MONASTERO, Valle (A. T., 24-25-26)
È una valle laterale della Val Venosta (tronco superiore dell'Adige), percorsa dal torrente Rom, affluente di destra dell'Adige. È lunga circa 24 chilometri, dal Passo del Forno (2155 m.), che si trova alla sua testata, sino alla confluenza del Rom, ma la sezione inferiore si chiama più propriamente Valle di Tubre. Consta di due tronchi, il superiore orientato da nord-ovest a sud-est, che termina alla conca di S. Maria, e l'inferiore orientato da sud-ovest a nord-est. Limitano la valle da entrambi i lati creste che si mantengono, con notevole uniformità altimetrica, fra 2700 e 3100 m. (a sinistra Munt della Beschia, 2775 m.; Piz Terra, 2911 m.; Piz Sterlez, 3081 m.; Le Greppie, 2720 m.; a destra Piz d'Aint, 2971 m.; Piz Turettas, 2960 m.; Umbragio, 3031 m.; Punta Rosa, 3026 m.; Forcola, 3004 m.; Cavallaccio, 2763 m.), non intaccate da valichi, salvo, a destra, il Giogo di S. Maria (2502 m.), per il quale si scende in Valle Braulio (Adda). La valle serba cospicue tracce di modellamento glaciale; la testata è formata da un circo a pareti assai ripide, ma sotto esso il fondovalle, in genere piuttosto largo, si abbassa gradualmente, senza gradini e s'innesta a livello nella valle principale dell'Adige, mentre tutte le altre valli laterali dell'alta Venosta sono pensili. In corrispondenza alla conca di S. Maria dove immettono da destra due vallette laterali, l'aspra valle di Vau e la Valle Muranza per la quale si sale al Giogo di S. Maria, la valle è assai ampia, ma si mantiene larga anche più in basso, restringendosi alquanto sotto il paese di Monastero, e più ancora a valle di Rivaira, prima dello sbocco nella Venosta. Nella Valle Monastero i limiti altimetrici raggiungono quote molto elevate. Il fondovalle ha campi coltivati (soprattutto orzo) fino a 1500 m. di altezza sopra Valcava; ma sul versante sinistro, in pieno sud, vi sono campicelli fino sopra 1900 metri. Il limite del bosco supera i 2300 m. su entrambi i versanti, ma il mantello boscoso appare frequentemente sconnesso da lavine e valanghe. I pascoli alpini si spingono fino a 2800 m.; e la malga più elevata, la Malga da Munt, è a 2214 m. In tutta la valle è stridente il contrasto fra il versante sinistro esposto al sole e quello destro in ombra. Sul fondovalle, ben soleggiato, si susseguono i centri abitati principali: Rivaira, Tubre (m. 1240; 938 ab.); Monastero (m. 1248; 611 ab.); Santa Maria (m. 1388; 300 ab.); Valcava (m. 1410); Fuldera (m. 1641); Cierfs (m. 1664), il più alto del fondovalle. Ma frequenti sono anche i piccoli aggregati su conoidi, o su brevi ripiani orografici, come Craistas (1920 m.) e Lü (1930 m.), che è il più alto villaggio permanentemente abitato della zona (8-9 case con chiesa, scuola e ufficio postale). Le risorse principali della vallata sono date dall'allevamento bovino (e dalla connessa industria dei latticinî) e dal legname. Le vicende storiche connesse col celebre monastero, che ha dato nome al centro principale e a tutta la valle, hanno avuto per conseguenza che il tronco superiore, la Valle Monastero vera e propria, è rimasto aggregato alla Svizzera, facendo parte del Cantone dei Grigioni; il confine è a 1 km. a valle di Monastero e lascia in territorio italiano la valletta laterale (sinistra) detta Valle d'Avigna.
La popolazione totale del tronco svizzero è di 1100 ab. circa; essi parlano un dialetto ladino, mentre questo è ormai abbandonato nel tronco inferiore, italiano. La popolazione è in diminuzione nella parte più alta (Ciens, Lü), in lentissimo aumento altrove. Per il fatto che la valle s' innesta a livello nella Val Venosta, essa ebbe sempre notevole importanza per le comunicazioni; una rotabile la percorre per intero salendo da Malles in Val Venosta al Passo del Forno, donde scende a Zernez; a S. Maria se ne dirama un'altra che sale al Giogo e ivi presso si allaccia alla strada dello Stelvio. Entrambe sono percorse, nei mesi estivi, da regolari servizî automobilistici; la valle ha un discreto movimento turistico.
Fino dal tempo dell'imperatore Arnolfo (circa 880) sono documentati nella valle estesi possessi del vescovo di Coira che vi esercitò l'amministrazione civile e politica. Ma, come nell'alta Venosta, il condominio tirolese e poi austriaco portò a condizioni insostenibili, anche dopo la vittoria svizzera alla Calva (anno 1499). Nel 1645 la parte attualmente italiana, già austriaca, fu tolta al vescovato di Coira non solo politicamente (anno 1618), ma anche ecclesiasticamente. Nel 1725 il vescovo Ulrico VIII di Coira aveva avviate delle trattative con l'Austria, per la quale il possesso incontrastato dell valle era importantissimo per la politica in Italia, ed era disposto a vendere tutti i suoi diritti. Ma l'atto di cessione non fu eseguito, giacché la Lega grigione riscattò la valle nel 1733. Nel 1748 l'Austria ne riconobbe l'indipendenza entro gli attuali confini. Ciò salvò il neolatino monasterino dall'assorbimento tedesco, cui soggiacque la parte austriaca della valle. A Tubre il predominio del tedesco, accettato come lingua della chiesa e del comune, comincia col parroco A. Perlinger (1758-89) che dovette superare parecchie opposizioni per raggiungere il suo scopo. Gli ultimi ricordi di tuberaschi che parlavano ancora neolatino arrivano fino quasi alla metà del secolo scorso. Il dialetto della Valle Monastero svizzera è una sottovarietà dell'engadinese inferiore.
Tra gli uomini illustri della valle: Simon Lemnius, morto nel 1549, il poeta della Raetëis; Filippo Gallicius, 1504-1566, il riformatore; Teodosio Florentini, poeta e filantropo.
Bibl.: Diction. géogr. de la Suisse, III, 422-24, con bibl; per la storia: P. Albuin Thaler, Geschichte des bündnerischen Münstertales, in Kathol. Pfarrblatt für das bündn. Münstertal, 1924-1931; per l'intedescamento di Tubre: Carlo Battisti, Popoli e lingue dell'Alto Adige, Firenze 1931, p. 216 seg.; per il dialetto, oltre alla Grammatica ladina della valle Müstair del Thaler, 1900, che è esclusivamente pratica, cfr. I. G. Ascoli, Archivio glott. ital., I, 226-249; per la toponomastica tuberasca, cfr. C. Battisti, I nomi locali del com. di Tubre, in Archivio p. l'Alto Adige, XXII (1929), con altre ricerche dialettali.