VALLICOLTURA
. Si denominano valli in gergo idraulico bacini acquei corrispondenti a bassifondi in corrispondenza della laguna morta o vicino ai delta fluviali. La zona più ricca di valli è il Veneto e la Romagna, celebre per le sue valli di Comacchio e della Mesola.
La vallicoltura consiste nell'intenso sfruttamento piscicolo delle acque salmastre, la cui naturale produzione viene aumentata mediante opportune opere idrauliche, mediante particolari semine di pesci atti a vivere e a prosperare in dette acque a integrazione o completamento della montata naturale, finalmente nella costruzione di particolari ordigni di cattura (labirinti, lavorieri), di fosse per il novellame non ancora atto a vagare nei pascoli vallivi, di particolari peschiere per la stabulazione, selezione e raccolta del pesce commerciabile.
La vallicoltura è pratica peschereccia di origine italica, i cui inizî si perdono nei secoli. Certamente è il frutto di un'esperienza secolare, frutto delle osservazioni e delle esperienze particolari dei pescatori notte e giorno intenti al moto delle acque.
Oggi la vallicoltura è assurta e risorta a grande importanza, non solo nei riflessi della scienza ittiologica, ma altresì di quella malariologica e delle bonifiche.
Lo stagno litoraneo è di per sé un vivaio di pesce, perché tra esso e il mare, ove esistano sufficienti comunicazioni, si manifestano fenomeni migratorî del pesce, che si rifugia nelle acque interne trovandovi adatto pascolo e che, cresciuto, cala poi al mare per riprodursi.
Da questa elementare conoscenza derivò certamente la pratica di tendere gli agguati al pesce lungo le vie migratorie. Altre osservazioni sulle maree e le bufere mostrarono quali sono i periodi più fecondi della pesca, quelli che i veneti chiamano della "fraima" o delle celebri "notti da bisatti", ossia della calata delle anguille. L'osservazione mostrò altresì che il pesce negli stagni salati soffre talvolta, come nel periodo estivo, per eccessiva salsedine o per eccessivi sbalzi di temperatura, quindi la necessità di irrigare la valle con chiaviche di acqua marina e dolce, che servono a questa equilibrazione della temperatura e della salsedine. Altre osservazioni sulla montata del novellame e sulla calata del pesce migrante mostrarono l'opportunità, in determinati periodi, di irrigare o di scolare la valle. Dai complessi ma razionali giuochi delle acque dolci e salate, derivò altresì la possibilità di separare con semplici artifici il pesce nelle peschiere, con tali accorgimenti che la valle veneta da pesca compie le più meravigliose selezioni del pesce, con la tempestiva apertura e chiusura delle chiaviche.
Le conquiste della moderna biologia, le nostre più precise conoscenze sui flussi della marea, sulle oscillazioni della salsedine, sulla concentrazione idrogenionica, sulle oscillazioni termiche, alle quali si deve dare grande importanza, spiegano come sia impossibile la vita nelle valli alla maggior parte degli animali marini stenotermi e stenoalini, vita solo compatibile con la euritermia e eurialinità degli organismi lagunari. Ma per quanto sia grande l'adattabilità di siffatti organismi a tali oscillazioni ambientali, si determinano frequenti morie e cioè quegli imponenti fenomeni di mortalità, che il Wasmund ha chiamato tanatocenosi, così notevoli per lo studio delle sedimentazioni lagunari.
In rapporto con ciò la flora e la fauna dei fondi vallivi sono ricche e sopperiscono alla povertà del plancton; la fauna valliva è per ciò predominantemente iliofila.
I pesci che dominano nell'ambiente lagunare si nutrono pertanto di sostanze organiche in decomposizione, come i cefali, oppure sono malacofagi, come le orate, oppure ancora sono distruttori di pesce minuto come le anguille e i brancini (spigole).
Così piccoli pesci euritermi e eurialini come i noni (Cyprinodon) e le acquadelle (Atherina) offrono pasto alla voracità delle anguille e delle spigole. Crostacei mangiatori di detriti come i Carcinus sono anche presenti in ingenti quantità, e lo stesso si dica di alcuni molluschi come i Cardium, tipici rappresentanti delle associazioni lagunari.
Un differente grado di salsedine determina il prevalere di certe specie, come il Mugil auratus e la Chrysophrys aurata, che prediligono acque di una salsedine piuttosto elevata, mentre il brancino si adatta tanto alle acque dolci quanto a quelle salate, e così la pianuzza, che è un Pleuronettide tipicamente eurialino.
Se volessimo studiare modernamente, come si è iniziato, le caratteristiche vallive e i loro componenti o sinusie, la fauna lagunare apparirebbe circoscritta da caratteri ben precisi, che si ripetono magari con specie vicarianti anche in lagune geograficamente appartenenti a territorî lontanissimi.
Tali studî sarebbero utili non solo ai fini della pesca, ma anche a quelli delle nostre conoscenze etologiche sull'ambiente lagunare, come filtro per l'adattamento alla vita nelle acque interne.
Né minore importanza assume lo studio delle acque lagunari per i problemi connessi alla bonificazione e alla malariologia di territorî litoranei, dove tali problemi sono dominanti.
La valle da pesca fu, sino a pochi anni addietro, accusata di acuire il fenomeno malarico. Assisa infatti sui limiti della laguna morta era facile equivocare sui centri di irradiamento dell'anofelismo. Studî approfonditi mostrarono che per conservare sana la valle, basta regolare la salsedine e provvedere al tempestivo ricambio delle acque. L'optimum di vita dei pesci più importanti nell'economia lagunare può benissimo realizzarsi a un tasso di salsedine che renda impossibile la vita anofelica, ossia circa il 20 per mille. Sarà quindi opportuno, pur essendo la valle più sana di altri limitrofi territorî, non trascurare le gronde della valle, le peschiere, l'acquadore dolce, sottoponendoli a opportune opere di riserbo, di lavaggio e di piccola bonifica. Studî approfonditi mostrarono però che assai più pericolosa delle valli (dove giuocano fattori contrarî alla vita anofelica, come il vento, le oscillazioni della salsedine e la popolazione ittica larvifaga) è la conterminazione lagunare per il suo naturale disordine, per la commistione delle acque dolci e salse, per l'apporto delle acque di scolo delle stesse bonifiche, per la sua minore ricchezza ittica, per il frazionarsi degl'impaludamenti e il sottrarsi alla espansione della marea.
Tale sfavorevole circostanza in cui giace la cosiddetta laguna morta, simile a quella in cui si trovano stagni litoranei abbandonati e con cattiva comunicazione col mare, rende quanto mai propizia ed economicamente redditizia la bonifica peschereccia con adatti movimenti del terreno rivolti al miglioramento delle foci, delle gronde e degli specchi lagunari. Così l'escavazione della fossa circondaria della valle che facilita i movimenti delle acque e difende la valle dal pericolo del costipamento dei fanghi nelle bufere invernali, servirà in molti casi alla sistemazione delle zone di gronda e dell'argine vallivo.
Altre fosse di vivificazione o risalvi del pesce si potranno scavare bonificando i dossi barenosi emergenti a bassa marea, mediante mazzolatura, per realizzare anche ad alta marea il necessario franco di coltivazione.
Le valli si distinguono in valli arginate, semiarginate e aperte, e si possono definire come segue (Brunelli e Alessi):
a) Valli arginate. - Sono quelle il cui perimetro è costituito completamente da arginature munite di una o più chiaviche, mediante le quali il bacino della valle comunica con le acque libere della laguna.
L'ingresso e l'uscita dell'acqua della valle sono quindi regolati a volontà, e così il bacino vallivo può anche essere completamente sottratto all'espansione della marea.
Tipica fra queste valli e meglio d'ogni altra protetta è nel Veneto la Morosina, situata nella laguna inferiore. Essa si appoggia da un lato (a ponente) all'argine del Nuovissimo, confina (a nord) con la valle Ghebbo Storto mediante arginatura e per gli altri due lati (levante e mezzogiorno) segue l'argine del canale Scirocchetto.
Dal Nuovissimo derivano mediante due manufatti le acque dolci, che servono, oltre che per ragioni di caccia, sia, durante il gelo, per determinare un congelamento superficiale dell'acqua dolce stessa in modo da difendere il pesce da una più bassa temperatura, sia per favorire in primavera l'ascesa dal mare (cioè la "montata") del pesce novello, sia infine durante la stagione estiva a scopo di refrigerio e riossigenazione.
La valle nel suo estremo settentrionale è munita di "peschiere". Queste sono costituite da una serie di fossi sufficientemente profondi e riparati dai venti dominanti, dove viene raccolto il pesce novello e dove rimane segregato finché abbia raggiunto uno sviluppo da consentire la immissione in valle.
Presso la chiavica di comunicazione con la laguna sorge il "cason di valle" come deposito di attrezzi vallivi e come abitazione del personale addetto alla valle stessa. Il lavoriero è situato nella chiavica maestra.
b) Valli semiarginate. - La maggior parte delle valli da pesca in laguna di Venezia appartiene a questa categoria.
Sono esse costituite da ampî specchi d'acqua frastagliati e parzialmente contornati da "barene"; in parte sono difese da arginature spesso protette da palafitte e anche da gettate di pietrame. La chiusura viene completata lungo le "barene" dai cosiddetti "paré", da una recinzione, cioè, di graticci di arelle, appoggiati e legati a paletti, infissi nel terreno.
L'altezza dei "paré" è limitata a un metro e mezzo al massimo sopra il livello della comune alta marea.
La funzione dei "paré" è di evitare la fuga del pesce durante le alte maree che sommergono le "barene" e di permettere l'entrata e l'uscita dell'acqua attraverso di esse, senza opporre sensibile resistenza alle acque ed evitando il formarsi di forti dislivelli, che per la conseguente pressione potrebbero abbattere una diversa opera di sbarramento.
I canaletti naturali detti "ghebbi", che si protendono e si ramificano dall'esterno dentro la valle vengono interclusi con le cosiddette "cogolere" che vanno a raccordarsi o ai "paré" o alle arginature. Le "cogolere" sono costituite da una più robusta parete di graticci ad arelle, sostenuta da apposita palificazione, rincalzata al piede con terra forte, ed anche con altre protezioni abusive che non sempre è possibile impedire.
La parete ha, planimetricamente, un andamento a rientranze e sporgenze, e ciò allo scopo di conferirle una maggiore resistenza e contemporaneamente offrire una maggiore superficie, in modo da consentire meno resistenza al passaggio dell'acqua durante il flusso e il riflusso.
c) Valli aperte. - Sono costituite soltanto da vasti specchi d'acqua in laguna viva, o al limite di essa con quella cosiddetta morta.
Dette valli, che, ai tempi della repubblica veneta, trovandosi anche in più favorevoli condizioni di fondale, potevano economicamente essere recinte con "cogolere", oggi sono completamente prive di qualsiasi chiusura, e per talune di esse esiste tuttora in stato di abbandono la "motta" col "cason di valle". Su esse viene esercitato solamente il diritto di pesca riservata; e questa viene esercitata in forma "vangantiva".
L'opportunità poi di costruire valli arginate o semiarginate dipende volta per volta dal regime idraulico della laguna o della zona litoranea in cui le valli si debbono costruire.
Certamente dal punto di vista della piscicoltura la valle arginata è la più redditizia, ma assicura in confronto alla semiarginata un minore ricambio d'acqua nei flussi, sottraendosi all'espansione della marea.
La valle arginata ove il tirante dell'acqua è troppo scarso per assicurare la vita del pesce, rende però possibile mediante le chiaviche di invasare l'acqua dei flussi, e rende così suscettibili di sfruttamento ittico anche specchi acquei di piccolo fondale.
La valle semiarginata a sua volta richiede una più costosa manutenzione ed è esposta all'impeto della marea, ragione per cui le incannucciate si costruiscono con grande sviluppo di superficie e d'altra parte per il diverso regime idraulico necessitano di diverse cogolere di raccolta, a differenza del lavoriero principale della valle arginata, situato lungo la chiavica maestra. La valle semiarginata in confronto dell'arginata permette però più facilmente l'impesciamento a mezzo della montata naturale.
L'orientamento moderno verso la bonifica peschereccia e valliva nel dopoguerra, deriva anche dagli alti costi ettariali del prosciugamento dei terreni sommersi, ai quali si aggiunge per i terreni torbosi e cuorosi destinati a costipamento e difficilmente dissalabili il lungo periodo necessario per la messa in valore dei terreni e il loro graduale e lento inerbimento.
A tali motivi si deve aggiungere un altro fondamentale e cioè il permanere della malaria nei terreni bassi riscattati all'agricoltura mediante l'esaurimento meccanico a mezzo di idrovore. In tutti quei casi in cui non è possibile provvedere a una bonifica per colmata, è consigliabile la costruzione di peschiere. Quanto alle bonifiche per colmata di vasti stagni sono anch'esse da respingersi, come dimostra la storia del bonificamento della laguna di Salpi, perché nel lungo periodo della colmata l'anofelismo non solo può persistere, ma presentare anche dannose recrudescenze. In favore perciò della bonifica peschereccia militano sostanziali argomenti derivanti dai nostri studî malariologici.
Bonificamento e prosciugamento non possono più riguardasi sinonimi, e ormai in Italia è cessata la tendenza di prosciugare stagni litoranei salmastri, con danno talvolta anche del paesaggio, e sempre senza convenienza economica. Bisogna infatti considerare che oltre il reddito della pesca, molte valli, specialmente quelle più dolci, hanno anche un notevole reddito derivante dalla selvaggina.