Vedi GANGE, Valle del dell'anno: 1973 - 1994
GANGE, Valle del
Le culture che fiorirono nel corso del secondo e primo millennio a. C. lungo le rive del Gange e dello Giumma presentano ancora oggi molti problemi, e ciò soprattutto perché si tratta di culture che non sembrano avere rapporto le une con le altre e non possono quindi essere considerate come fasi progressive di un unico processo evolutivo.
Nell'alta e media valle del G. (ad esempio nelle località di Bisaulī, Sarthaulī, Sheorājpur, Indilāpur, Rājpur Parsu), per un tratto di circa 2000 km, sono stati rinvenuti numerosi siti che presentano una gran quantità di oggetti in rame. Sono i famosi "depositi di rame della valle gangetica", una produzione ad alto livello tecnico, fonte di molte perplessità in quanto è difficile, se non impossibile, individuarne la genesi. Gli oggetti in questione possono essere classificati come arnesi da lavoro (arpioni, accette, sbarre) e armi (spade cosiddette "ad antenne" per la caratteristica elsa che termina appunto con due segmenti divaricanti; asce, semplici e a doppio taglio, punte di freccia, ecc.). Viene solitamente considerato a parte un oggetto di forma antropomorfa, stilizzatissimo e squisitamente elegante, di cui non si conosce la funzione. Alcuni vorrebbero attribuirgli carattere rituale, altri solo una funzione pratica (la parte curva dell'oggetto, vale a dire la testa, parrebbe suggerire l'idea di una sua utilizzazione come arma da lancio per la caccia). In base alla prima ipotesi quindi la caratteristica forma antropomorfa avrebbe valore di simbolo mentre per la seconda sarebbe assolutamente casuale.
Sfortunatamente nessuno di questi oggetti è mai stato rinvenuto nelle località che hanno prodotto la ben nota ceramica grigia dipinta di cui ci occuperemo fra breve. In alcuni però (ad esempio a Bisaulī e a Rājpur Parsu) è stata trovata una ceramica ocra che sembra precedere di molto la cosiddetta P.G.W. (con questa sigla solitamente si indica la ceramica grigia dipinta: Painted Grey Ware). Se volessimo dunque dare una datazione post quem dovremmo orientarci verso il 1000 a. C. Estremamente difficile è dunque determinare di quale popolo questi depositi siano il prodotto; essi infatti sono stati considerati di volta in volta, come testimonianza del cammino verso E dei "profughi" di Harappa o come prova del passaggio, nella stessa direzione, dei presunti "invasori Arii" o, infine, semplicemente come produzione di artigiani itineranti che avevano raggiunto un buon livello tecnico nel campo della metallurgia.
La P.G.W. è documentata in molte località della valle del G. (tra cui particolarmente significative sono quelle di Hastināpura e Ahichchatrā) e nel territorio compreso tra il fiume Sutley e lo Giumma. Si tratta di un vasellame di colore grigio chiaro dipinto in nero. La forma che si incontra più frequentemente è la ciotola. I motivi decorativi si trovano su tutta la superficie esterna del vaso e a volte anche all'interno, sul fondo delle ciotole. Hanno carattere prevalentemente geometrico; un geometrico particolare peraltro perché la decorazione, pur essendo composta di linee, cerchi, volute, sigma e punti, a volte combina questi elementi semplici in modo da suggerire l'idea di un fiore o di un ramo.
I livelli in cui essa è rappresentata sono preceduti in alcuni casi da insediamenti con facies harappiana e separati poi da questa da una frattura, in altri (è il caso più frequente nella valle del G.) i primi insediamenti, anche se sporadici, appaiono caratterizzati dalla ceramica ocra.
Ad Hastināpura, infatti, nel primo periodo compare la ceramica ocra, nel secondo, a partire dal quale l'insediamento può considerarsi stabile, la P.G.W. è accompagnata da resti di strutture in mattoni crudi, armi e utensili di rame; nei livelli superiori del periodo II però è attestato anche il ferro. I produttori della cultura erano agricoltori-allevatori e conoscevano il cavallo, ma a quale gruppo etnico, linguistico o culturale appartenevano? Le ipotesi che sono state fatte per la soluzione del problema in sostanza ricalcano quelle già formulate per i depositi di rame. Solo se sarà possibile trovare una località in cui tutte le culture che abbiamo descritto siano rappresentate in successione stratigrafica si potrà dare una risposta a questi e ad altri interrogativi.
Alla P.G.W. si accompagna spesso una ceramica rivestita con patina nera, che in sostanza va considerata come il prototipo di quel vasellame nero-lucido che, molto impropriamente - in quanto lo si è rinvenuto anche nell'India centrale - viene definito col nome di N.B.P. (Northern Black Polished Ware, vale a dire ceramica nero-lucida settentrionale).
Perfetta, tecnicamente parlando, la N.B.P. raggiunge anche nella sua estrema semplicità, effetti d'arte. La decorazione è a rosette stampate, bande rialzate o motivi di ruote; i vasi conservano le forme tradizionali, tranne poche innovazioni quali il vassoio con carenatura a mezzo il corpo. Essa compare nei livelli del periodo III di Hastināpura (VI-III sec. a. C.) e si associa con il ferro. Durante questo periodo le abitazioni venivano costruite in mattoni cotti e l'alto livello urbano raggiunto dalla popolazione ci è testimoniato tra l'altro da sistemi di drenaggio e di fognature. Vi sono state anche ritrovate alcune monete punzonate.
Dobbiamo infine accennare alla presenza nella valle del G. di una ceramica nera-e-rossa che compare associata alla P.G.W. e alla N.B.P. e che, pur avendo scarsa incidenza per una caratterizzazione delle culture del G., assume poi un posto di rilievo quale tramite che permette di avvicinare le località settentrionali ad alcune dell'India centrale e meridionale dove essa si rinviene frequentemente.
Bibl.: B. B. Lal, Excavations at Hastinapura and other Explorations in the Upper Ganges and Sutley Basins 1950-53: New light on the Dark Age between the end of Harappa culture and the Early Historical period, in Ancient India, nn. 10-11, 1954-55, pp. 5-151; id., The painted Grey Ware of the Upper Gangetic Basin, in Letters, vol. VI, n. i, 1950; id., Further Copper Hoards from the Gangetic Basin and a review of the problem, in Ancient India, n. 7, 1951, pp. 20-39.
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