieno. Dirigente preparato e capace, Pittoni guidò il movimento operaio di Trieste secondo il modello austriaco di socialismo, con forti consonanze soprattutto con l’opera di Victor Adler: entrambi poco inclini all’elaborazione teorica, essi perseguirono con costanza l’obiettivo di rafforzare l’organizzazione della classe operaia. A Trieste Pittoni promosse perciò la creazione e il consolidamento di un articolato sistema istituzionale del proletariato cittadino e fu attivo nel movimento politico tanto quanto in quello sindacale, convinto com’era della necessità di un procedere comune: per la stessa ragione sostenne inoltre la nascita delle cooperative operaie, il cui primo spaccio aprì a Trieste nel dicembre del 1903, acquisì una tipografia per Il Lavoratore, il giornale socialista di Trieste, dotò il movimento di una sede a disposizione delle organizzazioni politiche e sindacali (le Sedi riunite) e ribadì l’importanza dell’opera di educazione dei lavoratori, simboleggiata in particolare dall’attività del Circolo di studi sociali.
Sul piano politico, l’impegno di Pittoni si contraddistinse per la strenua opposizione all’emergere dei nazionalismi italiano, sloveno e austriaco, e alle tesi irredentistiche, nella convinzione dell’indissolubilità del legame tra la funzione economica di Trieste e la continuità con il retroterra austro-ungarico. Pittoni fu infatti, tra i socialisti italiani in Austria, il principale sostenitore del programma socialdemocratico di Brünn del 1899, che postulava la ristrutturazione dell’Impero sulla base del principio dell’autonomia delle nazioni. La sua piena adesione all’internazionalismo, che lo pose al centro di un fuoco incrociato di accuse da parte delle componenti nazionaliste, lo spinse a cercare un dialogo costante tra socialisti italiani e austriaci, uno sforzo che trovò il suo momento più alto in un convegno internazionale organizzato a Trieste nel maggio del 1905. Respingendo l’irredentismo dei socialisti trentini, nei suoi interventi Pittoni rimarcò la distinzione tra il problema della tutela delle diverse culture nazionali presenti nel contenitore imperiale e quello dell’appartenenza statale. Un successivo incontro preliminare del febbraio 1911 tra socialisti italiani e austriaci, sempre a Trieste, non portò alla convocazione di un nuovo convegno internazionale, tuttavia costituì un’ulteriore testimonianza dell’attività di Pittoni contro la conflittualità nazionale e le tendenze belliciste.
Pittoni si impegnò altresì nella campagna per il suffragio universale e contribuì al successo elettorale dei socialisti nel voto del maggio del 1907, in occasione del quale fu eletto deputato alla Camera di Vienna, e in quello municipale del giugno del 1909, che segnò il suo ingresso nel Consiglio comunale di Trieste. In entrambi i ruoli fu confermato nella tornata elettorale successiva, rispettivamente nel 1911 e nel 1913, pur in un quadro di riflusso dei consensi al Partito.
Lo scoppio della guerra mondiale e, soprattutto, l’ingresso dell’Italia nel conflitto rappresentarono un duro colpo per gli ideali politici di Pittoni, per il quale si aprì un periodo di amarezze e sofferenze che segnarono anche la sua vita personale. L’opposizione di Pittoni alla guerra lo isolò dal partito austriaco, in un contesto segnato dalla limitazione delle libertà imposta dalle autorità fin dalla primavera del 1914, quando fu sospesa l’attività del Parlamento, e ancora più stretta dopo l’ingresso dell’Italia nel conflitto. Richiamato nell’esercito per qualche mese, riprese l’attività politica alla fine del 1916 con uno scritto di saluto inviato a Friedrich Adler, incarcerato per l’assassinio del primo ministro Karl von Stürgkh (21 ottobre 1916): un gesto, quest’ultimo, che era divenuto il simbolo della protesta contro la guerra e l’assolutismo imperiale. Alla metà del 1917, allorché riaprì il Parlamento austriaco, Pittoni tornò brevemente a sperare negli ideali del programma di Brünn, salvo ripiegare poi, di fronte alla disgregazione dell’Impero lungo linee di frattura nazionali, sul sostegno all’ipotesi di uno Stato indipendente comprendente Trieste e i territori del litorale austriaco a prevalenza italiana, che garantisse alla città la possibilità di ristabilire in libertà gli indispensabili rapporti economici con il proprio retroterra.
Gli eventi procedettero tuttavia in una direzione diversa e il passaggio di Trieste all’amministrazione italiana segnò una svolta nella storia della città. Pittoni riprese la propria attività all’interno del partito triestino secondo gli schemi del passato, ma dopo qualche mese dovette arrendersi a un mondo trasformato, nel quale si sentiva sempre più un estraneo: nell’aprile del 1919 fu messo in minoranza dalla nuova ala massimalista del partito triestino, che ne assunse la guida politica, e dopo il congresso di Bologna del Partito socialista italiano, nell’ottobre del 1919, abbandonò definitivamente anche la direzione de Il Lavoratore. Nel 1920 accettò quindi il trasferimento a Milano per un incarico di rilievo nell’ambito delle cooperative, che l’anno seguente lo portò a entrare nel comitato centrale dell’Alleanza cooperativa internazionale. In seguito all’avvento del fascismo Pittoni intraprese la via dell’emigrazione e come sua meta scelse la città di Vienna, quasi a voler ritrovare i riferimenti perduti di un tempo. Non dimentichi delle sue capacità, nel novembre del 1924 i dirigenti socialdemocratici austriaci nominarono Pittoni direttore amministrativo del quotidiano Arbeiter-Zeitung e responsabile della stamperia, con l’incarico di rimetterne in ordine le finanze dissestate. A Vienna Pittoni non mancò inoltre di prestare aiuto all’emigrazione antifascista italiana, rimanendo in contatto con Filippo Turati, la cui segretaria e assistente era proprio una delle sue figlie, Bianca.
Afflitto da problemi di salute fin dai tempi della guerra mondiale, Pittoni morì nella capitale austriaca per l’aggravarsi delle sue condizioni, l’11 aprile 1933, quando anche per la socialdemocrazia austriaca si andavano preparando i tempi più bui della sua storia.
Fonti e Bibl.: Sulla figura di Pittoni sono disponibili i seguenti profili biografici e politici: E. Apih, L’austro-marxismo a Trieste nella storia di V. P., in Trieste. Rivista politica della regione, XV (1968), 85, pp. 13-16; G. Piemontese, Il movimento operaio a Trieste. Dalle origini all’avvento del fascismo, Roma 1974, pp. 164-172; E. Collotti, P. V., in Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico 1853-1943, a cura di F. Andreucci - T. Detti, IV, Roma 1978, pp. 180-184; E. Apih, V. P. fra Austria e Italia, in Id., Il socialismo italiano in Austria. Saggi, Udine 1991, pp. 35-100. Sulla storia del socialismo triestino durante gli anni della monarchia austro-ungarica, che costituirono l’apice dell’attività politica di Pittoni, si veda anche M. Cattaruzza, Socialismo adriatico. La socialdemocrazia di lingua italiana nei territori costieri della Monarchia asburgica: 1888-1915, Manduria-Bari-Roma 1998, e relativa bibliografia.