VALLO
. La parola era dai Romani usata con un doppio significato: il primo e più proprio era quello di una palizzata o stecconato di legno, piantato al di sopra e a rinforzo di un aggere difensivo. Palizzate di questo genere sono proprie dell'arte militare primitiva di tutti i tempi e di tutti i paesi, ma particolarmente del tipo di fortificazioni detto indoeuropeo, nel quale il legno e la terra battuta prevalevano sulla pietra.
Anche i Greci usarono tali palizzate (χαρκώματα), ma sopra tutto ne fecero uso i Romani nella loro architettura militare, e Vegezio (I, 24 e III, 8) distingue nettamente l'aggere di terra dal vallo di pali, disposti ordinatamente su esso per una altezza che si suole determinare in piedi 4 (= m. 1,184). In casi particolari il vallo era rinforzato da un pluteus costituito di un parapetto a merli, lorica et pinnae. Talvolta il vallo era per sé stante, senza aggere, soprattutto nelle difese provvisorie; Ammiano Marcellino ne ricorda un esempio nel campo eretto da Gioviano in Persia (XXV, 6); altri esempî se ne vedono sulle colonne Traiana e Antonina e si possono anche ricordare le palizzate antistanti all'aggere o al muro nel limes germanico.
Ma poiché di solito il vallo era piantato sull'aggere, così per lo più la parola vallum era usata a designare l'insieme della palizzata e dell'aggere: in questo senso la parola vallum è usata da Igino (De mun. castr., 50); talvolta anzi essa serve a denotare ogni opera difensiva, sia pure una cinta murale o un limes; anche nelle iscrizioni Corp. Inscr. Lat., VII, 1135, 1140) sono chiamati valli le barriere di Adriano e di Antonino in Britannia.