VALERA y ALCALÁ GALIANO, Juan
Letterato e politico, nato a Cabra (Cordova) il 18 ottobre 1824, morto a Madrid il 18 aprile 1905. Studiò legge all'università di Granada e di Madrid dove si fermò con la speranza di svolgere la sua attività giuridica (1846). Ma nell'incertezza e nel vagabondaggio dei primi anni (fu a Napoli, nel Portogallo, nel Brasile, a Dresda, a Parigi), l'unico punto di riferimento della sua vita appare l'ambiente diplomatico e la maggiore occupazione la letteratura. I suoi primi saggi critici risalgono al 1854: Sobre los cantos de Leopardi e Del romanticismo en España. Negli anni seguenti la politica e il giornalismo acuiscono le sue qualità polemiche e affinando le sue idealità liberali e romantiche: fu deputato più volte, militando nei partiti moderati (nel febbraio del 1863 parlò alla camera per il riconoscimento del nuovo regno d' Italia); favorì la candidatura del duca di Genova a re di Spagna; nel 1868 fu sottosegretario di stato; senatore elettivo nel 1876 e senatore a vita nel 1881; ambasciatore straordinario a Lisbona, a Washington (1883), a Bruxelles (1886-88), a Vienna (1893-95).
Ma l'attività di J. V. è soprattutto letteraria. La sua pratica giornalistica ne distraeva assai spesso gl'interessi fondamentali, che per il V. rimasero sempre rivolti alla vita artistica; e tuttavia anche in essa portò i riflessi di quei problemi morali, religiosi, sentimentali che egli stesso dibatteva in altra sede. Cosicché l'opera sua migliore e la più significativa per la fusione dei valori narrativi e più squisitamente estetici con le preoccupazioni d'ordine intellettualistico rimane il romanzo di Pepita Jiménez (1874), nel quale il giovane seminarista Luis de Vargas, che intende l'esistenza come una missione cattolica per la quale tutte le rinunzie sono accettate senza contrasti, ritrova invece un senso più umano e più intimo della vita nell'amore per Pepita Jiménez. Il V. ha elaborato una prosa di tipo classico, che riecheggia la trasparenza fervida eppur composta dei grandi mistici spagnoli. Se si riesce a superare una certa discrepanza fra l'azione psicologica e romanticamente agitata dell'intreccio, fra l'ambiente provinciale e sentimentale in cui vivono i protagonisti, di fronte al tono ispirato, lirico e aristocratico del loro linguaggio, il romanzo rivelerà una ricchezza di piccole e grandi risorse stilistiche, che per la prosa spagnola dell'ultimo Ottocento costituiscono un'esperienza assai feconda. Più torbido dal punto di vista artistico, per una maggiore intrusione di elementi mistici, è il romanzo Dona Luz (1879), che riprende lo stesso tema del precedente. Viceversa interessano i romanzi e i racconti successivi che abbandonano le vie romantiche verso un sentimento più realistico dell'esperienza umana, con una maggiore accentuazione del giuoco psicologico e delle esigenze sociali; si vedano: El comendator Mendoza (1877), Las ilusiones del doctor Faustino (1875), Morsamor (1899), Juanita la Larga (1896), ecc. Di fronte al narratore, la prosa del critico è meno tesa e meno composita, più varia di atteggiamenti stilistici e più attenta a cogliere le note bonariamente ironiche e gentilmente ottimistiche dell'esperienza letteraria. Forse nel saggio critico il V. trovava la forma più congeniale al suo temperamento discorsivo, discettatore e sottile disquisitore senza eccessiva organicità, curioso del problema filosofico, politico, morale, sociale, ma pronto a tramutarlo e a sentirlo nel dominio fantastico, propenso agli abbandoni lirici ma anche incapace di continuarli a lungo: complessivamente il V. aveva le qualità del divulgatore intelligente, che meglio si attuavano nella critica, anziché nel dramma (tentativi mediocri: Asclepigenia; Gopa; Lo mejor tesoro; Estragos de amor y celos, ecc.) o nella poesia pura (Poesías, 1858 e 1886). Dei suoi numerosi saggi si ricordano le Cartas americanas (1889; e Nuevacartas americnas, 1890) sulle letterature spagnole dell'America, La poesía lirica y ética de la España del siglo XIX (opera che si consulta ancora), ecc.
Edizioni: Obras completas, voll. 34, Madrid 1905-1917; Correspondencia, voll. 2, Madrid 1913; l'autobiografia (fino al 1863), nel Boletín de la R. Acad. esp., I (1914), pp. 128-140.
Bibl.: E. Pardo Bazán, Retratos y apuntes literarios, nelle sue Obras, XXXII, pp. 217-80; C. Silva, J. V., Valparaiso 1914; L. Araujo-Costa, J. V. critico, in Colombo (Roma), 1928; E. Fishtine, J. V. The critic, Bryn Mawr 1933.