Brumel, Valery
Unione Sovietica • Tolbuzino (Siberia), 14 aprile 1942-Mosca, 26 gennaio 2003 • Specialità: Salto in alto
Chiamato il 'cosmonauta' per i suoi voli magici e per la capacità quasi di galleggiare nell'aria, è stato il più grande saltatore di tutti i tempi con lo stile ventrale (straddle). Allievo prediletto di Vladimir Dyatchkov, forse il più famoso teorico dell'allenamento, portò il record del mondo, in soli due anni ‒ dal 1961 al 1963 ‒ da 2,23 m a 2,28 m. Di non grande statura (1,85 m) ma dotato di straordinaria potenza e elasticità muscolare ‒ era capace di correre i 100 m in 10,5″ ‒ si sottoponeva ad allenamenti durissimi, fin da quando, appena quattordicenne, s'era appassionato al salto in alto. Di pari passo con la tecnica, aveva sviluppato la forza muscolare con un enorme lavoro di pesistica e, attraverso lo studio della preparazione dei danzatori sovietici, aveva perfezionato ogni movimento del corpo, così da offrire il meglio dal punto di vista non soltanto atletico ma anche estetico. La sua spinta con la gamba sinistra, che faceva seguito a una rincorsa ritmata con assoluta precisione, e lo slancio della gamba destra verso l'alto erano impressionanti non meno dell'esattezza con la quale avvolgeva l'asticella, anticipando con il braccio destro e con la testa il passaggio del corpo. Ebbe un esordio fulminante alle Olimpiadi di Roma 1960 dove, appena diciottenne, ottenne il secondo posto alle spalle del georgiano Robert Shavlakadze, ma davanti al primatista del mondo, l'americano John Thomas. Campione d'Europa nel 1962, il 21 luglio 1963 superò a Mosca 2,28 m, suo ultimo record del mondo, al quale assistette entusiasta anche Nikita Krusciov. Nel 1964 a Tokyo vinse la medaglia d'oro con 2,18 m, la stessa misura di John Thomas. Nell'ottobre del 1965, al ritorno da una competizione in Francia, ebbe un incidente di moto sulla strada dall'aeroporto a Mosca. Dopo varie operazioni, riuscì a evitare l'amputazione della gamba destra, ma la sua carriera era finita. Nel 1970 riuscì ancora a saltare 2,06 m. Si dedicò quindi a scrivere, compose poesie e novelle, ma incominciò anche a bere. Con il fegato distrutto, morì solo e dimenticato in un ospedale moscovita.