VALLATE ALPINE
Preistoria. - Notevoli progressi sono stati compiuti nella conoscenza della pre- e protostoria delle regioni alpine che si possono, per comodità, distinguere in occidentali, dalle Alpi Marittime al Passo di Resia, e orientali, dal Passo di Resia all'attuale Slovenia.
Vallate alpine occidentali. - Nell'area delle Alpi Marittime, testimonianze relative al Paleolitico sono da segnalare soprattutto nella grotta del Vallonet presso Mentone: l'accurato studio della fauna ha consentito di individuare la fluttuazione climatica della glaciazione di Günz. L'organizzazione dell'occupazione della grotta è delle più elementari: sembra che i suoi frequentatori non conoscessero il fuoco. Sono proseguite le indagini nel riparo di Pié-Lombard, a Tourettes-sur-Loup, ov'erano già venute in luce testimonianze di un'industria epipaleolitica e del Musteriano; è stato esplorato un diverticolo con materiali dell'Epipaleolitico e del Paleolitico Medio. In un altro settore è stata individuata una sepoltura, forse dell'Età del Bronzo. Nella grotta del Lazaret, presso Nizza, con l'aiuto della palinologia e di altre discipline è stato possibile ricostruire modi e tempi di frequentazione (Paleolitico Inferiore e/o Medio, Acheuleano Finale). In località Vosgelade, presso Vence, sono state compiute ricerche in un sito occupato durante il Paleolitico Antico e Superiore che hanno restituito utensili della facies Bouveriana, corrispondente cronologicamente al Magdaleniano; essa rappresenta uno stadio evolutivo del Gravettiano della Francia sud-orientale e della Liguria.
Per quanto concerne il Neolitico, è da segnalare lo scavo di emergenza nella stazione di Caucade, a Nizza (Avenue H. Matisse), un giacimento dall'estensione presunta di più di 700 m2. A un livello corrispondente al Neolitico Antico (ceramica impressa) succede uno strato povero, forse relativo allo stadio medio del Neolitico Antico. Segue il Neolitico Medio, lo chasséen antico, con focolari e cavità poco profonde (vasi tulipiformi e troncoconici con linguette e protuberanze a perforazione orizzontale; vasi carenati di dimensioni minori; poca ossidiana; industria litica in selce, fauna domestica, molte conchiglie). La presenza di macine e il rinvenimento di cereali carbonizzati testimoniano l'esistenza di attività agricole intorno alla metà del IV millennio. Sopra i livelli neolitici correva una strada romana.
Insediamenti dell'Età del Bronzo sono stati esplorati presso Vence (frequentazione durante il Bronzo Medio e Finale e all'inizio dell'Età del Ferro: resti ceramici, pugnale del Bronzo Medio con lama bronzea triangolare a lingua arrotondata e pomo in osso decorato a cerchielli; tumulo in località Plan de Noves, databile al Bronzo Antico-Bronzo Medio) e ad Andon (riparo sotto roccia in località Baou de Lausol: muretto a secco che chiudeva una struttura verso il fondo del riparo; cronologia non ben precisata).
A Vence, in località Baou des Noirs, è stato scavato un abitato, lungo il bordo di un pendio molto ripido, nel quale si sono individuati due livelli di occupazione: il più antico, che riposa direttamente sulla roccia, comprende materiali del Bronzo Finale II e III e del Ferro Antico (fase I del Ferro provenzale). Su questi strati venne edificato un muro di terrazzamento, contro il quale si appoggiano gli strati del II livello (ceramiche di fattura poco curata, associate a qualche vaso a tornio proveniente dalla costa, primo esempio di importazione sinora noto). Questa seconda fase può essere datata alla fase III dell'Età del Ferro provenzale. Altri elementi testimoniano di un'occupazione - o rioccupazione - prossima alla romanizzazione.
Nel versante francese delle Alpi Cozie, ricerche nella regione della Maurienne, lungo l'Arc, hanno fornito una serie di dati sull'Età del Bronzo, precedentemente attestata solo da rinvenimenti sporadici; si segnalano in particolare gli scavi nella Grotta de La Balme (Sollières-Sardières, Savoie). Essa si apre poco al di sopra della sommità di un piccolo pianoro a strapiombo sulla riva sinistra dell'Arve e consta di tre ambienti e di una serie di budelli; la scoperta del giacimento è avvenuta casualmente nel 1972. Dal primo vano (m 6 X 6) si accede al secondo (m 15x6) mediante un dislivello di 1 m; un pozzo profondo 7 m dà accesso al terzo. Le prime ricerche hanno avuto come oggetto il primo ambiente, che ha mostrato tracce di frequentazione sin dal Calcolitico: durante il Bronzo Finale lo spazio fu usato a scopi funerarî, divenendo un campo di urne sotterraneo. La maggior parte della ceramica appartiene all'inizio della fase media del Bronzo Finale (IIb) della regione alpina, con influenze lombarde (proto-Golasecca). La frequentazione avvenne forse sino al Bronzo Finale Illa. Le prime ricerche nel vano I hanno individuato una zona di focolari: il materiale si data al La Tène o III; al di sotto era presente uno strato dell'Età del Ferro; questo ricopriva a sua volta un livello che ha restituito tra l'altro punte di freccia polite in pietra verde, simili a quelle rinvenute in un contesto della fine del Neolitico sul sito del Petit Chasseur a Sion. Non è stato riscontrato alcun livello di abitato del Bronzo Finale, nel vano I, mentre il II serviva da necropoli. Fuori stratigrafia è stato rinvenuto un frammento di punta di freccia di un tipo del Bronzo Finale IlIb, mentre nel giacimento nulla sembra posteriore al IlIa. Lo scavo negli interstizi dei blocchi di crollo ha restituito materiali del Calcolitico o del Neolitico recente che trovano paralleli nei siti della cultura di Remedello.
Per l'Età del Ferro, le scoperte più interessanti sono avvenute a S di Saint-Jean-de-Maurienne; a Saint-Jean-d'Arves, nel 1976, sono state scavate cinque sepolture, una delle quali contenente due individui, che i corredi permettono di collocare nello stesso orizzonte cronologico di quelle di Saint-Jean de-Belleville (Hallstatt Finale - La Tène iniziale). Una tomba hallstattiana e due del La Tène Finale sono state scavate a Lanslevillard; prospezioni nei dintorni hanno avuto come scopo la valorizzazione delle incisioni rupestri.
Nel settore italiano le ricerche hanno portato a notevoli risultati.
Nella media Val Chisone, a partire dal 1981, sono stati eseguiti scavi nel riparo sotto roccia di Balm' Chanto: si è così recuperata la testimonianza di uno dei momenti più antichi di completa utilizzazione dell'ambiente post-paleolitico nelle Alpi piemontesi. Si tratta del sito più elevato (m 1390) sinora noto nella seconda metà del III millennio. L'economia era basata sulla pastorizia, la caccia e lo sfruttamento delle risorse boschive. Sottili cuspidi in pietra verde locale suppliscono all'assenza della selce. Una frequentazione è testimoniata anche durante l'Età del Bronzo. Il riparo, a causa dell'altezza e dell'orientamento, non era praticabile nei mesi invernali.
In località Orrido (Chianocco, Val di Susa) è stato individuato un insediamento della fine del III millennio a.C., ove è stato scavato un deposito archeologico in una caverna, all'esterno della quale sono stati individuati terrazzamenti. Il sito era frequentato solo stagionalmente, in funzione dello sfruttamento estivo delle risorse dei medi e alti versanti. Stretti sono i parallelismi con Balm' Chanto: si viene delineando una facies culturale con peculiare «abito» alpino che alla fine del III millennio avrebbe elaborato localmente influenze culturali padane e transalpine.
A Borgone di Susa si sono succedute campagne di scavo e prospezioni di superficie a O della frazione San Valeriano. E stato esplorato un piccolo insediamento collocabile nell'ambito della cultura dei Vasi a Bocca Quadrata: i reperti sono attribuibili allo «stile meandro-spiralitico» e sono decorati talvolta a «filo spinato»; sono stati inoltre rinvenuti grandi vasi a bocca circolare e profilo convesso d'impasto grossolano; le terrecotte mostrano affinità con l'ambiente Chassey; per quanto riguarda l'industria litica si segnalano, tra gli altri materiali, asce di pietra levigate. Un riparo sotto grossi blocchi di frana ha restituito reperti calcolitici attribuibili alla cultura del «bicchiere campaniforme» e frammenti riferibili alla Begleitkeramik. Sono state riscontrate tracce di frequentazione umana a partire dal IV millennio.
A Villarfocchiardo, in località Cara du Ciat, un saggio di scavo ha portato al rinvenimento di materiali ceramici databili dal Bronzo Medio-Tardo alla tarda Età del Ferro. La facies del Bronzo, in questa zona, era prima quasi del tutto sconosciuta.
A Chiomonte, in località La Maddalena, scavi in occasione dei lavori per la superstrada del Fréjus hanno interessato un sito con continuità di frequentazione, dal Neolitico (chasséen) alla seconda Età del Ferro. Oltre a tracce della seconda metà del I millennio a.C., è attestata la frequentazione di gruppi inquadrabili nella cultura di Viverone. Il Calcolitico è rappresentato da una facies locale di tradizione tardo-neolitica, influenzata marginalmente da elementi propri delle c.d. culture del vaso campaniforme.
A Usseaux, in località Roc del Col (Val Chisone), sono state compiute indagini in un insediamento preistorico databile al Bronzo Medio-Recente, che ha restituito, tra gli altri materiali, asce levigate in pietra verde. Il sito veniva frequentato stagionalmente, nel quadro dell'utilizzazione degli alti pascoli.
Saggi di scavo compiuti nel pianoro di San Pancrazio di Villardora hanno rivelato una sola intensa frequentazione del sito durante l'Età del Bronzo Finale e l'uso dell'area come necropoli a incinerazione della stessa epoca. Rinvenimenti di superficie testimoniano un intenso fenomeno di popolamento dell'area a monte durante la tarda preistoria.
Rinvenimenti sporadici di materiali ceramici hanno indicato l'esistenza, in località Truc Randolera (comune di Almese, Torino), di un insediamento della tarda Età del Ferro.
Nelle Alpi Pennine i principali scavi compiuti negli ultimi anni nel Valais hanno fornito preziose informazioni, specialmente a Sion, dove è stato possibile tracciare un panorama del sito nelle Età del Bronzo e del Ferro. La campagna di scavo compiuta nel 1980 nella Place de la Planta ha consentito di individuare importanti livelli di occupazione del Neolitico Antico. Gli strati più profondi, che sono stati datati per mezzo del CI4 intorno al 5400 a.C., non si sono potuti attribuire con certezza al Mesolitico Tardo 0 al Neolitico Antico. Per quanto riguarda la fase neolitica, il sito di Place de la Planta è il più antico sinora noto in Svizzera e mostra come la prima colonizzazione agricola del Valiese abbia avuto origine dall'Italia settentrionale.
Un'altra serie di informazioni sul Neolitico Antico è stata fornita dagli scavi del sito di Sous-les-Scex: le indagini, tuttora in corso, hanno rivelato l'esistenza di livelli d'occupazione del Neolitico Antico e Medio, del Bronzo e del Bronzo Finale.
Tra i comuni di Collombey-Muraz e Vionnaz è stato esplorato, a partire dal 1980, un riparo sotto roccia occupato nel Mesolitico durante la prima metà del Boreale. Nel sito di Saint-Tryphon (Ollon), le ricerche degli ultimi anni si sono rivolte principalmente all'Età del Ferro. Dal 1970 sono iniziate le indagini nel sito di Crettaz-Polet, ov'è stato individuato un insediamento esistente sin dal Neolitico Medio, con tombe di tipo Chamblandes; sono testimoniate inoltre le fasi del Bronzo Antico e Medio, di Hallstatt e di La Tène Finale. Gli importanti scavi compiuti dal 1971 al 1973 nella necropoli del Petit Chasseur a Sion hanno interessato una delle sequenze stratigrafiche più complete dell'intero arco alpino, con livelli che si succedono dal Neolitico al I sec. d.C.
Due tombe a cista scavate a Zampon-Noale (Ayent) hanno rivelato la presenza della cultura del vaso campaniforme anche in quest'area. I rinvenimenti effettuati nel sito di Saint-Léonard, Sur le Grand Pré, hanno consentito di individuare una fase culturale collocabile nella seconda parte del Neolitico Medio II; tale fase, detta dunque di Saint-Léonard, si colloca nella cultura di Cortaillod ed è caratterizzata da ceramiche decorate da scanalature. Nella stessa regione, in località Les Bâtiments, lo scavo di tre tombe con abbondante corredo della cultura di Cortaillod ha consentito di stabilire con precisione la collocazione culturale delle sepolture vallesi di tipo Chamblande.
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Alpi Cozie: L. Fozzati, A. Bertone, Il popolamento preistorico della Val di Susa, i. Problemi e prospettive, in QuadAPiem, III, 1984, pp. 1-30; P. Biagi e altri, Early Farming Communities and Shortrange Transhumance in the Cottian Alps (Chisone Valley, Turin) in the Late Third Millennium BC, in Early Settlement in the Western Mediterranean Islands and the Peripheral Areas (BAR, Int. S., 229, 2), Oxford 1984, pp. 395-413; P. Biagi, Il Neolitico della Liguria e del Piemonte, in II Neolitico in Italia. Atti della XXVI Riunione scientifica, Firenze 1985, I, Firenze 1987, pp. 203-215; A. Bertone, Aspetti del Neolitico in Val di Susa (Alpi Cozie-Torino). Revisioni e recenti rinvenimenti, ibid., II, pp. 511-521. - Grotta de La Balme: J. Combier, in GalliaPrHist, XXVIII, i985, ΡΡ- 416-417 (con bibl.). - Lanslevillard: J. Prieur, Un habitat au pied du col du Mont Cénis: Lanslevillard, du Néolithique à la fin de l'époque romaine, in Atti del Convegno Intemazionale sulla comunità alpina nell'antichità, Gargna- no del Garda 1974 (AttiCItRom, VII, 1975-76), Milano 1976, pp. 521-533. - Balm' Chanto: R. Nisbet, P. Biagi, Balm' Chanto: un riparo sotto roccia dell'età del Rame nelle Alpi Cozie (Archeologia dell'Italia settentrionale, 4), Como 1987. - Chianocco: A. Bertone, Chianocco (TO), loc. Orrido. Insediamento della fine del III millennio a.C., in QuadAPiem, V, 1986, pp. 182-185. - Borgone di Susa: A. Bertone, L. Fozzati, Borgone di Susa, fraz. S. Valeriano. Insediamenti dal Neolitico alla prima età del Ferro, ibid., IV, 1985, p. 35 (con bibl.). - Chiomonte: AA.VV., Chiomonte, loc. La Maddalena, area archeologica pluristratificata, ibid., VII, 1988, pp. 85-88. - Roc del Col-Usseaux: L. Fozzati, R. Nisbet, Usseaux loc. Roc del Col. Insediamento dell'età del Bronzo, ibid., III, 1984, pp. 274-275. - Truc Randolera-Almese: A. Bertone, Almese, loe. Truc Randolera. Sito della tarda Età del Ferro, ibid., pp. 279-280.
Alpi Pennine: Pre-e protostoria del Valiese: Le Valais avant l'Histoire. 14.000 av. J.-C. -47 ap. J.C. (cat.), Sion 1986 (con ampia bibl.).
(C. Vismara)
Vallate alpine orientali . - Allo stato attuale delle ricerche, le più antiche attestazioni della presenza umana nel territorio montuoso che va dal Passo di Resia alla Slovenia si riferiscono, in base all'industria litica di tipo musteriano, a cacciatori neandertaliani del Paleolitico Medio (100.000-35.000 anni fa). Per quanto attiene al versante più meridionale della zona, testimonianze del Paleolitico Medio provengono da ripari sotto roccia, grotte e siti all'aperto distribuiti praticamente in tutta l'area prealpina veneta, dove si riscontrano anche materiali più antichi, riferibili a fasi del precedente Paleolitico Inferiore. I depositi più ragguardevoli con complessi musteriani del Paleolitico Medio sono stati riscontrati fra i 200-300 m s.l.m. in alcuni ripari nei Monti Lessini. Poco più a N, siti a carattere evidentemente stagionale si localizzano all'aperto in punti panoramici sulla media montagna, fra i 1.000-1.600 m s.l.m., lungo la dorsale Monte Baldo-Bondone, nell'Alta Lessinia, sull'altipiano di Asiago. Nell'opposto versante alpino nord-orientale, in Austria Superiore, Stiria, Salisburghese e Carinzia, si riscontra l'utilizzo diffuso di grotte.
Per quanto concerne il successivo Paleolitico Superiore, nell'area prealpina veneta (nel corso dell'Interpleniglaciale würmiano) l'Aurignaziano ne rappresenta la fase più antica, riconosciuta finora nei Berici, Lessini, a Colbertaldo di Vidor (Treviso) e, per quanto concerne l'area montana, di recente nelle Dolomiti Feltrine, a Monte Avena a m 1.430 s.l.m. Quest'ultimo sito è uno dei più elevati insieme a quelli con industrie olseviane delle Alpi Caravanche in Slovenia (grotte di Potocka a 1.700 m e di Mokriska a 1.500 m).
Nella fase media del Paleolitico Superiore, in età pieniglaciale (24.000-14.000 a.C.), le condizioni climatiche determinano l'estrema rarità di testimonianze antropiche in area alpino-padana. È nel successivo Tardiglaciale würmiano e nel Postglaciale antico, con l'avanzato Paleolitico Superiore (Epigravettiano) (13.000-8000 a.C. circa) e Mesolitico (8000-4500 a.C. circa) che, in stretta connessione con il determinarsi di nuove condizioni ambientali, si verifica nel versante meridionale dapprima un graduale processo di frequentazione delle medie quote montane e, di seguito, il popolamento stabile di fondovalle. È durante gli interstadi temperati di Bölling-Alleröd che l'area alpina meridionale si apre alle frequentazioni antropiche. Testimonianze della fine del Paleolitico Superiore-Epigravettiano recente, sono state reperite in siti dislocati in fondovalle (p.es. Riparo Soman nella Valle dell'Adige; Ripari Villabruna in Val Cismon a m 500 s.l.m., dove di recente è stata messa in luce una sepoltura con pietre dipinte con motivi geometrici antropomorfi) quindi su altipiani (Lessini, Tonezza-Folgaria; Asiago) e in ambito montano (Viotte del Monte Bondone a m 1.600; Terlago a m 450; Andalo; Cionstoan sull'Alpe di Siusi a m 1.750 s.l.m.).
Il processo di sedentarizzazione è ampiamente documentato nel Mesolitico e, più precisamente, nel corso del Pre-boreale, Boreale e Atlantico Inferiore, da consistenti depositi individuati in corrispondenza di ripari sotto roccia, posti ai margini dei solchi vallivi, ai limiti di conoidi detritici (p.es. Soman; Romagnano; Gaban; Pradestel; Vatte di Zambana con sepoltura di un individuo femminile di circa 50 anni). L'economia di sussistenza era basata su caccia, pesca, raccolta di molluschi di acqua dolce e uova. Nei depositi sono state riscontrate variazioni dell'incidenza della fauna che rispecchiano cambiamenti ambientali e dell'industria litica, distinta in un orizzonte antico (Sauveterriano 10.000-7800 BP) e uno recente (Castelnoviano 7800-6500 BP). Nel corso del Mesolitico, per scopi venatori si verifica un'intensa frequentazione stagionale dei comprensori montani più interni dove si contano parecchie decine di siti, alcuni a oltre 2.000 m di altitudine (Mondeval di Sora presso S.Vito di Cadore, a m 2.150 s.l.m., con sepoltura di adulto con ricco corredo che comprendeva arpioni in osso e strumenti in selce).
Nel bacino atesino si riconosce con il Primo Neolitico il c.d. Gruppo Gaban, identificato da Bagolini (1980) sulla scorta di peculiari manifestazioni della produzione vascolare, comprendente ceramiche incise e impresse. Tale Gruppo riflette influssi riferibili alle tradizioni Starcevo-Impressa, provenienti dalla direttrice Drava/Drau- Pusteria/Pustertal e apporti mitteleuropei (evoluta Linearbandkeramik negli aspetti orientali a «Notenkopf»; Gruppo di Zeliezovce della Slovacchia e Ungheria).
Nel pieno Neolitico segue la cultura dei Vasi a Bocca Quadrata (5800-5000 BP non calibrato), cui si deve come noto l'introduzione da Sud dell'agricoltura e dell'allevamento, nonché modificazioni nell'industria litica nella quale si affermano foliati e asce in pietra levigata. Tale cultura, distinta in tre fasi in base allo stile delle ceramiche (geometrico-lineare I 5800-5500 BP non calibrato; meandro-spiralico II 5500-5300 BP non calibrato; a incisioni e impressioni III 5300-5000 BP non calibrato), ha una considerevole capacità espansiva (cfr. p.es. in Carinzia nell'insediamento di Kanzianiberg). A La Vela presso Trento sono state individuate sepolture di inumati deposti rannicchiati in ciste litiche o in fossa semplice o circondata da pietre e tracce del relativo abitato. Il Tardo Neolitico/Eneolitico (4500-3900 BP non calibrato) evidenzia una tendenza a privilegiare come siti d'abitato le alture, anche se alcuni ripari continuano a essere utilizzati e si sviluppa un insediamento perilacustre a Fiavé nelle Giudicarle; si manifestano coincidenze formali e decorative con le ceramiche delle cerchie nordalpine (cfr. Altheim e Pfyn).
Fra l'Eneolitico Recente e gliinizî del Bronzo Antico, grazie alla disponibilità di giacimenti cupriferi (Grauwackenzone; Trentino meridionale), fiorisce l'attività metallurgica, testimoniata dal ritrovamento di scorie di fusione, forni e oggetti in metallo che richiamano contatti culturali anche con la Slovenia. Eccezionale la scoperta della mummia dell'uomo del Similaun, rinvenuto con la sua attrezzatura (ascia immanicata, arco e faretra) e parte dell'abbigliamento, sul confine fra Italia e Austria al di sopra della Val Senales/Schnalstal a m 3.210 (datato al 3300 a.C.). Altra acquisizione importante è il ritrovamento di sei statue-stele ad Arco presso Riva del Garda, che rappresentano figure femminili, maschili con armi e adolescenti.
L'aspetto culturale del Bronzo Antico e Medio si inserisce in quello proprio del mondo palafitticolo benacense e padano, mentre la tipologia di alcuni metalli, ugelli in ceramica e «tavolette enigmatiche», richiama contatti con l'area transalpina centroeuropea. Oltre alla continuità d'uso di siti collinari e ripari, questi ultimi utilizzati anche come luogo di sepoltura nel Bronzo Antico, si nota lo sviluppo di grandi abitati palafitticoli (Fiavé e Ledro) con una ricchissima documentazione di materiali e strutture lignee che costituisce un termine di riferimento imprescindibile per la conoscenza dell'Età del Bronzo.
Il popolamento del territorio alpino e prealpino durante l'Età del Bronzo Recente si dilata progressivamente fino a investire in maniera capillare tutta la fascia di cerniera tra pianura e collina. La tipologia abitativa ricorrente, che accomuna siti del versante veneto e di quello trentino (p.es. Fiavé 7), prevede imponenti sistemazioni a terrazzamenti, con muri di contenimento ristrutturati ciclicamente, massicciate e opere di drenaggio (cfr. p.es. gli scavi recenti dell'insediamento di Montebello Vicentino). La presenza di recinzioni fortificate, tradizionalmente connotative dei «castellieri», appare invece correlata a postazioni decisamente montane (Monte Corgnon di Lusiana e Bostel di Rotzo, sull'altipiano di Asiago; ma anche Moal di Sedico, Belluno). Più numerosi, fino a costituire una rete insediativa a sé stante, i castellieri nel territorio tra Friuli e Istria. Per quanto riguarda la cultura materiale, la produzione ceramica della fascia prealpina, a partire dal XIII sec. a.C., risente di sensibili influssi subappenninici prima, protovillanoviani poi, che lasciano sostanzialmente indenne l'areale più propriamente alpino, interessato da un aspetto locale da cui si sviluppa, nel XII sec. a.C., la cultura Luco/Laugen. La circolazione dei bronzi appare inclusa nella sfera di influenza del polo egemone di Peschiera del Garda, e di seguito, in quella della «cultura dei campi d'urne» transalpina e della Transpadana centro-orientale. Da sottolineare sono l'intensissima attività mineraria e fusoria che coinvolge in particolare l'area alpina austriaca e il Trentino sud-orientale (cfr. la batteria di nove forni del Passo del Redebus del XIII-XII sec. a.C.), e la presenza di luoghi di culto in altura con roghi sacrificali (p.es. Ciaslir del Monte Ozol m 1.515 s.l.m. e Burgstall sullo Sciliar m 2.510).
Nelle prime fasi del Bronzo Finale il popolamento della fascia prealpina si dissolve vistosamente, lasciando emergere la posizione strategica di un centro come Angarano (Vicenza), affacciato sulla valle del Brenta con la sua necropoli a incinerazione con caratteri già protoveneti (XI- inizî VIII sec. a.C.). Nella valle dell'Adige invece si riconoscono diverse necropoli, la più estesa delle quali è Vadena/Pfatten (Bolzano) che offre il repertorio associativo più completo delle ceramiche della cultura detta di Luco/Laugen o Luco/Laugen-Meluno/Melaun, che interessa anche il Tirolo orientale.
Tra il X e il IX sec. a.C. gran parte degli insediamenti pedemontani veneti, abbandonati nel periodo precedente, viene rioccupata con una predilezione selettiva delle testate collinari, ma questo nuovo ciclo di popolamento si esaurisce rapidamente, lasciando pressoché disabitate le Prealpi dall'VIII a quasi tutto il VI sec. a.C., a esclusione della valle del Piave, direttrice preferenziale di collegamento fra la pianura orientale e il centro minerario del sale di Hallstatt nel Salisburghese. Nell'area collinare plavense si riconoscono a Montebelluna, a Mei e a Cavarzano ricchi sepolcreti di matrice veneta con materiali metallici d'ornamento e armi che offrono stringenti confronti con la cerchia hallstattiana centro-orientale. In questo contesto vanno ricordati anche i lebeti con attacchi a croce, riscontrabili non solo nella valle del Piave ma anche in Valsugana e, di recente, con più di un esemplare, a Sanzeno in Val di Non. La valle dell'Adige nel IX-VIII sec. a.C. risulta aperta agli influssi villanoviani, in particolare del Bolognese (cfr. p.es. le tipologie di spilloni e rasoi; il ripostiglio di Calliano e i morsi tipo Veio), mentre in seguito (VII-VI sec. a.C.), per quanto siano sempre presenti peculiari prodotti metallurgici, si manifestano maggiori relazioni con il mondo hallstattiano centro-orientale (si pensi ai primi oggetti in ferro) e con l'area veneta.
Qui nello stesso periodo si verificano i processi di trasformazione in termini protourbani che interessano i grandi centri veneti di pianura come Este, Padova, Gazzo, Oppeano. Solo a trasformazione avvenuta, con la stabilizzazione del tessuto connettivo socio-politico, la strategia espansiva dei Veneti si volge alla ricolonizzazione della fascia prealpina; essa va configurandosi, infatti, da un lato come prezioso bacino di risorse economiche, soprattutto per le potenzialità di sfruttamento dei pascoli d'altura e dei filoni metalliferi, dall'altro come territorio critico di «frontiera», confinante con la regione abitata ora dai Reti.
Questi ultimi sono citati dalle fonti latine in relazione soprattutto al vino e sono localizzati, non senza contraddizioni, sopra Como e Verona fino al lago di Costanza: a queste genti, «divise in molte comunità», sono attribuiti i centri di Trento, Feltre, Berna (non localizzata) e Verona (quest'ultima assegnata anche agli Euganei: Strab., IV, 6, 8, 206; Plin., Nat. hist., III, 130).
La tradizione letteraria fa discendere i Reti direttamente dagli Etruschi che si sarebbero ritirati nelle Alpi sotto l'incalzare dei Galli nella pianura padana (Liv., V, 33; Plin., Nat. hist., III, 133), ma la documentazione archeologica depone per la formazione in ambito alpino (Trentino; Alto Adige/Südtirol; Valle dell'Inn; Bassa Engadina) di una specifica cultura locale, detta Fritzens-Sanzeno o retica (V-I sec. a.C.), in contatto con le culture etrusco- padane, dalle quali assimila diversi elementi come la scrittura, l'ideologia del simposio e del banchetto con relativi servizi, beni suntuari e l'iconografia degli oggetti di culto. Lo stesso territorio, insieme a Veneto, Emilia Romagna, Slovenia e Istria è pienamente partecipe del fenomeno della c.d. arte delle situle, che vede fra VII e IV sec. a.C. la produzione di bronzi di uso cerimoniale o da parata, in lamina decorata a balzo con figurazioni a carattere narrativo ricche di dettagli.
Non mancano elementi di confronto nelle espressioni della cultura materiale, soprattutto negli oggetti di ornamento e nella ceramica di uso domestico quotidiano (in particolare nei recipienti per bere, tazze e boccali) che sottolineano le affinità di tendenze formali e di gusto decorativo che accomunano i popoli alpini. Del resto la distribuzione areale di alcuni tipi ceramici «importati» da una valle all'altra, è chiaro indizio della frequenza degli scambi, con il tramite di percorsi di distanza medio-breve, presumibilmente di piccola transumanza e di mercanti itineranti. Un più ampio raggio di traffici si evidenzia dalla presenza selettiva di prodotti come la ceramica cine- rognola e decorata a vernice rossa, di importazione dai centri di pianura, attraverso i quali viene mediato anche l'arrivo della ceramica attica ed etrusco-padana, e dalla circolazione dei manufatti metallici e più in generale degli indicatori di prestigio. Mentre gli utensili in ferro sono riconducibili per lo più alla cerchia delle officine di San- zeno in Val di Non, gli oggetti di abbigliamento/ornamento in bronzo, argento, pasta vitrea, corallo, sono attribuibili a sfere culturali diversificate, da quella di Este a quella di Golasecca, a quella del Caput Adriae, attestando l'intensità delle comunicazioni che si svolgevano nell'areale alpino. Né mancano gli oggetti di ascendenza transalpina, di tipologia tardohallstattiana e celtica, come fibule e ganci di cintura traforati; dal IV al I sec. a.C. sono evidenti anche nell'armamento forti influenze lateniane che in alcuni casi potrebbero dipendere dal passaggio, se non dalla compresenza, di gruppi alloctoni (di guerrieri?).
Tra la fine del VI e per tutto il V sec. a.C. nell'area prealpina veneta si è venuta a costituire una fitta rete di villaggi collinari (ne sono noti almeno una trentina) che occupano sistematicamente tutte le dorsali che si irradiano verso la pianura estendendosi, senza soluzione di continuità, dalla Lessinia alle Prealpi giuliane; essi si organizzano in un sistema territoriale organico, che lascia intravvedere un'articolazione gerarchica di insediamenti principali e centri satelliti, raggruppati in più comprensori a vocazione economica diversificata, solcati dalle direttrici preferenziali di traffico e dotati di luoghi di culto e di mercato.
A una cultura materiale piuttosto omogenea, espressione di una koinè locale autonoma e vivace (di cui le tazze a fondo umbilicato sono la produzione più caratteristica), si affianca il modello abitativo della casa seminterrata che accomuna invece tutto il territorio prealpino veneto a quello della cultura Fritzens-Sanzeno. Il centro eponimo di Sanzeno in Valle di Non, con una sicura vocazione emporica connessa alla produzione specialistica di strumenti di ferro, ha restituito parecchie abitazioni con corridoio di accesso gradinato o a piano inclinato. Alle case a modulo sparso del Retico «A» (fine VI-prima metà del V sec. a.C.) si sostituisce nel Retico «B» (metà V- metà III sec. a.C.), nell'area dei Casalini, un nucleo di costruzioni isorientate contenenti moltissimi manufatti metallici a cui è stato anche attribuito un significato cultuale, messo in relazione con la provenienza da Sanzeno di ex voto figurati con iscrizioni. Altre case seminterrate o semincassate nella roccia sono state identificate in ambito atesino p.es. a Fai della Paganella (abitato d'altura munito naturalmente e con un vallo), Montesei di Serso, Nomi Bersaglio, Laives/Reif, Stufles/Stufels. Fra gli insediamenti prealpini veneti va segnalato nel comparto alto-lessineo il Monte Loffa, il cui ruolo di postazione di controllo economico-militare è sottolineato da imponenti opere di recinzione e dal rinvenimento di dracme padane d'argento di imitazione massaliota, di provenienza lombarda. Nella Valpolicella meridionale si distinguono gli abitati di Castelrotto e di S. Giorgio, entrambi a vocazione artigianale-commerciale, come documentano le aree produttive destinate rispettivamente alla lavorazione della ceramica e all'attività metallurgica. Anche a Montebello (Vicenza) fra le numerose costruzioni identificate una era destinata alla lavorazione minuta del bronzo, un'altra alla manifattura ceramica, mentre il comparto alto-vicentino (cfr. Trissino, Santorso, Rotzo) si qualifica per lo sfruttamento dei bacini minerari di Schio-Recoaro. Nuove scoperte sulla pedemontana friulana, a Montereale Valcellina (Pordenone), evidenziano ora l'espansione della stessa tipologia edilizia fino alle propaggini prealpine friulane, mentre l'areale sud-orientale (cfr. S. Lucia/Most na Soči) adotta un modulo costantemente privo di scasso basale nel terreno, comunque non del tutto dissimile da quello della c.d. casa retica nelle caratteristiche dimensionali e della pianta quadrangolare spesso bipartita, nonché nelle tecniche di costruzione dei muri in pietra e della pavimentazione.
Manifestazioni cultuali in area retica (Fritzens-Sanzeno), consistenti nell'accensione di roghi e nell'offerta di ceramiche e oggetti in metallo (Brandopferplätze), protrattesi anche per più secoli, sono state registrate a Stenico nelle Giudicarie (XI-I sec. a.C.), Mechel in Val di Non (XIII sec. a.C.-IV d.C.) e al Rungger Egg presso Siusi/Seis (VI- I sec. a.C.). I luoghi di culto della pedemontana veneta, S. Briccio di Lavagno, Trissino e Magrè (IV-I sec. a.C.), sono accomunati fra loro dalle caratteristiche ambientali e dalla presenza di ex voto ottenuti da corno di cervo e da ossa di animali attestati anche a Montesei di Serso in Valsugana (V-IV sec. a.C.). Questi ex voto presentano dediche in caratteri nord-etruschi, ricondotti a uno specifico alfabeto detto di Magrè che rientra nel più ampio contesto delle iscrizioni retiche. Di ben maggiore entità risulta il santuario comunitario di Lagole di Cadore (IV sec. a.C.-IV d.C.), con ex voto prevalentemente maschili, consistenti in numerosi bronzetti di offerenti e di guerrieri, in lamine rettangolari iscritte o con raffigurazioni di cavalli, quindi in armi di tipo celtico e, soprattutto, in attingitoi di bronzo con lungo manico, spezzato dopo la libagione. Gravitante nella sfera di quest'ultimo importante centro religioso si pone il luogo di culto identificato sul colle di Villa di Cordignano (Treviso), con ex voto in lamine ritagliate e bronzetti; nello stesso contesto si colloca il santuario di Gurina nella Gailtal in Carinzia con materiali analoghi a quelli di Lagole.
Per quanto riguarda la documentazione linguistica, va sottolineata la notevole dicotomia che contrassegna il territorio perialpino: la Lessinia con la Valpolicella, l'alto-vicentino e l'alto-trevigiano (cfr. Castelcies) hanno restituito iscrizioni in alfabeto retico mentre il versante vicentino più direttamente prospiciente la pianura e il Bellunese, fino al santuario di Lagole di Cadore e di Gurina, afferiscono al venetico, evidenziando una linea «di frontiera» discontinua e ambigua tra queste due entità etno- politiche di cui la fascia prealpina costituisce la cerniera.
Nel I sec. a.C. il territorio alpino fino alla conca di Bolzano viene coinvolto dal processo di romanizzazione che si attua con la forza delle armi solamente nei distretti più interni, occupati dalle genti menzionate nel monumento di La Tourbie dedicato alla vittoria di Augusto sui popoli alpini del 16-15 a.C.
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(F. Marzatico - M. A. Ruta Serafini)