VALLO DI DIANO (XXXIV, p. 938)
Valle longitudinale interna situata al limite tra il Salernitano e la Lucania. Orientato da nord-ovest a sud-est è attraversato per tutta la sua lunghezza dal fiume Tànagro, afluente di sinistra del Sele; a ovest è chiuso dal massiccio degli Alburni e dai monti del Cilento, a est dalla Catena della Maddalena che lo divide dalla Valle dell'Agri. Il fondovalle, oggi intensamente coltivato, è stato bonificato a partire dalla fine del 18° secolo; gli abitati più importanti sono distribuiti sui fianchi delle colline sui due lati del V.; sul lato ovest sono Teggiano, Sassano, San Rufo, Polla (quest'ultima nella zona che chiude a nord il V.), sul lato est Padula, Sala Consilina, Atena Lucana.
Fu intensamente frequentato in epoca preistorica, quando doveva essere ancora un grande bacino lacustre; scavi recenti nella grotta di Polla, che probabilmente fungeva da inghiottitoio delle acque, hanno accertato la presenza di un'importante sedimentazione stratigrafica che ha restituito in superficie ceramica del 6° secolo a. C., fino ad attingere livelli pertinenti al Neolitico medio e finale; particolarmente significativo lo strato IV per la scoperta di un frammento di ceramica micenea databile alla prima metà dell'11° secolo a. C., a riprova dei contatti tra il V. e le zone costiere già in epoca molto antica, ad opera di pastori transumanti che hanno lasciato tracce del loro passaggio in numerose stazioni disseminate sulle dorsali degli Alburni.
Di grandissimo rilievo l'aspetto assunto dal V. durante l'età del Ferro; in questo periodo gruppi di cultura villanoviana penetrati attraverso il valico settentrionale o più verosimilmente dalla costa verso l'interno, seguendo gli stessi percorsi dei pastori appenninici, determinano un'isola di cultura a incinerazione, profondamente compenetrata di elementi della cultura a Fossa, secondo quegli aspetti che sono tipici del Villanoviano nel mezzogiorno della penisola. Il principale centro del V. in questo periodo è Sala Consilina, dove, a partire dal 1955, è iniziata l'esplorazione di vaste necropoli con corredi dalla fine del 9° al primo quarto del 5° secolo a. Cristo.
Nella prima età del Ferro il V. sembra inserito nella corrente culturale che promana essenzialmente dalla costa, con alcune caratteristiche anomalie, quali l'assenza del rasoio lunato, tipico della cultura villanoviana; spicca tra le forme vascolari la caratteristica ceramica "a tenda" che, oltre a essere importata dalla Japigia, viene imitata in loco, a riprova del gravitare del V. nell'area apula e lucana.
Tra la metà dell'8° e 7° secolo a. C., pur non mostrando una frattura rispetto all'epoca precedente, il V. cambia fisionomia; diminuiscono sensibilmente i contatti con la costa tirrenica che in quel periodo vive la splendida fioritura dell'Orientalizzante, dal quale il V., rimasto area decisamente provinciale e attardata, non sembra investito; in questa fase compare una caratteristica ceramica geometrica, molto solidale con il geometrico iapigio; poiché questa ceramica è ampiamente diffusa all'interno della Lucania, si è dato ad essa il nome di "enotria", coincidendo l'area di diffusione con la regione che le fonti greche chiamano appunto Enotria; si deve, però, sottolineare il carattere puramente convenzionale di tale definizione.
Abbastanza inalterato rimane il quadro per quanto riguarda il corso del 6° secolo a. C.; per lungo tempo si è ritenuto che il V. fosse il tramite tra Sibari e l'Etruria e fosse, quindi, la via privilegiata del commercio ionico di Mileto, che manteneva stretti rapporti con la città achea; questa impostazione è stata oggi fortemente ridimensionata sulla base dell'evidenza archeologica del V., per il quale si deve escludere la possibilità che abbia funzionato da tramite tra Ionio e Tirreno; ostano anche ragioni di ordine topografico: le comunicazioni tra Sibari e il V. sono possibili attraverso una dorsale che da Campotenese (oltre 1000 m di quota) fino a Lagonegro e al V. si snoda per un cammino di circa 200 km irto di difficoltà e percorribile solo nella buona stagione. Si è preferito quindi parlare del V. come di luogo di scambio tra popolazioni vicine, favorito da una posizione geografica che lo pone all'incrocio di una serie di importanti arterie: attraverso Sanza, che è all'imbocco sud-occidentale del V., si può agevolmente raggiungere la costa fino a Pixunte o a Palinuro, dove è stato individuato e parzialmente scavato un abitato indigeno e la sua necropoli che ha restituito corredi con la tipica ceramica geometrica del V. associata a ceramica attica e ionica della seconda metà del 6° secolo a. C.; attraverso il facile valico dove è situata Atena Lucana si può raggiungere la valle dell'Agri e discendere verso la costa ionica, oppure l'interno della Lucania, con il valico di Torre di Satriano; la valle dell'Agri è raggiungibile anche da sud, presso Montesano sulla Marcellana. A ovest le relazioni con la costa sono facilitate da un varco che si apre negli Alburni: l'utilizzazione in antico di questo transito è dimostrata dalla scoperta di un grande abitato sul M. Pruno che tale via controlla. Si tratta di un'arteria che conduce a Posidonia e che si ritiene sia stata sfruttata alla fine del sec. 6° a. C., dopo la caduta di Sibari, quando Posidonia assunse come "eredità" il controllo della Lucania interna. In questo periodo, dopo che per oltre mezzo secolo le importazioni di ceramica greca erano state limitate quasi esclusivamente alle coppe ioniche, affluisce a Sala ceramica attica in grande abbondanza, ma di modesta qualità.
Verso il 470 la necropoli cessa di essere frequentata: è interessante notare la coincidenza tra questa data e quella del fallimento della colonia inviata da Mikythos, tiranno di Regio, a Pyxous (Policastro Bussentino) che, come si è detto prima, è uno degli sbocchi principali del V. sul Tirreno, colonia inviata nel 471 a. C. e abbandonata dagli abitanti 5 anni dopo, effetto probabilmente di una crisi generale della regione che avrà comportato, a quanto ci risulta, anche un forte impoverimento demografico. Nel corso del 4°-3° secolo a. C. il V. è ormai una regione completamente controllata dalle popolazioni lucane: un'iscrizione osca del 4°-3° secolo proviene da San Giovanni in Fonte presso Padula; non mancano tombe di questo periodo in tutto il V., soprattutto a Padula dove, peraltro, lo iato tra 5° e 4° secolo è meno netto per il rinvenimento di tombe con ceramica attica fino al 430 a. Cristo.
Per quanto riguarda la romanizzazione, documento fondamentale è il cosiddetto Elogio di Polla, un miliario della via Capua-Regio, nel quale l'autore si vanta di aver costruito una strada, un Foro e di aver sottratto l'ager publicus ai pastori, in favore degli agricoltori; in quest'epoca si compiono probabilmente anche parziali lavori di bonifica. Con la Lex Sempronia Agraria il V. fu oggetto di spartizioni di terra, provate dal ritrovamento di tre cippi che segnavano i confini tra i lotti assegnati. Per quanto concerne gli abitati, Atena Lucana corrisponde al municipio romano di Atina, dove si è messa in luce un'imponente cinta muraria probabilmente del 6° secolo a. C. e un anfiteatro, oltre a numerosi documenti di età romana; la città romana di Cosilinum corrisponde alla Civita, presso Padula, Forum Popili è Polla, Teggiano fu colonia romana dall'epoca di Nerone, ma mostra tracce di occupazione più antica. In tutti questi centri non mancano tracce degli antichi abitati, ma una ricerca sistematica non vi è stata mai condotta.
In una lettera del 527 d. C., Cassiodoro ricorda un'importante fiera annuale che si svolgeva a Marcellianum, presso una fonte purissima, il cui nome era Leucothea: la località è stata identificata con San Giovanni in Fonte, dove sopravvivono le rovine di un battistero del 4°-5° secolo, edificato sopra una fonte naturale. L'importanza che nel testo di Cassiodoro sembra rivestire questa fiera ci dà forse la possibilità di comprendere il ruolo svolto per lungo tempo dal V.; alla fiera convenivano dalla Campania, dal Bruzio, dalla Calabria e dall'Apulia.
Durante il Medioevo il centro più importante è la certosa di San Lorenzo a Padula (v. XXV, pp. 900-901), uno dei più celebri monumenti dell'Italia meridionale. In alcuni ambienti che affacciano sul chiostro è sistemato il Museo della Lucania Occidentale, in cui sono esposti alcuni corredi di Sala Consilina e Padula. Da poco è iniziato un restauro monumentale che prevede la sistemazione a museo dell'intero complesso; ciò che permetterà di presentare al pubblico le migliaia di pezzi provenienti dai vari scavi del V., ora custoditi negli scantinati della certosa. Vedi tav. f. t.
Bibl.: G. Patroni, in Not. Sc., 1897, p. 163 segg.; id., ibid., 1902, p. 26 segg.; V. Bracco, in Rendic. Acc. Arch. di Napoli, XIII (1954), p. 5 segg.; id., ibid., XXXV (1960), p. 149 segg.; J. De La Genière, ibid., p. 119 segg.; ead., in Mél. École Franç. de Rome, 1961, p. 7 segg.; J. D. Beazley, in Apollo, I (1961), p. 21 segg.; B. Neutsch, ibid., p. 53 segg.; K. Kilian, ibid., p. 67 segg.; id., ibid., II (1962), p. 81 segg.; J. De La Genière, ibid., p. 43 segg.; A. D. Trendall, ibid., p. 11 segg.; K. Kilian, in Mostra della Preistoria e Protostoria del Salernitano, Napoli 1962, p. 63 segg.; V. Bracco, in Mem. Lincei, 1962, p. 427 segg.; K. Kilian, Untersuchungen zu frueheisenzeitlichen Graebern aus dem Vallo di Diano, 10° Erg. Heft Roem. Mitt., Heidelberg 1964; Ch. Picard, in Klearchos, 1966, p. 141 segg.; J. De La Genière, Recherches sur l'âge du Fer en Italie Méridionale. Sala Consilina, Napoli 1968; B. D'Agostino, in Enc. Arte Antica, suppl. 1970, sub v. vallo di diano; J. Heurgon, in Atti Taranto, 1971, Napoli 1972, pp. 56-57; B. D'Agostino, in Dialoghi di Arch., VI, i (1972), p. 5 segg.; id., in Popoli e Civiltà dell'Italia antica, II, Roma 1974, p. 22 segg.; V. Bracco, Inscripctiones Italiae, vol. III, Regio III, Fasc. i (Civitates Vallium Sibari et Tanagri), ivi 1974.